Simone Velasco non aveva mai vinto così presto. La volta precedente era stata al Laigueglia del 2019, ma si correva il 17 di febbraio. Ieri era il 3 e alla Vuelta Valenciana, il toscano dell’Astana ha battuto Bob Jungels sul traguardo di Sagunto dopo 119 chilometri di fuga.
Poi si è fermato. Ha collegato le gambe al cuore e ha puntato il dito al cielo, dedicando la vittoria a Umberto Inselvini, il massaggiatore dell’Astana Qazaqstan Team, scomparso il 27 gennaio nel ritiro della squadra kazaka.
Umberto Inselvini è morto improvvisamente il 27 gennaio nel ritiro dell’Astana ad AlteaUmberto Inselvini è morto improvvisamente il 27 gennaio nel ritiro dell’Astana ad Altea
L’ultima distanza
Erano tutti ad Altea, nello stesso hotel in cui avevamo incontrato Simone prima di Natale, per l’ultimo ritiro prima delle corse. Negli stessi giorni, chi scrive era in Argentina e l’espressione sgomenta sul volto di Michele Pallini e il dottor Magni a migliaia di chilometri di distanza, aveva fatto capire la violenza del colpo per gli uomini della squadra kazaka.
«Umberto per mia sfortuna l’ho conosciuto solo negli ultimi due anni – racconta Velasco – da quando sono passato all’Astana. Prima non avevo avuto un rapporto stretto come negli ultimi tempi. Umberto era sicuramente una persona riservata, competente e molto rispettosa dei colleghi e tutto l’ambiente. La sua morte è stata una grande perdita per tutto il gruppo, non solo per il team. Quando è successo, eravamo anche noi in Spagna e stavamo facendo la distanza».
Sull’ultima salita, Velasco è rimasto nella scia di Jungels e Gregaard, aspettando lo sprintSull’ultima salita, Velasco è rimasto nella scia di Jungels e Gregaard, aspettando lo sprint
Eravate in hotel quando è successo?
Eravamo in bici, era l’ultima distanza, la rifinitura appunto, prima dell’imminente inizio delle gare. Ci è giunta notizia proprio all’inizio dell’ultimo lavoro di giornata. Non avevamo ancora la certezza. Poi quando siamo arrivati in hotel, abbiamo toccato la tragedia con mano ed è stato un forte scossone per tutto il team. Non solo il giorno dell’accaduto, ma anche in quelli seguenti.
Come l’avete superata?
Non possiamo far altro che stringerci forte attorno alla famiglia e fare del nostro meglio per ricordarlo. Dedicandogli ogni vittoria, ogni risultato da qui in avanti.
Pensavi di stare già così bene?
Ho sempre bisogno di qualche gara per carburare un po’ e infatti la prima tappa aveva avvalorato il mio pensiero. Dal secondo giorno ho iniziato a sentire qualche miglioramentoe comunque sapevo di aver lavorato bene durante tutto l’inverno. Il secondo giorno in effetti poteva essere la tappa giusta per attaccare, andare all’arrivo e giocarmi il mio jolly. Finché ieri è andata bene. In fuga ci siamo fatti un bel mazzo per portarla all’arrivo e adesso siamo stracontenti.
Per Ciccone si è trattato di un giorno di controllo: ha 3″ su Pello Bilbao e 6″ su VlasovPer Ciccone si è trattato di un giorno di controllo: ha 3″ su Pello Bilbao e 6″ su Vlasov
Chi ti faceva paura fra i compagni di fuga?
Sapevo che se fossimo arrivati allo sprint, bene o male sarei stato io il favorito, perché sono veloce. Quindi dovevo cercare di limitare i danni nei punti duri della tappa. Quando ha attaccato Craddock sull’ultima salita di giornata, ho tentennato ad andargli dietro, perché sinceramente, con i due giorni passati, non sapevo se avevo già la gamba buona per seguirlo.
Quindi?
Ho preferito andare su più regolare con Jungels e il ragazzo della Uno X (Jonas Gregaard, ndr) e alla fine si è rivelata la scelta vincente. E’ andata bene così. Jungels sicuramente aveva una super gamba e se è arrivata la fuga, è stato anche per merito suo. Però io me la sono giocata bene e… avanti così.
Velasco ha scalato con regolarità El Garbì, ultima salita, sapendo di essere favorito in volataVelasco non aveva mai vinto così presto in stagione: la volta precedente fu nel 2019 al Laigueglia, il 17 febbraioVelasco ha scalato con regolarità El Garbì, ultima salita, sapendo di essere favorito in volataVelasco non aveva mai vinto così presto in stagione: la volta precedente fu nel 2019 al Laigueglia, il 17 febbraio
Ieri sera avete brindato?
Un brindisi non ha mai fatto male a nessuno, quindi abbiamo festeggiato qualcosina, con l’obiettivo di festeggiarne altre, magari nel minor tempo possibile. E poi si brinderà anche a casa, anche con la mia pupa, la mia bimba che finalmente ha visto vincere il babbo. Non ha dovuto neanche aspettare tanto, sono stato un bravo babbo.
A questo punto continuiamo così, avendo capito come si fa?
Bisogna, dai. Speriamo di continuare in questo modo. La stagione è appena cominciata.
Si apre la pagina di Moscon all'Astana e il trentino rinasce. L'ambiente familiare gli dà fiducia, l'italiano lo fa sentire a casa. Nibali è un riferimento
Quando pensa al mondiale di Wollongong, Lutsenko vorrebbe mangiarsi le mani. Sono le cinque di un pomeriggio mite in Spagna, Alexey si scusa per il suo italiano che è indubbiamente migliore del nostro kazako. Si ride, il clima è disteso, anche se il ricordo batte dove il dente duole. Nel momento in cui Evenepoel lo ha staccato, il kazako infatti ha capito di aver peccato di ingenuità dandogli tutti quei cambi, ma ormai era tardi. E il 24° posto finale ha assunto più il sapore della beffa.
«Mi sentivo benissimo – sorride il leader della Astana Qazaqstan Team – la squadra mi aveva mandato alla Vuelta per preparare i mondiali. Sono entrato nella fuga più grande. E quando è partito Remco, ho commesso il grosso errore di tirare subito. Se avessi tenuto di più, magari avrei salvato il podio. Avevo provato ad attaccare anche prima, c’erano già due belgi. Se lui voleva vincere il mondiale, meritava di fare più fatica anche all’inizio».
Intervista in russo e poi in italiano: la lingua madre di Lutsenko è però il kazakoIntervista in russo e poi in italiano: la lingua madre di Lutsenko è però il kazako
L’esempio di Colbrelli
L’esempio di Colbrelli agli europei di Trento, per quanto discusso dai tifosi del belga, aveva già dimostrato che Remco si può battere in un solo modo. Ma in quel momento Lutsenko non ha avuto la lucidità di pensarlo.
Kazako, 30 anni, residenza spagnola. Lutsenko piombò nei discorsi giusto dieci anni fa, quando vinse il mondiale degli U23 a Valkenburg. Aveva 19 anni e poteva fare in apparenza tutto, come dimostra il suo palmares, pieno di vittorie e piazzamenti importanti, senza però il senso di un terreno su cui essere più forte. Se poi ci si mette anche la sfortuna, il quadro è completo e tutti ricorderanno sicuramente il video del suo volo in discesa mentre si allenava a Tenerife con la bici da crono.
Lutsenko ha iniziato il 2022 vincendo la Clasica Jaen Paraiso InteriorI tratti su sterrato lo esaltano: non a caso ha vinto anche la Serenissima Gravel 2021Lutsenko ha iniziato il 2022 vincendo la Clasica Jaen Paraiso InteriorI tratti su sterrato lo esaltano: non a caso ha vinto anche la Serenissima Gravel 2021
Eppure la stagione non era cominciata male…
Ho vinto la prima corsa (Clasica Jaen Paradiso Interior, ndr). Mi sono piazzato nella seconda. Poi sono caduto all’Het Nieuwsblad e peggio ancora sono caduto a Tenerife, mentre mi preparavo per le Ardenne. Era marzo, sono rientrato a maggio e mi sono ammalato prima di andare al Giro, ma intanto lottavo con la paura nelle discese. Al Tour ho fatto il massimo. Puntavo a un posto nei dieci e l’ottavo non è stato da buttare, considerata la caduta al Giro di Svizzera. Invece la Vuelta, come dicevo, è servita da preparazione per il mondiale, con delle fughe e poco più. Invece in Australia mi sono perso alla fine, dopo quasi sette ore di fuga.
Sai fare tutto, ma cosa ti riesce meglio?
Vorrei mettere un punto su classiche come il Fiandre e la Strade Bianche, perché mi trovo bene sulle strade sterrate. La vittoria alla Serenissima Gravel non fu per caso. Si va sempre a tutta, il mio modo preferito senza troppe tattiche, anche se al mondiale di Cittadella si è visto che con l’arrivo di tanti pro’, le tattiche cambiano. Si può andare da lontano o aspettare, questa volta è arrivata la fuga. Mi piacciono questi percorsi, perché da ragazzo ho cominciato con la mountain bike e anche d’inverno la uso sempre.
