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Van der Poel, la mountain bike può attendere

28.04.2023
4 min
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Forse la parte più difficile sarà riconoscere che per ottenere i migliori risultati su strada ci sarà da accantonare, magari non definitivamente, tutto il resto. Non a caso la fantastica primavera di Mathieu Van der Poel è arrivata proprio nell’anno in cui l’olandese ha ridotto l’intensità dell’impegno nel cross. Adesso l’osso da lasciar andare è la mountain bike.

Il programma, annunciato da Mathieu dopo la vittoria della Sanremo, prevedeva infatti la partecipazione a due prove di Coppa del mondo: quella di Valkenburg e poi di Nove Mesto. Ma quando la data olandese è stata (inspiegabilmente) esclusa dal calendario della challenge UCI, la Alpecin-Deceuninck e lo stesso Van der Poel hanno ritenuto che non valesse la pena procedere con il progetto, avendo in palio soltanto la prova della Repubblica Ceca. Per cui, sebbene la rivincita olimpica a Parigi 2024 resti al centro dei suoi pensieri, si inizierà a riparlarne più avanti.

Tutti ricorderanno la brutta caduta alle ultime OIimpiadi, quando Van der Poel non tenne a mente che una passerella presente in prova fosse stata rimossa nel giorno della gara. Cadendo quel giorno, oltre a perdere la gara, ebbero inizio a tutti i problemi della sua schiena.

La caduta di Tokyo è costata cara a Van der Poel: il risultato immediato e il mal di schiena dei mesi successivi
La caduta di Tokyo è costata cara a Van der Poel: il risultato immediato e il mal di schiena dei mesi successivi

Caccia ai punti

«Sia noi che Mathieu – ha dichiarato in un comunicato Christoph Roodhooft, direttore sportivo della Alpecin – abbiamo pensato che non fosse opportuno cambiare tutto per una sola gara. Preferiamo lasciare che Mathieu si prepari adeguatamente per il Tour e i mondiali: i suoi più grandi obiettivi della prossima estate. Ma l’ambizione di arrivare ai Giochi è ancora lì».

L’accordo di saltare la Coppa del mondo di Nove Mesto è venuta anche dopo la valutazione del tecnico arancione della mountain bike, Gerben de Knegt. Nonostante il cammino di qualificazione di Van der Poel per le Olimpiadi sia tutto fuorché esente da rischi.

L’Olanda attualmente occupa il 30° posto nel ranking olimpico, che viene calcolato sulla base dei punti dei tre migliori corridori. I Paesi classificati fra la prima e l’ottava posizione hanno diritto a due atleti olimpici; quelli da nove a 19 possono schierarne uno solo. Per fare i punti necessari alla qualificazione, l’Olanda si stanno appoggiando allo specialista David Nordemann e Milan Vader della Jumbo Visma. I due si sono impegnati e si impegneranno ancora nella qualificazione e ovviamente l’arrivo di Van der Poel all’ultimo momento potrebbe essere utile e insieme provocare malcontento.

Van der Poel ha dovuto ridurre il suo programma MTB, saltando due prove di Coppa del mondo (foto Instagram)
Van der Poel ha dovuto ridurre il suo programma MTB, saltando due prove di Coppa del mondo (foto Instagram)

Due mondiali in 6 giorni

Per questo si stima che per Mathieu la strada più breve e sicura verso Parigi 2024 sia il campionato mondiale di mountain bike. Nel gigantesco carosello dei prossimi mondiali scozzesi, la gara maschile di cross country si disputerà il 12 agosto. Se Van der Poel si piazzasse primo o secondo, strapperebbe la qualificazione olimpica. E’ indubbio che Mathieu sia in grado di farlo, il guaio per lui è che sei giorni prima ci siano in programma i mondiali su strada, che per l’olandese sono un obiettivo altrettanto importante su un percorso che gli si addice come un guanto. E’ possibile rendere al meglio su due bici diverse e in due discipline che richiedono preparazioni differenti, con così poco tempo per adattarsi? Alla Alpecin-Decenunick aspettano di sapere se davvero Van der Poel voglia tentare il doppio assalto. Dal loro punto di vista, corsi il Tour e il mondiale su strada, il grosso dell’estate sarebbe al sicuro e Mathieu potrebbe… divertirsi come meglio crede.

In azione ai mondiali MTB del 2022, Pidcock è il campione olimpico in gara (foto Instagram)
In azione ai mondiali MTB del 2022, Pidcock è il campione olimpico in gara (foto Instagram)

La scelta di Pidcock

Al contrario, la primavera di Tom Pidcock non è ancora finita. Dopo il secondo posto alla Liegi-Bastogne-Liegi, il britannico della Ineos Grenadiers ha scelto di iniziare con la mountain bike già dal prossimo fine settimana in Francia.

Nello specifico, venerdì e domenica Pidcock correrà in Coppa di Francia a Gueret: prima in una gara di short track e poi nel cross country. Domenica 7 maggio invece, il campione olimpico ed europeo in carica si sposterà in Svizzera, a Coira. Almeno da quanto si è saputo attraverso il comunicato della Ineos di martedì scorso.

Entrambe le gare sono classificate Hors Categorie, per cui Pidcock potrebbe raccogliere subito parecchi punti e trovare la condizione per partecipare alla Coppa del mondo di Nove Mesto del 12-14 maggio, dove lo scorso anno vinse nel cross country. Come Pidcock, farà Pauline Ferrand Prevot, anch’essa in forza alla Ineos Grenadiers. 

La sensazione è che Pidcock in questo momento goda di maggiore libertà rispetto a Van der Poel nell’organizzarsi la rincorsa olimpica, che presto potrebbe interessare anche Peter Sagan. L’olandese pertanto è in procinto di ripartire con la preparazione verso l’estate. E’ diventato testimonial di Lamborghini ad Anversa, da cui ha ricevuto una Urus S (Suv da 300 mila euro, foto in apertura) e ha messo nel mirino il Giro di Svizzera. Conoscendolo, nessuno si sente tuttavia di escludere che a Glasgow giocherà la doppia carta.

Groves, la freccia Alpecin puntata sul Giro

19.04.2023
5 min
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L’Alpecin non è solo Van der Poel. Trascinata dai successi classici dell’olandese, la squadra appena entrata nel WorldTour sta scalando rapidamente le gerarchie, anzi è già considerata uno dei capisaldi del movimento e a questo ha contribuito anche Kaden Groves. Australiano di 24 anni, su di lui erano cadute le attenzioni dei dirigenti del team quando era ormai certa la partenza di Tim Merlier, il velocista di punta del team.

Groves ha risposto presente, sfruttando Tour Down Under e Parigi-Nizza per prendere le misure con il nuovo treno e poi scatenandosi, con due vittorie alla Vuelta a Catalunya e il successo nella Volta Limburg Classic. Ancora poco conosciuto alle grandi folle, Groves chiarisce subito qual è stata la vittoria che gli ha fatto fare il salto di qualità e prendere in mano le redini della squadra.

