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Tiberi sul mostro asturiano, con le sensazioni del cronoman

14.09.2023
4 min
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Un Angliru da protagonista, o almeno nella parte attiva della corsa: per questo Antonio Tiberi merita un plauso. Ieri la Bahrain-Victorious è stata l’unica squadra a cercare di contrastare l’egemonia della corazzata giallonera in questa Vuelta. E una fetta di questo merito è stata proprio del corridore laziale.

Tiberi era al battesimo sulle rampe del mostro asturiano. Una salita mitica che non lo ha spaventato affatto. Anzi, lo ha affrontato con la sua solidità e il suo metodo da cronoman. Antonio è giunto 18°, appaiato a Damiano Caruso, a 4’10” da Roglic.

Antonio Tiberi (classe 2001) subito dopo l’arrivo, sguardo nel vuoto, ma anche tanta soddisfazione
Antonio Tiberi (classe 2001) subito dopo l’arrivo, sguardo nel vuoto, ma anche tanta soddisfazione
Antonio, insomma… che cosa ti è sembrato di questa salita?

Eh – sorride – bella tosta! Scherzi a parte è stata una salita davvero dura. Io sono abbastanza contento sia di me stesso che di come ha corso la squadra. In quanto Bahrain-Victorious abbiamo guadagnato terreno.

Angliru, salita mitica al pari di Zoncolan o Mortirolo: cosa sapevi? 

L’ho conosciuta tramite le slide nel meeting pre-gara. E alla fine è stata più o meno come me l’aspettavo. Sapevo che iniziava in modo più regolare e che man mano che si saliva diventava più dura.

Hai tagliato il traguardo con Damiano Caruso: ti ha dato dei consigli?

Io ho iniziato a tirare già prima della salita. Poi, una volta sull’Angliru, Damiano mi diceva dove si poteva aumentare un po’ e dove invece era meglio recuperare un pelo. Poi quando ho terminato il mio lavoro e mi sono spostato, ho cercato di tenere duro, di non mollare il mio gruppetto, anche pensando un po’ alla mia classifica. Anche se nel tratto più ripido in effetti poi ho faticato un bel po’.

Tiberi in testa al gruppo, dietro di lui il controllo di Caruso. Il forcing di Antonio a inizio salita ha prodotto una grande selezione
Tiberi in testa al gruppo, dietro di lui il controllo di Caruso. Il forcing di Antonio a inizio salita ha prodotto una grande selezione
Quindi secondo te, Antonio, l’Angliru è una salita “on-off”, cioè in cui per salire si va a tutta, oppure con i rapporti corti di oggi si riesce a gestire in qualche modo?

Di certo con i rapporti corti attuali è più gestibile. Io avevo il 36×34 e credo fosse giusto. Anche perché dovevo tirare e oltre sarebbe stato troppo agile. Comunque c’era da spingere. Dal canto mio sono riuscito a gestirmi abbastanza bene, soprattutto quando tiravo. Sentivo che il fisico rispondeva: in alcuni tratto riuscivo a dare di più, in altri a salvarmi, il tutto senza mai superare il limite e non accumulare troppo acido lattico. E la stessa cosa ho fatto dopo che mi sono staccato.

In questo caso il potenziometro aiuta molto, giusto?

In realtà non l’ho guardato molto. Anzi, sono andato parecchio a sensazione… come piace a me.

E il contapedalate?

Neanche. Bisogna considerare che nel tratto più ripido (oltre il 23 per cento, ndr) non si riesce a controllare. Lì non puoi fare nulla se non spingere e salire. In quei momenti sia la velocità che la cadenza sono bassissime. Per il resto, come in altre salite, ho cercato di tenere alte le pedalate il più possibile.

Quando dici alte cosa intendi?

Sulle 90, anche 95 rpm. Sulle salite lunghe tendo a gestirle come in una crono.

Il laziale è alla seconda Vuelta, ma era al debutto sull’Angliru. Per ora è 20°, primo degli italiani
Il laziale è alla seconda Vuelta, ma era al debutto sull’Angliru. Per ora è 20°, primo degli italiani
Voi della Bahrain avete tenuto testa ai Jumbo-Visma: come mai questa azione? Qual era l’obiettivo?