Tour 2022, arrivo di Peyragudes: per Lutsenko il quinto postoNel 2020, Lutsenko vince per distacco la tappa di Mont Aigoual al Tour de FranceTour 2022, arrivo di Peyragudes: per Lutsenko il quinto postoNel 2020, Lutsenko vince per distacco la tappa di Mont Aigoual al Tour de France
Invece nei Grandi Giri?
Tre settimane sono tante e sono dure. Le corse a tappe meno lunghe invece sono alla mia portata, anche quelle dure. Nel 2021 sono stato secondo al Delfinato per 17 secondi da Porte, quelle si possono fare. Però nel 2023, se tutto fila liscio, punterò su Strade Bianche, Fiandre e Ardenne.
A Wollongong un altro kazako ha vinto il mondiale U23. Ti sei rivisto in lui?
Siamo entrambi kazaki, ma io avevo 19 anni e venivo dal nulla. Lui ne ha 22 e aveva fatto prima la Vuelta. Fedorov ha un grande motore, ma è giovane. Abitiamo a 200 metri l’uno dall’altro e ogni giorno controllo i suoi allenamenti, come mangia, che vita fa. Secondo me è perfetto per corse come Fiandre e Roubaix. Le differenze? Io non ho avuto la fortuna di un corridore che mi abbia seguito. Avevo Sedun, ma ero davvero piccolo. E adesso seguo lui, come farei con un bambino.
Nel 2012, Lutsenko a 19 anni vince il mondiale under 23 sulla cima del CaubergSul podio con lui il francese Coquard e il belga Van AesbroeckNel 2012, Lutsenko a 19 anni vince il mondiale under 23 sulla cima del CaubergSul podio con lui il francese Coquard e il belga Van Aesbroeck
Cosa hai fatto finora quest’inverno?
Più riposo, quattro settimane di stacco. Ho chiuso appesantito dalla Vuelta e dal viaggio in Australia. Dopo il Tour ho staccato solo due giorni per correre in Spagna. In più nel frattempo sono diventato papà per la terza volta ed è stato duro avere la testa nelle corse e alla famiglia. Avevo bisogno di recuperare e poi ho ripreso con mountain bike, palestra e corsa a piedi. Fare un bell’inverno, è importante per andare bene dopo. Lo schema è quello. Inizio in Oman, che mi porta bene perché l’ho vinto due volte ed è meglio del UAE Tour che ha solo volate. Voglio arrivare bene ad aprile. Prima il Fiandre e poi la Liegi. Se sto bene, la Liegi è il posto giusto per avere grandi sogni.
In un’intervista rilasciata in Spagna poco dopo il ritiro di Valverde, Luis Leon Sanchez ha raccontato che sua moglie Laura ha fatto per lui una previsione. Dato che è sulla bici da quando aveva cinque anni, il momento del ritiro per lui potrebbe essere davvero pesante. E adesso “Luisle”, il sorriso più buono del gruppo su un fisico ogni anno più scolpito e potente, abbassando lo sguardo ammette che potrebbe essere proprio così. Sono gli ultimi giorni del ritiro di Altea, dopo le Feste si ripartirà dal Tour Down Under.
«Quando ero giovane – dice – non mi aspettavo di arrivare a questa età ed essere ancora professionista. Sai, alla fine mi piacciono troppo questo sport e questa vita, ma devo vedere il mio ruolo e devo pensare alla famiglia. Mia moglie è da sola con tre bambini, per lei non è facile. Tanti mi dicono che quando scenderò dalla bici dovrei fare il direttore sportivo. Ma i direttori sportivi passano molti giorni fuori casa e se io smetterò di correre, sarà per stare più tempo a casa. Non so se cercherò un ruolo come quello…».
San Sebastian 2012, vince Sanchez. I complimenti di Vinokourov, suo compagno nel 2006 e oggi suo datore di lavoroSan Sebastian 2012, vince Sanchez. I complimenti di Vinokourov, suo compagno nel 2006 e oggi suo datore di lavoro
Sanchez è passato professionista nel 2004 ed è ancora qui. Vincente, gregario: qualsiasi sia stato il ruolo che gli hanno assegnato, ha saputo interpretarlo senza che qualcuno abbia potuto lagnarsene. Ha lavorato per Valverde, per Nibali e per Aru. Un metro e 86 per 74 chili, ha vinto per due volte la Clasica San Sebastian, 4 tappe al Tour, una Parigi-Nizza e il Tour Down Under. E oggi che è tornato alla Astana Qazaqstan Team dopo il breve passaggio alla Bahrain Victorious, il suo ruolo è quello di dare l’esempio e gli riesce benissimo.
Un anno di contratto e l’opzione per il secondo…
Sono fortunato ad avere l’appoggio della mia famiglia per cui quando sono in ritiro oppure in gara, la tranquillità è sapere che loro stanno bene, che i ragazzi stanno con la loro mamma. E’ la tranquillità che a volte manca al professionista e gli impedisce di fare il suo lavoro al 100 per cento.
Con Valverde (e Fuglsang) sul podio della Valenciana 2018: i due spagnoli sono cresciuti insiemeCon Valverde (e Fuglsang) sul podio della Valenciana 2018: i due spagnoli sono cresciuti insieme
Soffri di… longevità come il tuo amico Valverde?
Alejandro è un corridore che ho visto vicino a me per tutta la carriera. Si è fermato a 42 anni, ma lui è un grande campione che ha vinto più o meno tutto. Alla fine la sua vita è stata sempre quella di un atleta, anche quando andava in vacanza e mangiava solo riso e pollo. Io non riuscirei a fare sempre così, se non quando è necessario.
Vuoi dire che si può durare tanto senza essere attenti in modo maniacale?
Non ho detto questo. Mi prendo cura di me 365 giorni all’anno. Non mi rilasso per un mese, non me lo posso permettere. Preferisco andare in bicicletta tutti i giorni che posso, per muovermi. Cammino e gioco a tennis perché il mio corpo non si addormenti e tornare alla routine di allenamento non diventi pesante. Il fatto che gli atleti professionisti durino più a lungo ha a che fare con la loro professionalità. Ora sono di nuovo all’Astana, vedremo cosa potrò fare.
In fuga verso Sierra de la Pandera alla Vuelta 2022: Sanchez con Champoussin e LutsenkoIn fuga verso Sierra de la Pandera alla Vuelta 2022: Sanchez con Champoussin e Lutsenko
Che cos’è per te questa squadra?
Una famiglia, mi trovo troppo bene. E’ facile lavorare con loro. Se c’è qualcun problema, trovo subito la soluzione. Prendo il telefono e chiamo Martinelli, oppure Mazzoleni o Rachel, la dottoressa, o chiunque altro di cui abbia bisogno. Mi sono trovato bene sin dal primo giorno in cui ci sono arrivato, anche con Vinokourov che tanti anni fa è stato mio compagno alla Liberty Seguros. Sono contento di ritrovarlo nella sua squadra.
Infatti quando Vino fu allontanato, tu te ne andasti…
Andai via perché c’era una situazione diversa. Non c’era grande stabilità economica, tanto che partimmo in 15. Non era più la squadra di Vinokourov, ma la dirigeva una donna che si chiama Yana Seel. Era una situazione troppo diversa e alla fine, quando è finito quell’anno e Vinokourov è tornato, ha parlato anche con me. Ha detto che non era possibile rompere l’accordo con la Bahrain, per cui sono rimasto per un anno di là e ora sono di nuovo qui. Contento di esserci.
Con Landa alla Vuelta in maglia Bahrain: i due avevano già corso insieme all’AstanaCon Landa alla Vuelta in maglia Bahrain: i due avevano già corso insieme all’Astana
I corridori più giovani ti vedono come un punto di riferimento.
Sono contento. Lo so che non sono giovane, ormai sono quasi il più vecchio del gruppo. Per cui sono contento di essere un uomo di riferimento per loro e di poter fare qualcosa per aiutarli. Sono qua anche per questo, per riportare positività e far crescere la squadra.
TI guardi intorno e cosa vedi?
Un ciclismo diverso, come il resto del mondo. Le velocità sono più alte, sono cambiati i rapporti e anche le ruote sono più veloci. Sono dovuto cambiare anche io. Una volta i massaggiatori preparavano il riso o i cereali per dopo la gara. Ora è tutto molto diverso, anche la pasta viene pesata, i carboidrati vengono dosati e si fa tutto perché il corpo possa dare di più. Per questo i corridori giovani hanno numeri incredibili, delle velocità molto alte. Io ricordo di quando sono passato professionista e i primi due mesi andavamo in gara per prendere un po’ di ritmo. Invece adesso arriviamo al Down Under o a Mallorca o in Argentina e si va subito tutti a tutta dal primo giorno.
Al Beghelli del 2017 vince e dedica la vittoria a Scarponi, scomparso pochi mesi primaAl Beghelli del 2017 vince e dedica la vittoria a Scarponi, scomparso pochi mesi prima
Non avere un grande capitano cambia qualcosa?