«Probabilmente la prima che ho ottenuto, in Catalogna – dice – proprio perché era la prima con la nuova maglia. A dir la verità ho avuto un inizio di stagione difficile, non avevo ancora vinto e sapevo che dovevo rompere il ghiaccio, poi sarebbe stato tutto più semplice. Per questo a quella vittoria tengo molto».

La vittoria nella quarta tappa della Volta a Catalunya ha dato una svolta alla sua stagione
La vittoria nella quarta tappa della Volta a Catalunya ha dato una svolta alla sua stagione
Quali differenze hai trovato passando dal Team Jayco alla Alpecin?

Qualcosa è cambiato. E’ una squadra belga con un roster più internazionale della Jayco, dove c’è una maggioranza di ragazzi australiani, quindi è stata ovviamente la scelta più ovvia per alcuni anni. Era però arrivato il momento di cambiare, di cercare altre strade per affermarmi. Mi sono sistemato molto bene, mi hanno messo subito a mio agio e ho trovato la mia dimensione qui.

Hai preso il posto di uno sprinter puro come Merlier: ti ritieni anche tu un velocista o pensi di poter emergere anche in altre situazioni di corsa?

Certamente mi identifico come un velocista. Voglio dire, ho vinto un certo numero di sprint in passato, anche se penso di aver comunque dimostrato di avere la capacità di sopravvivere a giorni più difficili e forse in futuro essere bravo anche in alcune classiche. Diciamo che mi sento ancora un cantiere aperto…

Quanto influiscono nel vostro team i successi di Mathieu Van Der Poel?

Molto perché solleva lo spirito di squadra, forse togliendo un po’ di pressione a noi altri ragazzi. Ma voglio dire, personalmente, mi sto solo concentrando sulle gare a cui partecipo. Un effetto però c’è, per molti versi i suoi trionfi ci danno la carica e siamo portati a immergerci in questo feeling, a sentire le sue vittorie come nostre anche se magari in quella gara neanche c’eravamo. E questo comporta anche un certo spirito di emulazione che ci porta a dare sempre tutto per vincere. Quindi penso che faccia una differenza enorme, specialmente la stagione che sta vivendo Mathieu con due classiche Monumento già in carniere.

Con Philipsen, Groves costituisce una delle coppie di velocisti più forti del WorldTour
Groves è passato all’Alpecin dopo quattro anni al Team Jayco, formazione di casa
Tu sei stato 4 anni nel Team Jayco, della tua nazione: quanto è importante per il ciclismo australiano avere un proprio team nel WorldTour?

Penso che sia molto importante perché quella squadra è un obiettivo anche per i giovani australiani. La situazione da noi, ciclisticamente parlando, non è così rosea. Non c’è nemmeno una squadra negli under 23, quindi non è facile per i corridori diventare professionisti. Devono trovare i propri trampolini di lancio, sia attraverso l’Asia che l’Europa. Sapere di avere questo approdo è importantissimo, dà spinta a tutto il movimento.

Quanto è stata importante la vittoria alla Vuelta dello scorso anno?

Penso che probabilmente sulla carta sia il mio più grande risultato, soprattutto essendo stato il mio primo grande Giro. Ovviamente ora voglio vincere tappe in tutti e tre le massime corse. Quindi è stata una vittoria molto importante anche per finire bene la mia ultima stagione con il Team Bike Exchange. Ottenere una vittoria nella mia ultima gara con loro è stato davvero speciale, volevo dimostrare che ero ancora motivato anche alla fine della stagione.

La tappa di Capo de Gata alla Vuelta ’22 per Groves è stata il modo per salutare il Team Jayco
La tappa di Capo de Gata alla Vuelta ’22 per Groves è stata il modo per salutare il Team Jayco
Ora ti aspetta il Giro d’Italia…

Penso che il Giro di quest’anno mi si addica molto bene con un sacco di tappe con possibile soluzione allo sprint, ma più difficili di quel che si pensa, il che potrebbe togliere di scena nel momento clou alcuni degli altri velocisti. La squadra potrà aiutarmi molto bene in questi finali. L’obiettivo per me è ovviamente vincere: una tappa sarebbe bello, ma io non voglio accontentarmi. Quindi, non vedo l’ora di passare tre settimane buone in Italia.

Domenica hai corso la Parigi-Roubaix: come la descriveresti?

E’ stata una giornata brutale per il corpo, ma con un bel po’ di fortuna per il nostro team. Abbiamo ottenuto un risultato fantastico con Mathieu, tutti erano felici. Personalmente è stata un’esperienza che mi ha aperto gli occhi e non vedo l’ora che arrivi la prossima, per recitare un ruolo più importante.

L’australiano ha trovato all’Alpecin il suo ambiente ideale, prendendo il posto di Tim Merlier
L’australiano ha trovato all’Alpecin il suo ambiente ideale, prendendo il posto di Tim Merlier
Il mondiale di Glasgow può essere adatto alle tue caratteristiche?

Non se n’è ancora parlato, ovviamente, ma vorrei avere l’opportunità di farlo. Insieme a gente come Ewan e Matthews potremmo andare lì con alcune buone opzioni per portare a casa il risultato. Saremo in agosto, ma non è detto che faccia così caldo e io con il clima più freddo di solito vado abbastanza bene, quindi è qualcosa che non vedo l’ora di fare più avanti nel corso dell’anno.

C’è una gara che sembra disegnata su misura per te?

Se esiste la gara perfetta, non ne sono ancora sicuro. Dovremo vedere in futuro come posso crescere, ma il mio sogno sarebbe vincere proprio la Roubaix, come ha fatto Mathieu…

Alla ricerca dei fuorigiri mancanti. Oldani in rotta sul Giro

13.04.2023
4 min
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Stefano Oldani è da oggi in altura sul Teide. Il corridore della Alpecin-Deceuninck  sta preparando il Giro d’Italia, il quarto della sua carriera. Ed è un Giro molto importante per il lombardo. Dopo la vittoria a Genova dell’anno scorso, può essere il Giro della consacrazione, perché la sua squadra, orfana, di Mathieu Van der Poel apre a molti scenari con il resto della ciurma.

Dall’inizio della stagione Oldani si è visto poco. Ma non perché sia andato piano, ma nel vero senso della parola. Per il 2023 hanno provato un approccio differente, che prevede meno corse. All’attivo Stefano ha solo tre gare, tutte a tappe. E proprio da questo punto partiamo.

Oldani (classe 1998) alla ricerca della condizione ottimale dopo un approccio stagionale differente
Oldani (classe 1998) alla ricerca della condizione ottimale dopo un approccio stagionale differente

Stefano, dicevamo: poche corse…

E’ stato un inizio di stagione molto particolare in effetti. L’idea della squadra era di farmi correre poco per arrivare più fresco possibile al Giro, convinti che così sarei stato più brillante. Io ci ho provato, però sapevo che per essere brillante avrei avuto bisogno delle gare stesse. C’è stato un piccolo fraintendimento sull’approccio stagionale con la squadra e così ho preso il via solo all’Andalucia, al Catalunya e ai Baschi… Ma resto fiducioso, anche perché davvero al Giro ci arriverò più fresco di altri che hanno già corso molto.

