Nuove ruote Deda SL7, test segreto all’Ironman di Amburgo

25.06.2025
8 min
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Abbiamo due nuove ruote da testare. Profilo da 70, ovviamente in carbonio: l’unica cosa è che non se ne potrà parlare fino al 25 giugno. Noi invece abbiamo un amico che andrà a correre l’Ironman di Amburgo: vogliamo chiedere a lui di allenarsi, provarle e poi usarle in gara? E’ iniziato così il test delle nuove ruote Deda SL7 (le sorelle maggiori della gamma SL) ed è andato avanti per un paio di mesi, dalla metà di aprile quando il corriere ha consegnato il voluminoso scatolone nello studio di fisioterapia di Alessio Parisi, alle porte di Roma.

Imperativo categorico, visto l’embargo: bocca chiusa, né foto né video. Fisioterapista, triatleta, ma anche coach e preparatore atletico di pallavolo, Parisi ha capito al volo. Le ha fatte montare e ha continuato la preparazione, cercando di capire se le nuove ruote girino nel verso giusto. Con i vantaggi che la lettura della scheda tecnica lascia intuire.

Il primo assaggio

I primi test sono esaltanti. Per quanto sia possibile confrontare il comportamento di ruote diverse su strada, considerando che le condizioni sono difficilmente ripetibili, sullo stesso giro di 100 chilometri, il suo profilo Garmin Connect evidenzia che a parità di media, le nuove ruote gli permettono un risparmio evidente di watt: 163 contro i 179 delle vecchie ruote.

«Le ho usate anche su alcune salite dei dintorni – spiega – con tornanti e a volte pendenze severe. Sono ruote leggere per avere profilo da 70 (1.470 grammi la coppia, ndr) e in salita sono anche belle reattive. In discesa bastavano due pedalate per ritrovarsi a 60 all’ora. Bisogna anche saperle guidare e in quel caso riesci a usarle su ogni tipo di pendenza. Inoltre avevo già visto che assorbono molto bene le buche, che qui abbondano». 

Alessio Parisi in allenamento alle porte di Roma con le nuove Deda SL7
Alessio Parisi in allenamento alle porte di Roma con le nuove Deda SL7

Il nuovo mozzo Allroad

Le ruote, come prima cosa. La nuova Deda SL7 in carbonio ha il cerchio alto 70 mm e larghezza interna di 23 mm (esterna di 28 mm). La fibra utilizzata è ad alto modulo con trama combinata UD e 3K, con la conseguenza che la spinta viene trasformata in accelerazione come si conviene a ruote per l’agonismo, però si mantengono anche comfort e sensibilità durante la guida.

Al centro c’è il nuovo mozzo Allroad di Deda, con corpo in alluminio AL7075, asse anteriore da 17 mm e posteriore da 15 mm. Sono dotati di un sistema a doppio ratchet da 40 denti, per l’innesto della ruota libera. Il ratchet più piccolo si trova nel corpo ruota libera mentre quello più grande si trova all’interno della flangia del mozzo. L’angolo di ingaggio è dimezzato rispetto alla generazione precedente, offrendo una risposta immediata alla pedalata. Il sistema è compatibile con rotori Shimano Center Lock e perni passanti moderni 12×100 mm / 12×142 mm. In pratica la SL7 e pronta per qualsiasi bici da strada con freni a disco. Nel caso di Alessio Parisi, parliamo di una Canyon Speedmax CF 7 Di2 del 2025.

Si corre nella tempesta

Torniamo al racconto, perché le cose si complicano: l’Ironman di Amburgo stava per essere cancellato per maltempo. Pensate che colpo per chi ci aveva investito tempo, soldi e sudore con l’obiettivo di restare sotto le 11 ore. Il viaggio della spedizione italiana era stato già avventuroso in partenza, dato che per una coincidenza troppo stretta, all’arrivo ad Amburgo si è scoperto che i bagagli – biciclette comprese – erano rimasti nell’aeroporto precedente.

«La vigilia di una gara così – racconta Parisi – richiede che ci si muova il meno possibile, invece è stato un continuo andirivieni fra l’aeroporto e l’hotel, per recuperare le bici. Alla fine abbiamo fatto giusto in tempo a montarle e fare un rapido check, prima di consegnarle il giorno dopo. Fino a quel momento le condizioni meteo erano accettabili, invece in serata è arrivato il messaggio dell’organizzazione. Per il giorno dopo, quello della gara, la previsione parlava di thunderstorm, una tempesta di fulmini, vento forte oltre i 30 nodi e condizioni avverse. Non si sapeva neanche se la gara si sarebbe fatta».

Rotta la borsa dei gel

Ma la gara per fortuna si è fatta. Per cui sveglia alle 4,15, colazione alle 4,30 in tempo per scoprire che la partenza sarà spostata vanificando tutti i conteggi legati alla tempistica dell’alimentazione. 4,26 chilometri di nuoto nel lago. 180 chilometri di bici fra città e campagna. 42,195 chilometri di corsa a piedi: una maratona. L’Ironman è fatto così.