La squadra è diversa. In passato il nostro obiettivo è sempre stato vincere un grande Giro con Nibali, con Fabio. Ci siamo arrivati vicino con Landa, con Miguel Angel Lopez. Ora non abbiamo grandi campioni da difendere, vediamo dove arrivano Lutsenko e qualche giovane. Ma il nostro ruolo deve cambiare e un po’ anche la mentalità.
Hai parlato di Nibali e di Aru che ti ricordi di loro?
Sono stati due corridori diversi. Nibali dava la tranquillità di un uomo che ha vinto tutto. E tu accanto stavi tranquillo perché sapevi che quando lui si metteva una gara in testa, si vinceva o si andava vicini a vincerla. Fabio invece era impulsivo, un corridore con cui non era facile stare calmi. Quando ha vinto la Vuelta si è tranquillizzato un po’, ma per il resto erano due mondi completamente diversi.
Alla Vuelta del 2015, con Landa scorta Aru alla vittoria finaleAl Giro 2017, Nibali è passato alla Bahrain Merida, Sanchez è ancora all’AstanaAlla Vuelta del 2015, con Landa scorta Aru alla vittoria finaleAl Giro 2017, Nibali è passato alla Bahrain Merida, Sanchez è ancora all’Astana
Ti aspettavi che Fabio smettesse così presto?
No e neanche saprei dare una spiegazione. Alla fine è stata una decisione sua e della sua famiglia, sua e di sua moglie. Ha deciso e ne sarà felice. Io non so se ci riuscirei, ma è la mia mentalità. Io continuo perché ho voglia di farlo, mentre lui ha deciso fermarsi. E’ vero però, come dicevo, che quando smetterò probabilmente non farò il direttore sportivo per stare a casa con la mia famiglia.
Da dove cominci?
Cominciamo in Australia, mi piace cominciare presto. Vivo vicino a Murcia e sono fortunato che il tempo è buono, non piove troppo. Così riesco ad allenarmi bene per cominciare forte l’anno. E se comincio forte, magari non mi peserà essere il nonno del gruppo.
Una tazza di camomilla e lo sguardo sul cucchiaino mentre la mescola. La stanza è silenziosa, oltre i vetri le palme ondeggiano per la brezza del tramonto. Garofoli è il più adrenalinico dei neoprofessionisti italiani e nel suo sguardo lampeggia spesso l’inquietudine. Tuttavia, dopo quello che ha vissuto nel 2022, sembra che si sforzi per tenerla a bada. La paura aiuta a crescere e la prospettiva di perdere tutto lo ha scosso più di quanto abbia dato a vedere.
«Come ho anche scritto in un post – dice – voglio ricordare il 2022 per la grinta che ho messo nel rientrare alle gare e l’impegno per farlo in ottime condizioni. Sono stati mesi difficili, ho avuto paura di dover smettere. Quindi porto con me il ricordo di un anno sicuramente importante, in cui ho capito che realmente voglio fare il ciclista. In un anno così difficile, ti passano tante idee per la testa. Rimarrà una grande esperienza su cui chiudo la porta, perché per fortuna è andato tutto bene. I controlli sono andati a posto e posso iniziare il nuovo anno tranquillo».
Una tazza di camomilla e una lunga chiacchierata nel ritiro spagnolo dell’AstanaUna tazza di camomilla e una lunga chiacchierata nel ritiro spagnolo dell’Astana
Maini racconta che ogni volta doveva raccomandarti di stare calmo.
Avevo quest’ansia, la grinta che rispecchia anche il mio carattere. Avevo la fretta di tornare subito e il disagio di aver perso una buona parte della stagione.
Fossi stato Amadori, avresti convocato Garofoli per i mondiali?
La mia convocazione non è stata presa in considerazione, giustamente, perché non ho fatto gare e le convocazioni dovevano essere fatte in anticipo rispetto alla corsa che ho vinto in Puglia. Normalmente non si convoca un ragazzo a scatola chiusa, anche per rispetto degli altri. Condivido appieno la scelta di Marino. Magari se il mondiale si fosse corso in Europa, si sarebbe potuto aspettare di più, vedere come stava Garofoli e poi si sarebbe potuto decidere. Però dovendo fare le convocazioni a scatola chiusa, le decisioni prese sono state più che giuste.
A fine stagione, Garofoli ha corso fra i pro’ il Giro di Toscana, Giro del Veneto e Veneto Classic (foto Astana)A fine stagione, Garofoli ha corso fra i pro’ il Giro di Toscana, Giro del Veneto e Veneto Classic (foto Astana)
TI sei fermato alla Coppi e Bartali di marzo, sei rientrato e hai vinto in Puglia a metà settembre.
E’ stato emozionante. Rivedi tutto quello che hai passato nell’ultimo anno e l’impegno che ci hai messo. Non è stata la vittoria in sé, ma tutto il percorso che c’è stato dietro. E’ stato il modo di dire: «Okay, ho lavorato bene, sono veramente contento di quello che ho fatto!».
Nonostante un anno così balordo, è arrivato il contratto con la WorldTour: ti ha meravigliato?
E’ stato una sorpresa. Era previsto se fosse stato un anno normale, ma in queste condizioni era tutto in dubbio. Non si sapeva neppure se avrei potuto correre ancora, quindi logicamente anche il mio contratto era in forse. Invece poi, parlandone, è arrivata questa bella notizia. Comunque sia, se questo passaggio non si fosse realizzato, per me sarebbe stata l’ennesima sconfitta del 2022. Per fortuna la squadra ha creduto in me nonostante tutto, quindi sono qua e sono veramente felice.
A fine stagione, Garofoli è volato in Oriente con Battistella e i fratelli Nibali (foto Astana)A fine stagione, Garofoli è volato in Oriente con Battistella e i fratelli Nibali (foto Astana)
Quale sarà il posto di Garofoli? Ti toccherà portare le borracce?
Nemmeno quelle, sarò ancora più indietro. Sono il classico giovane che dovrà fare la gavetta, sia pure con un occhio di riguardo. Farò esperienza, è giusto che sia così. E’ ovvio che proverò a farmi vedere, mi sto allenando bene, penso a fare tutto nel migliore dei modi per venire fuori. Questo è l’obiettivo. Però non arrivo sicuramente con delle pretese, entro in punta dei piedi, poi semmai saranno i risultati a parlare.
Milesi, Germani, Piganzoli: quelli del 2002. C’è competizione tra voi?
Avendo praticamente saltato il 2022, non ho mai corso con loro. Sarebbe stato bello fare insieme il Tour de l’Avenir, ma purtroppo non si è potuto. Quando corriamo insieme scatta qualcosa, fin da juniores c’è sempre stata rivalità. Correvamo in quattro squadre diverse, era normale che ci fosse questo agonismo. Andando avanti però, si è mitigato, perché tutto intorno è cresciuto il parterre. Prima c’eravamo solo noi 4-5, sempre i soliti. Adesso ce ne sono 100, quindi è tutto diverso. Oggi siamo amici. Io sono felice se loro vincono, ma se ci troviamo in gara nessuno si risparmia.
Val d’Aosta 2021: Garofoli gioisce sull’arrivo di Cervinia, nella stagione con il Team DSM (foto Giro Valle d’Aosta)Val d’Aosta 2021: Garofoli gioisce sull’arrivo di Cervinia, nella stagione con il Team DSM (foto Giro Valle d’Aosta)
Tutti vi aspettano, ti pesa?
Non ci penso tanto. Il peso più grande, le aspettative più grandi sono quelle che mi metto da solo, non quelle che mi mettono le altre persone. Io sono un ragazzo molto ambizioso, sono sempre stato così. Fin da bambino volevo fare sempre di più. Non trovavo mai pace. Non mi fermavo mai, ero sempre alla ricerca di qualcosa. Chi si ferma è perduto. Ero così a scuola e anche a calcio. Ho una mentalità per cui voglio essere il migliore in quello che faccio. Questo forse me l’ha tramandato anche la famiglia. Ho un bel rapporto con nonno e mio padre. Nonno ha fondato l’azienda di famiglia e a modo mio anche io ho sempre avuto questo spirito da imprenditore.
In questi sei mesi senza bici, hai pensato alla tua vita fuori dal ciclismo?
Non ci ho mai pensato, ero molto triste. Sinceramente non è stato un bel periodo e prima di vedermi in azienda, continuavo a pensare che la mia strada fosse questa e non volevo essere da nessun’altra parte. Avrei dovuto risistemare tutta la mia vita. Per fortuna non è successo, ora sono nel mondo del professionismo, si inizia a fare sul serio e voglio fare i miei passi da solo.
Sulle strade di Tokyo a ruota di Nibali: ultime pedalate del 2022 (foto Astana)Sulle strade di Tokyo a ruota di Nibali: ultime pedalate del 2022 (foto Astana)
Classiche o Giri?
Personalmente mi attirano di più le corse a tappe, ma credo che sarà tutto molto lungo. Strada facendo, vedremo anche quale sarà il mio reale livello. Ho vent’anni, posso ancora crescere, posso fare tante cose. L’inverno sta passando abbastanza tranquillo, sto facendo tanto fondo per costruire le basi, che mi serviranno per tutta la stagione. Comunque sia ci tengo a fare subito bene e a partire con il piede giusto. Dopo un anno in cui ho fatto praticamente 10 gare, non voglio più perdere tempo.
