La Bolide di Bianchi all’europeo? La vediamo con Guardini

17.01.2024
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Matteo Bianchi è nella storia e così anche la sua Bolide. Il primo italiano nella storia a vincere il titolo Europeo nel chilometro da fermo e anche Pinarello si fregia del titolo continentale.

Con Andrea Guardini entriamo nel dettaglio della bici del neo campione Europeo e cerchiamo di analizzare scelte e dettagli.

Vedremo Guardini anche con la casacca dell’Assistenza Tecnica Neutrale Shimano
Vedremo Guardini anche con la casacca dell’Assistenza Tecnica Neutrale Shimano
Come hai vissuto la trasferta europea?

Non ero la con la nazionale, ma è stato bello vedere vincere Matteo. Anche il podio di Moro mi ha emozionato parecchio. Io davanti alla tv a fremere, ma come se fossi stato là nel parterre… Che bello.

Eri a casa da spettatore?

In questa occasione sì. Dicembre e i primi giorni di gennaio mi hanno permesso di organizzare al meglio l’entrata ufficiale nel Servizio di Assistenza Tecnica Neutrale Shimano.

Sei in rampa di lancio, la tua passione per la bici e la meccanica vengono fuori!

Sì, è la mia passione. Una bella avventura, stimolante, motivante, mi voglio mettere in gioco e questa è una grande occasione. Ma la nazionale, inclusa la compagine paralimpica non le voglio sacrificare, per me vuol dire molto anche a livello umano.

Le protesi “orizzontali” non esistono più (foto UEC)
Le protesi “orizzontali” non esistono più (foto UEC)
Torniamo alla vittoria di Bianchi all’Europeo. La sua Pinarello Bolide ha qualcosa di particolare?

Nulla di particolare, diciamo pure che la bicicletta di Matteo fa parte del progetto Tokyo 2021.

Come era stata montata?

Il kit telaio è Pinarello Bolide, una taglia large. Il movimento centrale ha le calotte esterne. Le ruote sono le due lenticolari Campagnolo per i tubolari. Gli pneumatici sono i tubolari Vittoria Pista Oro con sezione da 23. Il manubrio è un progetto Aerocoach con le misure adatte per Bianchi. Ormai è una delle poche sezioni della bici che si possono modificare, ovviamente per rendere il mezzo adatto alle specifiche fisiche del corridore.

Rapporti?

Bianchi ha usato una combinazione 59×14. Le corone sono Miche in alluminio, così come le pedivelle. Il perno passante della guarnitura è di 24 millimetri. E’ stato montato il misuratore di potenza, SRM.

Bianchi ha un setting aggressivo, ma non estremo (foto UEC)
Bianchi ha un setting aggressivo, ma non estremo (foto UEC)
A quale pressione vengono gonfiati i tubolari?

Si utilizza un range di pressione compreso tra le 15 e 17 atmosfere, con l’ultimo controllo effettuato circa 20 minuti prima dello start.

Anche in pista c’è la tendenza di scaricare la sella tutta in avanti?

Sì, anche in pista come su strada la tendenza è quella di caricare il peso del corridore in avanti e molto sul piantone. Questo porta ad un avanzamento importante della sella. Con Matteo siamo al limite UCI, previsto a 5. Anche in pista ritroviamo gli attacchi più lunghi, soprattutto se facciamo un confronto con il passato.

Quanto pesa una bici come questa?

Circa 7,5/7,8 chilogrammi. Una grande variabile è legata all’utilizzo delle appendici.

La Bolide di Ganna datata 2021
La Bolide di Ganna datata 2021
E’ lecito dire che le Pinarello Bolide della Nazionale di oggi ruotano attorno attorno al progetto della bici di Ganna?

Sicuramente sì, un progetto evoluto che arriva dalle Bolide di Ganna, con le dovute personalizzazioni. Ma è necessaria una precisazione. La Pinarello Bolide di Bianchi è quella con la forcella grande e gli steli più voluminosi a differenza di quella usata dagli inseguitori che hanno la versione con i foderi più sottili.

Quanto tempo serve per mettere un coriddore su una bici da pista?

Non c’è una sola risposta, nel senso che oltre agli studi, l’ultima parola l’ha il corridore. E’ lui che deve stare sulla bici e fare la prestazione. Le sensazioni che trasmette agli staff e il suo feeling giocano un ruolo fondamentale ancora oggi, dove la tecnologia è entrata ovunque.

Pacchetto Miche e power meter SRM, la catena è specifica per la pista e rinforzata
Pacchetto Miche e power meter SRM, la catena è specifica per la pista e rinforzata
Il picco di watt di Bianchi?

Intorno ai 1.800 watt, 1.850 in partenza, ma per un atleta come lui è importante il wattaggio medio sul chilometro, che si attesta intorno agli 850 watt.

Atleti del genere mettono a dura prova bici e componenti in genere?

Eccome, ma i materiali usati oggi sono molto differenti da quelli usati anni addietro, direi migliori per efficienza e capacità di sostenere le performance. I corridori esprimono potenze da fenomeni. Poi ci siamo noi meccanici che dobbiamo utilizzare delle accortezze e attenzioni particolari. Tutto deve funzionare alla perfezione, non ci devono essere margini di errore e la cura al dettaglio è diventata maniacale.

Che rapporto c’è fra i corridori e la loro bicicletta?

20.11.2023
5 min
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La bicicletta è l’oggetto del desiderio. Costosa e tecnologica, avveniristica e legata in modo indissolubile al motore umano, la bicicletta è una passione e anche uno strumento di lavoro che necessita di cura e manutenzione. Che rapporto hanno gli atleti con il proprio strumento di lavoro?

Abbiamo chiesto ad Andrea Guardini che, tolti i panni del corridore, è diventato il meccanico della Nazionale Italiana della pista (con qualche sbirciatina nel mondo della strada). Ci ha incuriosito un suo commento sul nostro canale YouTube, sotto al video che raccontava l’esperienza di Francesca Selva e Miriam Vece alla UCI Champions League: «Dal 2024 – ha scritto Guardini con tanto di emoticon sorridenti – corso base a tutti gli atleti su cambio rapporti e impacchettamento/spacchettemto pre e post gara!».