Ai Baschi come è andata?

Mi sono ritirato perché proprio non stavo bene. In pratica nella frazione in cui mi sono fermato ero anche andato in fuga, poi ci hanno ripreso. Ma avevo fatto dei fuorigiri talmente grandi che poi ho avuto una fase “down” pazzesca. Una fatica incredibile e così in corsa, parlando con la squadra, abbiamo deciso di fermarci, altrimenti sarebbe stato controproducente, anche perché sapevano che sarei andato in altura. Quando sono rientrato in Italia ho fatto anche degli esami per scongiurare dei virus o altri malanni, ma fortunatamente era tutto okay.

Come ti spieghi questa grande fatica?

Io credo sia dovuta proprio alle poche corse fatte. Quei fuorigiri li ho pagati parecchio. Lo scorso anno ero partito molto meglio e sin da subito avevo colto più risultati. E a me piace fare risultato, dà morale. E’ stato tutt’altro approccio.

Sei dunque preoccupato per questo Giro?

Da una parte dico di sì, ma dall’altra sono fiducioso e tranquillo. Di certo non parto sconsolato. E poi adesso vado sul Teide e di solito reagisco molto bene all’altura e quest’anno ancora non l’avevo fatta. Sono fiducioso di ritrovare la brillantezza necessaria.

Ai Baschi un buon inizio, poi è subentrata la fatica. A quel punto Oldani e il team hanno optato per il ritiro
Ai Baschi un buon inizio, poi è subentrata la fatica. A quel punto Oldani e il team hanno optato per il ritiro
Quanti giorni ci resterai?

In tutto 17, fino al 29 aprile. Quindi vado diretto al Giro.

Come lavorerai? Curerai la brillantezza?

Nella prima settimana dedicherò più spazio all’endurance, anche per adattarmi alla quota, e vorrei anche riprendere il discorso con la forza. Poi sì: conto di lavorare sulla brillantezza. Quindi Vo2 Max, fuorisoglia… che poi è quello che appunto mi è mancato in corsa.

E farai anche dietro motore?

Sfortunatamente no, perché vado sul vulcano da solo, senza staff. Con me ci sarà anche Nicola Conci. Resta una piccola speranza perché forse la mia famiglia verrà a Tenerife per qualche giorno di vacanza. A quel punto noleggiando uno scooter potrebbe farmi un po’ di dietro motore mio papà Andrea, ma è da vedere. E’ molto più probabile che lavorerò con dei 40”-20”, delle fiammate fuorisoglia, dei lavori intermittenti…

All’inizio abbiamo detto che per voi della Alpecin, senza Van der Poel, si profila un Giro d’Italia diverso. Potreste avere più libertà. Come correrete?

Ma ci sarà Kaden Groves, che è molto, molto veloce e va bene anche in salita. Lui ha fatto vedere cose importanti in queste prime corse della stagione, magari ci sarà da aiutarlo soprattutto nelle volate.

Genova, 19 maggio: Oldani vince la 12ª tappa del Giro d’Italia. Quest’anno l’obiettivo è ripetersi
Genova, 19 maggio: Oldani vince la 12ª tappa del Giro d’Italia. Quest’anno l’obiettivo è ripetersi
Col team avete già fatto un briefing su come gestirete la corsa?

In realtà ancora non ne abbiamo parlato. Non abbiamo fatto un’analisi specifica del percorso. Sì, io ho dato uno sguardo alle tappe e ho visto che ce ne sono diverse di mosse, adatte a gruppi ristretti e fughe. Ed è in quell’ottica che ci muoveremo, visto che non abbiamo l’uomo di classifica.

Con Conci e Sbaragli… potreste avere dunque più spazio?

“Sbara” deve recuperare dall’infortunio e se starà bene è una pedina su cui contare. Lui può fare belle cose. Nicola invece è con me sul Teide. Comunque anche per loro vale il discorso delle fughe, dell’assalto alle tappe come per tutti noi.

C’è qualche frazione che ti stuzzica particolarmente e che hai studiato?

Non sono il tipo che sta lì a guardarle e riguardarle, altrimenti poi ti fai troppi “film”, troppe aspettative. Anche quando lo scorso anno ho vinto a Genova, non conoscevo il finale. Solo alla fine mi sono reso conto e ho detto: «Ma questo sembra tanto il finale del Giro dell’Appennino!».

Come una moto: a Roubaix, un super Van der Poel

09.04.2023
5 min
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Lui non voleva vincere. Voleva stravincere. Curve tirate al limite ed oltre. Anche quando aveva un buon vantaggio. In particolare una derapata, con l’anteriore in pieno controsterzo, nell’ultimo vero settore di pavé, ha esaltato la sua guida al limite. Per qualche millimetro quella svolta non si è consumata addosso ad uno dei blocchi di plastica gialli, messi lì per far sì che gli atleti pedalino sulle pietre. Mathieu Van der Poel, signori, è fatto così. 

Ad ogni sua curva il velodromo di Roubaix sussultava e si alzava un coro di “ohh” increduli. II finale dell’olandese è stato un misto di MotoGp (per la velocità) e Motard (per le curve). E in quelle curve ti salvi solo sei un biker. «Solo Mathieu può fare quelle curve», ha detto il compagno della Alpecin-Elegant, Jasper Philipsen, secondo, dopo l’arrivo.

Mathieu Van der Poel (classe 1995) conquista la sua prima Parigi-Roubaix e porta così a tre i Monumenti in bacheca
Mathieu Van der Poel (classe 1995) conquista la sua prima Parigi-Roubaix e porta così a tre i Monumenti in bacheca

Doppietta Alpecin

Dopo la Sanremo, dunque, VdP si prende anche la Roubaix. Chapeau, ragazzi. Perché è vero che il suo storico rivale ha forato quando avevano scavato il vuoto con una manciata di pedalate. Ma è anche vero che oggi è stato molto più attivo. Sembrava che i consueti ruoli tra i due si fossero invertiti. Van Aert “sulle ruote” e Van der Poel “a fare la corsa”.

Ma va così, quando stai bene. Molto bene. «Oggi la gamba girava benissimo – ha detto raggiante Van der Poel dopo l’arrivo – tutto è andato per il meglio. Siamo sempre stati dove volevamo essere, nel momento in cui volevamo essere. Io e la squadra. I ragazzi sono stati eccezionali. Abbiamo offerto un grande show. Eravamo in tre davanti.

«Fare di più era davvero impossibile. Siamo andati ad un ritmo pazzesco e posso dire che oggi è stato uno dei miei giorni migliori in assoluto in bici. Ho pensato solo a divertirmi il più possibile».

