Alessio Nieri (a 23 anni) saluta le gare, ma non il ciclismo

24.04.2024
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Un post qualche giorno fa in cui annunciava l’addio al ciclismo, poi un grande silenzio. Un post scritto con sapienza e lucidità, passione e consapevolezza. Così a soli 23 anni Alessio Nieri ha detto basta. O meglio, è stato costretto a dire basta.

Il corridore della Work Service-Vitalcare-Cavaliere era stato vittima di una bruttissima caduta al Giro di Turchia, sul finire della passata stagione. Era finito in ospedale e lasciato solo lì, in attesa di un medico dell’assicurazione che non arrivava mai. E’ stata poi un’amica di famiglia a riportarlo in Italia. 

Alessio Nieri (il primo corridore in basso a sinistra) da questo inverno era con la Work Service
Alessio Nieri (il primo corridore in basso a sinistra) da questo inverno era con la Work Service

Lo stop

Ma se quelle erano state le botte del momento, poi sono emerse quelle a freddo. Anzi a freddissimo.

«Ci si era concentrati soprattutto sui problemi al polmone e alle costole – racconta Nieri – quindi nella zona toracica, ma poi c’era dell’altro. La volta scorsa vi avevo detto che ero risalito in bici, ma avevo ancora qualche doloretto. Andando avanti con gli allenamenti questi dolori si sono fatti sempre più intensi e forti. Così ho fatto altre analisi, altri approfondimenti ed è emerso che in pratica nella schiena, dove appunto erano concentrati questi dolori, ci sono le vertebre lombardi schiacciate ed è uscita anche un’ernia».

Fare 4-5 ore così non era certo il massimo. Anche perché parliamo di un atleta e non di un ciclista che va in bici per stare bene, per non mettere la pancia o per svago.

Dopo la caduta in Turchia, Alessio Nieri ha iniziato il calvario che lo ha portato a dire basta col ciclismo agonistico
Dopo la caduta in Turchia, Alessio Nieri ha iniziato il calvario che lo ha portato a dire basta col ciclismo agonistico

Decisione inevitabile

Va da sé che allenarsi così diventava impossibile per il giovane Nieri. Tra palestra, fisioterapia e quant’altro le cose non miglioravano. Anzi… Alessio faceva un allenamento in bici e poi doveva stare fermo per tre giorni. Non si può essere atleti in questo modo.

«Avevo anche ripreso a correre – spiega – per cercare di tornare pro’. Avevo fatto la Firenze-Empoli, ma poi proprio mentre iniziavo ad intensificare il tutto, le cose sono peggiorate di pari passo. Allenarsi così era impossibile e così un giorno, tornando a casa, ho detto basta. Quel che più o meno avevo capito dentro di me già da un po’ era diventato ufficiale».

Non è facile dire addio ai proprio sogni. Certo, non parliamo di un campione assoluto, ma pur sempre di un ragazzo, di uno scalatore di belle speranze.

Alessio Nieri era salito in bici piuttosto tardi. Era il 2018, allievo di secondo anno. Iniziare a correre su strada a quell’età non sarebbe stato facile. E infatti pochi gli hanno dato dato fiducia, anche perché l’anno successivo sarebbe diventato junior. Chi investirebbe su un ragazzo partito da zero o quasi in questa categoria sempre più importante?

«La Cicli Taddei mi ha dato una possibilità di correre – racconta – ma era in mtb. Ho iniziato con loro. Poi dopo qualche tempo, andavo alle corse da solo. Mi ci portava il “babbo”, Alessandro. Nei primi approcci da junior andavo benino. Ero sempre davanti, ma non ho mai vinto. La vittoria è arrivata da dilettante. Mi prese la Mastromarco-Sensi-Nibali e vinsi una cronoscalata. Poi da lì l’approdo alla Bardiani-Csf Faizanè».

Nieri pedalava anche da bambino, ma le prime vere gare le ha fatte nel 2018 in mtb con la Cicli Taddei
Nieri pedalava anche da bambino, ma le prime vere gare le ha fatte nel 2018 in mtb con la Cicli Taddei

Oltre il ciclismo

Chiaramente la vita di Alessio è cambiata. E lo ha fatto da un giorno all’altro. Quella che era una routine, bella e piacevole, all’improvviso è svanita. Proprio in questi giorni il toscano sta scoprendo una nuova dimensione, una nuova gestione delle sue giornate.