Contro quei tre non puoi fare nulla o quasi e allora abbiamo impostato un ritmo alto per far stancare un po’ di più i loro gregari, fargli fare più fatica e lasciarli così soli. E lo stesso nei confronti delle altre squadre. L’idea era di guadagnare sugli altri. 

L’Alto de Angliru è una salita simbolo. A livello emotivo come l’hai vissuta?

Nel complesso in modo tranquillo direi. Non l’ho sentito sin dal giorno prima tanto da non dormirci su, per dire… Magari ho “sentito” più il Tourmalet perché era la prima tappa regina, con tanti chilometri e tanto dislivello. Io avevo qualche dubbio sulle mie gambe. Adesso invece, in questa terza ed ultima settimana mi sento meglio. E questo è rassicurante, mi dà consapevolezza e toglie un po’ di paura.

In effetti, vedendoti da fuori ieri sembravi molto sciolto sulla bici, più a tuo agio. Ma sono sensazioni chiaramente…

No, no… ci sta. Io più corro e più mi sento a mio agio. Ma credo che in questo aspetto conti parecchio anche la squadra. In Bahrain-Victorious abbiamo un livello molto alto e anche nei momenti di difficoltà c’è sempre più di un compagno ad aiutarti.

L’Angliru a Roglic. Ma quali equilibri ci sono in casa Jumbo?

13.09.2023
6 min
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Il più classico degli Angliru da una parte, con nebbia, umidità, due ali di folla nei tratti più aperti… E una scalata “più piatta” del solito dall’altra, con una selezione da dietro dettata dal dominio della Jumbo-Visma.

Sul mostro asturiano ha vinto Primoz Roglic. Lo sloveno si conferma a suo agio con certe pendenze, visto che quassù già aveva fatto bene nella Vuelta 2020 e visto quanto accaduto pochi mesi fa sul Lussari.

All’uscita del tratto più duro, Roglic (con la monocorona) ha attaccato. Alla fine è stata tripletta Jumbo anche qui
All’uscita del tratto più duro, Roglic (con la monocorona) ha attaccato. Alla fine è stata tripletta Jumbo anche qui

L’analisi con Cassani

Ma in tutto questo ci si pongono diverse domande: chi ha deciso di far vincere la Jumbo-Visma? Come sono gli equilibri in campo? Quando in squadra ci sono troppi i galli a cantare il rischio è che il pollaio possa rompersi.

Davide Cassani in carriera ne ha viste e vissute di cotte e di crude. Lui, tanto per dirne una, era in quella famosa Carrera di Roche e Visentini. Lì sì che volarono coltelli. Qui in apparenza sembra filare tutto liscio.

«Il nostro problema – racconta Cassani riferendosi proprio ai fatti del 1987 – è che Roche aveva apportato quell’attacco senza dire niente a nessuno. Visentini si arrabbiò e fu detto a noi gregari di andarlo a prendere. A quel punto Roche davanti tirò come un forsennato… Ma la questione di base è che non c’era feeling tra Roche e Visentini. Non mi sembra questo il caso della Jumbo-Visma. Kuss ogni volta che finisce una tappa, anche se ha perso terreno, è l’uomo più sorridente e tranquillo del mondo».

Anche oggi lo squadrone olandese ha controllato la gara, anche se ha sfruttato e il grande lavoro della Bahrain-Victorious. Ma quando sono arrivati al dunque Sepp Kuss, Jonas Jonas Vingegaard e appunto Primoz Roglic hanno messo in chiaro i valori in campo. 

«Ho visto un finale particolare – commenta Cassani – ho avuto come l’impressione che Vingegaard fosse rimasto lì come a dire: “Io mi metto a ruota del primo che va e non faccio niente. Poi vediamo che succede”. Kuss si è difeso come meglio ha potuto e Roglic era a tutta. Ci ha provato».

Ancora un grande Cattaneo ha portato fuori Evenepoel. L’ultimo della fuga ad arrendersi sulle rampe dell’Angliru
Ancora un grande Cattaneo ha portato fuori Evenepoel. L’ultimo della fuga ad arrendersi sulle rampe dell’Angliru

Risultato in cassaforte

Calma apparente sull’Angliru. Come se su quelle pendenze ci possa essere della calma. Ragionare non è facile neanche per dei super campioni come loro. Il fatto è che Vingegaard dopo le difficoltà ammesse nella prima settimana è in netta crescita. Kuss non è stato attaccato del tutto perché… è Kuss, uomo squadra a cui tutti vogliono bene. E Roglic è forte, ma non il più forte.

