Quando si parla degli allievi si crea sempre molto rumore. E’ normale, è l’anticamera del ciclismo che conta, già da juniores c’è tanto in ballo e nel ciclismo odierno anche la dimensione ciclistica dei più piccoli sta cambiando, anticipando la loro crescita. L’esempio di Giacomo Sgherri è ideale in tal senso: basta parlarci qualche minuto e ci si accorge che è già molto più maturo dei suoi 16 anni. Verrebbe da dire che a livello di testa è già un corridore fatto e finito, anche se di chilometri ne deve fare ancora tanti, tanti…
Giacomo, corridore dell’Alma Juventus Fano, è uno dei tanti ragazzi che abbinano la scuola allo sport. «Ho chiesto un permesso al professore per l’intervista – esordisce il marchigiano che è al terzo anno dell’Istituto Agrario – devo dire che ho trovato molto supporto nella scuola, ma soprattutto in famiglia. So che a quest’età seguire un ragazzo con la passione del ciclismo significa anche avere notevoli esborsi economici. I miei genitori e i miei nonni mi seguono spesso. Mi accompagnano nel mio sogno e io sarò sempre loro grato per questo».
Tu hai avuto una stagione molto buona, con 6 vittorie (nella foto di apertura nonsoloflaminia.it quella al Trofeo Giuliano Renzi) e un totale di 14 top 10 girando un po’ tutta l’Italia. Sei soddisfatto?
Nel complesso sì, anche se non è stata semplice, ci sono stati molti alti e bassi. Inoltre a inizio giugno mi sono anche rotto il radio, ma il fatto di essere tornato a emergere a fine stagione con la vittoria alla Mare e Monti e il terzo posto nel Memorial Forconi di ottobre mi ha dato molta soddisfazione.
Parlando di allievi viene sempre difficile occuparsi di vittorie e risultati perché dovrebbero essere altri i valori che emergono alla tua età, per non precorrere i tempi. Sei d’accordo con questa concezione?
Essendo direttamente chiamato in causa devo dire di sì. So bene che l’attività da allievo dal punto di vista strettamente statistico non è molto rilevante, è da junior che si comincia ad affrontare l’attività vera, quella che può sfociare nel ciclismo che conta. E’ vero anche però che i risultati fanno sempre piacere, fanno morale e danno una mano ad andare meglio e metterci sempre più passione. E’ a quest’età che si costruisce anche una mentalità forte e vincente.
In una categoria così giovane secondo te incidono di più i cambiamenti fisici o le esperienze, l’evoluzione mentale come la definisci tu?
Io penso che sia un mix di cose. Il fisico cambia molto, me ne accorgo quasi ogni giorno, ma mentalmente noto ad ogni occasione che si impara qualcosa di diverso, che si cresce. E questo, anche se le cose diventano sempre più difficili, è ciò che permette di acquisire lo status di corridore. E’ fondamentale per me, si cresce così.
Quando hai iniziato?
A 6 anni. I miei genitori dicono che non sapevano più come fare per tenermi a bada, tanto ero vivace… Con la bici avevo la possibilità di sfogarmi, d’altronde ho imparato a 2 anni già senza le rotelle. Mio padre è sempre stato appassionato, ha corso anche lui fino agli juniores ed è sempre rimasto legato all’ambiente. Dice sempre che il mondo del ciclismo è difficile lasciarlo quando ti entra dentro. Mi è molto d’aiuto.
Tu vieni dalle Marche che non è propriamente una regione in prima linea nelle due ruote…
E’ vero, non ci sono tanti team, ma l’attività è intensa, varia e ci sono molte prove prestigiose. Io poi sono convinto che è il corridore a fare la gara, a elevarne il livello. Capisco che altre regioni, soprattutto quelle del Nord, hanno un bacino maggiore di squadre e di corridori. I numeri parlano chiaro in tal senso, ma anche da realtà come quella nostra escono corridori di spicco e io voglio essere fra questi.
Ora si prospetta il cambio di categoria…
Sì, correrò per Il Pirata-Vangi-Sama Ricambi, società laziale dove si aspettano molto da me e io altrettanto. So che sono conosciuti e hanno una buona fama e un calendario adeguato. Aspetto la mia nuova stagione con molta curiosità perché so che cambierà tantissimo, non solo come distanze da affrontare, ma proprio come concezione dell’attività.
Hai un po’ paura?
No, paura non direi, a me piace avere sfide sempre più grandi da affrontare, mettermi alla prova, ma sono anche abituato a stare con i piedi per terra e affrontare tutto con grande attenzione. So che sono nell’ambiente giusto per crescere.
Considerando che ancora sei un corridore tutto da scoprire, che cosa sai per ora?
E’ giusto, alla mia età ci si scopre piano piano, i confini fra uno scalatore e un velocista sono labili. Io per ora sono abbastanza veloce e vado bene in pianura, la salita è un po’ il mio punto debole e ci devo lavorare.
Anche tu sei un fautore della multidisciplina?
Certamente, ormai tutti i ragazzi lo sono. Fare diverse attività migliora le proprie caratteristiche. Io già da esordiente facevo ciclocross d’inverno abbinato alla palestra. Ora lo utilizzo esclusivamente come allenamento, ma senza stimoli agonistici per non arrivare troppo stanco all’inizio della stagione su strada. Vado anche in mountain bike, ma quello è più un passatempo, dalle nostre parti ci sono tanti percorsi bellissimi che mi piace affrontare senza vincoli.