Germani parte dal Tour Down Under, tu cosa farai?
Il programma prevede che parta dal Provenza, però potrebbe esserci anche qualche cambiamento. Ho sentito Lorenzo, mi ha detto dell’Australia. Io ho chiesto di non andarci.
Garofoli in posa a Polignano a Mare alla vigilia del suo rientro alle corse dopo il lungo stopGarofoli in posa a Polignano a Mare alla vigilia del suo rientro alle corse dopo il lungo stop
Come mai?
Dopo le esperienze passate e il brutto Covid che ho preso, ho sperato di non fare gare troppo lontane, con sbalzi di temperatura e lunghi viaggi. Meglio fare un inizio abbastanza tranquillo per andar forte semmai più avanti e quindi per il momento sono stato accontentato.
Cosa diresti se Amadori ti convocasse fra gli U23?
Dipende dalla stagione che farò. Nel 2022 non ho avuto l’opportunità di fare nulla e sarebbe allettante, non solo il mondiale magari anche un Tour de l’Avenir o corse di questo tipo. Bisognerebbe parlare con la squadra e programmare tutto. Però non dico affatto che lo snobberei.
Uno dei corridori della Gazprom, che alla Adriatica Ionica Race avevano colpito Martinelli per la grinta in ogni corsa, durante l’estate è passato alla Astana Qazaqstan guidata proprio dal bresciano. E’ Christian Scaroni, che nella corsa di Argentin aveva gli occhi iniettati di sangue e vinse pure due tappe. Alla fine di novembre, il team kazako gli ha rinnovato il contratto per il 2023.
Carboni, Scaroni, Malucelli: Christian ha appena vinto la sua seconda tappa alla Adriatica IonicaCarboni, Scaroni, Malucelli: Christian ha appena vinto la sua seconda tappa alla Adriatica Ionica
Dal Polonia al Lombardia
Dal Polonia in cui ha debuttato e fino al Lombardia, Scaroni ha lottato con le unghie e con i denti. Così, arrivando nell’hotel della squadra sulla costa del Sud della Spagna, ci siamo chiesti se quel fuoco ci sia ancora o sia cambiato in qualcosa d’altro.
«Il fuoco c’è sempre – sorride – e sicuramente per me avere un anno di contratto qua, rappresenta un’opportunità e darò il massimo, come l’ho dato la passata stagione per meritarmi la possibilità. Ecco, per me è fondamentale far bene. E per quello c’è bisogno del fuoco dentro. Il più grande augurio che posso fare ai miei compagni di squadra è di avere lo stesso slancio. Anche l’anno scorso di questi tempi lavoravamo sereni, poi è successo quello che sappiamo. Speriamo che nel 2023 le cose siano normali».
Sul Grappa ha difeso la maglia di leader della Adriatica Ionica. E quando l’ha persa, ha vinto un’altra tappaSul Grappa ha difeso la maglia di leader della Adriatica Ionica. E quando l’ha persa, ha vinto un’altra tappa
Con quali obiettivi riparti?
Ne ho tanti nella testa, anche se ovviamente sono difficili da raggiungere. L’anno scorso, il calendario era un po’ diverso. Ho fatto tante corse in Italia dove il livello era leggermente più basso. Quest’anno partirò ancora una volta dalla Valenciana, ma dopo ci saranno gare toste dove vincere sarà difficile. Se ci saranno corridori in condizioni migliori, sicuramente sarò il primo a mettermi in discussione e darò una mano alla squadra, ma nella testa il primo obiettivo è tornare a vincere.
Anche nel 2021 iniziasti una bella preparazione, avete cambiato qualcosa?
Sicuramente, come tutti gli anni, a dicembre si lavora tanto sulla quantità, ma gradualmente si va anche a recuperare la qualità. A gennaio invece faremo un altro ritiro dove l’impronta sarà soprattutto sulla qualità, per arrivare pronti alle corse. Pronti a vincere, insomma.
Dopo la lunga sosta, Scaroni torna a un foglio firma al Giro di Polonia: è arrivata l’AstanaDopo la lunga sosta, Scaroni torna a un foglio firma al Giro di Polonia: è arrivata l’Astana
Che cosa possiamo aspettarci?
Penso di poter dire che sono un corridore non del tutto da scoprire, ma ancora con molti margini di crescita. Nella riflessione che ho fatto quest’inverno, ho pensato ai miei tre anni da professionista. Nel primo c’è stato il Covid e ho fatto poche corse. Il secondo anno mi è servito un po’ per ambientarmi: ho raccolto qualche risultato e, per questo, il 2022 sarebbe stato fondamentale. Invece è successo quello che è successo e mi ha condizionato, nonostante le due vittorie e qualche piazzamento prestigioso. Io credo che per me il 2023 sarà ancora più importante e voglio dimostrare che valgo.
Le due vittorie erano figlie della rabbia o del livello raggiunto?
Già l’inverno scorso, quando parlammo a Calpe, mi sentivo pronto per fare questo salto. Sicuramente non pensavo di essere così competitivo alla Adriatica Ionica, perché non correvo dal Giro di Sicilia di due mesi prima. Non sapevo cosa potessi aspettarmi, però diciamo che mi sono difeso bene. Quelle due vittorie mi hanno salvato e mi hanno dato visibilità. E l’Astana mi ha offerto questa occasione che per me è stata fondamentale.
Nel 2019, prima di passare, Scaroni ha corso con la FDJ Continental: forte in salita, veloce allo sprintNel 2019, prima di passare, Scaroni ha corso con la FDJ Continental: forte in salita, veloce allo sprint
Davi per scontato il prolungamento del contratto?
Di scontato nel mondo del ciclismo ormai non c’è più nulla. Io ho lavorato come se avessi altri anni davanti, sereno e con la testa lucida, pensando sempre all’obiettivo che era fare risultato, ma anche lavorare per i compagni quando serviva. Tutto il resto è venuto da sé. Parlando con Vinokourov, è venuta fuori la complicità giusta per continuare ancora un anno. Potevano essere già due, ma va bene così. Sono consapevole di quello che posso dare e sono sicuro che i risultati arriveranno.
Hai trovato dei riferimenti in squadra?
Lutsenko mi ha impressionato per come lavora e quanto è determinato. Battistella lo conosco dai dilettanti: averlo in squadra sicuramente è un punto di riferimento anche per me. Poi c’è Luis Leon Sanchez, che a vederlo lavorare ha il suo perché. Diciamo che non ho un riferimento fisso, ma tante persone da cui prendere spunto. Anche Felline, un corridore che cerca di insegnare ai giovani. Ho tanti punti di riferimento.
Adriatica Ionica Race, 1ª tappa: a Monfalcone, il primo centro di Scaroni su Zana in pieno inferno GazpromAdriatica Ionica Race, 1ª tappa: a Monfalcone, il primo centro di Scaroni su Zana in pieno inferno Gazprom
Martinelli bresciano è un appoggio in più?
Abita anche abbastanza vicino a me, lo sento spesso, ma non c’è solo lui. Ci sono anche altri direttori, come Zanini e Manzoni. Li sento settimanalmente, quindi diciamo che è un gruppo nel quale siamo tutti integrati e ci sentiamo a nostro agio.
Ti abbiamo visto parlottare a lungo coi meccanici…
Quest’anno ho fatto alcune modifiche alle misure della bici. E con Yeyo Corral, il nostro biomeccanico, abbiamo apportato una modifica importante. Abbiamo cambiato le pedivelle, passando da 172,5 a 170. E’ una prova, ma sono sicuro che può darmi qualcosa in più. Sicuramente sto lavorando anche su questo, ma di base cerco di curare bene tutti i fronti. Non devo perdere in salita perché sennò non mi ritrovo davanti coi corridori importante, ma soprattutto non devo perdere lo spunto veloce.
Ti sembra che il cambiamento funzioni?
A livello di sensazioni, le pedivelle più corte mi danno uno spunto migliore, che già prima era buono. In salita invece vedo un’agilità diversa. Questa prova era già stata fatta anche con altri corridori, io ero al limite, ma adesso abbiamo deciso e vediamo come andrà. Se non mi trovassi bene, sarebbe un attimo tornare alle 172,5. Se ci sono adattamenti, meglio provarli qua. Non ti metti a farli in piena stagione. Per ora sembrano buone, vedremo quando i ritmi e l’intensità di allenamento saranno più alti, se sarà stata una scelta azzeccata.
Canola e Scaroni, con Bugno e Mauro Vegni nella conferenza stampa di Salò al Giro, che parve una farsaCanola e Scaroni, con Bugno e Mauro Vegni nella conferenza stampa di Salò al Giro, che parve una farsa
Cosa resta del gruppo Gazprom?
Sento specialmente Canola. La sua è una situazione particolare perché forse è l’unico che non ha trovato squadra e questa cosa mi rattrista. Lui era stato il mio faro quando arrivai. Vederlo adesso senza squadra mi mette tristezza. Poi sento anche gli altri compagni di squadra come Carboni, Malucelli, Conci… Sento anche loro e sicuramente li incrocerò alle corse.