VdP taglia il traguardo. Dietro Philipsen esulta, solo che lui il suo sprint lo deve ancora fare. A Jasper e Van Aert manca un giro
VdP taglia il traguardo. Dietro Philipsen esulta, solo che lui il suo sprint lo deve ancora fare. A Jasper e Van Aert manca un giro

VdP attento

Nonostante tutto, staccare gli avversari non è stato facile. Wout Van Aert lo ha addirittura attaccato e  resta il dubbio per quella foratura: magari lo avrebbe staccato lo stesso. O forse no. Un peccato perché il problema meccanico, di cui Van Aert si è accorto nel momento stesso in cui Van der Poel lo superava, ha mozzato il duello. Un duello sempre più epico e coinvolgente.

«All’inizio non mi sono accorto che Wout avesse forato – ha proseguiti Van Aert – ma avevo visto che la sua gomma era sgonfia. Ho capito che aveva un problema, ma non sapevo fosse una foratura. Purtroppo la sfortuna fa parte delle corse. Come dicevo, servono buone gambe e un po’ di fortuna, oggi le ho avute entrambe».

Quali gomme?

Il fatto che Van der Poel si fosse accorto che la gomma del rivale della Jumbo-Visma fosse sgonfia è segno di grande lucidità. Spesso si è visto pedalare con la bocca chiusa. Sempre in pieno controllo della situazione. Anche in quelle curve oltre il limite. 

Stamattina al via era l’unico del suo team ad avere gomme da 28 millimetri, mentre tutti i suoi compagni utilizzavano il 30 e tanti avversari il 32. In pochi credevano corresse così, pensavano che fosse pretattica.

Però dando un rapido occhio, sembra proprio che VdP abbia davvero corso con tubeless da 28. Un dettaglio che la dice lunga sulla sua determinazione e la consapevolezza delle sue doti di guida.

Un lavoro da lontano

Se Mathieu ha vinto e Philipsen ha fatto secondo, il merito è stato anche di Gianni Vermeersch e Silvan Diller. Vermeersch ha tirato moltissimo dopo l’Arenberg, Dillier prima. Lo svizzero è impolverato e raggiante e ci racconta che se non hanno avuto forature o guai tecnici è perché ci lavorano da tanto.

«La scelta dei materiali, il grande lavoro sulle pressioni, la preparazione – ha spiegato Diller – non è qualcosa che s’improvvisa. E’ da questo inverno che si fanno prove. Non noi, ma lo staff. E quando siamo arrivati qui, sapevamo benissimo cosa utilizzare. E lo stesso l’altura. La programmazione delle gare. Siamo arrivati a queste corse al meglio.

«Com’è stato Mathieu in corsa? Molto tranquillo come sempre. Io dovevo cercare di portarlo un po’ avanti, ma lui è molto bravo e a dire il vero non è un compagno di molte parole! Parla sempre molto poco e di solito quando è così è perché sta bene. Ed oggi era super tranquillo».

Sbaragli, in 48 ore dalla Sanremo all’ambulanza

23.03.2023
6 min
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Oltre a togliere di mezzo Dario Cataldo, la prima tappa della Volta a Catalunya è costata la frattura dello scafoide a Kristian Sbaragli, che appena due giorni prima aveva aiutato Van der Poel a vincere la Sanremo. Dalle stelle alla polvere in meno di 48 ore. Domattina il toscano, che sta ingannando l’attesa in famiglia con Camilla e il figlio Lorenzo, finirà in sala operatoria e da lì inizierà la rincorsa.

Cosa è successo in Spagna?

A quattro chilometri dall’arrivo eravamo nelle prime posizioni. Io ero sulla destra e Yates si è infilato ancora a destra e mi ha chiuso davanti. Io in quella frazione di secondo stavo guardando leggermente dietro, perché avevo Kaden Groves a ruota. Yates m’ha preso la ruota davanti. Andando giù, col manubrio ho agganciato la sua ruota dietro e siamo caduti. Il problema è che era leggera discesa, mi sembra dal computerino che si andasse a 72-73 all’ora. Quindi c’è stata la maxi caduta.

Al traguardo con il polso dolorante e escoriazioni: il Catalunya finisce così (foto Charlotte Pudepiece)
Al traguardo con il polso dolorante e escoriazioni: il Catalunya finisce così (foto Charlotte Pudepiece)
La stessa di Cataldo?

Sì. In 7-8 siamo finiti sulla parte destra della strada e poi di conseguenza anche sulla parte sinistra sono caduti altri 5-6, fra cui Dario, che penso abbia preso il marciapiede. C’era un marciapiede bello alto e ho visto che si è fatto parecchio male

Quanto dura la convalescenza per uno scafoide rotto?

Sono andato in ospedale e mi hanno ingessato. La procedura normale va dalle sei alle otto settimane di gesso. Però con l’operazione, anche se è abbastanza soggettivo, spero in tre settimane di potermi allenare su strada.

Quindi comunque la primavera è andata?

Abbastanza. Quest’anno con la squadra si era fatta una preparazione incentrata sui Giro. Io avrei dovuto fare il Catalunya, con la Sanremo venuta fuori in extremis. Poi i Paesi Baschi, un po’ di Ardenne e poi avrei dovuto fare due settimane di altura prima del Giro. Adesso bisogna prima vedere se recupero. L’obiettivo Giro resta, però naturalmente i Paesi Baschi è impossibile farli. Forse la prima corsa utile, se riesco a recuperare, potrebbe essere il Romandia.

Al via del Catalunya, primo da sinistra, dopo la vittoria di Sanremo: la trasferta spagnola dura il tempo di una tappa
Al Catalunya, primo da sinistra, dopo la vittoria di Sanremo: la trasferta spagnola dura il tempo di una tappa
Che comunque è una corsa di un certo livello…

Infatti oramai con il ciclismo di oggi, per arrivarci un po’ presentabile, entro il 10 di aprile devo essere in grado di allenarmi bene su strada. Perché se ci vai senza allenamento, fai due o tre tappe e torni a casa. Il livello è altissimo. 

Era programmato questo inizio con poche gare?

Fin nei dettagli. Tutto il gruppo Giro, con Conci, Oldani ed io, ha ricevuto lo stesso programma. A me hanno chiesto di fare in più la Sanremo.

Un programma piuttosto preciso, quindi? 

Visto che siamo saliti di categoria, quest’anno si fa il 99 per cento di gare WorldTour, quindi la squadra è divisa sempre in base agli obiettivi. Non si va a correre a caso, abbiamo tutti il programma da gennaio sino a fine stagione. Poi succedono certe cose e un po’ cambia. Per cui ora siamo rimasti che il primo passo è operarsi e naturalmente ho cercato di farlo il prima possibile. Poi, una volta fatta l’operazione e sperando che vada tutto bene, si valuta quando risalire in bici. E poi da lì, spero di poter fare perlomeno il Romandia.

Conci sta seguendo lo stesso programma di Sbaragli, con l’obiettivo del Giro d’Italia
Conci sta seguendo lo stesso programma di Sbaragli, con l’obiettivo del Giro d’Italia
Dopo l’intervento potrai andare sui rulli?