«In effetti è strano. Prima ti svegliavi: colazione, un’occhiata al tempo e via in bici. Tornavi che era pomeriggio. Mangiavi, seguiva un po’ di riposo ed era sera. Adesso è tutto diverso. Anche col mangiare. Sto riscoprendo tante cose».

E tra le tante cose inevitabilmente ci sono anche le idee per il futuro. Nieri ha un sogno: diventare direttore sportivo. E si sta muovendo per trovare lavoro.

«La Federazione – spiega – adesso ha allungato parecchio i tempi per diventare un direttore sportivo per i pro’. Ci vorrà un po’ di tempo, ma quello sarebbe un obiettivo. Vorrei comunque restare nell’ambiente delle corse, che continuano a piacermi molto. Per adesso sto cercando qualcosa come massaggiatore. Mi è sempre piaciuto e ho anche fatto il corso».

Il toscano aveva caratteristiche da scalatore puro
Il toscano aveva caratteristiche da scalatore puro

Nuova vita

Cambiare dimensione significa anche guardare le corse sotto un’altro punto di vista. Anche se resta il giudizio critico e ficcante di chi ha corso fino a poche settimane fa e di quel gruppo faceva parte. L’occhio è ancora quello del corridore.

«Mi sono gustato le classiche – racconta Nieri – e devo dire che Van der Poel mi è proprio piaciuto. E’ lui l’uomo della primavera. Anzi, per me lui è “il” ciclista. Ricordo anche quando correvo di essergli stato vicino in gruppo più di qualche volta. E che dire: è bello in bici. Perfetto stilisticamente. Dà spettacolo quando attacca. Ha una grande squadra per le corse di un giorno e poi è pure grosso. Uno così mica lo sposti facilmente».

Va anche detto che Nieri era uno scalatore da 55 chili o poco più, l’opposto di Mathieu! Ciò non toglie che l’iridato sia una sfinge in sella.

Nieri con Marcellusi, i due sono amici. Ma Alessio ha un ottimo rapporto anche con altri ex colleghi come Colnaghi, Lucca…
Nieri con Marcellusi, i due sono amici. Ma Alessio ha un ottimo rapporto anche con altri ex colleghi come Colnaghi, Lucca…

Marcellusi e non solo

E mentre si godeva le classiche, Alessio è stato travolto dai messaggi di saluto dei suoi ex colleghi.

 «In tanti mi hanno scritto – racconta con un certo orgoglio Nieri – anche gente che non sentivo da tempo e questo mi ha fatto molto, molto piacere. Significa che mi volevano bene. Poi con qualcuno, vedi Marcellusi ci siamo proprio sentiti. Martin, oltre che ex compagno sia alla Mastromarco che alla Bardiani, è un amico vero. Lui sapeva del mio ritiro un po’ prima che dessi la notizia.

«Però, dai… si va avanti. Se guardo il bicchiere mezzo vuoto, fa male il pensiero di dire non poter più seguire il sogno di essere un corridore e che sia successo tutto così all’improvviso. Ma se guardo il bicchiere mezzo pieno, magari in Turchia quel giorno anziché restare sul ciglio del burrone ci sarei potuto fine dentro.

«Per ora so che con della fisioterapia e del lavoro specifico recupererò la parte della mobilità della schiena, cosa che mi serve anche per la vita normale». E questo è quel che conta caro Alessio.

Da professional a continental: la storia di Nieri

04.12.2023
5 min
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Testa, testa e ancora testa. Ci vuole per vincere, per tenere duro, per allenarsi forte e anche, ma forse sarebbe meglio dire soprattutto, quando le cose si fanno difficili. Quando per esempio si passa da una WorldTour ad una professional. O da una professional ad una continental. Un discorso, quest’ultimo, che abbiamo affrontato con Alessio Nieri. Il toscano è in procinto di passare dalla Green Project-Bardiani-CSF-Faizané alla Work Service-Vitalcare-Dynatek.

Nieri ha finito l’anno col tremendo incidente occorsogli al Giro di Turchia. Era ottobre e Alessio riportò delle fratture, problemi polmonari. Noi stessi raccontammo qui la sua odissea. Oggi, a quasi due mesi, da quella caduta Alessio sta meglio. Ancora non pedala ma il suo fisico è in ripresa.