Natale a casa?
Esatto, coi parenti, visto che il ritiro ci ha portato via per 16 giorni. Natale a casa per recuperare il tempo perso, poi ai primi di gennaio si ripartirà per le Canarie, in attesa di tornare ad Altea per il secondo ritiro e da lì si comincerà a correre. Alle Canarie vado con altri compagni di squadra come, Martinelli e Riabushenko. Stare a casa è quello che vorremmo tutti, ma allenarsi con zero gradi è difficile e siccome è un lavoro, si cerca di ottimizzare il tempo al massimo.
Alessandro Fedeli compie oggi 26 anni. Avrebbe festeggiato correndo a Laigueglia, invece la sospensione (prevedibile) della Gazprom-RusVelo lo ha gelato
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Metti una sera con Maurizio Mazzoleni, preparatore della Astana Qazaqstan Team (in apertura, foto Sprint Cycling/Astana), ragionando sulla direzione del professionismo. Parlando dei giovani che arrivano spediti al professionismo e dei… vecchi costretti ad adeguarsi per stare al passo coi tempi.
Nei giorni scorsi, Cataldo ci ha parlato nelle ragioni – fatte di alimentazione e tecnologia – per cui in gruppo si va fortissimo. Pozzovivo ha raccontato che il continuo confronto con gli atleti più giovani lo ha costretto a migliorarsi per non perdere il passo.
Maurizio Mazzoleni è preparatore dell’Astana da 12 anni ed è testimone diretto dei cambiamenti del ciclismoMazzoleni è preparatore dell’Astana da 12 anni ed è testimone diretto dei cambiamenti del ciclismo
Sembra di vedere due mondi lontanissimi che convivono: la precocità dei giovani genera perplessità nei più esperti…
I ragazzi passano professionisti con delle qualità numeriche più alte rispetto a quello che succedeva una quindicina di anni fa. E’ facile pensare che il delta di miglioramento sia inferiore, ma essendo già ad alto livello potrebbe andare anche bene. Ci si chiede se possano tenere l’alto livello per più stagioni, ma nulla lo vieta. Se si lavora bene, magari è possibile. I corridori più esperti hanno questo dubbio. Vedono i ragazzi che arrivano veramente pronti e si interrogano sulla loro possibilità di crescita.
Si teme che siano troppo spremuti.
Esatto. Secondo loro sono più pressati dal punto di vista psicologico, facendo già questi risultati. La situazione dovrà essere analizzata caso per caso, ognuno avrà il suo percorso. Quando ci sono dei cambiamenti generazionali, anche a livello sociale, si fa sempre il confronto con la propria generazione. Però in realtà ogni generazione ha le sue prerogative. Oggi si è precoci in tanti ambiti, magari c’è da considerarlo anche nel ciclismo.
Il fatto di cominciare a lavorare in maniera più scientifica da juniores incide sulla fisiologia?
Sicuramente sì. Fra gli allievi, la parte della fisiologia deve essere un insegnamento. Da juniores diventa una competenza che l’atleta deve avere, perché il ciclismo è forse l’unico sport in cui l’allenatore non è presente quotidianamente sul campo d’allenamento, ma effettua il suo lavoro spesso in maniera differita. Quindi l’atleta deve acquisire queste capacità di allenamento già da junior. Con l’arrivo negli under 23, la cosa diventa sempre più specifica fino al passaggio al professionismo. In questi anni abbiamo tanti casi di juniores che passano in strutture professionistiche. Non è tutto male, non è tutto bene, a patto che le cose vengano fatte in una determinata maniera. A livello numerico e fisico sono pronti. Poi c’è tutto il resto, su cui bisogna lavorare e stare molto attenti.
Evenepoel ha iniziato a correre tardi ed era un fenomeno sin dagli juniores e non ha smesso di migliorareEvenepoel ha iniziato a correre tardi ed era un fenomeno sin dagli juniores e non ha smesso di migliorare
Attività giovanile: c’è chi lavora per appuntamenti, facendo corse a tappe e periodi di preparazione. E poi chi lavora all’italiana, correndo molto di più.
Lo schema più simile al professionismo è il primo, cioè quello di preparare l’appuntamento. L’altra tipologia comunque ha portato buonissimi risultati. Il tempo passa veloce e dimentichiamo che l’anno scorso abbiamo vinto il mondiale under 23 con Baroncinie Gazzoli è arrivato al quarto posto, per cui il nostro movimento c’è. La mancanza di un leader italiano nei grandi Giri genera spesso una visione negativa, però secondo me è solo questione di tempo. Perché i talenti prima devono nascere e poi vanno coltivati. Quindi, nella lotteria del nascere, dobbiamo attendere l’atleta giusto per i grandi Giri.
Parliamo di giovani. Come si gestisce ad esempio l’inserimento di Garofoli, che ha appena compiuto 20 anni, nel WorldTour?
Lui viene da due annate un po’ particolari. Il primo anno c’è stato il Covid e quindi ha corso poco fra gli U23. Quest’anno poi ha avuto la miocardite ed è stato tanti mesi fermo, fino al via libera dei medici. Infine ha fatto un buon finale di stagione. E’ un atleta maturo, uno di quelli che lavorava con metodo già da junior ed era un vincente. Quindi non è un pesce fuor d’acqua nel contesto professionistico. D’altro canto, il vantaggio delle development è che già quest’anno ha lavorato con lo stesso sistema, gli stessi materiali, le stesse persone e quindi sarà più facile da inserire. A parte il cambio di categoria, che però è relativo.
In che senso?
Potendo gestire noi i calendari, farà magari la prima gara WorldTour ad aprile. Le altre saranno del livello che ha già affrontato nella development. Quindi ha buoni valori di partenza e verrà accompagnato. Ci aspettiamo che continui nel suo processo di crescita. Ieri gli abbiamo consegnato i programmi per la prima parte di stagione e, nel presentarglieli, ho fatto due volte riferimento alla parola “crescita”. Ci teniamo che il giovane continui questo processo.
Nel 2022 Garofoli ha corso nella Astana Development e ora approda al WorldTour. Mazzoleni spiega il suo inserimentoNel 2022 Garofoli ha corso nella Astana Development e ora approda al WorldTour. Mazzoleni spiega il suo inserimento
Il processo di crescita prevede anche gare in cui possa fare risultato?
E’ il discorso che facevamo prima. Ci saranno anche gare di un livello leggermente inferiore, in cui avrà la libertà di provarci. Senza dimenticarci che la nazionale italiana, qualora lo ritenga opportuno, potrebbe anche convocarlo per gare internazionali, come l’Avenir o i mondiali. Quest’anno abbiamo vinto il mondiale under 23 con Fedorov ed è un aspetto importante per il percorso di crescita.
Per voi non è un problema? Guercilena ad esempio è contrario all’eventuale convocazione di Tiberi.
Sono cose che valutiamo col team. Se è un passaggio che ha senso nel processo di crescita, perché no? Se invece non collimasse con i programmi della squadra, si valuterà caso per caso. Però non abbiamo veti particolare.
Cataldo ha tracciato l’identikit del corridore moderno e ci è parso abbastanza al limite: secondo te si potrà crescere ancora?
I margini, come in tutti i settori, ci saranno sempre. E proprio quando si pensa di essere arrivati, in realtà non si è mai arrivati. Ci saranno sempre nuove frontiere nei materiali, nella preparazione, nella nutrizione, in tutto. Quindi penso che siamo arrivati a un altissimo livello rispetto agli anni precedenti, ma sicuro tra 10 anni ci ritroveremo a parlare di aspetti che adesso magari non stavamo considerando.
A Villafranca de Ordizia nel 2021, Sanchez (38 anni) batte Ayuso (18). Secondo Mazzoleni, gli atleti maturi possono stare al passoA Villafranca de Ordizia nel 2021, Sanchez (38 anni) batte Ayuso (18). Secondo Mazzoleni, gli atleti maturi possono stare al passo
Tanti ragazzi… anziani raccontano di essersi dovuti adattare alle nuove metodiche.
Quelli con più anni che sono rimasti nel ciclismo hanno fatto questo cambio di passo. Abbiamo avuto Cataldo qui in Astana e lavorava già con il nutrizionista, con il calcolo calorico e tutto il resto. Idem per Luis León Sanchez, non è che stiano facendo un ciclismo di vecchia data. Si sono veramente adattati e riescono ad avere performance veramente buone in anni in cui prima non si pensava si potessero ottenere. Frutto di talento, ma anche dell’essere stati al passo con le novità. Sono stati bravi ad adattare il loro talento al passare degli anni, con l’utilizzo di nuove tecnologie. Controllando ad esempio le ore di sonno, la variabilità cardiaca durante la notte, dosare l’allenamento successivo in base al riposo che hanno fatto. Magari prima era una sensazione: ho dormito male, quindi mi alleno di meno. Adesso ci sono dei dati e questi atleti sono stati capaci di utilizzarli per migliorarsi e quindi arrivare anche ad età avanzata.
Quanto deve essere presente un corridore a se stesso per tenere d’occhio questi aspetti?