Direi di sì e infatti si sta valutando con la squadra che potrei approfittarne per andare una settimana o dieci giorni in altura a Livigno. E’ freddo, ma se si tratta di pedalare al chiuso, posso andare su con la famiglia ed evitare di stare fermo. Questa frattura capita nel periodo peggiore, in cui dovevo correre ininterrottamente fino al campionato italiano, poi avrei staccato per preparare il finale. Invece sono uscito da quella Sanremo trionfale, sono salito in macchina con il massaggiatore per andare al Catalunya e dopo 48 ore ero su un’ambulanza…

Come la mettiamo con il peso?

Il programma seguito in questo inizio di stagione serviva a lavorare solo sulla condizione e non sul peso, cercando le qualità che vengono fuori dalle gare. Quindi sulla bilancia ero a posto. Naturalmente ora è importante riguardarsi. Voglio salire subito sui rulli per non perdere il tono muscolare. Perché se quello cala e insieme metti su 2 chili, poi non recuperi più.

Come è stato vincere la Sanremo con Mathieu?

E’ stato bello, la squadra ci teneva e abbiamo fatto tutto al 100 per cento. Durante la Tirreno ero in ritiro, perciò mi hanno fatto andare direttamente a Sanremo. Abbiamo fatto tre giorni di ricognizioni e ci siamo allenati tutti insieme. La Sanremo era il primo obiettivo vero per Mathieu e anche per la squadra. Okay le corse del Nord, però la Sanremo è sempre un rebus. Per cui sabato è stata una grande giornata per tutti. 

La prima corsa 2023 di Sbaragli è stata la Volta ao Algarve, da cui sarebbe passato al Catalunya, via Sanremo
La prima corsa 2023 di Sbaragli è stata la Volta ao Algarve, da cui sarebbe passato al Catalunya, via Sanremo
Ti abbiamo visto tirare fino alla Cipressa.

Sulla carta avevamo una squadra molto competitiva. Mathieu è partito come capitano, però avevamo Philipsen che doveva provare a reggere sul Poggio. Più c’erano Soren Kragh Andersen e Quinten Hermans che dovevano essere presenti se c’era qualche azione fra Cipressa e Poggio, oppure anche all’inizio del Poggio. Il mio lavoro è stato tenere la squadra davanti dai Capi all’imbocco della Cipressa e assicurarsi di non perdere la corsa proprio lì. Ho fatto le mie 10 Sanremo e in quel punto la Sanremo si può perdere.

Ti aspettavi che Philipsen andasse così forte?

Dal Tour de France in poi, Philipsen ha fatto un grande salto di qualità, più che altro a livello mentale. E così la squadra ha investito sui corridori giusti per aiutarlo ed è diventato il secondo uomo di riferimento insieme a Mathieu. Si è preso la responsabilità giusta e adesso da velocista si sta trasformando in corridore da classiche

Per te non si tratta della prima vittoria a Sanremo, giusto?

Eh sì, è vero, la prima l’ho fatta 10 anni fa. C’ero anche nel 2013 in squadra con Ciolek quando vinse la Sanremo accorciata per la neve. Eravamo compagni di squadra.

E allora in bocca al lupo per l’operazione.

Evviva il lupo. Vado domattina a Firenze. Certe cose sono sempre una scocciatura, ma quando si raccontano, bisogna pensare a chi sta peggio, come Cataldo. Oggi c’è il sole, sono con la famiglia, vediamo il positivo delle cose…

Il colpo di un artista: Van der Poel conquista via Roma

18.03.2023
5 min
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Quando gli chiediamo se alla Tirreno abbia finto, Van der Poel fa un sorriso divertito. Ha vinto la Sanremo da meno di un’ora e non ha ancora fatto in tempo a mettere in ordine i pensieri. Sul traguardo ha abbracciato la sua compagna ad un’intensità pazzesca, poi è stato risucchiato da premiazioni e protocollo. Ora si siede, allaccia le scarpe e racconta.

«Sarei stato un grande attore – dice – ma la verità è che non ero per niente soddisfatto del livello che avevo alla Tirreno. Non faccio certi giochini. Nel giorno dei muri mi sono messo alla prova, ma ho avuto sensazioni pessime. Mi sono risollevato quando ho tirato la volata l’ultimo giorno a Philipsen, perché ho sentito di avere forza nelle gambe. Lo avevo detto prima della Strade Bianche: avevo bisogno di una corsa in cui soffrire e fare fatica. E la Tirreno-Adriatico è stata lo step perfetto per arrivare bene alla Sanremo».

Da solo sul traguardo di via Roma: per Van der Poel la vittoria nella corsa più difficile da vincere
Da solo sul traguardo di via Roma: per Van der Poel la vittoria nella corsa più difficile da vincere

Discesa all’80 per cento

E adesso venite a prendermi: deve aver pensato questo quando la discesa lo ha inghiottito, nascondendolo alla vista degli inseguitori. Come sia che cinque secondi diventino all’improvviso un gap incolmabile rientra fra i mille significati di una gara di 300 chilometri.

«Sono sceso dal Poggio all’80 per cento – spiega – perché non ho voluto prendere nessun rischio. Se fossi caduto, non me lo sarei perdonato. Perché per un rischio troppo grande, avrei visto il gruppo giocarsi la corsa senza di me. Era la mia quarta Sanremo, sapevo che avrei dovuto difendermi fino alla cima del Poggio per poi attaccare. La nostra tattica è cambiata dopo la Cipressa…».

Cima del Poggio, scatta il piano: Van der Poel allunga
Cima del Poggio, scatta il piano: Van der Poel allunga

Cipressa troppo facile

Quando la UAE Emirates ha preso in mano la corsa sulla penultima salita, la previsione è stata infatti che i corridori più a corto di condizione sarebbero saltati. Non che si temesse per Van der Poel, ma di certo avrebbe potuto spendere più del dovuto, ritrovandosi poi con le gambe in croce. Come leggerete anche nell’intervista agli uomini del team emiratino, qualcosa però non ha funzionato e alla fine della Cipressa, guardandosi allo specchio, tanti hanno capito di avere ancora ottime gambe. Come Van der Poel, appunto, che in cima alla salita è passato davanti con un compagno e ha condotto tutta la discesa, lasciandosi riprendere soltanto in fondo.

«La Cipressa è venuta più facile di quanto pensassi – spiega – per cui quando sono sceso, ho parlato con la squadra, chiedendo che mi mettessero sul Poggio nella miglior posizione possibile. E loro hanno fatto un ottimo lavoro. Quando Pogacar ha accelerato ero nel primo gruppo ed è stato facile seguirlo».

La fidanzata Roxanne ha aspettato Mathieu al centro del rettilineo: accoglienza più che meritata
La fidanzata Roxanne ha aspettato Mathieu al centro del rettilineo: accoglienza più che meritata

Senza mai voltarsi

Il resto è un flashback di immagini, che di curva in curva lungo la discesa del Poggio, hanno portato l’olandese della Alpecin-Deceuninck fino all’arrivo di via Roma, felice come un bambino. Ben più felice di quando a fine gennaio ha vinto il mondiale di cross che ora nelle sue parole diventa piccolo come una corsetta di paese.