«Le cose vanno meglio – ha raccontato Nieri – ho provato ad uscire in bici. Ho fatto un’oretta ma mi sono accorto che non era il caso. Sono ancora piuttosto bloccato nella parte del corpo, tra collo e schiena. Ora sto facendo esercizi di palestra, di core zone, vado un giorno sì e uno no dall’osteopata».

Alessio Nieri (classe 2001) durante i suoi esercizi dopo la caduta avvenuta il 13 ottobre scorso in Turchia
Alessio Nieri (classe 2001) durante i suoi esercizi dopo la caduta avvenuta il 13 ottobre scorso in Turchia
Alessio, partiamo dal cambio di squadra: come sei arrivato alla Work Service?

Loro mi avevano già contattato ad inizio settembre, ma io ancora non sapevo se la Green Project-Bardiani mi avrebbe tenuto o meno. Quando poi mi hanno detto che non mi rinnovavano, mi è sembrato giusto farmi risentire da loro. Conosco Mistichelli e Iommi da tempo, la loro squadra fa un buon calendario. Come dovrebbe fare una vera continental.

Quando pensi di tornare in bici?

Ormai credo dopo le Feste. Come detto per ora mi sto concentrando sul pieno recupero fisico e posturale.

Andrea Bardelli, uno dei tuoi futuri diesse, ha detto che alcuni corridori sono all’ultima spiaggia e quindi in cerca di riscatto. E’ così? 

Bardelli magari è stato un po’ crudo, ma ha detto il vero. Ci aspetta un anno importante, penso anche a Rastelli, che era con me in Green Project-Bardiani. Cercherò di dare tutto, di fare il massimo per tornare su di categoria. Correre con gli elite-under 23 è un sacrifico grande per noi che abbiamo 23-24 anni e veniamo dai pro’.

Al Tour of Qinghai Lake, Nieri ha vinto la classifica degli scalatori (foto organizzatori)
Al Tour of Qinghai Lake, Nieri ha vinto la classifica degli scalatori (foto organizzatori)
Come si affronta una stagione in questo modo?

Facendo il corridore a 360 gradi, non puoi pensare di andare a lavorare o altro. E questo vale soprattutto per noi che “torniamo giù”. L’imperativo è provare a riscattarsi.

E’ più una spada di Damocle o uno stimolo?

Per me è uno stimolo. Mi ritrovo in una categoria in cui ho già corso. La maggior parte delle gare che faremo saranno elite-under 23 e questo sarà anche un modo per confrontarsi, per capire se e quanto questi due anni tra i pro’ abbiano lasciato dei benefici. E ci si renderà conto se davvero ci sono le possibilità per tornare su tra i professionisti oppure no.

Questi due anni due cosa ti hanno lasciato?

Sicuramente una buona dose di esperienza. Correre con i pro’ è un’altra cosa, soprattutto per i chilometraggi. Ho fatto più corse a tappe in queste due stagioni anni, che nel resto della mia precedente carriera. E questo ti cambia il fisico, il motore.

Ma non sarà semplice comunque, Alessio. Oltre a vedere i numeri, spesso assistiamo dal vivo alle corse degli U23: ritmi e prestazioni non sono affatto banali. Non sarà solo una questione di gambe. Bisognerà essere pronti anche mentalmente.

No, no… altroché facile! Vanno forte. Quel che cambia è la gestione della corsa. Un conto è confrontarsi con i professionisti, con 7-8 WorldTour, come accadeva nelle professional, e un conto con i dilettanti. Le gare sono schematiche. Di qua più garibaldine.

Nieri correva nella fila della Mastromarco. Già durante il Giro U23 del 2021 Franceschi esaltò le sue doti di scalatore (foto Simona Bernardini)
Nieri correva nella fila della Mastromarco. Già durante il Giro U23 del 2021 Franceschi esaltò le sue doti di scalatore (foto Simona Bernardini)
Chiaro, tra i pro’ tutto è più gestito, ci sono ruoli e compiti specifici. Mentalmente sei pronto a questo approccio garibaldino?

Io credo di sì. Poi una certa mentalità ti torna correndo, passando del tempo con i ragazzi e parlandoci. Credo sia qualcosa che riemerge automaticamente, che fa parte del Dna del corridore.

Hai parlato dei professionisti in terza persona, significa che tu non ti senti più un pro’?