Andrea Guardini dopo un anno con il nuovo ruolo
Andrea Guardini dopo un anno con il nuovo ruolo
Cosa porti con te dopo la prima stagione da meccanico della Nazionale?

Un anno bellissimo, intenso e particolarmente impegnativo. Lo è stato perché devo costruire il mio futuro lavorativo, lo è stato perché avevo necessità di fare più giornate per accumulare un’esperienza diversificata, spendendo anche delle ore per imparare dai più esperti in materia. Ecco perché ho iniziato dalla pista e ho fatto il servizio tecnico anche in alcune gare su strada.

Nelle tue parole si percepisce emozione, è così?

Onestamente non avrei mai pensato di vivere delle emozioni così intense, ora che non sono più corridore. Le soddisfazioni che ho avuto agli europei su pista e che porterò sempre con me. Abbiamo fatto incetta di medaglie. Anche aver fatto l’assistenza tecnica agli atleti paralimpici, perché oltre a vedere quanto vanno forte, mi hanno trasmesso una visione di vita differente. Emozioni difficilmente quantificabili.

Guardini in Argentina con la nazionale pista al fianco del CT Villa
Guardini in Argentina con la nazionale pista al fianco del CT Villa
Stai toccando con mano l’enorme lavoro che viene fatto dietro le quinte?

E’ così. Quando ero corridore mi rendevo conto di quanto lavoro veniva fatto per mettere in condizione i corridori di avere il meglio, ma si capisce appieno la mole di cose da fare solo quando si indossa il grembiule e si prendono in mano gli attrezzi. Da una parte è bellissimo, dall’altro lato è veramente tosto e pensavo fosse più semplice. E’ pur vero che la strada e la pista sono due mondi paralleli, ma differenti soprattutto per quanto concerne la gestione tecnica della bicicletta.

Quale è in generale il rapporto che i corridori hanno con la bicicletta?

Posso dire che è un modo di vedere soggettivo. Ci sono corridori e ci sono sempre stati che vedono la bicicletta come una prolunga del proprio corpo e altri che non toccano nulla e lasciano fare tutto ai meccanici quando c’è l’occasione. Prendiamo ad esempio la bicicletta da allenamento, quella più sfruttata e lontana dagli occhi del meccanico. Ci sono atleti che la trattano come fosse la fidanzata (io ero uno di quelli), altri che non la toccano per mesi. E quelle infatti sono le bici che non si possono né vedere né sentire per quanto sono sporche e per i rumori che fanno.

Da sintetizzare con la frase “ho il cambio che salta”?

Si esatto e di solito io rispondo, meno male che fa solo quello!

Per meccanica e tecnica, le bici da pista e quelle da strada sono diverse anche nella gestione
Per meccanica e tecnica, le bici da pista e quelle da strada sono diverse anche nella gestione
Ci puoi raccontare un aneddoto?

Quando ero corridore non sopportavo la bici sporca e che faceva rumori fastidiosi. Non ero un meccanico professionista, ma nella manutenzione fatta a casa mi gestivo bene. Ad esempio prima di fare una distanza lavavo la bici. Quest’anno, prima di partire per l’Argentina ho preso in mano una bici da allenamento che gridava pietà. Povera bicicletta, mi sembrava sofferente per quanto era sporca!

Succede anche con le bici da pista?

Con le bici da pista è diverso. Ovviamente non subiscono le incurie dell’ambiente esterno, ma sono comunque soggette a manutenzione. La polvere che si genera con il legno e altre variabili influiscono sulla loro efficienza.

La conoscenza del mezzo potrebbe aiutare anche nelle situazioni più spinose
La conoscenza del mezzo potrebbe aiutare anche nelle situazioni più spinose
Eppure si potrebbe pensare che le nozioni di meccanica facciano parte del mestiere del corridore!

Dovrebbe essere così. A mio parere manca un minimo di formazione meccanica, piccole cose e semplici segreti che potrebbero facilitare la vita degli stessi corridori in qualche situazione, anche nell’ottica di biciclette più complicate, vedi le trasmissioni elettroniche, i freni a disco e altre variabili. Una volta, una delle prime cose che il pistard si teneva una chiave inglese da 15, fondamentale per cambiare i rapporti e altre cose. Per le bici da strada si teneva un forcellino, quello del cambio, di scorta. Un’abitudine che non esiste più, ma è pur vero che gli staff che ci sono oggi una volta non esistevano.

La multidisciplina è una scuola anche in questo?

Aiuta a svegliarsi e ad essere più… sgamati. Di sicuro aiuta nella visione di corsa, ma anche per quanto riguarda la capacità di leggere i comportamenti della bicicletta. Ne sono convinto da sempre.

Gabriele Tosello che all’Astana ha lavorato con Nibali e con Guardini, aiutandoli nelle scelte
Gabriele Tosello che all’Astana ha lavorato con Nibali e con Guardini, aiutandoli nelle scelte
C’è anche una categoria di atleti che invece mastica la tecnica del mezzo?

Sì, certo! Prendi ad esempio Nibali, ma anche Viviani che è un preciso e molto attento ai materiali. Vincenzo era capace di smontare e rimontare la bicicletta. Provava sempre cose diverse, ai ritiri passava due/tre ore con i meccanici. Anche a me piaceva capire cosa stavo utilizzando, non come lui, ma ritenevo questa pratica una parte del mio lavoro di corridore. Mi rendo conto che più si va avanti e più questa tipologia di corridori viene a mancare, ma non è tutta colpa dell’atleta, perché il mestiere è cambiato molto.

Cosa significa?

Significa che oggi è tutto molto più complesso. Il corridore deve stare attento ai dati dall’allenamento, sentire cosa gli dice l’allenatore, controllare sulla app del telefonino se ci sono aggiornamenti nel profilo personale, andare dal motivatore, controllare il peso e la dieta, fare stretching. Tante cose che sottraggono tempo e concentrazione. Capisco quei ragazzi che durante il giorno sfruttano il poco tempo che rimane per disconnettere il cervello.

