EDITORIALE / Non ci sono più i corridori di una volta?

28.10.2024
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Se metti un direttore sportivo di 70 anni a guidare un team di juniores non è detto che ne tirerai fuori dei corridori, ma è abbastanza certo che se gli esiti dell’esperimento non saranno quelli sperati, la colpa sarà tutta dei ragazzi. Non ci sono più i corridori di una volta: il titolo è già fatto. Eppure i corridori ci sono e non è un caso che l’unica categoria davvero in attivo del ciclismo italiano sia quella dei loro agenti. Sono loro che danno la linea dello sviluppo, che prendono i corridori e li distribuiscono fra i vari team. Se qualche regola li ostacola, trovano con competenza la via d’uscita. Fanno la loro parte, poco da rimproverargli. Se porti un goloso in pasticceria e lo lasci libero di prendere quel che vuole, sai già che non farà prigionieri.

In questi pochi mesi che porteranno alle elezioni federali, questo sarà uno dei fronti più caldi. Non tanto per imporre dei vincoli che la legge europea sul lavoro può scavalcare senza troppi problemi, ma per cercare di rimettere lo sport al centro del ragionamento. Siamo certi che chi gestisce il ciclismo giovanile abbia le carte in regola? Con quali argomenti può confutare le tesi dei procuratori? Siamo certi che non sia arrivato il momento per un sostanzioso ricambio su alcune ammiraglie? I corridori ci sono, i corridori di oggi: sottoposti a tensioni da cui quelli di una volta sarebbero stati sbriciolati (in apertura una foto dal Giro della Lunigiana). Quanto può cambiarti la vita un contratto da professionista se non sei in grado di onorarlo come (giustamente) ci si aspetta?

Tomas Trainini, neoprofessionista nel 2021 a 19 anni, ha alzato bandiera bianca nel 2022 (foto Instagram)
Tomas Trainini, neoprofessionista nel 2021 a 19 anni, ha alzato bandiera bianca nel 2022 (foto Instagram)

Pro’ a 18 anni

Uno dei primi punti di domanda fu il passaggio al professionismo di Tomas Trainini nel 2021, a 19 anni appena compiuti. Correva alla Colpack e anche a Villa d’Almé rimasero stupiti vedendolo andar via. I suoi giorni di corsa tra i professionisti non arrivarono a 15 e nell’aprile del 2022 annunciò il ritiro. Le motivazioni sulla sua presunta fragilità furono prese per buone, perché dubitarne? Resta il fatto che, essendone a conoscenza, probabilmente quel contratto non andava neanche proposto. E da quel giorno anche Reverberi imparò a prendere meglio la mira.

E’ di questi giorni notizia del ritiro di due corridori dal devo team della Soudal-Quick Step: il britannico Cormac Nisbet e Gabriel Berg, un promettente francese classe 2005, passato a 19 anni . In una intervista molto interessante su L’Equipe proprio lui spiega il perché della sua scelta. Questo un passaggio.

«La mia vita ruota attorno al ciclismo. E’ diverso da quando correvo alla Argenteuil da junior e andavamo alle gare con gli amici nel fine settimana. La mia età ha avuto un ruolo nella decisione di smettere. A 18 anni non ero pronto, era troppo presto. Non avevo la maturità per mettere tutto da parte per il ciclismo. Non sapevo come trasformare la mia passione in una professione. Ero pronto per rendermi conto a 30 anni che mi ero perso gli anni migliori della mia vita? Ma quello che non ha funzionato per me funziona anche per altri, come Matys Grisel, Léo Bisiaux o Paul Seixas (campione del mondo junior della crono, ndr) che sono diventati professionisti molto giovani».

Gabriel Berg, francese della Soudal-Quick Step Devo Team, ha alzato bandiera bianca (foto Wout Beel)
Gabriel Berg, francese della Soudal-Quick Step Devo Team, ha alzato bandiera bianca (foto Wout Beel)

La catena di montaggio

Quello che va bene per uno non funziona necessariamente per gli altri, invece è diventato regola. L’orologio biologico che un tempo era riferito quasi unicamente alla maternità oggi investe i corridori con ripercussioni che non tutti siamo in grado di immaginare. Da un lato è giusto capire per tempo di non essere tagliati per un certo lavoro. Va bene che nel frattempo si finisca la scuola, in modo da non arrivare a 23 anni sul mercato senza arte né parte. Dall’altro è semplicemente assurdo che non ci sia una via di mezzo per chi a 18 anni vorrebbe avere il tempo di capire e si ritrova invece in un frullatore.

«I miei compagni di squadra sono colleghi – racconta ancora Berg – facciamo il nostro lavoro. Veniamo pagati circa 450 euro al mese. Vogliamo andare tutti nel WorldTour. Tutto è fatto in modo perché tu debba soltanto pedalare. La mia preparazione è molto più avanzata e più scientifica che negli juniores, ad Argenteuil. Faccio dei test. Prendono i livelli di lattato, i livelli di CO2… E’ un altro mondo. Sono in contatto con il mio allenatore e i direttori sportivi. Vedo un nutrizionista e un medico se ne ho bisogno».

A 22 anni, Verre ha già corso due Giri d’Italia. Si tutela così un giovane di valore?
A 22 anni, Verre ha già corso due Giri d’Italia. Si tutela così un giovane di valore?

Il mondo di adesso

Montoli ha smesso perché nessuno l’ha cercato e a 22 anni si è sentito vecchio. Leo Hayter ha smesso per fragilità psicologiche troppo grandi che il WorldTour ha reso più evidenti. E poi ci sono coloro che son sospesi. Come Alessandro Verre, mandato troppo giovane alla Arkea senza che ne avesse l’urgenza e la solidità. Dopo tre anni e calendari cambiati senza una logica che vedesse lui al centro del ragionamento, si ritrova alla ricerca di un contratto. Non avrebbero meritato di crescere, fare il loro percorso negli under 23 e poi tentare il grande salto quando fossero stati pronti?