«Per me in Jumbo-Visma hanno tutto sotto controllo – ha detto Cassani – almeno da fuori è così. Di certo in questi giorni si sono parlati e di certo se volevano platealmente far vincere Kuss lo potevano fare. Avrebbero rallentato.

«La mia idea è che loro vogliano mettere in cassaforte il risultato (sia di tappa che della generale, ndr) e una volta fatto questo dicano ai ragazzi di giocarsela nel finale».

 

«Posso ipotizzare che oggi gli abbiano detto di stare insieme fino ai tre chilometri dall’arrivo e se fosse stato tutto sotto controllo, se la sarebbero potuta giocare. Che poi è il discorso legato a Kuss. Alla fine lo hanno attaccato, ma gli hanno anche portato riguardo nel corso di questa Vuelta. Attacchi sì, senza mai mettere in pericoloso il successo della squadra. Quindi possono aver trovato questo accordo, anche perché già da un po’ hanno capito che possono vincere la corsa».

Ayuso, l’unico che poteva impensierire i tre Jumbo per il podio, ha incassato 1’42”. Ora è 4° a classifica a 4′ tondi, tondi
Ayuso, l’unico che poteva impensierire i tre Jumbo per il podio, ha incassato 1’42”. Ora è 4° a classifica a 4′ tondi, tondi

Due triplette in vista

L’analisi dell’ex cittì rispecchia quanto accaduto negli ultimi arrivi in salita. L’idea della doppia tripletta – tutti e tre i grandi Giri e le prime tre posizioni a Madrid – è ormai più che una possibilità concreta. Sarebbe un successo clamoroso basato su grandi singoli, ma anche su una grande forza di squadra.

Ma squadra o no, il re a Madrid sarà uno. Idea nostra è che  Roglic, salvo un’azione monster, non possa recuperare tanto terreno a Vingegaard e forse neanche a Kuss. Resta infatti una sola tappa di pura salita, quella di domani. E poi c’è quella di sabato, ideale per le imboscate. Una tappa che tanto ricorda quella in cui fu beffato Purito Rodriguez. Ma con una Jumbo così, e seguendo quanto dice Cassani, viene da pensare che si deciderà tutto domani sulla Cruz de Linares.

«Ho avuto l’impressione – conclude Cassani – che Vingegaard non volesse affondare il colpo. Ma il bello di questa Jumbo è che sono imprevedibili. Tatticamente non sono mai banali. Ogni tanto cambiano strategia… Cambiano modulo, passano dal 4-3-3 al 3-4-3 ma sempre con tre punte giocano!

«A questo punto della corsa a tutti e tre hanno dato e daranno la possibilità di giocarsi la Vuelta. Come è giusto che sia. Hanno trovato un meccanismo vincente. Magari dettato anche dalle piccole situazioni di difficoltà in cui si sono ritrovati, ma hanno rimediato subito (il pensiero va alla tappa di San Sebastian al Tour con Van Aert furioso ma il giorno in prima linea per i compagni, ndr). Piccoli inconvenienti che li hanno fatto crescere anche in tal senso».

Kuss sorridente già prima del via. Oggi l’americano compiva 29 anni. A quattro tappe da Madrid è leader con 8″ su Vingegaard e 1’08” su Roglic
Oggi Kuss compiva 29 anni. A quattro tappe da Madrid è leader con 8″ su Vingegaard e 1’08” su Roglic

Tutti per Kuss?

E far scopa con quanto detto da Cassani ci sono poi i diretti interessati. Sepp Kuss continua a ridere nonostante ormai abbia pochi secondi di vantaggio sul re del Tour.

«Sono arrivato in Spagna senza aspettative – ha detto Sepp – volevo aiutare i leader. Poi all’improvviso ho preso questa bellissima maglia e così che ho anche scoperto un nuovo livello di corsa per me e un istinto da competizione. Ma ci sono due grandi uomini al mio fianco. Lavoriamo bene insieme dietro le quinte. Sono grandi campioni. Naturalmente voglio avere la mia occasione, ma non mi dispiace lavorare per loro se necessario».