In Argentina c’è Guardini: fa il meccanico della nazionale

21.01.2023
4 min
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Andrea Guardini ha appena finito di gonfiare la ruota davanti della Dogma di Lamon. Il box della nazionale italiana è il primo, la luce sulle teste è forte. Villa è in un angolo a parlare con Luigino Moro, mentre il velocista che ha smesso un anno fa prende le misure col nuovo incarico.

«Quando ho letto l’avviso che cercavano un meccanico per una trasferta di venti giorni in Argentina – sorride Guardini – ho mandato lo screenshot a mia moglie e le ho chiesto se potevo dare disponibilità. Lei ha risposto subito: cosa aspetti? Se ti prendono vai…».

Andrea è uscito dal gruppo con l’amaro in bocca, convinto di meritare ancora una chance. Invece di colpo si è fermato tutto. Fine delle gare, dei voli, della frequentazione del gruppo in cui aveva vissuto per una vita, con il Covid di mezzo a rendere tutto più difficile. Per cui immaginate la sorpresa nel trovarlo seduto su un muretto davanti all’hotel di San Juan in cui alloggiano le WorldTour e la nazionale italiana.

Andrea Guardini è nato a Verona nel 1989. E’ stato pro’ dal 2010 al 2021
Andrea Guardini è nato a Verona nel 1989. E’ stato pro’ dal 2010 al 2021
Come sei diventato meccanico?

Ho imparato da autodidatta, anche guardando i video di GCN, perché hanno il potere di spiegare le cose in modo molto semplice. Poi in realtà la passione della meccanica l’ho sempre avuta da fin da ragazzino. Mi ricordo che da G2-G3 smontavo le rotelline del cambio per pulirle bene e le rimontavo. Tante volte magari facevo anche dei danni, ma la volta dopo ci riprovavo.

La nazionale come è arrivata?

E’ arrivata tramite Carlo Buttarelli (già meccanico della pista azzurra, ndr), che mi aveva parlato della possibilità di lavorare a giornata e che la nazionale comunque aveva bisogno di qualcuno in pista. Metti insieme meccanica e pista, le mie due passioni, impossibile non accettare.

Hai corso anche tu in pista, hai una consapevolezza speciale, no?

Dall’officina riesci a capire tutte le dinamiche che ci sono dietro, anche in una gara su pista e anche negli allenamenti, che da fuori è difficile capire. L’ambiente è cambiato tantissimo da quando c’ero io da ragazzino. I rapporti, la tecnologia, la pista al coperto. Però è proprio bello vedere l’evoluzione della pista e il settore velocità che sta rinascendo.

Lo stesso Villa ha convenuto sul fatto che un ex pro’ con esperienza su pista potrebbe essere utile al suo gruppo
Lo stesso Villa ha convenuto sul fatto che un ex pro’ con esperienza su pista potrebbe essere utile al suo gruppo
Ti rivedi magari in un corridore com Predomo?

Mi rivedo sì, Predomo è un ragazzino com’ero io, magari fossi nato in questi stessi anni. Ho avuto a che fare con loro da settembre, mentre avevo incominciato a fare giornate a Montichiari da giugno. A settembre, ottobre e fino a dicembre ho fatto i vari raduni. E Giovanni Carini, che è il meccanico responsabile della nazionale, mi ha dato la certezza che farò di sicuro un certo numero di giornate, perché alla fine non siamo poi in tanti

Hai detto che ti senti come tornato a casa.

Ritrovare le facce che vedevi tutti i giorni, l’ambiente, il tuo ambiente, anche se non sei più corridore. E’ come sentirsi a casa dall’altra parte del mondo. Tutto questo mi mancava tanto, soprattutto viaggiare. In due anni di pandemia, tra l’altro, ci avevano già bloccato a casa senza poter girare il mondo. A mia moglie l’ho detto subito. La prima cosa che ho pensato quando c’è stata l’opportunità di venire qui è stata: “Okay, vado al caldo, riprendo un volo di 14 ore che è da una vita che non lo faccio e ritorno a respirare il mio ambiente”.

La chiamata in nazionale è arrivata grazie all’imbeccata di Cottarelli
La chiamata in nazionale è arrivata grazie all’imbeccata di Cottarelli
Hai detto anche che pensavi di saper lavare una bici, invece…

Lo dovete chiedere ai maestri. E comunque bisogna lavarle bene e velocemente. Bisogna capire anche come fare. Quindi piano piano sto imparando anche tutti i trucchetti del mestiere.

Non potresti ambire a un ruolo tecnico in pista?

E’ la prima cosa che mi ha chiesto Quaranta. Se avessi il secondo livello, potrei aiutarlo negli allenamenti con derny. Ho sempre detto che non avrei mai fatto il direttore sportivo, ma il tecnico della pista è un’altra cosa. Ho il primo livello, cercherò di lavorare anche su questo. E chissà che prima o poi non ci scappi qualcosa…

Guardini dice basta, restano i ricordi e le giuste osservazioni

14.11.2021
7 min
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Questa volta basta davvero, la malinconia è stemperata dalla rassegnazione. Già lo scorso anno Andrea Guardini era stato a un soffio dal dire basta e se non fosse stato per le due vittorie al Giro di Romania a fine 2020, lo avrebbe probabilmente fatto. Quelle due fiammate invece gli fecero cambiare idea, come ci aveva già raccontato all’inizio di questa stagione. Ma adesso, con il Covid che ha tolto di mezzo l’attività orientale di cui era il re incontrastato, trovare un motivo per andare avanti è diventato più duro delle salite di cui sono zeppe le corse europee. Per il veronese, che per costituzione fisica e natura delle fibre è uno degli ultimi velocisti puri in circolazione, questo ciclismo è diventato impraticabile.

«Ho cercato squadra fra le professional – dice – speravo che quello fra le continental fosse stato solo un passaggio, ma dopo il Covid hanno tutte mantenuto gli organici che avevano. Dopo quelle due vittorie non potevo smettere e devo dire grazie a Stefano Giuliani per avermi aperto ancora una volta le porte. Abbiamo fatto i salti mortali per avere un buon calendario, abbiamo chiuso al Giro di Sicilia. Voi non avete idea quanto pesi sulle squadre più piccole il costo dei continui tamponi…».