In questa società così diversa, di famiglie spesso disintegrate e valori dispersi, lo sport giovanile è un momento educativo e aggregativo e non un’agenzia di avviamento al lavoro. I ragazzi di oggi hanno mille fragilità che sarebbe indecente non considerare. Occorre quindi un accordo fra le parti per stabilire che 18 anni sono spesso pochi per l’accesso ai vertici. Occorre garantire un’attività di livello anche senza finire necessariamente all’estero. Se vengono a prenderli da noi a 19 anni, vuol dire che sono forti e che fino agli juniores s’è lavorato bene. Non è possibile che avere la struttura giusta in tempi più lunghi sia necessariamente una condanna al fallimento.

Montoli, nessuna chiamata. Il bel sogno finisce qui

22.10.2024
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Si fa presto a dire giovane, però intanto il tempo passa come i chilometri e ti ritrovai ad averne 22 e sentirti vecchio. Se nel mezzo non ci sono stati i risultati che per primo ti aspettavi, allora l’idea di andare avanti perde fascino e ti ritrovi a pensare a una vita senza la bicicletta. E’ stato così che Andrea Montoli, che in vita sua aveva già sconfitto un linfoma, si è ritrovato davanti alla domanda che già di per sé poteva toglierti la voglia di andare avanti: noi ti teniamo, ma tu cosa vuoi fare?

La Biesse-Carrera lo avrebbe tenuto, dopo avergli proposto un bel calendario: migliore di quello dei primi anni. Il diesse Milesi conferma che il ragazzo vale, che ha classe, ma che il passaggio fra gli elite lo ha bloccato.

«Resta con noi e farà gruppo con i compagni – dice il tecnico bergamasco – ma non credo che ci ripenserà. Il suo problema è aver corso davvero poco i primi anni. Ma ormai ha preso la sua decisione ed è quella. Curerà i nostri social e porterà avanti gli studi, perché è bravo. Sapete quante squadre me lo hanno chiesto? Ma ha detto basta e così sarà…».

Nel 2020 Montoli vince il tricolore juniores a Montegrotto, davanti a Germani e Calì (photors.it)
Nel 2020 Montoli vince il tricolore juniores a Montegrotto, davanti a Germani e Calì (photors.it)

Il sogno nel cassetto

Così Montoli si è guardato dentro, ha rimesso nel cassetto i sogni di junior tricolore con otto vittorie nei due anni, e si è rimboccato le maniche. Ha chiesto e ottenuto dalla Biesse-Carrera di occuparsi dei suoi social e intanto, girando le corse con la sua ultima squadra, porterà avanti gli studi in Scienza della Comunicazione. Magari con più impegno, sorride, di quello che riusciva a metterci da atleta.

«Sono tranquillo – dice – deciso dalla scelta che ho fatto. La squadra era disposta anche a tenermi, ma a luglio ho parlato con i miei genitori e le persone con cui ho più confidenza per avere più pareri possibili, anche se poi avrei scelto di testa mia. E alla fine ho deciso così. Il mio principale obiettivo era quello di passare professionista, ma vedendo l’andamento del ciclismo moderno, ho reputato che fare l’elite sarebbe stato poco motivante. Con la Biesse-Carrera avrei fatto un ottimo calendario anche tra i professionisti, ma lì è sempre difficile emergere e si sta andando sempre di più in cerca del super giovane. Non che io non lo sia più, ma per gli standard del ciclismo, iniziano a guardarmi con sufficienza».

D’Amato, Montoli, Arrighetti, Donati e il ds Nicoletti: la Biesse Carrera espugna il Liberazione 2024
D’Amato, Montoli, Arrighetti, Donati e il ds Nicoletti: la Biesse Carrera espugna il Liberazione 2024

Secondo a Caracalla

Il suo ultimo ricordo felice in sella alla bici è probabilmente il secondo posto al Gran Premio Liberazione alle spalle del compagno di squadra Donati, partito alla volta del devo team della Red Bull-Bora. Chissà se le parti invertite avrebbero cambiato qualcosa. Non lo sapremo mai.

«Pur avendo in testa questa scelta – racconta – andavo alle corse cercando sempre di fare una buona prestazione e sperando nella chiamata di qualcuno. Il sogno se ne è andato definitivamente il 20 ottobre, dopo la Veneto Classic. E’ la fine di una carriera e l’inizio di una nuova vita. Non lascio la bici con rabbia, ma consapevole di aver dato al gruppo e al ciclismo qualcosa di me, dei miei atteggiamenti allegri, della mia leggerezza. Sono stati anni belli. La malattia è stata lo spartiacque, ma fortunatamente è andata bene e ho potuto proseguire questa strada. Da junior vincevo, poi sono passato alla Eolo U23 e ho pagato un po’ la carenza di corse nel primo anno, forse anche il fatto che fosse tutto nuovo. Alla fine sono stati anche anni difficili, perché faticavo ad arrivare alla vittoria. L’unica è venuta nel 2022 in una tappa della Vuelta Valencia. Diciamo che quel periodo mi è servito soprattutto per imparare lo spagnolo, con cui ora mi faccio capire. Poi alla Biesse-Carrera mi hanno trattato davvero bene e, pur non vincendo, nelle internazionali sono arrivato spesso davanti».

Nel 2022 Montoli corre da stagista la Coppa Agostoni. Sembrava destinato a passare nel 2024
Nel 2022 Montoli corre da stagista la Coppa Agostoni. Sembrava destinato a passare nel 2024

Il cammino interrotto

Resta il senso di un cammino che si è interrotto, spesso anche per un pizzico di sfortuna. E restano i sogni del ragazzino pescato nel mazzo da Ivan Basso, che nonostante le belle parole del varesino, non hanno avuto un seguito.

