LIEGI (Belgio) – Fa un certo effetto vedere Alexey Lutsenko con una maglia diversa da quella dell’Astana Qazaqstan Team. Lui davvero era tutt’uno con la squadra. Quella era la sua famiglia, il suo nido.
Lutsenko era l’erede naturale di Alexandre Vinokourov, il più forte atleta kazako di tutti i tempi. Le Olimpiadi, la Liegi, le tappe al Tour: Lutsenko, anche se quel palmarès non era suo, si era trovato in qualche modo ad ereditarlo.
Ora eccolo con la maglia della Israel-Premier Tech. A 32 anni ha scelto una nuova sfida e tutto sommato questa “contesa” sembra essere partita col piede giusto. Lui ci è parso sereno, brillante… e non solo in corsa.
«Cerco nuovi stimoli dopo tanto tempo, sento che posso dare e crescere ancora in un nuovo team», aveva detto Lutsenko quando fu annunciato il suo approdo alla Israel-Premier Tech. La campagna delle Ardenne è stata una buona occasione per incontrarlo e lui, con la sua gentilezza e il suo ottimo italiano, ci ha raccontato…
Alex, come stai?
Bene, in Belgio per la prima volta con la nuova squadra. La condizione è buona in questo periodo. Al Brabante ho faticato un po’, ma venivo dall’altura e spero di stare meglio per le prossime gare. Ogni giorno sento di crescere un po’. Le gare delle Ardenne, ma non solo, sono importanti per noi.
Fa effetto vederti senza la maglia della Astana. E’ un nuovo inizio per te. Come è stato ritrovarsi con uno staff nuovo? Nuovi corridori? Nuovi direttori?
Vero, all’Astana ci sono stato per 12 anni e anche prima, in qualche modo, c’era quella squadra per un giovane kazako come me. Quindi ci ho fatto tutta la mia carriera ed è stata l’unico team per me. Ammetto che è una vera esperienza quella che sto vivendo. Il primo mese è stato duro, ero un po’ nervoso, specie al primo raduno.
Perché?
Perché è stato tutto nuovo. Tutto diverso all’improvviso, non solo staff e compagni, ma anche vestiario, materiali, bici… Però già adesso vi dico la verità, mi trovo benissimo, mi sono abituato. Tutti sono simpatici e l’atmosfera è buona.
All’Astana eri il leader e avevi moltissime pressioni, forse qui alla Israel è un po’ diverso. O almeno c’è un altro tipo di pressione per te. E’ così?
Sì, ma io vedo che la squadra si fida di me. Anche per la Liegi potevo fare la mia corsa, essere leader. Poi è vero che sento un po’ meno pressione, ma credo dipenda dal fatto che la squadra in generale ne ha meno perché non siamo messi male con i punti. Tutto è un po’ più rilassato. L’anno prossimo siamo quasi al 100 per cento nel WorldTour. E poi è anche un po’ diverso il modo di lavorare. Loro preferiscono non fare pressione sull’atleta e magari senza pressione il corridore arriva al risultato.
Prima, Andrey, hai parlato del passaggio alla Israel, un nuovo team… Qual è stata la cosa più difficile da imparare?
E’ stato tutto diverso, anche la lingua. Come quando un bambino cambia scuola… prima andavo in quella vicino casa e all’improvviso è stato tutto diverso. Magari per un corridore che in carriera avesse già cambiato squadra 3-4 volte sarebbe stata una cosa normale, ma io in Astana avevo iniziato da piccolo. Altro approccio, altri modi di fare…
Però è anche uno stimolo, no?
Sì, sì: mi piace. E mi sto trovando bene.
Chi ti ha aiutato di più ad inserirti? Ammesso ci sia stato qualcuno… Pensiamo a Jakob Fuglsang, che è stato diversi anni con te in Astana…
No, non c’è stato qualcuno in particolare, davvero tutti mi hanno accolto bene. Poi, sì, Jakob è un corridore che conosco tanto bene. Ma non era l’unico, sapete. C’è anche un meccanico, un massaggiatore che conoscevo. Siamo “amicissimi” proprio…
Qual è il tuo programma stagionale?
Dopo queste Ardenne stacco per qualche giorno. Poi inizierò un lungo camp ad Andorra per preparare il Tour de France. Prima farò anche il Delfinato.
E invece cosa ci dici dei tuoi compagni che puntano al Giro d’Italia? Sono andati bene al Tour of the Alps…
Davvero bravi. E Derek Gee è un grande. Abbiamo fatto insieme l’ultimo training camp a Tenerife e ho visto proprio un bravo professionista. Ho visto come si è preparato sin da dicembre. Mi sembra pronto. La squadra spera molto in lui. L’obiettivo è fare una top cinque al Giro, ma anche il podio non è impossibile.