«Hoogerheide – dice – era importante perché era un mondiale vicino casa, ma vincere una Monumento è un’altra cosa. Avevo detto che la Sanremo non mi piaceva, aggiungendo di amare soltanto gli ultimi 100 chilometri. La verità è che è difficilissima da vincere, a volte non basta essere il più forte. Per questo nella discesa non mi sono mai voltato e a volte è la tattica migliore. Ho buttato l’occhio indietro soltanto quando sono arrivato sull’Aurelia e poi sono rimasto concentrato su me stesso».

Podio per metà inatteso: Van der Poel era prevedibile, Van Aert pure, ma il secondo posto di Ganna vale un successo
Podio per metà inatteso: Van der Poel era prevedibile, Van Aert pure, ma il secondo posto di Ganna vale un successo

«La verità – prosegue – è che oggi avevo ottime gambe e sono servite tutte, per battere corridori come Ganna, Van Aert e Pogacar. Solo una corsa come questa può avere un ordine d’arrivo del genere. Ganna è davvero un ragazzo gentile, l’ho conosciuto meglio alla Tirreno, abbiamo parlato un po’. Questa è la corsa perfetta per lui e sono certo che un giorno potrà vincerla. Sotto al podio, gli ho anche chiesto il suo programma per le corse del Nord. Uno così merita parecchio rispetto».

Una storia di famiglia

L’ultimo pensiero va a suo nonno Raymond Poulidor, scomparso nel 2019, che non vinse mai un Tour né mai indossò la maglia gialla: cosa che suo nipote vendicò due anni fa fra le lacrime. Poupou vinse una sola classica Monumento, la Milano-Sanremo del 1961 e Mathieu lo sapeva. Per questo sorride dolcemente, prima di riprendere le sue cose a andare finalmente a farsi una doccia. Sono passati 62 anni, anche questa volta suo nonno sarebbe stato orgoglioso di lui. E forse lo sarà lo stesso…

Van der Poel a mezzo gas: «Sono sorpreso, ma sul Poggio ci sarò»

18.03.2023
4 min
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Mathieu Van der Poel non è uscito dalla Tirreno-Adriatico come si aspettava. Anzi, se c’era andato cercando di trarne morale, probabimente si può dire che ne sia uscito con le ossa rotte. A Tortoreto, uno degli arrivi dove tutti lo aspettavano, l’olandese è arrivato sfinito nelle retrovie. E se nel corso della videointervista gli fai notare che per fortuna Cipressa e Poggio non sono altrettanto duri, lui risponde con un sorriso.

«Neanche la scorsa settimana – dice – sarei riuscito a fare uno scatto sul Poggio. Spero però di poterlo fare sabato (oggi, ndr). Avevo bisogno della Tirreno. Da solo non puoi allenarti così duramente. Non sono stato troppo bene, ma neppure terribilmente male. E ammetto che non me l’aspettavo neanche io. Però non mi fascio la testa per non aver vinto, non ci faccio più caso. Due anni fa sono caduto alla Dwars door Vlaanderen e la domenica successiva sono scattato con Asgreen per vincere il Fiandre. Inoltre, forse non è un caso che dopo la preparazione brevissima per i mondiali di cross, io non fossi al top nella prima corsa a tappe. Ma in questi giorni mi sono riposato. E spero che la Tirreno abbia fatto il suo lavoro».

A Tortoreto, su un arrivo adatto a lui, Van der Poel è arrivato invece staccato assieme a Ganna
A Tortoreto, su un arrivo adatto a lui, Van der Poel è arrivato invece staccato

Schiena e palestra

Non è un mistero che dietro i suoi passaggi a vuoto si sia cercata la spiegazione del mal di schiena, ma almeno questo pericolo in apparenza è stato scongiurato.

«Non mi fa male – spiega – non sempre sono riuscito a stare al passo col gruppo, ma non sono preoccupato neanche per questo. Non sta peggiorando, ha bisogno di un po’ di riposo e di 15-20 minuti di esercizi al giorno, impossibili da fare durante le corse. Ecco perché sono andato in palestra questa settimana per fare allenamento di forza. Cerco di mantenerli, ma se non posso andarci a causa del calendario, allora mi toccherà stringere i denti per il dolore. E questo non rende le cose più facili, ovviamente».

Una gomma a terra: dopo il mondiale vinto nel cross, la stagione di VdP è stata un continuo rincorrere
Una gomma a terra: dopo il mondiale vinto nel cross, la stagione di VdP è stata un continuo rincorrere

Strava addio

Rispetto allo scorso anno, Van der Poel ci ha privato di un utile strumento di verifica del suo lavoro, attraverso cui provare a decifrare il suo stato di forma. L’olandese infatti ha smesso di pubblicare i suoi dati su Strava.

«Ho deciso per me stesso – spiega – di condividerlo per un solo anno, perché avevo ricevuto commenti a destra e a sinistra sul fatto che non si sapesse nulla della mia preparazione. Ecco perché ho pubblicato tutto. E’ stato anche divertente attaccare quanti più KOM possibili, ma ora non sento più il bisogno di condividere tutto. Altri lo fanno, ma non aggiungono la frequenza cardiaca o la potenza, quindi non è molto utile, perché non puoi vedere nulla. Diciamo però che ora sto abbastanza bene. Non devi essere il migliore per vincere a Sanremo, ma è chiaro che preferirei essere al top della forma. Ogni anno è più difficile fare la differenza sul Poggio e l’anno scorso ho dimostrato che non devo essere al top per salire sul podio. Cosa che ad esempio è impossibile alla Strade Bianche, dove si vince solo essendo il più forte».

La Strade Bianche, più della Tirreno, ha dimostrato che la condizione di VdP non è ottimale
La Strade Bianche, più della Tirreno, ha dimostrato che la condizione di VdP non è ottimale

Sanremo a tre punte

Si è detto più volte che la Alpecin-Deceuninck non sia solo la squadra di Van der Poel e Mathieu ne è contento. E così, dopo aver tirato ottime volate a Philipsen alla Tirreno-Adriatico, per la Sanremo sostiene la candidatura di Soren Kragh Andersen.

«Lui proverà a resistere alla Cipressa e al Poggio – dice Van der Poel – e se alla fine sarà con noi e si sentirà bene, avrà certo più chance di me. Se ci sarà Philipsen, meglio ancora. Siamo d’accordo, non servono molte parole. Io farò la mia corsa sul Poggio e poi vediamo se lui sarà ancora con noi. Il Poggio è sempre un punto interrogativo. Pogacar ci sarà, non è proprio una sorpresa. Ma alla Sanremo è sempre difficile fare previsioni…».