«Da più giovane, penso di aver sempre avuto una bella visione di corsa – dice – ma nei professionisti sono riuscito raramente a prendere la fuga buona. Piuttosto provavo, mi riprendevano e appena mi rialzavo o andavo un po’ dietro, andava via quella giusta. A volte mi è capitato di spegnermi nel finale, ma in certe corse sai che ti manca qualcosa. Quando Basso mi ha chiamato, è stato bello. Ho sempre cercato di essere professionale nei suoi confronti, però a quanto pare non sono stato premiato. Quando gli dissi la mia intenzione di passare alla Biesse-Carrera, disse che mi avrebbe seguito, ma ci siamo persi di vista. Comunque ringrazio il ciclismo per avermi fatto crescere come atleta e come persona. E ringrazio anche i miei compagni di squadra e anche gli avversari. Nonostante il finale, il ciclismo resta una parte importante della mia vita».

Frattura del trochite omerale: scopriamo di cosa si tratta

08.12.2023
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L’esperienza di Montoli e della frattura all’area trochite omerale che ha compromesso il suo 2023 è stata lo spunto giusto per parlare di questa problematica. Per affrontare il tema abbiamo chiesto il supporto di Loris Perticarini, ortopedico con un master in chirurgia della spalla. 

«Intanto – spiega subito il dottor Perticarini – va individuata la zona di cui stiamo parlando. Il trochite si trova nella parte finale della spalla, vicino alla testa dell’omero, sotto il deltoide (foto apertura My-personaltrainer.it, ndr). E’ il punto dove ci sono le cuffie dei rotatori e da dove partono i tendini della spalla. Il trochite è un osso spugnoso».

Il dottor Loris Perticarini ha conseguito un master in chirurgia della spalla
Il dottor Loris Perticarini ha conseguito un master in chirurgia della spalla

La frattura

«Solitamente – prosegue Perticarini – si staccano i tendini e, di conseguenza, non si ha una frattura. Se, invece, si ha una frattura vuol dire che il trauma è stato così forte che i tendini non si sono rotti, ma hanno strappato via una parte dell’osso. Per fare un esempio concreto: è come i “panettoni” di cemento che ci sono in strada, collegati da catene. Se la catena viene via senza danneggiare il blocco di cemento è come se si rompessero i tendini. Al contrario, se la catena rimane intatta ma strappa via il blocco di cemento allora quella situazione è paragonabile alla frattura».

Montoli con l’evidente tutore alla spalla destra, in compagnia di Van Aert alla partenza della Coppa Bernocchi
Montoli con l’evidente tutore alla spalla destra, in compagnia di Van Aert alla partenza della Coppa Bernocchi
Noi parliamo di frattura, che è il caso di Montoli

Ci sono due opzioni. Se la frattura è minima, quindi meno di un centimetro, si lascia guarire da sola. Altrimenti se la frattura supera il centimetro, o vi è una rotazione o una rotazione della struttura, si opera. Nel caso di un atleta si può decidere di operare anche se la frattura è ridotta.

In cosa consiste l’operazione?

Si può ricorrere una stabilizzazione percutanea, ovvero con l’utilizzo di una vite, nel caso ci fosse un distaccamento importante. Oppure un’artroscopia: quando si ha un distaccamento ridotto, come un frammento osseo, si usano delle piccole ancore. 

Come mai questa distinzione?

Perché nel caso di una frattura minima, quindi sotto al centimetro di distaccamento, l’osso è in grado di attaccarsi da solo. Mentre nel caso di un distaccamento maggiore la parte danneggiata non si riattaccherebbe più. 

Tornare in bici dopo l’infortunio sarebbe stato rischioso nel caso di altre cadute (foto Instagram)
Tornare in bici dopo l’infortunio sarebbe stato rischioso nel caso di altre cadute (foto Instagram)
Per un ciclista cosa è meglio fare?

Ci sono casi e casi. Da un certo punto di vista è meglio operare, per ridurre i tempi di recupero. Questo permette al corridore di rimettersi in sella al più presto, ma vanno considerate anche altre variabili. 

Quali?

La prima è quella di eventuali cadute. E’ vero che un’operazione attacca l’osso, ma non riduce a zero i tempi di recupero. Operare serve per non lasciare troppo tempo l’articolazione immobile, con il rischio di farla irrigidire. Dopo l’operazione magari non si torna in strada, ma sicuramente si pedala sui rulli senza problemi

La glena è una parte molto delicata nell’articolazione della spalla (foto Dottor Vivanti Giovanni Battista)
La glena è una parte molto delicata nell’articolazione della spalla (foto Dottor Vivanti Giovanni Battista)
Montoli ci ha parlato anche di un problema alla glena.

La glena è la parte della spalla dove si articola l’omero. Una frattura in questa zona porterebbe ad un maggior pericolo o meglio al rischio che non guarisca bene. Ci sono colleghi che curano solo traumi alla spalla, talmente è delicata e complessa questa parte del corpo. 

I tempi di recupero quali sono?

Ci sono tante variabili da tenere in conto. La prima è il tipo di danno che si è subito e lo sport che si pratica. Un ciclista ha il problema che se rimane troppo tempo immobilizzato perde elasticità e capacità di mantenere la posizione in bici. Ma come detto prima un ritorno troppo affrettato potrebbe portare a danni superiori nel caso di altre cadute.

Montoli fa le valige e torna in Italia, alla Biesse-Carrera

28.11.2023
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Dopo tre stagioni il colore della divisa di Andrea Montoli cambia, passando dal celeste della Eolo-Kometa U23 al bianco della Biesse-Carrera (in apertura foto Instagram). Una novità abbastanza importante per il mondo under 23, se non altro per il fatto che Montoli era uno dei ragazzi di maggior prospetto per Ivan Basso. Nel 2022 era arrivato anche uno stage con il team professional e le premesse per il 2023 erano buone. Ma qualcosa non è andato.

«La caduta di metà agosto in Spagna – racconta Montoli mentre prepara le valige per raggiungere la ragazza in Friuli – mi ha provocato la frattura del trochite omerale. In più ho subito un danno a livello della cartilagine, ora grazie al lavoro fatto con il fisioterapista è a posto. Però i tempi di recupero sono stati abbastanza lunghi, ma con cautela riesco a fare tutti i movimenti. Non avrò problemi nel correre in bici».