A livello professionistico è tutto un po’ più semplice – spiega Mazzoleni – perché per ogni settore abbiamo a disposizione l’allenatore e il nutrizionista accanto al corridore. Non è così difficile, ma resta il fatto che correre è un’attività lavorativa quotidiana, che non si ferma al semplice allenamento. Adesso veramente ci sono tanti minuti dalla giornata, che poi sommati diventano ore, che gli atleti devono dedicare a questi aspetti. E’ stato un cambio di passo inevitabile.
Dumoulin ha smesso, è ritornato e poi ha smesso ancora, parlando di fatica nel sopportare la vita da pro’Dumoulin ha smesso, è ritornato e poi ha smesso ancora, parlando di fatica nel sopportare la vita da pro’
C’è rischio che tutto questo diventi stress?
Se viene fatta nel modo errato, si. Io faccio sempre riferimento alla passione, soprattutto coi più giovani. Il ciclismo è passione, perché è uno sport di fatica e senza la passione è difficile che un ragazzo lo scelga. Se la fiamma resta accesa, non ci sono problemi. Senza passione, davanti a tante incombenze, l’atleta può avere un’involuzione. In effetti è capitato che per alcuni sia diventato tutto troppo pesante. E si leggono anche interviste in cui si usano queste espressioni. Ma se viene tutto alimentato dalla passione, passa tutto in secondo piano.
Le interviste con Giuseppe Martinelli non sono mai banali. "Martino" parla senza mezzi termini. Si aspetta molto da Lopez, tornato in Astana dopo una stagione
Battistella ha ancora i capelli biondi. Aveva deciso di tornare al suo colore naturale, ma la nonna gli ha detto che stava bene e per non contraddirla, li ha mantenuti. Se i punti derivanti dai piazzamenti in gara fanno in qualche modo testo, la sua progressione rispetto al 2021 è stata netta, anche se è mancata la vittoria. Nella stagione di rincorsa, fatta anche del ritorno a casa a poche ore dall’inizio del Tour per un tampone positivo, non sono mancate le occasioni per vincere e forse quella che più brucia è il terzo posto al campionato italiano. I podi in tutto sono stati quattro, le cose buone fatte vedere nelle gare WorldTour restano. E la convocazione per i mondiali è stata una bella ciliegina sulla torta.
Terzo nella volata che valeva il tricolore: questo forse il rammarico maggiore del 2022 di BattistellaTerzo nella volata che valeva il tricolore: questo forse il rammarico maggiore del 2022 di Battistella
Perciò avendolo incontrato nel ritiro di Altea della Astana Qazaqstan Team, la sua voglia di prendersi gli arretrati fa pensare a un 2023 di altissimo livello, che lo vedrà tornare a marzo sulle strade italiane per poi puntare forte sulle Ardenne.
«Sì, penso che nel 2023 se tutto va come deve andare e senza incidenti o Covid – dice – vincere è il mio obiettivo. Anche le gare che non ho vinto quest’anno. Io sono fatto così. Sto cercando di limare tutto quello che posso proprio per iniziare a vincere. Per me e per la squadra. La Astana mi dà fiducia e la fiducia diventa una responsabilità che voglio onorare».
I criterium in Oriente sono stati le vacanze di Battistella (con la mascherina), qui con Antonio Nibali
Che cosa significa limare?
Quest’anno sto lavorando molto di più sull’alimentazione, in allenamento e in gara. L’obiettivo è arrivare a un peso minimo, sempre però avendo forza. Rispetto all’anno scorso mi sono presentato al primo ritiro con lo stesso peso che avevo a gennaio. Sto cercando di fare le cose con calma, non voglio essere magro e svuotato, insomma. Poi sto cambiando qualcosa anche negli allenamenti, per cercare di arrivare alle classiche e alle gare più lunghe con una base migliore.
Come si fa?
Lavoro a intensità diverse e faccio anche più volume, più distanza. Sto cercando di abituarmi al tipo di corse in cui voglio far bene. Abbiamo incrementato i carichi rispetto allo scorso anno, perché nel frattempo è passato un anno e il corpo è cresciuto. Ho fatto un altro grande Giro che sicuramente mi ha fatto maturare ulteriormente.
Si nota la differenza?
Personalmente, dal primo Giro d’Italia ho sentita. E anche dopo la Vuelta, quest’anno, l’ho sentito ulteriormente. Ovviamente si arriverà un limite, non è che andrà avanti sempre così, però sicuramente per gli atleti giovani fare un grande Giro di anno in anno ti aiuta a crescere.
Dopo il Giro 2021, nel 2022 Battistella ha provato la Vuelta. Prosegue il processo di crescitaDopo il Giro 2021, nel 2022 Battistella ha provato la Vuelta. Prosegue il processo di crescita
Punterai forte sulla primavera?
Il mio programma è incentrato sulle Ardenne. Partirò abbastanza presto, con la Valenciana e poi la Ruta del Sol. Quest’anno invece della Parigi-Nizza, farò Strade Bianche, Tirreno e Milano-Sanremo. E poi ci sarà ovviamente la preparazione alle classiche e al Tour. L’anno scorso non sono riuscito a farlo, quindi ci riproviamo. La cosa vantaggiosa è che dopo il Tour, due settimane dopo, ci saranno i mondiali. Quindi nell’eventualità di essere convocato, avrò la forma del Tour.
Wollongong è stato il ritorno ai mondiali dopo quello vinto nel 2019 da U23: che esperienza è stata?
Bella. Un po’ difficile perché siamo andati là dieci giorni prima, quindi si è trattato di tenere la grinta alta per tanto tempo, allenarsi e fare tutte le cose nel modo giusto. Però penso che abbiamo dimostrato di esserci riusciti. Siamo partiti come la nazionale più sfigata, passatemi il termine, e alla fine abbiamo quasi fatto medaglia con Rota e preso il quinto posto con Trentin. Abbiamo corso bene.
Secondo Elisa Balsamo il percorso è stato sottovalutato, sei d’accordo?
Sicuramente era selettivo. Siamo partiti a tutta perché la Francia ha fatto forte la prima salita e quella era l’incognita della gara. E’ stata tirata fin dall’inizio, quindi alla fine è diventato un percorso a esclusione. Anche perché erano 270 chilometri e quello strappo giro dopo giro ha tagliato le gambe.
Battistella ai mondiali di Wollongong, tre anni dopo averli vinti da U23: una buona provaBattistella ai mondiali di Wollongong, tre anni dopo averli vinti da U23: una buona prova
Non c’è più Lopez, come si fa senza un leader per i Giri?
Può essere sì un lato negativo, ma cerchiamo di trovare anche il positivo. Ad esempio quando sono andato al Giro e anche alla Vuelta, si andava a caccia di tappe, ma avevo sempre il pensiero del leader dietro, quindi si correva sempre un po’ al risparmio. Adesso magari non è un bene non avere nessuno per la classifica, però saremo più liberi di fare le nostre tappe.
Ti hanno mai proposto di pensare alla classifica di un Giro?
Nelle gare di tre settimane, ho visto che non sono in grado di tenere duro. Può essere che se miglioro ancora un po’ in salita ci si possa fare un pensiero. Ma al momento si tratterebbe di perdere troppo peso per stare al passo con gli scalatori e non so francamente se ne valga la pena.
Sei tra i giovani italiani attesi a un segnale, cosa ti senti di dire?
Sicuramente le critiche vengono perché non ci sono risultati, però alla fine non siamo macchine. La stagione è lunga e difficile e possono capitare tante cose. Non è matematica e se anche un corridore ha valori buoni, può capitare che non faccia risultato. Moscon è stato l’esempio più evidente. A dicembre stava bene, poi ha avuto quel batterio nel sangue che l’ha messo fuori tutta la stagione. Io ho avuto delle brutte cadute e il Covid prima degli appuntamenti importanti. Al Tour c’ero arrivato davvero bene. Però se tutto va come deve andare, secondo me l’anno prossimo daremo una bella inversione.
Prima del via del mondiale, Battistella accanto a Trentin. Davanti c’è ConciTrentin e Battistella, prima del via del mondiale di Wollongong
Come si vive il rapporto col Covid?
Siamo molto meno in ansia rispetto al 2020 e al 2021. La verità è che ci si può fare poco. In due anni sono sempre stato attento. Anche prima del Tour, mi sono praticamente rinchiuso. Non dico che sia destino a prenderlo, ma prima o poi tocca a tutti. Quindi lo stiamo vivendo con più fatalismo. Ovviamente si sta attenti, si evitano posti dove c’è tanta gente. Però ad esempio i viaggi sono la cosa più pericolosa, perché in aeroporto non si sa mai. Penso che indossando le mascherine, si possa essere tutelati. E tutti noi lo facciamo negli aeroporti e nei luoghi pubblici.
Hai aiutato tuo padre in azienda quest’anno?