E a queste parole si aggiungono quelle di Vingegaard, per certi aspetti ancora più al miele: «La vittoria di tappa era il nostro obiettivo principale e poi volevamo anche mantenere la situazione nella classifica generale. Siamo molto contenti. Sono sinceramente felice che Sepp sia ancora il leader. Onestamente spero che mantenga la maglia di leader e vinca questa Vuelta».

E infine Roglic: «Oggi ho provato a vincere io. Ho attaccato nel finale, Jonas è riuscito a restare a ruota e Seppe no. Ha detto di essersi sentito un po’ così, così… Comunque ho detto a Sepp di continuare a lottare. La maglia rossa ti porta a fare questo e alla fine ce la farà».

Dichiarazioni non banali quelle di Roglic e Vingegaard. Che in casa Jumbo-Visma abbiano deciso a chi andrà la Vuelta?

Simoni, anno 2000: l’unico italiano ad aver domato l’Angliru

17.08.2023
6 min
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Ci sono lingue di asfalto in alcuni angoli del mondo in grado di emozionare migliaia appassionati ogni volta che vengono scalate. Una di queste è l’Angliru. Gilberto Simoni vinse in maglia Lampre nel 2000, quando aveva 29 anni e in bacheca ancora nessun Giro d’Italia. Su quella salita ha lottato con la gravità, rischiando di mettere il piede a terra su pendenze che mettono paura a qualsiasi generazione di ciclisti. 12,4 chilometri con una pendenza media del 9,8% con punte al 24%

Il 13 settembre 2023 è uno di quei giorni da segnare sul calendario. Perché la Vuelta in occasione della 17ª tappa arriverà sull’Alto de Angliru. Una punta di sadismo accompagnerà ogni appassionato alla visione di quella frazione che porterà allo stremo ogni atleta partito quel giorno. Facciamo un balzo indietro di 23 anni per salire in sella con Simoni su quelle pendenze e capire come si affronta e cosa si prova su una delle salite più temute al mondo. 

L’Angliru vanta una pendenza media del 13,6% sul tratto più duro
L’Angliru vanta una pendenza media del 13,6% sul tratto più duro
Cosa ricordi di quella giornata, emozioni e sensazioni?

Non avevo mai vinto tappe alla Vuelta. Quella dell’Angliru si può dire che mi abbia aiutato a cambiare marcia perché l’anno dopo sono riuscito a vincere il Giro d’Italia. Insomma, ho iniziato a credere ancora di più in me stesso. Quel giorno lì sono riuscito ad anticipare un po’ la corsa perché sapevo che era impossibile battere quelli della Kelme-Costa Blanca, con tutto quello che c’era di dubbioso in quegli anni. Infilatomi nella fuga, gestii bene la gara. Non avevo altre chance, così andai via solo dalla fuga.

Che tipo di salita è? 

E’ una salita che ti porta allo stremo e deve essere interpretata in modo corretto. In salite così, non si deve guardare l’avversario. Devi pensare a te stesso e trovare il tuo ritmo su quelle pendenze assurde. Se sbagli una cambiata, rischi di mettere il piede a terra. E’ un’ascesa che non perdona, quando la imbocchi hai subito il cuore in gola. 

Che rapporti montavi?

Non c’erano le compatte. Non avevo la tripla. Avevo un Campagnolo dieci velocità con il 39 davanti e dietro mi ero fatto mettere il 28 e il 29 togliendo i rapporti più duri. Questo perché sapevo che si vinceva con la scelta di quei rapporti. Mi ricordo che quelli della Kelme montavano invece una tripla. 

Nel 1999 l’Angliru fu affrontato per la prima volta, vinse Jimenez in maglia Banesto
Nel 1999 l’Angliru fu affrontato per la prima volta, vinse Jimenez in maglia Banesto
Cosa ricordi di quella salita?

C’è un rettilineo di un chilometro dove non ci sono tornati e ricordo che veramente mi scoppiavano le gambe. Stavo andando su a cinque all’ora e pensai: “Se arrivo ai quattro mi fermo”. Bastava una cambiata sbagliata e finivi per mettere il piede a terra. Con il rischio di non riuscire neanche più a ripartire. 