Nel 2022 tre corse da stagista con i pro’, qui alla Coppa Agostoni
Nel 2022 tre corse da stagista con i pro’, qui alla Coppa Agostoni
La novità della prossima stagione è il cambio squadra, da dove parte questa decisione?

Nello stage fatto a fine 2022 con i professionisti mi sono accorto che passare sarebbe stato prematuro. Anche perché ho corso tre gare (Giro della Toscana, Coppa Agostoni e Giro dell’Emilia, ndr) e mi sono ritirato in tutte e tre. Nel 2023 a livello personale sono migliorato, ma non è mai arrivata la vittoria, tanti piazzamenti sì, ma non quello importante. La caduta è stata davvero un peccato…

Come mai?

Perché a luglio stavo pedalando bene. Nelle tre corse a tappe, disputate tutte in Spagna, ho ottenuto altrettante top 10. Da lì, visto che iniziavo a stare bene, era nata l’idea di fare un secondo stage con la professional della Eolo. La caduta ha fermato un po’ tutti i programmi…

Così il 2024 diventa il tuo quarto ed ultimo anno da under 23.

Sì, parlando con la squadra e qualche diesse è emerso come il calendario della Eolo Kometa U23 sarebbe stato ancora in Spagna. Io, dal canto mio, avevo voglia di provare a correre di più in Italia. Disputare qualche gara in più qui mi potrebbe dare maggiore stimolo. 

Nel 2023 il miglior risultato è stato un secondo posto in classifica generale alla Vuelta Avila (foto Instagram)
Nel 2023 il miglior risultato è stato un secondo posto in classifica generale alla Vuelta Avila (foto Instagram)
Già a fine 2022 avevi detto che quest’anno avresti voluto provare a fare il salto di categoria…

A gennaio 2023, quindi all’inizio di questa stagione, avevo l’obiettivo di passare entro il terzo anno. Ma non ho ottenuto risultati di spicco, ero sempre lì tra i primi e non ho mai vinto. E’ difficile passare con questi numeri e non avevo certezze. Così in questo periodo ho parlato con un po’ di persone vicine a me e ho deciso di fare questo cambio.

Perché?

In Spagna ci sono squadre professional, come la Kern-Pharma e la Caja Rural che hanno il team under 23, ma magari guardano più i corridori spagnoli. Ho avuto l’impressione che venendo a correre in Italia avrei avuto più visibilità, anche per quanto riguarda la nazionale. Ho voglia di correre di più in casa, di mettermi alla prova anche nelle nostre corse. Mi serve uno stimolo diverso, alla Eolo ho fatto un bel calendario, ma in Italia ho spesso trovato un ritmo differente. Già a inizio della scorsa stagione vedevo che tutti si ritrovavano alla San Geo, mentre io iniziavo con le gare della Coppa di Spagna. 

Dopo 3 anni Montoli saluta il team di Basso e torna a correre in Italia, lo farà con la Biesse-Carrera (foto Instagram)
Dopo 3 anni Montoli saluta il team di Basso e torna a correre in Italia, lo farà con la Biesse-Carrera (foto Instagram)
La scelta della Biesse da dove arriva?

Mi hanno cercato per due anni, è una squadra continental e in più conosco parte dei miei compagni: con Motta ho corso due anni al CC Canturino. Mentre con altri qualche volta mi sono allenato insieme o comunque abitano vicino a casa mia. Alla fine mi è sembrata la scelta più saggia. Il calendario dovrebbe essere pressoché uguale a quello del 2023, quindi corse di livello e qualche apparizione con i professionisti. 

Quando vi troverete per lavorare insieme?

Ho già conosciuto la squadra a fine ottobre. Poi dal 15 gennaio al 4 febbraio faremo un ritiro vicino a Valencia. Un bel blocco intenso di lavoro per partire pronti.

Montoli, un altro anno di esperienza, poi il salto

06.02.2023
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Uno dei volti della Fundacion Contador, la squadra under 23 legata alla Eolo-Kometa, è Andrea Montoli: classe 2002, lombardo di Parabiago. Il 2022 è stata la sua seconda stagione corsa nella categoria che fa da anticamera al professionismo. L’inizio delle gare si avvicina e con Andrea bussiamo al 2023, cui chiede qualcosa in più, forte delle motivazioni trovate l’anno scorso. 

A settembre in Spagna per il lombardo è arrivata la prima vittoria tra gli under 23
A settembre in Spagna per il lombardo è arrivata la prima vittoria tra gli under 23

A breve si riparte

Mentre i professionisti hanno già attaccato il numero sulla schiena, gli under 23 si trovano ancora nel periodo pre-stagione. L’inizio però non sembra così lontano. 

«Ora sono in Friuli dalla mia ragazza – racconta Montoli – e ogni tanto vengo qui per stare con lei. Domani (oggi, ndr) sono previsti 18 gradi. Approfitto di questo clima anomalo per passare del tempo insieme a lei e per allenarmi, se fa caldo ti viene anche più voglia (dice ridendo, ndr). A breve, l’11 febbraio, andremo a fare un ritiro con la squadra in Spagna, poi il 18 ed il 19 ci saranno due gare. Sfruttiamo il tempo per lavorare insieme e scoprire quale calendario andremo a fare. Avevamo già fatto un ritiro a dicembre, ma si trattava più di un ritrovo. Arrivavo dalle vacanze e avevo anche qualche chiletto in più. Sapete, difficile non mangiare quando si va a Napoli e Catania, però avevo avvisato la squadra, mi ero portato avanti (dice ridendo di nuovo, ndr)».

Piganzoli Maurienne 2022
Piganzoli e gli altri ragazzi passati alla professional sono la testimonianza che il progetto della Eolo funziona (Foto Zoe Soullard)
Piganzoli Maurienne 2022
Piganzoli e gli altri ragazzi passati alla professional sono la testimonianza che il progetto della Eolo funziona (Foto Zoe Soullard)

I vecchi compagni

Nel ritiro di Oliva di dicembre era presente anche la formazione professional, in cui da quest’anno sono passati anche quattro suoi ex compagni. Che effetto fa trovarli “dall’altra parte?”.