Per come la vedo io chi corre nelle continental è un pro’ a metà. E non è facile dare una definizione precisa. Sei un pro’, ma ti confronti con i dilettanti. Spesso sento dire che essendo in una continental ci si definisce un pro’, ma poi si vuol passare nelle professional o nelle WorldTour. Una continental è una grande opportunità, ma è un punto di passaggio e non di arrivo.

Il fatto che tu sei uno scalatore, anche piuttosto puro, complica le cose per una risalita?

Un po’ sì. Ma di base devi andare forte. Certo, lo scalatore ha meno occasioni di mettersi in luce. Anche perché poi le salite più lunghe si trovano nelle corse più importanti dove ci sono anche le WT o le professional. Io ho in mente Colnaghi, uomo veloce che va fortissimo, ma quando c’erano i grandi doveva accontentarsi dei quarti o quinti posti.

L’incredibile odissea turca di Nieri. Presto si riparte…

08.11.2023
5 min
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Tredici ottobre. Sesta tappa del Giro di Turchia. La più lunga, la più severa, decisiva per la classifica. La Green Project-Bardiani-CSF-Faizané è ben messa, Pellizzari lotta per le posizioni di vertice ma anche Santaromita e Nieri sono nei primi 20. Quest’ultimo è rimasto staccato sulla penultima salita, ma in discesa sta rinvenendo. Si è messo alle spalle del sudafricano Gibbons, segue le sue traiettorie.

Il corridore della Uae sbaglia però una curva, scivola. Nieri prova a frenare, ma non c’è spazio sufficiente. Il resto glielo racconteranno alla sera, in ospedale, all’inizio di una vera odissea.

«Non ricordo nulla della caduta – racconta il toscano – so solo che ho sbattuto contro il guardrail e sono volato via, mi hanno detto che sono caduto di testa e infatti il caschetto è distrutto. Ho ripreso i sensi che ero seduto, ricordo vagamente che mi stavano prestando i primi soccorsi e intanto sentivo in bocca quell’acre sapore di sangue. Mi ero morso la lingua, avevo sbattuto da più parti».

Sul viso di Alessio tutti i segni della terribile caduta. Ma i danni maggiori erano ai polmoni (foto Instagram)
Sul viso di Alessio tutti i segni della terribile caduta. Ma i danni maggiori erano ai polmoni (foto Instagram)
Che danni hai riportato?

La cosa peggiore è stato il pneumotorace, piuttosto serio che ha imposto il ricovero in ospedale. Temevano anche che mi fossi rotto qualcosa e sinceramente non capisco come sia riuscito a rimanere con la struttura ossea integra, salvo qualche microfrattura. Mi hanno messo un drenaggio al polmone e per i primi giorni sono rimasto quasi paralizzato, non riuscivo a fare il benché minimo movimento.

Quanto sei rimasto ricoverato e dove?

Ero all’Ospedale Universitario di Izmir. Sono rimasto dieci giorni lì ed è stata dura, non posso negarlo. I miei genitori volevano raggiungermi ma ho detto loro di non farlo, si sarebbero impressionati inutilmente. Ero completamente solo, con i dottori che almeno parlavano inglese, ma con gli infermieri e il personale dovevo utilizzare il traduttore dello smartphone. Per fortuna gli ultimi giorni mi ha raggiunto una mia cara amica, per me come una seconda mamma, che ha reso la permanenza un po’ più sopportabile. Almeno avevo una voce amica, in italiano…

Il toscano con Santaromita. Entrambi stavano facendo bene in classifica
Il toscano con Santaromita. Entrambi stavano facendo bene in classifica
Ed ora come va?

Almeno mi muovo. Ho però avuto una piccola recidiva al pneumotorace perché quando mi hanno tolto il drenaggio è entrata aria, quindi devo stare ancora molto accorto. Ho ancora dolori alla schiena e al polso, ma ogni giorno è un piccolo passo verso la ripresa. Il problema è che mi accorgo che l’incidente ha avuto conseguenze sulla mia impostazione fisica e questo si potrebbe tradurre in problemi una volta in bici.

Quando potrai tornarci a salire?

Per ora non se ne parla, spero entro dicembre di poter ricominciare molto piano, ma sicuramente dovrò affrontare non solo la fisioterapia, bisognerà soprattutto ritrovare il giusto assetto in bici. Sono convinto che se ci salissi ora, spingerei con una sola gamba…

Per Nieri 53 giorni di gara quest’anno, la maggior parte all’estero in un vero giro del mondo
Per Nieri 53 giorni di gara quest’anno, la maggior parte all’estero in un vero giro del mondo
Finora abbiamo parlato dell’aspetto fisico, ma quello morale?