Ho lavorato quando è finita la stagione, perché mio papà non riusciva a trovare operai e aveva del lavoro da smaltire (l’azienda di famiglia produce macchine per stirare, ndr). Quindi il mio è stato un periodo di riposo per metà lavorativo. Non ho fatto vacanze, sono rimasto a casa. Ho fatto il Criterium di Singapore e Tokyo, prendendoli come vacanza. Poi, tornando da Tokyo, mi sono fermato quattro giorni a Dubai con la fidanzata che era lì per lavoro quindi ci siamo incrociati. In totale saranno stati 20 giorni di stacco. E poi per il resto sono sempre andato in bici. Ci tengo davvero a fare un grande 2023.
Dice Martinelli che la Bernocchi è stata la prima corsa del 2022 in cui ti sei sentito Gianni Moscon. Il trentino alza lo sguardo e dentro ci vedi il barlume di un sorriso. Uno così fai fatica a vederlo prostrato, piuttosto si indurisce. Lo abbiamo vissuto abbastanza per ricordarne le reazioni in altri momenti. Eppure il Moscon dell’ultima stagione era arreso, sulla bici e anche fuori, alle prese con un malanno per cui non si trovava la cura. Dall’inizio dell’anno, un crollo dietro l’altro. Fermo dal Fiandre al Giro di Svizzera. Ritirato dal Tour a Losanna e proprio quel giorno venne la decisione di fermarlo due mesi per andare finalmente al fondo del problema.
«La Bernocchi era il 3 ottobre – annuisce – è stata forse la prima gara dove ho avuto sensazioni normali. Ho ripreso a pedalare a inizio settembre e sono arrivato alle prime corse con quindici giorni di allenamento da zero. Perché dopo il Tour avevo iniziato anche a fare qualcosa, ma i medici mi hanno imposto di fermarmi assolutamente».
La Strade Bianche poteva essere un bel passaggio per Moscon, ma si è ritirato: tanta fatica, poca resaLa Strade Bianche poteva essere un bel passaggio per Moscon, ma si è ritirato: tanta fatica, poca resa
Piegato in due
Un mese e mezzo senza bici. E quando ha ripreso, finalmente ha sentito che il fisico rispondeva. Fatica e recupero: quello che per tutti è normale, per lui era diventato un incubo e per la squadra un bel rompicapo.
«Prima non riuscivo neanche andare a tutta – dice Moscon, giocando con le parole – perché ero sempre a tutta. Intendo che ci mettevo anche l’anima, ma il fisico non rendeva. Non arrivavo ad esprimere il massimo, quindi non riuscivo ad allenarmi perché ero sempre più stanco. Ho avuto un’infezione batterica nel sangue da curare inizialmente col riposo. Ero a casa, ma è stato un incubo, perché non se ne veniva a capo. Avevo un mal di schiena tremendo, proprio nella zona lombare. Ero piegato in due perché quando non stai bene, sforzi la schiena e la prima cosa che parte è il nervo sciatico. Avevo appuntamenti e visite quasi tutti i giorni, da Padova fino a Monaco. Finché a forza di girare, ho trovato una direzione».
Parigi-Roubaix 2021, Gianni Moscon in versione guerriero: solo due cadute gli impedirono di vincereParigi-Roubaix 2021, Gianni Moscon in versione guerriero: solo due cadute gli impedirono di vincere
Antibiotici e via
Individuato il problema, s’è trovata la cura ed è stato possibile tracciare un cammino di rientro. Solo che la causa di quella debolezza è saltata fuori dopo quasi tre settimane.
«Trovata l’infezione – prosegue Moscon – è stato definito il protocollo terapeutico. Così finalmente ho avuto una strada da seguire e ho cominciato. Antibiotici e via. Ho trovato la mia routine, ero sempre operativo a casa. Ne ho approfittato per sistemare tutte le cose che poi, riprendendo ad allenarmi, non avrei potuto seguire. Avevo già previsto che avendo perso tutto quel tempo d’estate, il mio fine stagione non sarebbe stato tanto lungo. In questo ciclismo non ti puoi permettere di staccare un attimo, figurarsi un mese e mezzo d’estate. Al Langkawi sono andato perché era utile alla causa, quindi l’ho affrontato col morale giusto ed è servito».
Moscon correrà per la maggior parte della stagione con la Wilier FilanteMoscon correrà per la maggior parte della stagione con la Wilier Filante
Il sangue pulito
Il via libera è arrivato alla fine di settembre con le ultime analisi del sangue, vissute con una certa apprensione.
«Finalmente il sangue era pulito – sorride Moscon – non c’erano più parassiti. C’era ancora qualcosina, ma potevo nuovamente allenarmi in maniera blanda e seguendo le sensazioni. Ho capito che era inutile seguire una tabella, se non sai neanche come stai. E allenandomi così, sono arrivato alle corse anche discretamente. Il Covid aveva causato un’immunodepressione e si sono sviluppati dei batteri. I medici mi hanno detto che il virus e il vaccino possono avere effetti diversi. Magari non ti fanno niente oppure puoi avere un’immunodepressione. Magari nella vita di tutti i giorni, se devi andare in ufficio, accusi un po’ di stanchezza e ci passi sopra. Pensate invece a farci un Tour de France! Un altro effetto del Covid invece sono le malattie autoimmuni, ma con una di quelle sarebbero stati dolori…».
In allenamento con Basso, compagno di lavoro dal 2018 quando arrivò al Team Sky. Dietro, Garofoli (foto Sprint Cycling/Astana)In allenamento con Basso, compagno di lavoro dal 2018 quando arrivò al Team Sky (foto Sprint Cycling/Astana)
Il tempo perduto
Così ora si va alla ricerca del Gianni perduto, di quel corridore vincente al Tour fo the Alps, poi lanciato verso la vittoria della Roubaix 2021 (ma fermato da due cadute: arrivò quarto), infine sparito dai radar.
«Il miglior Gianni che ho visto negli ultimi tempi – dice – è stato quello della prima parte del 2021, fino al Giro. Determinato e vincente. Mi sentivo bene, ero solido e con una gran condizione. Anche l’anno scorso ero sulla buona strada, a dicembre qui in ritiro stavo bene. Poi ho preso il Covid a gennaio ed è cominciato tutto. Faticavo a rispondere perché non sapevo cosa dire e perché c’era delusione per me stesso e anche per l’Astana che mi aveva dato fiducia. Non è stato facile, però so che posso solo migliorare. Ho questo in testa. Se il fisico mi asseconda, prima o poi la condizione si trova. E quando hai la condizione, si creano le opportunità».
Simone Velasco vince la 3ª tappa della Valenciana. Fuga di 119 chilometri e volata vincente. La dedica (toccante) è per Umberto Inselvini e per sua figlia
Il licenziamento di Lopez è una tegola che ha scosso parecchio l’ambiente Astana. Il colombiano è stato mandato via dopo la scoperta di nuovi elementi che mostrerebbero il suo probabile legame con Marcos Maynar, medico sul quale gravano sospetti di doping. Nel bellissimo hotel con parco e piscina da cui si vede il mare, se ne continua a parlare sia pure ormai con la stessa battuta sommessa: proprio non ci voleva. Di colpo, la squadra che ha vinto grandi Giri con Contador, Nibali e Aru, che ha lottato con Landa, Lutsenko e Fuglsang, si ritrova senza un leader per le corse a tappe. Pensare a Giuseppe Martinelli senza un uomo di classifica dopo tanti anni di carriera, sembra quasi innaturale.
«Effettivamente penso che sia abbastanza strano – dice Martinelli, in apertura fra Zanini e Maini – però mi dovrò abituare. Dovrò cambiare un po’ mentalità, andrò meno alle corse. Anche perché con il tempo che passa, arrivano persone e mentalità nuove, per cui è giusto lasciare spazio».
Lopez è stato licenziato per la probabile frequentazione con il dottor Marcos Maynar: Martinelli parla di tradimentoLopez è stato licenziato, Martinelli parla di tradimento
Quando succede una cosa come questa di Lopez quali sono i motivi per cui si rimane male?
Sembrerà strano, ma come prima cosa rimani male per il modo in cui ti arrivano le informazioni, che sono troppe e vengono prima che tu, che sei direttamente coinvolto, sappia qualcosa. E’ una cosa che non esiste, purtroppo però il mondo è questo. Del discorso di Lopez, non ho problemi a dirlo, l’unica persona che sa che cosa sia veramente successo è Lopez e nessun altro. Tutto il resto lo abbiamo scoperto passaggio per passaggio, momento per momento. Non puoi aggiungere nulla, perché altri hanno già aggiunto tutto. Il giorno in cui è successo tutto, dei miei amici mi hanno mandato giornali spagnoli, francesi, inglesi, tedeschi e Lopez era partito solo da un’ora.
Come si resta?
Ti va il morale sotto i piedi. Nonostante io ne abbia passate di cotte di crude, perché in questo mondo ci sono da troppi anni, fa sempre male perché vuol dire che la gente non ha ancora capito. E ce ne sono ancora purtroppo. E quando tu pensi che sia l’ultimo, invece, ce ne è sempre un altro.
Lui sarebbe stato una pedina importante per questa squadra.
Veniva dalla stagione 2021 con la Movistar che non era andata come doveva. E’ ritornato qua e l’abbiamo accolto a braccia aperte, convinti di riuscire ancora a tirar fuori qualcosa. Siamo stati traditi, la realtà è questa.