«Ci vedevamo poco – continua – praticamente solo la sera per mangiare e qualche volta incrociavamo il loro gruppo di allenamento. Vedere i ragazzi che erano under l’anno scorso fa un certo effetto, a me ha dato una bella motivazione. Ha alimentato la speranza che un giorno possa arrivare anche per me quel momento. Ho avuto la sensazione che il progetto sia concreto, che impegnandomi come hanno fatto loro, possa arrivare anche il mio turno. 

«I lavori fatti a casa fino ad ora mi danno buone sensazioni – dice – si è lavorato molto sul fondo, tanto volume e qualcosa di intensità. Il ritiro di febbraio servirà proprio per capire il livello al quale siamo arrivati, sarà un primo feedback per il team».

Tra pochi giorni i ragazzi del team U23 si ritroveranno per il secondo ritiro stagionale
Tra pochi giorni i ragazzi del team U23 si ritroveranno per il secondo ritiro stagionale

Un passo indietro

Con Montoli, però, analizziamo prima quello che è successo nel 2022, alla sua seconda stagione con la Fundacion Contador. Qualche passo in più, una buona crescita ed il premio con lo stage tra i professionisti. 

«E’ stata una stagione in crescendo – racconta il lombardo – ero partito in sordina, ma dalle gare internazionali in poi sono migliorato pian piano. Fino ad ottenere la prima vittoria tra gli under 23 a settembre, in Spagna. Lo stage con i professionisti è stata una bellissima occasione dalla quale porto a casa numerose emozioni. La cosa più bella è essere riuscito a scambiare qualche battuta con Nibali alla Coppa Agostoni e Bernal al Giro della Toscana. In quelle corse la squadra mi aveva chiesto di mettermi a disposizione nelle fasi iniziali. Ho provato ad entrare in qualche fuga ma partivano sempre uno scatto dopo rispetto a quelli che riuscivo a fare (ride ancora. ndr).

«Il ritmo è tanto diverso da quello al quale sono abituato. Nei primi venti minuti si va fortissimo, poi si rallenta e le squadre si organizzano. La bagarre per prendere in testa le salite è tostissima, devi saper spingere il rapporto. Mi trovavo tra corridori di Ineos e UAE, mi ha fatto uno strano effetto, ma ho cercato di stargli a ruota. E’ stata una gran bella esperienza: salire sul pullman, fare la riunione pre corsa… Quando ero piccolo andavo a queste corse chiedendomi cosa ci fosse sul bus delle squadre, finalmente l’ho scoperto! Spero di tornarci di nuovo».

Montoli, con il numero 21, in corsa ai campionati italiani under 23 di Carnago
Montoli, con il numero 21, in corsa ai campionati italiani under 23 di Carnago

Il Giro Under 23

Tra le corse affrontate da Montoli nella scorsa stagione c’è stato anche il Giro d’Italia U23. Una prima volta speciale anche questa, per diversi motivi… 

«Si è trattata di una grande esperienza – ci dice – ti confronti con i corridori migliori al mondo. Molti di loro ora li vedi in televisione a correre con i professionisti. E’ un mondo completamente diverso, in qualche modo simile a quello dei grandi, con le dovute proporzioni. Fai tanta esperienza, imparando a “vivere come un professionista”, dalla colazione fino alla cena, e questo giorno dopo giorno. Dal punto di vista atletico l’ho trovato molto utile, ti dà una grande continuità ed impari a gestirti.

«Nella tappa di Santa Caterina, la più dura, fin dai piedi del Mortirolo dalla macchina mi hanno consigliato di risparmiare energie per arrivare al traguardo. Anche perché l’indomani dopo c’era una tappa (quella di Chiavenna, ndr) più adatta alle mie caratteristiche. Devi imparare a correre guardando la corsa nel suo insieme e non semplicemente giorno per giorno».

L’obiettivo per la prossima stagione è migliorare quanto fatto fino ad ora, cercando anche qualche vittoria in più
L’obiettivo per la prossima stagione è migliorare quanto fatto fino ad ora, cercando anche qualche vittoria in più

Debutto in Spagna

Il buon umore di Montoli è contagioso, il giovane corridore parla sciolto, sempre con la risata pronta. Ma non fatevi ingannare troppo, gli obiettivi per il 2023 ci sono e la motivazione anche, d’altronde inizia il terzo anno da under.

«L’obiettivo per la stagione che inizierà a breve – conclude Montoli – è quello di crescere ancora. Presentarmi alle corse che l’anno scorso ho affrontato per la prima volta e riuscire a fare meglio. Vorrebbe dire che ho imparato dalle esperienze pregresse e sarebbe un segno di maturità. Alla fine inizio il terzo anno da under 23 e vorrei provare a fare il grande salto, sono giovane ma per il ciclismo moderno non così tanto (ride, ndr)».

Montoli, stagista alla Eolo sognando la Bernocchi

05.08.2022
4 min
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Andrea Montoli viaggia spedito verso il suo sogno. Il ragazzo lombardo sta per affrontare il periodo da stagista con la Eolo-Kometa. Andrea in pratica già veste quei colori, ma sono quelli della Fundacion Contador, la U23 della squadra maggiore.

Dallo scorso primo agosto è entrato nello status di stagista e può essere chiamato in prima squadra. Lui intanto continua a lavorare a testa bassa, facendo la spola con la Spagna.

Andrea Montoli classe 2002 è alla seconda stagione tra gli U23 (foto Eolo-Kometa Cycling Team)
Andrea Montoli classe 2002 è alla seconda stagione tra gli U23 (foto Eolo-Kometa Cycling Team)

Pronto, sono Ivan

Questo stage vuole anche essere un premio per chi si sta allenando bene, mostra costanza nelle corse ed è serio negli allenamenti. Un giorno ha squillato il telefono di Andrea ed era Ivan Basso.