Andrea Guardini, Mark Cavendish, Vedelago, Giro d'Italia 2012
Giro d’Italia 2012, tappa di Vedelago: Guardini vince e Cavendish s’infuria
Andrea Guardini, Mark Cavendish, Vedelago, Giro d'Italia 2012
Giro d’Italia 2012, tappa di Vedelago: Guardini vince e Cavendish s’infuria

Scinto, amore e odio

La favola di Guardini era iniziata in pista: velocista come Bianchi e come quegli specialisti estinti che si sta cercando di ricostruire in vista delle Olimpiadi. Solo che al tempo la cultura della pista era ai minimi termini e negli anni in cui Guardini era under 23 sotto la guida di Gaetano Zanetti (2008-2010), il velodromo di Montichiari era stato appena terminato. Il richiamo della strada fu più forte, la pista non garantiva assegni a fine mese e così Andrea passò professionista con Scinto. Era velocissimo, ma sulle salite faceva troppa fatica. Un modo per passarle però Scinto lo trovava sempre, in gruppo se ne rideva, e alla fine ci scappò anche una tappa al Giro d’Italia davanti a Mark Cavendish, che non la prese proprio bene.

«Lui si arrabbiò – dice – più con se stesso. Per tenere la maglia rossa della classifica a punti, aveva voluto fare un traguardo volante che non era proprio piatto. Riuscì a vincerlo, ma spese troppo e in finale vinsi io. Un ragazzino. Quel giorno non mi ero staccato e non ero dovuto rientrare. Ma se quel Giro lo avessi finito, la maglia nera non me l’avrebbe tolta nessuno. Dio solo sa quanti chilometri feci da solo nelle retrovie. Con Scinto avevo un rapporto di amore e odio. Tante volte lo odiavo, perché mi diceva le cose in faccia. Con Luca ho formato il mio carattere…».

Andrea Guardini, Tour of Oman 2015, 2a tappa
In Oman nel 2015 vince la prima tappa e poi combatte con le salite
Andrea Guardini, Tour of Oman 2015, 2a tappa
In Oman nel 2015 vince la prima tappa e poi combatte con le salite

L’Astana e Zanini

Convinti di poterci lavorare, lo presero all’Astana, affidandolo alle cure di Zanini e inaugurando un periodo molto positivo in termini di vittorie. Furono 18 in quattro stagioni: parecchie al Tour de Langkawi, ma anche all’Eneco Tour e al Giro di Danimarca. Finché gli organizzatori disegnavano le tappe di volata pensando alla velocità, Guardini trovata pane per i suoi denti. Quando si iniziò a pensare che 2.500 metri di dislivello fosse il minimo sindacale, per lui e quelli con le sue caratteristiche, l’unico approdo felice rimasero le corse dell’Asia, fra la Malesia e la Cina. Dalla Astana passò per un anno alla UAE Team Emirates senza vincere, di lì alla Bardiani per due anni e 5 successi.

«Ormai il ciclismo è come la Formula Uno – dice – ci sono squadroni con budget enormi, per cui è praticamente impossibile combattere ad armi pari per le professional, figurarsi per le continental. L’altro giorno commentando un vostro articolo su Facebook, ho proposto il budget-cap, il tetto al budget, che hanno imposto proprio in Formula Uno, che forse sarebbe opportuno anche qua. Altrimenti la forbice è destinata ad ampliarsi ulteriormente. Se corri in una continental, non hai uno stipendio che ti permetta di pagarti i ritiri. E se devi fare le cose al 70 per cento, non ne vale più la pena. Non vinci, impossibile. E io adesso mi sento pronto per dire basta».

Abi Dhabi Tour 2015, Andrea Guardini, Daniele Bennati, Tom Boonen
Abi Dhabi Tour 2015, Guardini si lascia alle spalle Daniele Bennati e Tom Boonen
Abi Dhabi Tour 2015, Andrea Guardini, Daniele Bennati, Tom Boonen
Abi Dhabi Tour 2015, Guardini si lascia alle spalle Daniele Bennati e Tom Boonen

L’anima dilaniata

Questa volta c’è lucidità, l’anno scorso c’era la paura. Ma tutto sommato, con una bimba di due anni e mezzo che ormai capisce tutto, una casa pagata in Valpolicella e con i risparmi giusti per guardarsi intorno senza paura del futuro, in un giorno di fine stagione Andrea si è guardato allo specchio e ha preso la decisione.

«Prima o poi si deve scendere di sella – dice – e imparare un mestiere. Ho smesso con tanta voglia di stare in bici e continuare a farne il mio lavoro. Voglio prendere la tessera da guida cicloturistica. Un pizzico di rammarico c’è, ma non mi sono dilaniato l’anima come l’anno scorso, quando non riuscivo a concepire di non trovare una sistemazione adatta al caso mio. Ora smetto con serenità. Mi hanno chiuso l’Asia, circa il 60 per cento del mio calendario con almeno 30 volate l’anno adatte a me. Qui rimane Cavendish, ma anche lui si era perso e c’è voluta la Deceuninck-Quick Step per ridargli smalto. Stando così le cose, ho perso il mio potere contrattuale, non cercano più il velocista puro, ma uno che sia resistente. Uno come Grosu, che merita di andare avanti perché è più completo di me, anche se probabilmente meno veloce. Non è una decisione presa a cuor leggero…».

Mister Langkawi

L’Oriente gli mancherà, ne parla come di una seconda patria e solo chi è stato a correre laggiù o c’è andato per raccontarne le gare può capire la passione della gente su quelle strade umide e caldissime.

«Ho vinto cinque volte la tappa di Kuala Lumpur al Malesia – dice – come cinque volte Parigi al Tour, facendo le ovvie proporzioni. Smetto con un piccolo record di 24 tappe vite al Tour de Langkawi. La cosa bella di laggiù è che quando passi, vedi intere scolaresche a bordo strada, ti rendi conto della passione di un’intera Nazione. Mi dispiace non esserci più tornato dal 2019, se avessi potuto scegliere una corsa in cui dire addio, avrei scelto quella. Mi sono divertito tantissimo. Quando arrivavo al foglio firma, mi chiamavano “Mister Langkawi”».