Van der Poel a Siena, per iniziare il 2023 su strada

04.03.2023
3 min
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Mathieu Van der Poel ha scelto la Strade Bianche per il debutto 2023 su strada. E’ passato poco più di un mese dal mondiale di Hoogerheide, dopo il quale l’olandese ha messo via la bici da cross ed è tornato sull’asfalto. Non è riuscito neppure a godersi la maglia iridata, dato che al mondiale ha chiuso la stagione offroad. C’è di buono, in questa breve fase di ricondizionamento, che le cose sono andate lisce. Né un’influenza, né un mal di schiena.

«La preparazione è stata impeccabile – ha detto alla vigilia della Strade Bianche, in una serie di dichiarazioni diffuse dal suo team – se così si può dire. Sono stato in grado di fare tutto come volevo, quindi sono molto contento di questo».

Il trenino Alpecin ha percorso il finale della Strade Bianche (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)
Il trenino Alpecin ha percorso il finale della Strade Bianche (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)

Il ricordo più bello

In Piazza del Campo lo hanno accolto e circondato (foto Het Nieuwsblad in apertura). Succede quando il centro di Siena è pieno di cicloturisti del Nord Europa e tu sei quello che la Strade Bianche l’ha dominata due anni fa con una sparata terrificante in faccia a Bernal e Alaphilippe.

«La Strade Bianche – ha detto – è molto importante per me. E’ una gara che ha qualcosa di magico. Una volta l’ho vinta, una volta sono andato malissimo (il riferimento è all’edizione estiva del 2020, quando arrivò a 10 minuti dal vincitore, ndr). Non vedo l’ora di iniziare qui. La mia vittoria alla Strade Bianche è stata una delle migliori su strada. Nel gruppo di testa c’erano campioni dai nomi altisonanti. Percorrere l’ultima salita con Alaphilippe e Bernal è stato molto bello. Mi piace sempre tornare in un posto dove ho vinto».

La base della Alpecin-Deceuninck per la Strade Bianche (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)
La base della Alpecin-Deceuninck per la Strade Bianche (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)

La prima gara

Attaccò con la violenza di un tornado e Alaphilippe, dietro con la maglia iridata, non trovò neppure la forza per guardarlo, tanta fu la veemenza del suo scatto. Forse allora qualcuno lo sottovalutò e gli permise di sparare le sue cartucce, magari oggi non sarà lo stesso. Ad accrescere il tasso di incertezza c’è il fatto che una corsa così al debutto potrebbe risultare indigesta.

«Sulla strada – ha spiegato Van der Poel – c’è pochissima ghiaia, sembra quasi un asfalto in cattivo stato. Negli ultimi giorni ha piovuto, per cui non troveremo sassi. Lo scenario di gara è difficile da prevedere, possono succedere centinaia di cose. E’ la mia prima corsa e di solito ho bisogno di farne qualcuna di più per raggiungere il livello migliore. Ma mi sono allenato bene, spero di essere competitivo. Anche se di solito ho bisogno di un po’ di rodaggio per stare davvero bene».

Van der Poel ha studiato attentamente il percorso (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)
Van der Poel ha studiato attentamente il percorso (foto Facebook/Alpecin-Deceuninck)

Senza riferimenti

L’assenza dei grossi nomi paradossalmente rende la corsa più aperta e quindi meno facile da controllare. Mancano Van Aert e Pogacar, due su cui si poteva costruire una tattica.

«Rimane una gara difficile – ha spiegato ieri Van der Poel – ma senza quei due, le cose cambiano. Se ci fossero stati, sarebbe bastato stare con loro. Con la forma di adesso, Pogacar sarebbe potuto partire da lontano, invece così ci sarà da guardare tutti. Il fatto che la mia squadra non abbia ancora vinto non mi mette pressione. Almeno questo è un problema che non ho mai avuto».

Ogni lasciata è persa: ecco Conci col coltello fra i denti

10.02.2023
7 min
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Valigia pronta? «Sì, sì, sono già in aeroporto a Bergamo. Ho già fatto tutto, aspetto di imbarcarmi. C’è un volo diretto su Porto, molto comodo». Nicola Conci (in apertura nell’immagine photonews) ha la voce squillante come all’inizio delle vacanze. L’inverno dei ritiri e del lavoro è finito e con le corse inizia anche il divertimento. Se un corridore non si diverte alle corse, forse ha un problema. E il debutto stagionale, per quanto privo di riferimenti e certezze, è sempre un momento elettrizzante.

«Devo dire che è stato un bell’inverno – racconta il trentino – in generale mi sento bene e penso di aver fatto tutto nel migliore dei modi, quindi sono pronto. Ovviamente c’è l’incognita, come sempre, del fatto che si vada alle corse senza confronto con gli altri. Ci sono diversi corridori che hanno già corso e qualcuno ha anche dimostrato di andare molto forte, tipo Rui Costa o comunque l’Intermarché. Non resta che andare, dare il massimo e vedere come va…».

Appena passato dalla Gazprom (chiusa a seguito della guerra ucraina) alla Alpecin, Conci si è subito messo in luce
Appena passato dalla Gazprom (chiusa a seguito della guerra ucraina) alla Alpecin, Conci si è subito messo in luce

Ritorno al WorldTour

Il ritorno nel WorldTour ha portato con sé nuove abitudini e nuove esigenze da parte della squadra, la Alpecin-Deceuninck, a cominciare dal calendario e dalla preparazione. 

«Abbiamo dovuto un po’ rivedere il calendario», spiega. «L’anno scorso riuscivano a fare diverse corse, tra virgolette secondarie, anche se ormai di secondario non c’è più niente. Quest’anno, essendo WorldTour e avendo l’obbligo di fare tutte le corse WorldTour, abbiamo tolto dall’inizio stagione quelle 3-4 gare come Mallorca oppure il Saudi Tour. Quindi, dopo la partenza all’Etoile de Besseges, la Figueira Champions Classic di domenica sarà il secondo debutto europeo, mentre altri inizieranno in Spagna la prossima settimana con Murcia».

Nonostante abbia corso nel team continental della Alpecin, nel 2022 Conci ha corso i mondiali di Wollongong
Nonostante abbia corso nel team continental della Alpecin, nel 2022 Conci ha corso i mondiali di Wollongong
Passando dal Development Team al WorldTour cosa è cambiato per te?

Non tantissimo, perché alla fine bene o male l’impronta che viene data al Development Team è quella della WorldTour. Certo, a livello di allenamenti ho notato una maggiore qualità, maggiore cura, attenzione. Ho inserito qualche allenamento che l’anno scorso vedevo fare agli altri, come ad esempio le famose uscite low carb e cose del genere. Però in generale non è che sia cambiato moltissimo.

Ti alleni ancora con Alberati o sei passato ai preparatori della squadra?

Sono passato con i tecnici della squadra. Il mio allenatore si chiama Elliot Lipski, che è inglese ma abita in Toscana (Lipski è anche capo della performance del team femminile Fenix-Deceuninck, ndr). Non parliamo italiano, anche se penso che ne sarebbe capace. Comunichiamo in inglese, è in gamba, è giovane e poi è molto moderno. Mi piace, mi trovo bene.

E’ difficile cambiare preparatore dopo un po’ di tempo con lo stesso?