«Questa news dello stage – racconta Montoli – è stata inaspettata. Mi ha chiamato direttamente Ivan Basso e poco dopo il nostro addetto stampa Juanfran De La Cruz che stava per preparare un articolo per il comunicato stampa. Quando intraprendi un percorso in una squadra under 23 che ha il team dei pro’ è il tuo sogno poter correre con i campioni.

«Ivan mi ha detto che era contento di quanto stessi facendo e del mio percorso di crescita. Anche se non ho ottenuto grandi risultati e molte top 10, sono stato costante, ho lavorato per la squadra, sono entrato in molte fughe.

«E il fatto che mi abbiano voluto tra gli stagisti pur senza grandi risultati mi rende doppiamente contento: hanno visto i miei miglioramenti. Miglioramenti che ci sono stati rispetto alla passata stagione tra Covid e scuola.

«Quest’anno ho gareggiato molto, l’anno scorso invece ho svolto una calendario più limitato».

Il giorno dell’incontro con Fortunato, che si trova spessissimo nella zona di Erba, dove vive la sua ragazza
Il giorno dell’incontro con Fortunato, che si trova spessissimo nella zona di Erba, dove vive la sua ragazza

Primi contatti

Montoli e i suoi compagni della Fundacion Contador hanno già avuto qualche contato con i pro’. Soprattutto nel primo ritiro dello scorso dicembre, quando erano tutti nello stesso grande hotel.

«Ci ritrovavamo a cena – dice Montoli – e si partiva anche insieme per gli allenamenti, poi ogni gruppo faceva il suo. Qualcuno già lo conoscevo, penso ad Alessandro Fancellu e a Lorenzo Fortunato. Loro sono di queste zone e ogni tanto li ho incontrati per strada. Soprattutto Fancellu. Lui ha due anni più di me e anche Alessandro ha fatto lo juniores al Canturino 1902. Così capitava che magari in qualche cena di società lo invitassero. Quindi si scambiava qualche parola anche in ritiro.

«Fortunato invece ogni tanto lo incontravo in allenamento. La prima volta è da ridere. Avvenne per caso. Ero sul San Fermo della Battaglia, dove tra l’altro passa anche il Lombardia. Era novembre, avevamo ancora le vecchie divise. Avevo un problema alla bici. Passa Lorenzo, si ferma e quando mi vede deve aver pensato: “E tu chi sei?”. Probabilmente mi aveva scambiato per Fancellu. Poi strada facendo ci siamo conosciuti. Abbiamo scoperto di avere lo stesso preparatore, Giuseppe De Maria, qualche chiacchiera…».

Montoli comunque è pronto per questo assaggio di professionismo. Ed è equilibrato per quel che riguarda stimoli e paure.

«Io – dice – cercherò di sfruttare l’occasione al massimo. Non ho nulla da perdere. Già fu un bel salto il passaggio dagli juniores agli U23, immagino che questo lo sarà ancora di più. Io però sono consapevole dei mie mezzi, delle mie capacità. Sinceramente non sono spaventato, ma sono gasato. Me la voglio godere»

Andrea in allenamento sul Puerto de Navafría in Spagna. Hanno ritiro a Pinto, vicino casa di Contador (foto Eolo-Kometa Cycling Team)
In allenamento sul Puerto de Navafría in Spagna. Hanno ritiro a Pinto, vicino casa di Contador (foto Eolo-Kometa Cycling Team)

Sognando la Bernocchi

Andrea Montoli non sa ancora quando esordirà. La data non è certa. Stefano Zanatta, il diesse della Eolo-Kometa, tra l’altro bravissimo proprio con i giovani, ci ha detto che farà certamente almeno un paio di gare del calendario italiano.

«Quelle dopo il mondiale – spiega Zanatta –  tipo Agostoni, Piemonte o Bernocchi, sicuro. Ma forse anche ad agosto, potrebbe venire ad una Coppa Sabatini, ma non sono sicuro. Si alternerà con Munoz e Pietrobon, gli altri due stagisti.

«Questo stage è anche un premio per chi si è impegnato tanto. E poi se portiamo avanti il progetto dei giovani è anche giusto che facciano certe esperienze».

Zanatta ha nominato la Bernocchi, e proprio Montoli prima di chiudere l’intervista ci aveva detto: «Posso aggiungere una cosa? Spero tanto che tra queste corse ci sia la Coppa Bernocchi, perché è un po’ la gara di casa, quella che sento di più, che vedevo da bambino. Conosco benissimo le sue strade. Si corre a Legnano, a cinque chilometri da casa mia».

Magari lo accontenteranno! 

Andriotto, casa Eolo-Kometa: «Coi giovani facciamo così»

14.09.2021
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Dario Andriotto è il responsabile dell’area giovani della Eolo-Kometa, così lo ha definito Ivan Basso alla Coppa d’Oro pochi giorni fa. E dato che le parole del varesino al riguardo ci sono parse molto interessanti, siamo andati direttamente alla fonte, trovando Dario in una fase priva di corse, ma in procinto di andare con la prima squadra al Memorial Pantani e al Trofeo Matteotti.

«Questo fatto di scambiarci fra un team e l’altro – dice – quindi fra giovani e professionisti, è un’idea di Stefano Zanatta. Così tutti riusciamo a vedere come lavorano gli altri, troviamo spunti utili per crescere e soprattutto conosciamo i ragazzi con cui a vario titolo ci troveremo a lavorare. La stessa regola la usiamo per lo staff. Siamo nati da un anno, stiamo trovando la quadra, crediamo molto nei nostri sistemi».

Dario Andriotto, classe 1972, è stato pro’ dal 1995 al 2010
Dario Andriotto, classe 1972, è stato pro’ dal 1995 al 2010
Basso ci ha detto che state creando una filiera interagendo con varie società giovanili.

Esatto. Il mio lavoro è andare a vedere corse juniores e under 23. Parlando con i vari direttori sportivi, cerchiamo di scegliere i ragazzi più interessanti.