Ormai i percorsi sono diventati molto duri e arrivare in volata era improbabile
Ormai i percorsi sono diventati molto duri e arrivare in volata è sempre più difficile

La Roubaix e la galera

Nel raccontare aneddoti, salta fuori quella volta con la Uae in cui si ritirò durante la Roubaix, ma siccome non c’era posto sull’ammiraglia dei massaggiatori, gli fu detto di andare al traguardo in bici. Sfinito com’era e volendosi risparmiare i tratti in pavé, impostò la destinazione sul Garmin e si mise a pedalare. Le auto gli suonavano all’impazzata. Finché arrivò un furgone della Gendarmerie, che lo fermò.

«Va bene eroe dell’Inferno del Nord – gli disse il gendarme – ma lei sta pedalando in autostrada».

Lo caricarono a bordo. Lo portarono al commissariato. Ma Andrea non aveva documenti e neppure il cellulare: era tutto sul pullman a Roubaix. Perché lo rilasciassero, serviva qualcuno che venisse a garantire per lui. Per fortuna ricordò a memoria il numero di sua moglie e riuscì a chiamarla. E lei, contattando su Facebook le mogli di altri corridori della squadra, alla fine trovò il riferimento di un massaggiatore e quello andò a liberare il malcapitato corridore arrestato in autostrada. Cui l’indomani Het Nieuwsblad dedicò un’intera pagina.

Per costruire il futuro, Andrea riparte dalla famiglia e dalla casa in Valpolicella (foto Instagram)
Per costruire il futuro, Andrea riparte dalla famiglia e dalla casa in Valpolicella (foto Instagram)

Sono schegge che il tempo metterà in ordine, perché possa raccontarle a sua figlia e agli amici. Cala il sipario, restano nella memoria i primi articoli a casa sua. La cameretta con le coppe dei primi successi. Sua madre. I suoi occhi buoni che in volata diventavano quelli del peggior felino. E i tanti chilometri in cerca di fortuna, fino a diventare come Marco Polo, l’uomo dell’Oriente. In qualche modo anche “Guardia” ha fatto un pizzico di storia di questo sport. Se un giorno passeremo dalle sue parti in Valpolicella, davanti a un bicchiere di vino, siamo certi che altri aneddoti da raccontare salteranno ugualmente fuori. Per ora, buona fortuna Andrea. E buona strada.

Ma adesso Villa dice la sua sulla velocità

07.01.2021
5 min
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Villa ha letto le interviste di Chiappa, Guardini e Ceci. Ha mescolato tutto e l’ha lasciato lì. Poi quando la lievitazione è stata completa, essendo il cittì della pista un uomo flemmatico e poco avvezzo alle polemiche, ha sentito il legittimo desiderio di dire la sua. Del resto, se hai la sensazione che ti abbiano sparato contro e non reagisci, questo probabilmente il suo ragionamento, qualcuno potrebbe pensare che i colpi fossero giusti.

In questi giorni, Marco sta completando le prenotazioni per un ritiro alle Canarie con gli inseguitori rimasti orfani della Vuelta San Juan. Ganna gli ha dato l’idea, suggerendogli l’hotel in cui è andato prima di Natale, e in un baleno Villa ha fatto le prenotazioni. Il suo scopo è arrivare a giugno senza differenza abissali di chilometri e corse nelle gambe fra quelli che correranno da professionisti e gli altri che dovranno accontentarsi dell’attività su strada delle continental. Ma adesso si parla della velocità.

«Se avessi due corridori – dice Villa, che nella foto di apertura è a Rio dopo l’oro di Viviani nell’omnium – se avessi due Ganna anche per la velocità, farei il tecnico di specialità 24 ore al giorno. E non c’entra il fatto che io non sia mai stato un velocista. Non sono mai stato neppure un inseguitore, però mi sembra che nell’inseguimento qualcosa l’abbiamo portato a casa. Ceci ha raccontato di aver avuto come tecnico suo zio e poi anche Valoppi. Quando è arrivato in nazionale ha chiesto di lavorare con il suo staff e le sue tabelle. Gli abbiamo dato carta bianca, ma a patto che venissero i risultati. Invece sono 4 anni che non ci qualifichiamo per i mondiali…».

Francesco Ceci, Marco Villa, campionati del mondo Pista 2013 Minsk
Francesco Ceci e Marco Villa ai campionati del mondo del 2013 a Minsk
Francesco Ceci, Marco Villa, campionati del mondo Pista 2013 Minsk
Francesco Ceci e Marco Villa ai mondiali di Minsk 2013
La sensazione è che Ceci lamenti la poca attenzione.

La sensazione non so. Il dato certo è che quando c’erano gli altri in ritiro, lui è sempre venuto. Francesco ha fatto più Coppe del mondo di tutti, nonostante a quelli forti per qualificarsi ne bastino solitamente tre. Lui forse ne ha saltata una su sei, ma i risultati non sono stati sufficienti. E questa è matematica.

Sei tu il tecnico dei velocisti?

Sono il responsabile dell’attività su pista. Ho io in mano il portafogli, ma il dato oggettivo, purtroppo, è che non ci sono velocisti e non c’è un calendario. Li scelgo in base ai risultati della strada e li porto ai mondiali senza gare. Ho visto quel che ha detto Guardini, con Mareczko nella sua stessa situazione. Ma io vi parlo di Peschiera, che forse era il più velocista di tutti. L’hanno voluto portare a fare le volate su strada e dopo due anni ha smesso. Vi parlo di Gasparrini, che era un signor velocista e ha vinto titoli italiani di chilometro, keirin e velocità.

RIno Gasparrini, Gp Mezzana 2011
Rino Gasparrini, marchigiano come Ceci, qui vince il Gp Mezzana del 2011
RIno Gasparrini, Gp Mezzana 2011
Gasparrini vince il Gp Mezzana del 2011
Chiappa ha raccontato di quando i velocisti venivano incentivati con borse di studio e un posto nei Corpi militari.