I primi giorni del ritiro sono serviti per la consegna dei materiali. Qui gli occhiali SciConI primi giorni del ritiro sono serviti per la consegna dei materiali. Qui gli occhiali SciCon
Hai parlato di nuovo che avanza, cosa salviamo di quel che c’era prima?
Il mondo va avanti, ma non è che i miei pensieri siano distorti da quelli dei giovani. Però si cerca di far collimare sempre queste due anime. Ho la fortuna di essere qua da tanti anni, di conoscere bene il mio ambiente e perciò mi rispettano per quello che sono. Insomma, finché si può, si sta qua.
Si può pensare di iniziare un nuovo ciclo dai giovani? Da Garofoli, per fare un nome…
Secondo il mio punto di vista – precisa Martinelli – non tutti sono Pogacar o Remco. Garofoli arriva da due stagioni un po’ strane. Prima il Covid, poi il problema del cuore. Speriamo che tutto sia in ordine e poi giorno per giorno si cercherà di creare veramente qualcosa. E’ presto per dire se sia un corridore da classiche o da Giri, anche perché corse a tappe vere non le ha mai fatte. Diciamo che secondo me ha una bella testa, ma il ciclismo è veramente cambiato. C’è battaglia dal chilometro zero all’arrivo. C’è gente che va in fuga con la maglia gialla. In certi momenti mi meraviglio che mi meraviglio ancora. Però sono cose che ti fanno pensare. I corridori sono molto più forti, c’è più specializzazione c’è più ricerca…
Non è sempre stato così?
La ricerca del risultato migliore c’è sempre stata, così come le rivalità. Però ognuno aveva il suo orticello da curare. Chi preparava la grande corsa a tappe, del resto si interessava poco. Se adesso vai a fare una corsa, vedi che Vingegaard prepara il Tour, ma intanto vince i Paesi Baschi. O Van Aert che va a fare le classiche, poi ti vince le tappe al Tour come se niente fosse.
Meccanici al lavoro: Tosello e Possoni alle prese con una catena da cambiareMeccanici al lavoro: Tosello e Possoni alle prese con una catena da cambiare
Fare le squadre è più difficile?
Ne parlavo poco fa con un nostro sponsor e mi chiedeva quali sono le squadre più forti nel panorama mondiale. Alcune hanno prima di tutto il budget per prendere il miglior corridore, il miglior preparatore, il miglior tecnico, il migliore in ogni settore. Ci sono squadre invece che partono magari dai giovani e cercano di tirar fuori qualcosa di importante, che è quello che mi è sempre piaciuto fare. E magari prendono anche un preparatore giovane, lo costruiscono e lo fanno diventare più bravo. Però naturalmente, quando ti scontri con quelle realtà e sei più piccolo, devi cercare di tirar fuori il massimo da quello che hai. E’ un po’ questa la scommessa che forse ci apprestiamo a fare noi dell’Astana. Abbiamo una squadra sicuramente non fra le prime e non voglio dire che saremo in difesa, ma cercheremo veramente di vedere se siamo capaci di tirar fuori il massimo da ognuno.
Una sorta di tutti per uno e uno per tutti?
Ci sono corridori che secondo me erano abituati a fare un determinato lavoro per gli altri e poi a tirare i remi in barca. La sera si brindava perché aveva vinto Vincenzo oppure un altro e andava bene. Adesso vediamo se sono capaci veramente di tirar fuori loro qualcosa di buono. Anche poter dire semplicemente di essere andati in fuga, aver cercato di fare il massimo, centrare un piazzamento… Questo è la scommessa che abbiamo davanti.
Si parla più di un lavoro psicologico che atletico, in questo senso…
E’ un mix, ma sicuramente conta più la testa che le gambe, perché devi veramente creare qualcosa per te stesso. Magari qualcuno ha perso questa attitudine e qualcuno non l’ha mai neanche avuta. Magari un altro è nato gregario. Adesso invece hanno la possibilità di tirar fuori qualcosa per se stessi. Dico la verità, non credo che sarà facile. Non abbiamo la bacchetta magica, però magari scopriamo che qualcosa si può fare.
Racconta Martinelli che la Bernocchi, chiusa al 12° posto, è stato il segnale del ritorno di MosconRacconta Martinelli che la Bernocchi, chiusa al 12° posto, è stato il segnale del ritorno di Moscon
Secondo te, al netto dei problemi di salute che ha avuto, Moscon rientra in questa casistica?
Lo abbiamo preso per quello. La prima cosa che gli abbiamo detto quando è arrivato è che in qualunque corsa lui possa andare, avrà carta bianca. Anzi, qualche volta correremo anche per lui. E’ quello che gli è sempre mancato. Peccato che siamo andati incontro a una stagione sfortunatissima.
Adesso come sta?
Motivato, com’era pure lo scorso dicembre. A gennaio invece era uno straccio e si è tirato dietro così fino a ottobre. La prima vera giornata in cui è sceso di bicicletta e mi ha detto di aver avuto buone sensazioni è stata alla Bernocchi, che era il 3 ottobre. E così lo abbiamo convinto ad andare in Malesia, dicendo che saremmo ripartiti da lì per arrivare qui a ricominciare per bene. Ci sono stati momenti in cui non ti rispondeva neanche ai messaggi, perché non sapeva cosa dire. Ed era anche difficile digli qualcosa per tirarlo su…
Hai parlato dei tanti ruoli nelle squadre: il direttore sportivo può ancora fare la differenza?
Sicuramente meno. Ovviamente non voglio dire che mi trovo con le mani legate, però adesso prima di fare una cosa, ti devi confrontare con tantissime persone. E tutte le volte che tu ti confronti con una persona, ti fa cambiare idea oppure sposi un po’ la sua. Una volta andavo a dormire, mi alzavo la mattina con la strategia che avevo studiato prima di andare a letto. Andavo dai corridori e gli spiegavo come avremo corso. Invece adesso ti confronti con troppe persone e alla fine molte volte ti tolgono un po’ di quello che avevi pensato. E’ capitato anche che me l’abbiano girata completamente al contrario. Perché ti dicono che quel corridore non sta tanto bene, che non conviene fare una certa cosa… E a un certo punto ti chiedi: e adesso cosa faccio?
Tour de France 2017, Martinelli e Shefer, due diesse del team, assieme al preparatore Mazzoleni (a sinistra)Tour de France 2017, Martinelli e Shefer, due diesse del team, assieme al preparatore Mazzoleni (a sinistra)
Cosa succede se fai come prima e imponi la tua idea?
Io dico che in mezzo a tanti, forse sono ancora l’unico che viene giù ed ha ancora quell’idea. Il problema però è che molte volte ti trovi davanti il corridore che ha parlato con gli altri e quando nella riunione li guardi in faccia, sono perplessi o poco convinti. Prima li portavi dove volevi, perché la sera andavo in camera, parlavo col corridore e al massimo passava il dottore per chiedergli se avesse bisogno di qualcosa per dormire.
Adesso no?
Adesso appena arrivi in hotel, c’è già l’analisi della corsa. Quanto hai speso, quanto non hai speso. Cosa devi mangiare, cosa non devi mangiare. Passa il dottore e ti porta quello che devi bere perché hai consumato un tot. Serve tutto per migliorare, anche se troppe cose nella testa ti confondono. Secondo il mio punto di vista, quello che il corridore soffre adesso è proprio questa pressione. Il fatto di avere sempre qualcuno che ti dice qualcosa e di tuo ti rimane poco.
Luciano Pezzi, nel presentare la Mercatone Uno del 1997, disse che Pantani ne sarebbe stato il leader, ma il capitano sarebbe stato Martinelli. Non è più possibile?
Questo dipende molto dalla squadra e da quello che sei riuscito a creare. Oppure da quello che gli altri hanno creato intorno a te. Adesso la squadra è fatta di tante componenti, mentre prima c’erano solo l’atleta e il direttore sportivo. L’esempio è quello che succederà domattina…
Due risate tra Felline e il massaggiatore Saturni al rientro dall’allenamentoDue risate tra Felline e il massaggiatore Saturni al rientro dall’allenamento
Che cosa?
Se venite qui domattina, vedrete che sul programma c’è scritto per filo e per segno tutto quello che il ragazzo dovrà fare. Invece quando io consegnavo i fogliettini c’era scritto: sveglia, colazione, allenamento. Il direttore sportivo era proprio il faro, adesso è un componente del team.
Seguirai davvero meno del solito?
Andrò sicuramente meno. Il mio lavoro in questa squadra è diventato un po’ di contorno. Cerco di fare un po’ più la logistica. Certo, quando salgo sull’ammiraglia, sono nel mio regno. Ritrovo il mio modo di fare, il mio modo di agire. Sono ancora un po’ autoritario. Però ci sono tante altre persone che lavorano per me. Non sono io il più bravo, ce ne sono altri molto più bravi. E’ giusto che abbiano il loro spazio.
Il tempo di smaltire la delusione per il 2° posto e ci siamo resi conto che Battistella aveva già fatto una volata come quella di ieri. Ai mondiali del 2019
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