Come è fatto per Andriotto un ragazzo interessante?

Alcuni sono forti da juniores e poi si perdono. Prendere un super vincente che però non ha margini non ci interessa. Per questo guardiamo il tipo di allenamento che fanno, le motivazioni e il modo di correre.

Come corre un corridore interessante?

Se corre sempre all’attacco e alla fine dell’anno ha vinto solo due corse, è un conto. Se sta sempre in gruppo e ne vince dieci, è un altro. Noi cerchiamo qualcuno che sia abituato a prendere il vento in faccia, che sia abituato a fare la corsa. Le squadre WorldTour non fanno abbastanza scouting e spesso pescano in base al numero di vittorie…

Quanta attività fanno all’estero le squadre con cui hai a che fare?

Poca, anche se a volte andare fuori potrebbe essere molto utile. Il discorso è sempre quello del budget che manca.

Sul podio del tricolore crono del 2020, Piganzoli (Trevigliese) terzo, dietro Milesi e Garofoli
Sul podio del tricolore crono del 2020, Piganzoli (Trevigliese) terzo, dietro Milesi e Garofoli
Che impressioni ha Andriotto davanti agli juniores che incontra?

I ragazzi sono molto curati, anche troppo. Il rischio è che le squadre se ne approfittino, facendoli allenare perché vincano 10 corse l’anno. Quando accade, in automatico abbassi il loro margine di miglioramento. Capisco le squadrette che con le vittorie trovano gli sponsor per andare avanti, ma per l’interesse dei ragazzi serve altro.

Per questo alla Bustese Olonia avete dato il vostro nome?

Esattamente, perché i risultati non servano a portare soldi. Il risultato di base non conta. E’ una squadra storica, in cui si lavora all’antica. Ci sono passati Sobrero, Puppio e anche Oldani. Ma ce ne sono anche altre. Piganzoli, che corre nella under 23, viene dalla Trevigliese dove si lavora bene. Montoli (foto di apertura, ndr), che è già più talentuoso, veniva dal Canturino. E anche Pellizzari era nella nostra orbita, ma se lo sono venuti a prendere..

A Borgo Valsugana, Santiago Basso (a destra) con la maglia della Bustese Olonia
A Borgo Valsugana, Santiago Basso (a destra) con la maglia della Bustese Olonia
Ecco, Andriotto, parliamo di procuratori…

E’ un problema, bisogna andare coi piedi di piombo. Se un ragazzino va bene, lo accerchiano in cinque e cominciano a fargli promesse e raccontargli favole. Se le famiglie sono al di fuori del ciclismo, a volte firmano e la storia segue il corso voluto da altri.

A volte poi arrivano proprio gli squadroni…

Carlos Rodriguez era un nostro corridore, cresciuto nella squadra juniores della Fundacion Contador. Quando si è trattato di passare con noi alla continental, è arrivata la Ineos che ha messo i soldi sul tavolo e se lo è portato via. Credo che questo non sia giusto, al punto che forse l’Uci potrebbe pensare a un indennizzo per chi cresce i talenti. Nel basket, lo squadrone che prende un giovane continua a pagare un contributo alla società di origine. Noi adesso prenderemo Oioli dalla Bustese Olonia, pagando giustamente i suoi punti. Lo faremo crescere, ma se poi lo portano via, noi non avremo niente

Dal 2021 nelle file della Bustese Olonia c’è anche Marco Della Vedova (foto Instagram)
Dal 2021 nelle file della Bustese Olonia c’è anche Marco Della Vedova (foto Instagram)
Proprio Oioli ha vinto due tappe al Lunigiana ed è arrivato quinto agli europei, con qualche strascico polemico…

L’attività della nazionale è cambiata tanto rispetto a quando facevo io la Cento Chilometri. Prima il tecnico era anche nostro allenatore, per le gare cui puntavamo. Ora da un lato è tutto più professionale, dall’altro ricordo che in nazionale imparavamo nozioni e metodologie di allenamento che in squadra non c’erano. I nostri ritiri di agosto erano anche un modo per tutelare i corridori dall’eccesso di attività. Ora hanno fatto dieci giorni a Livigno e poi si sono rivisti a Trento.

Le società erano contente ai tuoi tempi?

C’era spesso battibecco, perché perdevano i corridori per parecchio tempo. Però si lavorava bene sull’obiettivo. E quando arrivava il mondiale, perché arrivava spesso, vedeste com’erano contente di mostrare la maglia in giro…

Canturino 1902, un’annata da ricordare

12.11.2020
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C.C. Canturino 1902, un nome, una storia, tanti campioni. Da questo mitico club ne sono passati tanti di corridori con la C maiuscola. L’ultimo della serie risponde al nome di Andrea Bagioli, ora in forza alla Deceuninck-Quick Step.

Tricolore e Buffoni

«Da una parte è stata una delle più belle stagioni di sempre – commenta il direttore sportivo Andrea Arnaboldi – 25 corse disputate, vittorie nel Trofeo Buffoni e soprattutto nel Tricolore e anche in altre gare. Un team di ragazzi affiatati in cui tutti, anche il campione italiano Andrea Montoli, dava una mano e si sacrificava per il gruppo. Dall’altra parte penso: ah se si fosse corso tutto l’anno…! Ma va bene così.

Ultimi preparativi prima del via di una gara
Ultimi preparativi prima del via di una gara

«Il merito di questa stagione proviene dall’anno scorso. Abbiamo individuato i ragazzi già da allievi, li abbiamo fatti crescere e abbiamo raccolto i frutti. Durante il lockdown a volte abbiamo tenuto duro per tenerli su di morale. Non è stato facile per un ragazzo restare allenato quando non si sapeva nulla».

Gara, Livigno, gara…

I giallo-blu hanno lavorato davvero bene. Lo staff è stato compatto e ha trasmesso questa compattezza ai ragazzi. Dopo il debutto stagionale ad Extragiro, il Canturino si è fermato subito, stavolta per scelta, spiazzando un po’ tutti, vista la brama di corse. 