Per tentare di venirti a prendere Roberto Heras, che vinse quella Vuelta, fece il record della salita. Ad oggi nessuno è riuscito ancora a scendere sotto quei 41’55”.

Quelli della Kelme erano in una condizione impossibile da affrontare. Se si guardano i filmati sembrava una crono a squadre. Se si prendesse come riferimento il pezzo più duro, forse da metà in su magari si potrebbe battere. Gli scalatori di oggi sono veramente forti. Ma il tratto completo per me ha un tempo inarrivabile. 

Nonostante ciò imboccasti la salita con poco meno di sei minuti e riuscisti a conservarne due all’arrivo…

Ero in fuga da tutto il giorno. Arrivai alla salita non così riposato perché tirai parecchio anche prima. 

Vuelta 2017, Contador sull’Angliru vince la sua ultima corsa (foto Getty Images)
Vuelta 2017, Contador sull’Angliru vince la sua ultima corsa (foto Getty Images)
Da scalatore hai anche vissuto un’evoluzione tecnologica in quegli anni. Lì c’era anche una cadenza di pedalata molto più bassa.

Sì, i rapporti ti ci costringevano. Per me e i meccanici montare una tripla sarebbe stata una blasfemia, un colpo all’orgoglio. A distanza di qualche anno mi ricordo che feci lo Zoncolan sia con il 39 che con il 36. Sono due cose diverse, la pedalata, la reazione dei muscoli. Ma al limite ci si arriva in ogni caso. 

E la tua Fondriest di quell’anno che bici era? Con una bici attuale sarebbe cambiato qualcosa?

Era leggerissima, con il meccanico Pengo facemmo un lavoro incredibile. Un telaio tutto mio per le gare in salita. Bici corta e una posizione più avanzata. La grande differenza con oggi è il materiale, la mia era in alluminio. Inguidabile in discesa ,ma in salita non credo che avrei trovato così tante differenze con quelle attuali. Geometrie differenti non avrebbero inciso come invece i rapporti che hanno ora. Io pesavo 60 chili quindi l’alluminio con me riusciva a funzionare molto bene. Il peso della mia Fondriest non lo ricordo di preciso ma era al limite del regolamento. 

Come si respira su una salita così?

Sei sempre a tutta. Anche se a parte quel tratto di un chilometro, ci sono i tornanti che permettono di rilanciare e “riposarti”. Ma è un’apnea continua…

Simoni Pordoi 2001
Gilberto Simoni l’anno successivo vinse il Giro d’Italia sempre in maglia Lampre
Simoni Pordoi 2001
Gilberto Simoni l’anno successivo vinse il Giro d’Italia sempre in maglia Lampre
La tappa dell’Angliru come si colloca all’interno di una Vuelta?

Fa paura. Fa male. E’ una salita su cui non si fanno distacchi enormi. Questo perché tutti vanno su sfidando la pendenza senza far scorrere più di tanto la bici. E’ difficile fare attacchi e non fare fuori giri. E’ vero che se si becca la giornata storta ci si può fare male, ma con i rapporti che utilizzano oggi uno in qualche modo si salva. Se uno in crisi si trovasse ad affrontarla con i rapporti che utilizzavamo noi nel 2000 allora sì che sprofonderebbe in classifica.

Chi vedresti come favorito su una salita così? 

Direi che bene o male, tutti gli scalatori, sono favoriti. Corridori come Vingegaard o Roglic possono puntarci, ma anche Evenepoel non lo vedo così sfavorito, abbiamo visto la sua potenza. Sarà una bella sfida, difficile fare un pronostico.

Hugh Carthy è l’ultimo vincitore dell’Angliru, affrontato nel 2020
Hugh Carthy è l’ultimo vincitore dell’Angliru, affrontato nel 2020
Se dovessi dare un consiglio a un corridore che vuole vincere sull’Angliru, cosa gli diresti?

Se vogliono vincere devono fare come ho fatto io nel 2000. Evitare lo scontro diretto con i corridori di classifica e anticipare da lontano, arrivando con un distacco prezioso ai piedi della salita. C’è poco da consigliare, devi spingere quello che hai, quello che ti senti.