«SUl fronte dei tempi – spiega Parisi – era tutto sfasato. In più l’Ironman ha un sistema di partenza che si chiama rolling start, quindi nel nuoto partono 5 atleti ogni 10 secondi per non creare la calca. Quindi se la partenza è fissata per le 7, tu potresti anche partire alle 7,45. Tante attese che si sommano. In più ci siamo accorti che la zona cambio era devastata dopo l’alluvione. Abbiamo trovato le bici sbattute per terra dal vento. Sulla mia si era rotta la bento box, la borsa sopra al tubo orizzontale, dove di solito tengo i gel. Aveva una crepa, traballava, però tutto sommato si reggeva».

Dopo la prova di nuoto, è arrivato il vento quasi sempre contrario e trasversale (foto sportograf.com)
Dopo la prova di nuoto, è arrivato il vento quasi sempre contrario e trasversale (foto sportograf.com)

180 chilometri contro vento

Quindi si nuota, con l’uscita dall’acqua resa complicata dalle correnti sotto degli archi, provocando il super lavoro degli addetti preposti a tirare fuori dall’acqua i concorrenti. E a quel punto finalmente è iniziata la frazione in bicicletta.

«Siamo partiti con la bici – racconta Parisi – per fare 180 chilometri di vento contro o laterale, sembrava di avere un ventilatore che si spostava davanti o di lato. Non tanto in città, ma appena uscito in campagna. A un certo punto sembrava di essere alla Roubaix, perché ci hanno fatto correre su un lastricato di sassi belli grandi e su stradine strette. Eppure non ho perso tanti watt, come quando non hai più la regolarità della spinta. Solo che essendoci l’impossibilità di sorpassare e insieme il divieto di scia, avevamo i giudici sempre sul collo. Con il profilo delle nuove ruote sono riuscito ad andare molto bene rispetto ad altri che usavano la lenticolare posteriore e le tre razze davanti. Nonostante vento e pioggia, sono riuscito a chiudere i 180 chilometri in 5 ore 22’23” a 33,3 di media e con 153 watt medi, quindi con un filo di gas. Era studiato. Volevo fare una frazione di bici in controllo, perché con quel vento era impossibile fare tanto meglio, e poi dare tutto nella corsa».

Per la corsa invece ha ripreso a piovere. A tratti anche grandine e temperature rigide (foto sportograf.com)
Per la corsa invece ha ripreso a piovere. A tratti anche grandine e temperature rigide (foto sportograf.com)

Con i tubeless da 28

Di come finirà la sfida vi diremo alla fine. Ora passiamo al comportamento delle Deda SL7, che in condizioni meteo così estreme si potrebbe pensare cha abbiano sofferte e si sono invece rivelate delle preziose alleate.

«Durante la preparazione – spiega Alessio – ho fatto le prove con tre tipologie di ruote. Le prime erano quelle di serie sulla bici, le DT Swiss da 30 in alluminio. Poi ho usato le Giant SLR2, con profilo differenziato. Infine le SL7. La differenza l’ho notata innanzitutto in discesa: i miei compagni dovevano pedalare per starmi dietro. Una volta che prendono velocità, le ruote vanno da sole. Sulle salite sono sufficientemente leggere da poterci fare tutto. E’ una ruota abbastanza universale. E anche con delle raffiche forti, una volta che… agganciano il vento e ci si è lancia, tutto sommato riesci a mantenere la velocità. In più ho fatto montare un tubeless da 28 che dà stabilità e comfort. Per la gara ho gonfiato a 5,30 e 5,80. Non c’erano curve tecniche o discese, Amburgo è piatto. Non serve un’aderenza particolare, serve essere veloci».

Amburgo, 1° giugno 2025: Alessio Parisi al traguardo in 10 ore 49’35” (foto sportograf.com)
Amburgo, 1° giugno 2025: Alessio Parisi al traguardo in 10 ore 49’35” (foto sportograf.com)

Effetto volano a 32 orari

Serve essere veloci, ma anche saper rilanciare bene nei giri di boa, dato che il percorso si svolgeva su un circuito da ripetere più volte. Racconta Parisi che rispetto alla lenticolare che aveva usato negli anni scorsi, in questo caso bastavano tre pedalate per rilanciar la bici: già a 32-33 chilometri all’ora si godeva dell’effetto volano, in cambio di appena un paio di watt in più da spendere nell’accelerazione e poi del loro calo una volta che la bici è lanciata.

Nella corsa, Parisi ha recuperato parecchi di quelli che lo avevano sopravanzato nel nuoto e poi in bici. La lezione secondo cui occorre usare la testa e non spendere tutto perché poi nella maratona conclusiva si paga un conto pesante ancora una volta è stata rispettata. E si può proprio dire che le Deda Sl7 abbiano svolto alacremente il loro servizio. Leggere, veloci, guidabili e comode: test superato a pieni voti. Lo provochiamo dicendogli che vorremmo vederlo all’opera in condizioni di asciutto. E lui con lo sguardo e qualche anticipazione butta lì che per settembre qualcosa potrebbe già bollire in pentola.