Le Fiamme Azzurre ci dicono che per entrare ci sono dei corsi da passare e servono titoli di merito che derivano da vittorie di campionati europei, medaglie ai campionati del mondo o in specialità olimpiche. Non è semplice prendere uno junior e mandarlo da loro. Devi fare la gavetta, come su strada. Solo che i ragazzi sono disposti a tirare la cinghia per diventare stradisti, mentre scappano se gliela proponi in pista. Credono alle squadre che li ingaggiano per vincere le volate nei piattoni del martedì e non a noi che gli proponiamo i mondiali e le Olimpiadi. E’ una questione di mentalità. Mi piacerebbe che venisse un giovane velocista a dirmi che ha intenzione di investire su se stesso in queste specialità. Ma non ci sono. E allora l’ideale forse è cercarli in ambienti in cui non ci sia il sogno di fare il Giro d’Italia. Nella Bmx o nel pattinaggio, ad esempio.

Non può essere solo Villa a farlo…

Potrebbe essere l’attività ideale del Centro Studi della Federazione in accordo con quello del Coni. Si può fare reclutamento nelle scuole, andando in giro con una watt bike e facendo dei test a tappeto. Negli ultimi anni siamo andati avanti con Ceci, che l’ultima volta comunque ha chiesto di essere seguito dai tecnici federali e gli è stato assegnato Bragato.

Andrea Guardini, campionati europei juniores keirin, 2007
Andrea Guardini, primo ai campionati europei juniores keirin del 2007
Andrea Guardini, campionati europei juniores keirin, 2007
Guardini, campione europeo juniores 2007 nel keirin
Quanto vale Ceci?

Nel quartetto di adesso poteva essere un Lamon. Ha scelto la velocità, ha vinto tanti titoli, ma forse gli manca la punta per essere al livello dei migliori. In pista si inventa poco, basta guardare i tempi.

Servirebbe un Viviani della velocità…

Il quartetto grazie a lui e a Ganna, ma anche grazie all’attenzione dei media, adesso ha una grande visibilità. Al punto che c’è gente che vorrebbe fare le tattiche e le formazioni. Benvenga. La velocità ha bisogno di più gare. Vedo degli juniores interessanti ora. Napolitano, che sembra mentalizzato. Anche Bianchi. Ma non ci sono gare in cui fare esperienza e andare all’estero si può fare, ma il budget è lo stesso per tutti.

Significa che si spende solo per gli inseguitori?

No, significa che se devo togliere soldi al settore endurance, bisogna che si vada all’estero a fare risultati. Ma ad ora non abbiamo questo livello, per cui prima di andare fuori, sarebbe bene fare esperienza in Italia. Di fatto, per me sarebbe una bella sfida allenare i velocisti, come lo è stato studiare per allenare gli inseguitori. Con loro abbiamo invertito la rotta e ci siamo guadagnati la fiducia dei tecnici dei club. Riuscirci con la velocità sarebbe davvero una bella sfida.

Francesco Ceci, europei Chilometro da fermo, Apeldoorn 2019

La ricetta di Ceci: un tecnico e un metodo di lavoro

04.01.2021
5 min
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E’ bastata un’intervista a Roberto Chiappa per rimettere improvvisamente in moto l’attenzione attorno al settore della velocità che, come dice il gigante umbro, fra uomini e donne assegna 18 medaglie olimpiche. Può una Nazione come l’Italia rinunciarvi a cuor leggero?

L’ultimo azzurro che ha sfiorato la qualificazione per Rio 2016 è stato Francesco Ceci, ascolano classe 1989 come Guardini, sulla cui esclusione si è molto dibattuto. In sintesi, il 7 marzo del 2016, il marchigiano era convinto di aver ottenuto la qualificazione tramite ripescaggio dopo l’ultima prova di Coppa del mondo. Ma mentre i festeggiamenti erano al culmine, ci si è accorti che il suo nome non risultava fra quelli indicati dall’Uci. La federazione internazionale infatti aveva interpretato a modo suo una norma del regolamento, ripescando due giapponesi e mettendo Ceci come prima riserva. Secondo Coni e Fci, invece, non sarebbe stato possibile ripescare più di un atleta per Nazione. Si arrivò fino alle porte di un ricorso al Tas, cui però alla fine si rinunciò per i costi elevati e le ridotte possibilità di spuntarla. E indirettamente si venne ricompensati con il ripescaggio del quartetto, data l’esclusione dell’equipaggio russo.

Francesco Ceci, campionati del mondo Pista 2013 Minsk, Keirin
Francesco Ceci nel keirin, ai campionati del mondo 2013 a Minsk
Francesco Ceci, campionati del mondo Pista 2013 Minsk, Keirin
Ceci ai mondiali di Minsk 2013, nel keirin

Grazie alla possibilità di qualificarsi, tuttavia, Ceci ha ottenuto l’assunzione nelle Fiamme Azzurre e nei due anni scorsi ha riprovato a qualificarsi per Tokyo, perdendo ogni chance per una clavicola fratturata, che lo ha tagliato fuori dalle prove decisive.

Che cosa fa oggi Ceci e cosa pensa di quello che hanno detto Chiappa e Guardini?

Ceci ha ripreso ad allenarsi. Ho tolto la placca dalla clavicola e sto aspettando di avere un calendario. Dal 2015 sono nelle Fiamme Azzurre e questo mi permette di continuare a fare attività sportiva, in un settore da cui l’Italia è progressivamente scomparsa. Tirano fuori sempre la scusa che non ci sono ragazzi, ma vedendo che al mondo stanno emergendo Polonia, Lituania e Kazahstan, mi rifiuto di credere che il nostro bacino non sia alla loro altezza. Piuttosto mancano un tecnico di riferimento e investimenti adeguati.

E’ un calendario costoso?

E’ particolare. Nel mio caso, l’unico modo per andare all’estero è con la nazionale. Le Fiamme Azzurre sono un corpo operativo sul suolo italiano, per cui possono sostenere la mia attività soltanto in Italia. Quindi, se non vado con la nazionale, devo pagare da me. Noi andiamo avanti grazie alla squadra, prima Ceci Dream Bike e ora Piceno Bike, ma il calendario è limitato. In Italia nel 2020 ci sono state due sole gare.