Se dovessi fare una classifica della salite più dure, l’Angliru dove la metteresti?

Una delle top. Anche se devo dire che quella che mi ha impressionato di più forse è Punta Veleno. E’ terribile. Però non riesco a fare una classifica. Diciamo che i numeri delle pendenze la fanno da sè. Poi si va sull’esperienza personale. Perché ci sono salite dure come Mortirolo e Zoncolan che puoi affrontare in situazioni differenti e dire che sono più o meno dure. E’ una cosa molto personale il giudizio. Lo stesso Angliru mi ricordo che nel 2003 l’ho rifatto con Casagrande ed ero in lotta per la classifica e mi fece molto più male rispetto al 2000. 

Mattia Cattaneo, Alto de Angliru, Vuelta 2020

Lo Zoncolan è più duro, parola di Cattaneo…

01.11.2020
2 min
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Questa volta Cattaneo in fuga c’è andato per arrivare e aveva trovato anche la compagnia giusta. Perché oltre al drappello degli stranieri, stando al vento si riusciva anche a fare quattro chiacchiere con Formolo e Gasparotto. Anche loro fra gli ultimi superstiti della pattuglia tricolore. Al traguardo il corridore della Deceuninck-Quick Step è arrivato infine 21° a 6’12” eppure segnali positivi se ne sono visti.

Si poteva arrivare, ma…

Ma non ci hanno lasciato tanto spazio. Sembrerà una frase fatta, però si va forte davvero.

Mattia Cattaneo, Enrico Gasparotto, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Cattaneo e Gasparotto, tocca a loro tirare
Mattia Cattaneo, Enrico Gasparotto, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Turno in testa alla fuga per Cattaneo e Gasparotto
Avevi già fatto l’Angliru?

No, prima volta assoluta. E’ duro, ma secondo me lo Zoncolan è peggio. Oggi ho visto un chilometro davvero terrificante, quel tratto dritto al 23 per cento. Per il resto è una salita dura con dei tratti in cui respirare. Lo Zoncolan invece molla un po’ solo nella galleria e poi è di nuovo cattivo.

Che effetto fa una salita così dura senza pubblico?

Altro effetto spettrale. Il pubblico fa differenza, non senti niente, ti passa meglio. Oggi si sentivano i rumori del gruppo e quelli delle moto e delle macchine, di cui normalmente non ci accorgiamo. L’Angliru così è solo sofferenza.

Non si sono viste grandi differenze, come li vedi i primi?

Sono allo stesso livello ed è un gran bel livello. Togliendo la giornata forse non brillantissima, Roglic mi sembra il più determinato.

Il fatto che si corra di novembre abbassa le prestazioni?

Non credo, magari fosse vero. Vanno fortissimo e anche io non sto andando male. Sono venuto con tre settimane di allenamento dopo tutto il lavoro del Giro. Mi manca qualcosa, ma va sempre meglio. Noto che le salite lunghe smascherano la mancanza di fondo, ma sto crescendo e ci riprovo di certo. Domani si riposa. Veniamo da tre giorni durissimi in una Vuelta strana e durissima. Le prime tappe sono state folli, senza giorni di rodaggio. Dovendo ridurre il numero delle tappe, hanno tolto proprio i giorni di avvio. Vogliono il sangue questi spagnoli…

Vuelta, vento (e Angliru) premiano Gaudu

31.10.2020
3 min
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Lo scriviamo praticamente da quando è iniziata: la Vuelta non stupisce mai. E in qualche modo anche oggi non ha tradito le attese. Anche se non nel modo previsto: molto fumo e poco arrosto. Probabilmente la testa era già rivolta a domani, all’Angliru.

Una corsa molto tattica

Se fin qui è bastato un cavalcavia per accendere la miccia. Oggi nel primo grande tappone di montagna quasi “non” è successo niente. A smorzare eventuali tentativi ha inciso anche il forte vento contrario, specie nell’ultima scalata.

Nel finale attaccano David Gaudu e Marc Soler. Nella volata vince il francese della Groupama-Fdj, spalla di Thibaut Pinot, che invece la Vuelta l’abbandonata anzitempo dopo appena due tappe.