Sì e no. Sì perché ogni giorno hai dei lavori diversi e magari devi chiedere spiegazioni su cosa siano e come vadano fatti. Quindi bisogna dedicare del tempo in più nel capire il tipo di allenamento. Però in generale può anche essere una spinta a fare qualcosa di nuovo. Bene o male tutti i preparatori hanno la loro filosofia e se per tanto tempo si segue la stessa linea, dopo un po’ i lavori si conoscono e forse si hanno meno stimoli. Invece cambiando allenatore, quell’aria di novità può dare la sveglia.

Lipski, primo da destra con il ds Cornelisse, Petra Stiasny e il medico Beeckmans, è preparatore di Conci (foto Facepeeters)
Lipski, primo da destra con il ds Cornelisse e Petra Stiasny, è il preparatore di Conci (foto Facepeeters)
Si parlava con Scaroni nel ritiro di dicembre della determinazione degli atleti ex Gazprom, degli occhi iniettati di sangue e del rischio che, avendo trovato squadra, possa affievolirsi…

Io penso di no e soprattutto è molto soggettivo. Dal mio punto di vista, quel sangue agli occhi nasceva sì dalla storia Gazprom, ma anche dal fatto che avessi… buttato i quattro anni precedenti, fra qualche errore e l’intervento all’arteria iliaca. Avevo tanta voglia di far bene e quindi quella cattiveria c’era già, anche se ovviamente la storia di Gazprom è stata un qualcosa in più. Però, in generale, ormai mi sento di dover andare alle gare e dare sempre il massimo. Dal mio punto di vista, penso che quella determinazione ci sia ancora e ce l’avrò per un bel po’.

Quindi il fatto di avere il Giro nel mirino non significa che la stagione sarà solo una lunga attesa…

Assolutamente. In realtà per la squadra, queste corse portoghesi sono un po’ di passaggio e di rodaggio. Per me personalmente, se ci sono delle occasioni da prendere, non mi tiro certo indietro, anzi. Io sono qua per provare a fare già bene. Poi è ovvio, è la prima gara, non ho ancora corso. Ma queste non possono essere scuse: devo andare a tutta e basta.

Il programma l’hai potuto scegliere tu?

Ne abbiamo parlato insieme al ritiro di dicembre. In realtà la bozza che mi avevano dato mi era piaciuta abbastanza fin da subito, quindi non è che si sia rimasto lì a discutere più di tanto. E’ un bel programma. Volevo fare il Giro e anche il Tour, ovviamente. Tutti i corridori sognano di fare il Tour, però penso che per ora sia meglio fare il Giro. In più quest’anno ci sono diverse tappe che per me hanno un valore particolare.

I quattro anni alla Trek-Segafredo non sono andati come Conci si aspettava. La sua voglia di riscatto è palpabile
I quattro anni alla Trek-Segafredo non sono andati come Conci si aspettava. La sua voglia di riscatto è palpabile
Di quali tappe parliamo?

C’è la partenza da Pergine, quindi proprio a casa mia. L’arrivo sul Bondone del giorno prima. E poi c’è l’arrivo di Bergamo, dove vivo da qualche tempo. Insomma ci sono più tappe che, per una cosa o per l’altra, hanno un valore particolare. Certo, per il discorso che facevamo prima, non ho intenzione di andare al Giro e fare 10 giorni a pensare a quei giorni, perché non sono nelle condizioni di poterlo fare. Sono determinato ad andare a tutta fin da subito e ogni occasione deve essere quella buona. Poi ovviamente se le occasioni dovessero nascere proprio in quelle tappe, benvengano.

L’avvicinamento al Giro sarà canonico o con il nuovo allenatore cambierà qualcosa?

Dopo queste prime gare, ci saranno due corse a tappe in ottica Giro: il Catalunya e i Paesi Baschi. Sono un gran bel blocco, perché sono corse di altissimo livello, ma anche dure e anche abbastanza ravvicinate. A livello fisico sarà un bell’impegno. E poi il Giro. Insomma, non si può arrivare al Giro con troppi giorni di corsa o comunque un pelino stanchi. Si è capito che bisogna correre, ma anche allenarsi bene e prepararsi per la corsa sotto tutti gli aspetti.

Ci sarà anche l’altura?

Sì, dobbiamo ancora parlarne bene, però qualcosa dovremmo fare. Ovviamente tra i Baschi e il Giro c’è qualche settimana, quindi andremo in altura, ma non so ancora dove.

Conci è approdato alla Alpecin nel 2022. Lo ha accolto Sbaragli, veterano nel team tedesco (photonews)
Conci è approdato alla Alpecin nel 2022. Lo ha accolto Sbaragli, veterano nel team tedesco (photonews)
Dopo l’intervento all’arteria iliaca e col nuovo preparatore, hai tenuto la stessa posizione in sella?

Tutto invariato. Qualche anno fa, tramite Masnada ho conosciuto Aldo Vedovati ed è una delle 2-3 persone di cui mi fido ciecamente. Per la posizione mi affido a lui e sono contento di come mi sento in bici. Poi Aldo è una bellissima persona e ogni volta che posso avere a che fare con lui, ne sono felice. Ogni consiglio e ogni piccolo movimento che mi suggerisce, lo prendo come fosse la Bibbia. Per la posizione sono con lui. Quando sei professionista, alla fine hai tante cose che possono aiutarti e tante che possono anche farti… del male. E’ facilissimo perdersi.

E quindi come si fa?

Quello che ho notato è che abbiamo a disposizione mille risorse, ma dobbiamo essere bravi a capire chi e che cosa ci serva veramente. So che se andassi a fare altri bike fitting, magari tramite la squadra e dopo aver visto la posizione con Aldo, troverei delle cose che secondo loro non vanno bene. Può essere l’altezza sella, la pressione sui pedali, la pressione sulla sella. Quindi devi essere bravo a capire di chi vuoi veramente fidarti è seguire una strada, altrimenti si diventa matti.

Nella Alpecin ci sono anche Vergallito e Mareczko: “Kuba” doveva debuttare ad Antalya, gara annullata per il terremoto
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Ti aspettavi che Van der Poel potesse vincere il mondiale di cross?

In ritiro l’ho visto ben poco, perché abbiamo i gruppi di allenamento e poi si rimane divisi anche a pranzo e cena, quindi non è che abbia avuto tantissimo a che fare con Mathieu. Però il giorno del mondiale, mio papà mi ha scritto: «Chi vince?». E gli ho detto: «Van der Poel in volata». Lui invece ha risposto: «No, Van Aert in volata». Alla fine ho avuto ragione io.

Vedi? L’allievo ha superato il maestro…

Esatto.

Una risata. L’altoparlante che annuncia un volo, non ancora il suo. Domenica si comincia dal Portogallo e sempre in Portogallo Conci resterà per la Volta ao Algarve. Siamo davvero curiosi. Il suo patrimonio atletico è di quelli importanti, è arrivato il momento di metterlo finalmente in mostra.