Francesco Ceci, Marco Villa, campionati del mondo Pista 2013 Minsk
Sempre ai mondiali di Minsk 2013, con Marco Villa che lo lancia in pista
Francesco Ceci, Marco Villa, campionati del mondo Pista 2013 Minsk
Con Marco Villa, ai mondiali di Minsk 2013
Davanti alla parola “investimenti” qualcuno potrebbe vacillare.

Non sto parlando di cifre proibitive, semplicemente individuare un tecnico preparato e fare la giusta programmazione. Le grandi Nazioni fanno ritiri, si allenano insieme. In Italia non servirebbero 7 mesi di ritiro ogni anno, ma se avvicini un ragazzo, per coinvolgerlo devi proporgli un programma e un metodo di allenamento.

Come funziona l’attività di un velocista?

Ho lasciato le gare su strada al primo anno da U23 ed era già tardi, perché alcuni miei coetanei si sono specializzati su pista sin da juniores. Eravamo un gruppo di una decina, con Federico Paris e Pavel Buran come tecnici e dopo di loro Collinelli e mio zio Vincenzo (Vincenzo Ceci, che partecipò alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984, ndr). La stagione delle gare era prettamente invernale, con le Coppe del mondo da ottobre a febbraio, quindi gli europei e i mondiali a chiudere. A primavera un po’ recuperavi e poi ricominciavi la preparazione e le prove di qualificazione alla Coppa del mondo in giro per l’Europa. Adesso il calendario è in fase di riforma.

Francesco Ceci, campionati italiani 2018, Vigorelli
Ai campionati italiani del 2018 al Vigorelli, vince il tricolore keirin su suo cugino Luca
Francesco Ceci, campionati italiani 2018, Vigorelli
Tricolore nel keirini al Vigorelli nel 2018
Esisteva un calendario italiano?

Fino al 2010 abbiamo avuto il Giro d’Italia delle Piste, un circuito di 4 prove che non davano punti internazionali, ma servivano per visionare i ragazzi. Si correva prettamente su pista scoperta, anche perché Montichiari è stato inaugurato a maggio del 2009.

Hai letto le parole di Chiappa, che cosa pensi della situazione?

Ho sempre la speranza di uno scatto in avanti. Servirebbe trovare un tecnico con la giusta competenza, senza andare a cercarlo all’estero, come si provò a fare con Morelon, che chiese anche un sacco di soldi e alla fine non venne. La velocità è un mondo a sé, quali sono i tecnici giusti nell’ambiente si sa. Anche all’estero sono tutti ex velocisti, che sono titolari del settore oppure affiancano altri tecnici. La preparazione è molto diversa e sta cambiando.

Diversa da cosa?

Dal settore endurance, ad esempio, anche se pure loro si stanno spostando verso la forza, usando rapporti come il 60×13. Nel 2008, facevo le volate con il 48×13, nel 2019 in Bielorussia per il keirin usai il 58×13 e so che alcuni vanno più duri. C’è stata evoluzione in ogni dettaglio.

Francesco Ceci, europei Glasgow 2018, velocità
Non va bene nella velocità agli europei di Glasgow 2018
Francesco Ceci, europei Glasgow 2018, velocità
Glasgow 2018, campionati europei velocità
Cosa pensi di quello che ha detto Guardini?

Ho letto la sua intervista. Andrea me lo ricordo bene, perché nella fase di transizione dalla pista alla strada, facemmo parecchia attività insieme. Nel 2009 vincemmo insieme, con lui e mio fratello Luca, il campionato italiano della velocità a squadre. Da junior per me era imbattibile, ma già l’anno successivo iniziò a perdere smalto e specializzazione e cominciai ad arrivargli davanti.

Quindi trovi corretto quello che dice sull’incompatibilità tra velocità e volate su strada?

Sono due mondi diversi. Ricordo che fosse parecchio contento di andare di là a guadagnare di più, anche perché per noi velocisti non c’erano grandi prospettive. Ho fatto da poco il corso per tecnico di 3° livello e si è parlato molto di multidisciplina. Ai miei tempi, nessuno mi propose il cross o la mountain bike, ma certo il velocista a un certo punto deve fare una scelta. Da junior ero 71 chili, ora sono a 81, ma sono cambiamenti che fai quando sei certo che ne valga la pena.

Si può tornare a un settore pista che funzioni e richiami i ragazzi?

Alle due condizioni dette prima: un tecnico e un metodo di lavoro. Se fai vedere alle famiglie che i ragazzi non sono abbandonati, le piste tornano a riempirsi. Che poi in questo periodo di paura della strada…

Andrea Guardini, Mark Cavendish, Vedelago, Giro d'Italia 2012

Guardini, Chiappa, parole chiare e un’idea su Parigi

03.01.2021
6 min
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«Se domani mi dicessero che c’è la possibilità di qualificarsi nella velocità per le Olimpiadi di Parigi – dice Guardini – ci proverei subito e mi viene già la pelle d’oca. Avrei 35 anni, non c’è competizione più importante e per la pista ho sempre un vero amore. Ho letto l’intervista a Roberto Chiappa, sono anni che penso questa cosa…».

Prima domenica del 2021, Guardini è a casa. La chiamata dopo aver parlato con Chiappa è nata spontanea. A proposito dei velocisti passati su strada, l’umbro è stato chiaro.

«Oggi per fare le volate – ha detto – devi andare bene in salita e se vieni dalla pista, resti sempre un velocista. Viviani fa le volate, ma non viene dal settore veloce. Guardini era un Chiappa, ma ha vissuto gli anni in cui si investiva poco. Con il suo oro europeo nel keirin, avrebbe potuto continuare e fare le Olimpiadi».