Martin che beve e Carapaz (in verde): per loro giornata “tranquilla”
Giornata “tranquilla” per Martin e Carapaz

La gara è bloccata. Tanti tentativi di fuga, ma nessuno in grado davvero di fare la differenza. Si giocano i Gpm persino i big, tanto che Guillame Martin va a rafforzare il suo primato in questa speciale classifica. Attendismo? Sì, ma non in attesa dell’ultima scalata come era lecito ipotizzare, bensì in attesa dell’Angliru.

Angliru in vista.

Questa mitica salita sarà affrontata domani. Avverrà al termine di una tappa che si annuncia folle: quattro Gpm (compreso l’arrivo in quota) in soli 109 chilometri. 

E’ per questo che oggi si sono guardati, studiati, contenuti e forse trattenuti. Quasi quasi spaventa più il chilometraggio breve che la salita finale. In una frazione così può succedere di tutto. Ci si aspetta ritmi folli.

Sulla carta sembra una tappa più adatta a Roglic che a Carapaz. I due sono a pari tempo, quasi come Geoghegan Hart e Hyndley al Giro. Ma qui si parla sempre di loro due e non si bada a Daniel Martin, sornione (neanche troppo) a 25”.

«Aspettiamo domani», dice Carapaz. «Ho avuto belle sensazioni, vediamo domani cosa accadrà», gli fa eco Enric Mas. «Non vedo l’ora di sfidare l’Angliru», commenta Martin.

«Abbiamo controllato bene la corsa – dice Roglic – mi aspettavo qualche attacco nel finale, ma credo che tutti pensassero a domani e abbiano paura dell’Angliru. Lassù mi aspetto un combattimento corpo a corpo. Non ho mai scalato l’Angliru prima, ma anche io non vedo l’ora e sono fiducioso».

Rapporti agilissimi

L’ultimo a trionfare lassù fu Alberto Contador. La sua azione partita da lontano fu anche il suo ultimo successo. Per lo spettro asturiano però non basteranno solo grandi gambe, ma anche nervi saldi e rapporti adeguati.

Stasera i corridori vivranno una vigilia nel segno della tensione, del recupero…E passeranno per le mani dei massaggiatori e dei meccanici. I primi dovranno preparare le gambe perché siano esplosive sin da subito, i secondi dovranno preparare rapporti da Mtb. Sembra che Carapaz monterà un 36×32 mentre Roglic si affiderà addirittura al 34×32.

Dopo l’arrivo è stato curioso vederli, di nuovo “in gruppo” sui rulli. C’erano quasi tutti i big, che dovevano salire sul podio, che facevano defaticamento e continuavano a parlare e a tenersi d’occhio.

Domani però non ci sarà tempo per parlare. L’Angliru con le sue rampe al 23 per cento non lascia scampo.

Santini maglia rossa Vuelta

La maglia rossa alla Vuelta è firmata Santini

20.10.2020
< 1 min
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Le maglie dei leader delle varie classifiche della Vuelta de Espana 2020 sono firmate da Santini Cycling Wear. La particolarità è che sono realizzate con tessuti eco-sostenibili.

La maglia rossa, verde, bianca e a pois azzurri che caratterizzano i leader delle diverse classifiche, saranno amiche dell’ambiente. Per realizzarle sono usati due tessuti eco-sostenibili, gli stessi utilizzati per i completi del Team Trek-Segafredo. Il tessuto Ecofabric Recy by Corno, è ecologico e prodotto con filati riciclati derivanti dal recupero di materiali usati e dispersi nell’ambiente. Il secondo tessuto è il Native -Ecoknit di Sitip realizzato anch’esso con fibre e filati riciclati e senza l’utilizzo di sostanze chimiche inquinanti. In questo modo si riduce il consumo di risorse naturali e la dipendenza da energie non rinnovabili.


Oltre alle maglie dei leader di classifica, Santini ha realizzato quattro kit completi di maglia, pantaloncino, calzino, cappellino e guantini che celebrano alcune tappe e alcuni luoghi della Vuelta de Espana 2020: KM Cero, Pamplona, Tourmalet e Alto de l’Angliru.
Le maglie che vestiranno i leader de La Vuelta e i quattro kit speciali sono disponibili per l’acquisto online sul sito di Santini e in selezionati e specializzati negozi di ciclismo nel mondo.

santinicycling.com