Non dite a Jakob Fuglsang che grazie alla sua corporatura è un osservato speciale nella produzione di selle per amatori, ma è proprio così. Oppure forse lo sa già? Alla vigilia del Giro di Lombardia di cui il danese è vincitore uscente e cui non prenderà parte per la frattura della clavicola al Benelux Tour, incontrando Alberto Mizzon di Prologo e ragionando sul rapporto fra l’azienda e l’Astana, è venuto fuori proprio questo.
«Essendo un ragazzo abbastanza alto – spiega – con una fisicità importante per un ciclista, diciamo che va più di altri a ricalcare i canoni dell’amatore o comunque del non professionista. Per noi dunque è molto interessante avere i suoi feedback, perché un ciclista alto 1,60 che pesa 58 chili è poco rappresentativo».
Doppio feedback
Fuglsang lascerà l’Astana e dovrebbe approdare al Team Bike Exchange, ma non sarà questo a far desistere gli uomini di Prologo.
«La squadra è un banco di prova – sottolinea Mizzon – una specie di reparto ricerca e sviluppo distaccato. Un professionista ha delle performance, dei numeri e comunque una sensibilità alla bicicletta e ai suoi componenti, che gli permette di darci feedback che difficilmente si hanno in fase di produzione. Da Astana possono arrivare due tipi di riscontri. Qualitativi, innanzitutto per le informazioni anticipate legate alle forme delle bici, i cui settaggi cambiano nel tempo e sono sempre più leggere e performanti.
«Inoltre, dato che passano la vita sulla sella, sanno dirti cosa migliorare, implementare o addirittura togliere. Il bello, essendoci tipi di corridore diversissimi con feedback altrettanto differenti, il nostro catalogo è uno dei più corposi del mercato, ma ci permette di soddisfare un po’ tutti, in primis i corridori. Sulla qualità dei feedback, giungono sempre filtrati da Ivan Velasco, il responsabile dei materiali. Ma ce ne sono di veramente interessanti».
Astana, cinque modelli
Se questi sono i ragionamenti dell’azienda, diventa altrettanto interessante ascoltare la versione del team, per bocca di Gabriele Tosello, che dell’Astana è uno dei meccanici più esperti.
«Confermo che il catalogo è davvero ricco – sorride – al punto che per evitare di disperdere l’attenzione, alla fine abbiamo ristretto la scelta dei corridori fra un numero limitato di modelli. Ci siamo fermati a cinque, ma di base usano quasi tutti la M5 Pas e la M5. Altri hanno la Dimension e altri ancora la Scratch e la Scrtach 2. E poi c’è Aranburu, che usa una sella con il telaio in acciaio, perché punta al comfort pur in cambio di qualche grammo in più rispetto al carbonio. Fuglsang invece ha sempre usato la M5».
Scelta ampia anche sul fronte delle crono, dove si usa di base la Tigale, anche se alcuni preferiscono mantenere la stessa sella che usano su strada.
400 selle all’anno
Ciò che è interessante parlando di una squadra WorldTour è leggere i numeri, che sono sempre… spaventosi. Tosello se la ride e li snocciola.
«Premesso che Prologo ci fornisce anche i nastri manubrio – dice – ogni anno maneggiamo circa 400 selle, sono tante, ma alla fine non avanza poi molto. Abbiamo 150-160 biciclette da strada, i corridori hanno 2-3 biciclette da crono, fra quella che tengono a casa, quella da gara e la scorta e alla fine teniamo per scorta 25 selle sui due camion e qualcosa in magazzino».
Manutenzione zero
La sella non richiede tanta manutenzione, ma dall’avvento del carbonio, in caso di caduta è una delle parti che capita di dover sostituire, assieme alle leve della trasmissione e al cambio.
«La manutenzione – dice Tosello – si limita alla pulizia, salvo sostituirla ogni 2-3 mesi prima che inizia ad arcuarsi un po’, in modo da non incidere sulla posizione in sella degli atleti. Uno come Sanchez si accorge davvero del millimetro ed è l’unico cui i cambiamenti conviene dirli, prima che se ne accorga da solo. Fuglsang al confronto è più tranquillo, non si è mai lamentato. Lavoriamo con Prologo ormai da sette anni, per cui un corridore come Lopez, tornando il prossimo anno, avrà la sua sella già pronta che lo aspetta».
Aranburu e l’acciaio
La chiusura è ancora di Mizzon, che torna sul discorso Aranburu e la sua sella con il telaio in acciaio.
«Probabilmente lo fa – dice – perché l’acciaio assorbe di più le vibrazioni e magari per il suo stile di guida. Preferisce sacrificare un po’ di rigidità e di trasmissioni della potenza sui pedali per rimanere un po’ più comodo e più flessibile. Riesce a sentire che la sella segue i suoi movimenti e tutto sommato non c’è tutta questa differenza di peso. Per cui deve aver pensato che a lungo andare colma la differenza di grammi con il comfort. E anche queste sono indicazioni, pensando poi ad amatori che comprano la sella e la tengono per una vita e altri che la vogliono nuova ogni anno. I pro’ sono davvero il nostro reparto di ricerca e sviluppo…».