Cerco di tirarmi su come posso. Mi è dispiaciuto molto perché la gara stava andando bene, mancava l’ultima salita e contavo non solo di dare una mano a Pellizzari ma anche di risalire ancora in classifica e sarebbe stato un bel modo per chiudere una stagione di alti e bassi. Questa insieme al Tour of Qinghai Lake in Cina era la gara a tappe più lunga, ci tenevo a chiuderla bene per mettere alle spalle due anni non fortunati, dai quali mi attendevo molto di più.

Magari un esito più fortunato avrebbe cambiato anche il tuo futuro…

Forse. Comunque sapevo già che la Bardiani non mi avrebbe confermato e avevo trovato un nuovo approdo in una continental che non posso ancora annunciare. Il team comunque mi è stato molto vicino, Amoriello che era il diesse che ci seguiva è stato con me nel giorno dell’incidente e non è mai mancato un contatto quotidiano, anche i medici hanno continuato a seguirmi anche se a distanza. Lo stesso dicasi per la nuova squadra.

Il 22enne ha mostrato il meglio al Tour of Qinghai Lake, vincendo la classifica per scalatori (foto organizzatori)
Il 22enne ha mostrato il meglio al Tour of Qinghai Lake, vincendo la classifica per scalatori (foto organizzatori)
Che ti aveva ingaggiato prima di tutto questo problema…

Esatto, ma devo dire che si sono mostrati estremamente sensibili, mi hanno lasciato tranquillo, sanno che forse non sarò già pronto per l’inizio di stagione, che ci vorrà tempo e tanto lavoro. Anche questo mi dà forza per andare avanti.

A tal proposito, il morale com’è?

Alterno giorni dove ho una grande voglia di riprendere in mano la bici ad altri dove mi chiedo se faccio bene ad andare avanti. Non nego che anche prima dell’incidente mi sono chiesto se fosse il caso di insistere, ma se mi guardo indietro mi dico che devo provarci perché in questi due anni non si è visto il vero Alessio Nieri e so che invece c’è ancora. Voglio soprattutto tornare a divertirmi, cosa che non avveniva più…

Quella in Turchia era l’ultima gara del toscano con la Green Project Bardiani
Quella in Turchia era l’ultima gara del toscano con la Green Project Bardiani
Cambierà il tuo calendario.

Indubbiamente, approdando in una squadra continental ma so che ci saranno occasioni per correre con i pro’, occasioni per andare all’estero. Si gareggerà molto in Italia, molto con gli under 23 e il fatto che la squadra sia equilibrata tra giovani ed elementi un po’ più “scafati” come il sottoscritto mi piace, se potrò accompagnare chi è più giovane di me e dare qualche consiglio. Anche questo mi spinge a rimettermi in sella quanto prima…

Alessio Nieri, apprendista alla corte dei Reverberi

21.04.2022
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E’ come un’automobile che sta completando il proprio rodaggio all’inizio di un lungo viaggio. Il motore è buono, ma ha ancora bisogno di tempo per esprimersi ai regimi più alti. D’altronde Alessio Nieri non solo è al primo anno tra i professionisti, ma corre in bici da pochissimo tempo.

La storia del ventunenne scalatore della Bardiani-Csf-Faizanè è particolare. Una sorta di passaggio di consegne tra i borghi di Santa Maria a Monte, paese suo e di Marcello Massini, storica figura del ciclismo toscano, a sua volta scopritore di Gabriele Balducci, diesse di Nieri tra gli U23.

A Negrar, sul Viale della Rimembranza, dove è posto il traguardo del Palio del Recioto, c’è tanto pubblico che osserva l’andirivieni dei corridori verso il palco per la presentazione delle squadre. Il biondo Nieri – che è nato il 13 aprile 2001, ovvero quattro giorni prima che Yaroslav Popovich vincesse la gara veronese – scambia due parole con Bruno Reverberi, venuto ad osservare i suoi ragazzi, prima di concedersi ad una chiacchierata con noi.

Alessio raccontaci come sei arrivato qui.