«In accordo con il nostro preparatore, Ruggero Borghi, abbiamo mandato i ragazzi a Livigno – riprende Arnaboldi – hanno fatto due settimane di altura e si sono allenati ognuno prestando attenzione agli aspetti in cui erano più carenti. Da agosto in poi siamo andati alle corse in forma, fino a quel 5 settembre, quando a Padova abbiamo vinto il campionato italiano. Ci mancava dal 1972, è stata la mia vittoria più bella da direttore sportivo. Anche Bagioli ci ha chiamato».

Il Canturino 1902 nell’ultimo ritiro sul Garda
Il Canturino 1902 nell’ultimo ritiro sul Garda

Più scuola, meno ciclocross

In Canturino la scuola viene prima di tutto. Ai ragazzi viene data la giusta pressione. Per questo motivo il cross e la pista non sono in primo piano.

«La nostra filosofia – dice Arnaboldi – è che per fare pista serve tempo e da noi (Cantù, Como) i velodromi sono lontani. Per quel che riguarda il ciclocross qualcuno che lo faceva lo abbiamo avuto e con Guerciotti come sponsor tecnico non avremmo certo problemi, ma se devi iniziare da juniores non so quanto ne valga la pena. Quindi meglio concentrarsi sulla strada e non perdere altri giorni di scuola. Già facciamo il ritiro pre-stagionale sul Lago di Garda…

«Una volta in zona c’erano molte più squadre, sia di allievi e che di juniores, e ci si allenava tutti insieme. Adesso invece c’è chi è della provincia di Lecco, chi di Como, chi di Varese… e allora creiamo dei micro gruppi».

Per il prossimo anno il CC Canturino 1902 vedrà una rosa di 11 corridori, 4 di secondo anno e 7 di primo, anche se quasi certamente si arriverà a 12 unità con il tesseramento di un atleta del Nord Europa.

Germani

Germani, idee chiare e pedalare. Sentiamolo…

26.09.2020
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Dopo Antonio Tiberi ecco un altro talento dal Lazio: Lorenzo Germani, ciociaro di Roccasecca (Frosinone), classe 2002.

Il giovane portacolori della Work Service Romagnano è stato secondo al campionato italiano juniores di Montegrotto Terme e ha inanellato poi altri successi nei due anni in questa categoria. Dopo un passaggio non certo facile tra gli juniores, Germani ha trovato fiducia e costanza di rendimento.

Germani
Germani in trionfo al Gp Garfagnana 2019
Germani
Vittoria al Gp Garfagnana 2019
Lorenzo, partiamo dalla corsa tricolore: come è andata? Più gioia o amarezza per la piazza d’onore?

E’ un secondo posto che sa più di amaro che di soddisfazione. Ero contento perché avevo corso bene, ci credevo, ma ho avuto rammarico perché mi è mancato davvero poco (ha perso in volata da Andrea Montoli, ndr).

Avete fatto una fuga lunga…

Siamo partiti a 40 chilometri dal traguardo, prima eravamo un gruppetto di otto corridori e poi siamo rimasti in due. Ho provato a staccare Montoli in tutti i modi ma non ci sono riuscito.

Che tipo di corridore ti senti?

Abbastanza completo direi. Riesco ad adattarmi bene a molti percorsi e a molte situazioni, ma non nelle volate. E mi piacciono le cronometro.

Come dicevamo il tuo primo anno da juniores non è stato facile, ti sei rotto il femore: come è andata?

Era il 9 gennaio e mi stavo allenando. Ho preso una buca e sono finito sul bordo di un marciapiede. Mi sono rotto il femore destro e ho riportato uno strappo nel muscolo vasto mediale della gamba sinistra. E questo mi ha dato molti problemi, però sto recuperando bene.

Cosa hai pensato in quel momento?

All’inizio non ho realizzato bene, sentivo solo un gran dolore. Quando poi ho capito la situazione, ho cercato subito di guardare positivo. In fin dei conti ero un primo anno e avrei avuto tempo per recuperare. Inoltre ho avuto vicino molte persone, a partire dai miei genitori. Sono stato due mesi completamente fermo. Sono anche ingrassato 4-5 chili.

Quando sei risalito in sella?

Il 21 marzo, primo giorno di primavera, una rinascita. E sono tornato in corsa il 28 aprile. Era una gara piatta e sono riuscito a finirla. Mi sono messo a disposizione dei compagni di squadra.

Germani
Il podio del tricolore junior 2020 (da sinistra) Germani, Montoli, Calì (foto Scanferla)
Germani
Tricolori junior (da sin.) Germani, Montoli, Calì (foto Scanferla)
Però, che tenacia!

Sì, ce la metto sempre tutta. La cosa particolare è che il 9 giugno, esattamente sei mesi dopo l’incidente, sono tornato alla vittoria. Era praticamente a casa e sono riuscito a vincere nonostante non fossi in forma. Poi ho conquistato altre due corse, ma quel giorno ho davvero capito che avevo recuperato e che potevo tornare a guardare avanti.

Hai una salita test?

No, qui nella bassa Ciociaria ho diversi percorsi, mi piace cambiare. Per questo preferisco fare gli allenamenti lunghi, quelli di 4 ore. Mentre amo poco gli scatti.

C’è un corridore che ti piace?

Cancellara perché era un vero fenomeno e ha vinto il Fiandre, ma anche De Gent e Wellens. Mi piacciono i corridori che attaccano, che non hanno paura. Mi riconosco in loro perché non si tirano indietro quando c’è da far fatica.

Chi ti ha trasmesso la passione per la bici?

Mio papà Maurizio, lui l’ha presa una decina di anni fa e io l’ho seguito. Lui tra gli amatori e io tra i G3.

Che scuola fai?

Lo scientifico, ma ho già finito perché ho fatto la primina. Per adesso non andrò avanti, voglio vedere come andranno le cose e concentrarmi sulla bici.