Andrea Guardini
Andrea Guardini, classe 1989, è passato professionista nel 2011 con la Farnese Vini
Andrea Guardini
Andrea Guardini, classe 1989, pro’ dal 2011

Un siluro allo sprint

Torna alla memoria lo sguardo inferocito di Cavendish a Vedelago nel 2012 (foto di apertura), battuto in volata dal giovane velocissimo, ma probabilmente troppo vicino all’ammiraglia di Scinto sull’unica salita. Tornano alla memoria le battute sarcastiche di alcuni direttori sportivi sul fatto che il veronese non si allenasse abbastanza e ne fosse riprova il fatto che in salita si staccava sempre. E’ un po’ come se si prendesse Usain Bolt e lo si accusasse di essere poco professionale perché dopo una maratona piena di salite, nei 100 metri non è il più veloce o magari in pista nemmeno ci arriva. Guarda caso, la situazione è andata peggiorando mano a mano che i percorsi venivano induriti e la tappa con arrivo in volata ha perso le connotazioni veloci di un tempo.

La colpa è dei corridori…

Sempre del corridore, che non fa la vita. Non del fatto che ti danno una bici con cui perdi 10 secondi a chilometro, oppure che una volta le tappe per i velocisti avevano al massimo 1.500 metri di dislivello, mentre adesso non sono mai sotto i 2.000. Nel 2011 facevo molte più volate di adesso.

E’ vero che qualche settimana fa avevi pensato di smettere?

Non lo nascondo. Ho finito il 2020 vincendo e speravo di trovare una squadra di livello superiore. Anche Giuliani mi diceva di guardarmi intorno. E proprio quando avevo gettato la spugna, ho fatto un esame di coscienza e mi sono detto che se devo smettere io, altri dovrebbero farlo prima. Non per puntare il dito, ma per darmi una scossa. E allora ho ripreso, perché credo di poter dare ancora molto. Mi concedo un’altra possibilità, sperando in una stagione normale. Anche se normale probabilmente non sarà. Dovevamo andare a fare un bel blocco di lavoro in Turchia, ma il Tour of Antalya è saltato.

Dicevi di aver letto l’intervista di Chiappa.

Sono tanti anni che penso a queste cose. Vinsi l’europeo del derny alla prima partecipazione e feci 5° nel mondiale della velocità. Ero già al secondo anno da junior, non avevo esperienza. Forse facendo pista a quel livello dall’anno precedente, avrei potuto vincere anche il mondiale. Poi da under 23 mi portarono a fare una sola prova di Coppa del mondo e a quel punto, avendo già il contratto con la Farnese Vini, parlai con Marco Villa. E gli dissi che se non c’erano un progetto e un calendario, forse era meglio concentrarsi sulla strada.

Andrea Guardini, Tour of Oman 2015, 2a tappa
La salita non è nel suo dna. Al Tour of Oman 2015, ha vinto la 1ª tappa, nella 2ª paga pegno
Andrea Guardini, Tour of Oman 2015, 2a tappa
Tour of Oman 2015: vince la 1ª tappa e poi si stacca nella 2ª
Hai ricevuto una controproposta, come dice Chiappa, di borsa di studio e posto in un gruppo sportivo militare?

A parole qualcosa arrivò, niente di concreto. Come tecnico delle specialità veloci c’era Federico Paris, ma a fine anno uscì anche lui e il settore si sciolse. A differenza di Viviani e Nizzolo, io vengo da una specialità che non va tanto d’accordo con la strada. Siamo cresciuti insieme e nelle gare veloci li ho sempre battuti, perché i percorsi erano meno duri. Il mio fisico è fatto così. Fibre bianche per sprint ad altissima velocità, ma le corse ora sono sempre più impegnative e quelli come me fanno una gran fatica ad arrivare in volata.

Chiappa ha parlato anche di Mareczko…

E’ quello in cui più mi rivedo. E guardate che correre alla CCC e fare piazzamenti al Tour Down Under non è stato banale, perché si va forte e le tappe non sono piatte. Con certe caratteristiche muscolari, correre su strada è quasi snaturarsi. Per contro, nel 2014 partecipai al mio ultimo campionato italiano della velocità. E senza allenamenti specifici, feci secondo dietro Ceci. La predisposizione resta.

C’è rammarico per la scelta di aver lasciato la pista?

Adesso posso dire di sì, ma a suo tempo feci le mie scelte in base alle proposte ricevute e il settore velocità non c’era, come non c’è oggi. Chiappa ha ragione. Se non li trovi da piccoli, non li hai da grandi, ma oggi è tutto così esasperato che tanti smettono senza aver valorizzato le loro doti naturali. E’ un cane che si morde la coda. Se non investi, i risultati non arrivano. A meno che non trovi un Viviani…

Abi Dhabi Tour 2015, Andrea Guardini, Daniele Bennati, Tom Boonen
Nello stesso anno, all’Abu Dhabi Tour 2015, batte Bennati e Boonen
Abi Dhabi Tour 2015, Andrea Guardini, Daniele Bennati, Tom Boonen
All’Abu Dhabi Tour 2015, batte Bennati e Boonen
Prego?

La pista italiana deve tanto a Elia, perché è stato lui che ha continuato a crederci avendo attorno il vuoto. Poi piano piano si è messo in moto un meccanismo, si sono fatti investimenti e ora i risultati li vedono tutti. Io potrei anche pensare di rimettermi in gioco, pur notando che il mondo è cambiato. Io facevo le volate con il 49×14 e il 51×14 nel keirin. Oggi è tutto più veloce e tanto incide il fatto che si gareggi sempre in pista chiusa.

Simion, tuo compagno alla Giotti Victoria, è tornato nel giro dell’inseguimento.

Con Paolo ho parlato tanto e non è ammissibile che un corridore come lui non sia stato confermato. Per carità, ognuno fa le sue scelte, ma qui parliamo di uno dei migliori nel lanciare le volate. Ripartiamo insieme. Voglio scommettere su me stesso, sapendo che sono ancora integro e che negli ultimi anni ho corso davvero poco: 24 giorni nel 2020, 56 nel 2019, 59 nel 2018…

Un anno per riscattarsi?

Ho anch’io il mutuo da pagare. Il lockdown mi ha permesso di veder crescere mia figlia e questo è stato molto positivo. D’altro lato però mordo il freno, vediamo che cosa riuscirò a fare. Mi farebbe un gran comodo che si tornasse a correre in Oriente. Là le tappe per velocisti sono tappe per velocisti. E poi c’è quest’idea di Parigi, che tutto sommato…