Arrivo dalla Mtb e corro da pochi anni considerando che in mezzo c’è stato il Covid. Nel 2018 ho corso nella Cicli Taddei quando c’erano anche Francesco Casagrande, Francesco Failli ed Alexei Medvedev. Poi l’anno successivo sono passato su strada tra gli junior con la Big Hunter. Le ultime due stagioni le ho fatte alla Mastromarco-Sensi-Nibali, con una vittoria e alcuni buoni piazzamenti. Quest’anno ho l’onore di essere alla corte dei Reverberi.

Com’è stato questo salto?

Il passaggio non è stato semplice, specialmente il primo anno, nel 2019. Non lo è stato solo per la visione della corsa o per il pedalare in gruppo ma anche per tanto altro. La Mtb ovviamente è molto più individuale rispetto alla strada, però tuttavia mi ha insegnato molto nella guida della bici. Il mio sogno è sempre stato quello di correre su strada. Per ora sta andando bene, nel modo giusto. Spero di raccogliere qualche risultato importante.

Che differenze stai notando in generale?

Sono stato sempre bene ovunque. La Mastromarco è stata una famiglia. Correvamo sempre e solo negli U23. Ora in Bardiani abbiamo l’opportunità di confrontarci in più gare con i migliori al mondo. Questo può farci migliorare e sicuramente possiamo crescere bene.

Ed in gara?

Ho già corso tanto con i pro’ finora. Tour of Antalya, Gran Camino in Spagna, Coppi e Bartali, Giro di Sicilia, Laigueglia, Per Sempre Alfredo e Larciano. Ho fatto più di venti giorni di gara, è un buon apprendistato. Noto il cambio di ritmo ed i diversi modi di correre. Le corse internazionali dei dilettanti è tutto uno scatto continuo, è difficile tenerla controllata come invece capita tra i pro’. Sono due mondi totalmente differenti nei quali si trae sempre qualcosa.

Cos’hai già imparato?

Tra Mirko Rossato, che è spesso con gli U23, Roberto Reverberi e gli altri nostri direttori sportivi siamo ben seguiti. Tutti ci danno buoni consigli, soprattutto nelle gare pro’. Ci stanno facendo maturare nel modo giusto per poter affrontare un domani il mondo dei professionisti al meglio. E poi abbiamo sempre Bruno che viene spesso a vederci e a parlarci (ed intanto lo indica con lo sguardo a pochi metri da lui, ndr).

Hai qualche obiettivo?

Ovviamente mettermi a disposizione della squadra quando mi è richiesto. Poi certo, cercare di riuscire a vincere o comunque poter tirar fuori belle prestazioni in gare internazionali. Quest’anno vorrei fare bene al Giro d’Italia U23 (l’anno scorso fece settimo nella tappa di Andalo, ndr). Infine ci terrei particolarmente a fare bella figura al Giro di Toscana-Memorial Alfredo Martini (in programma il 14 settembre, ndr). Si corre a Pontedera, praticamente a casa mia. Quella data l’ho già cerchiata nel calendario.

Prima il Covid, poi le vittorie: il 2021 della Mastromarco…

20.10.2021
5 min
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Non è stata una stagione facile per la Mastromarco Sensi Nibali, la squadra del presidente Carlo Franceschi. All’inizio dell’anno i ragazzi erano stati presi in toto dal Covid, poi per fortuna (e per bravura) sono riusciti raddrizzarla non poco.

Al Giro U23 quest’anno avevamo incontrato proprio l’esperto diesse, storico “papà toscano di Nibali”, il quale un po’ sconsolato ci disse allargando le braccia: «Si fa quel che si può». In realtà proprio in quel periodo i suoi ragazzi cominciavano a stare meglio. Ma un conto è iniziare a stare meglio e un conto è scontrarsi con chi è all’apice della stagione. C’è una bella differenza.

Carlo Franceschi è il presidente storico di questa società (foto S. Bernardini)
Carlo Franceschi è il presidente storico di questa società (foto S. Bernardini)

Finale scoppiettante

«Esatto – dice Franceschi – nella prima parte è andata così. E pertanto neanche abbiamo insistito troppo con i nostri i ragazzi in termini di preparazione. Il ferro per modellarlo va battuto quando è caldo e non quando è freddo. Perché non è tanto il Covid, ma quello che ne consegue. Per recuperare ci vuole un bel po’. E così li abbiamo fatti correre meno, abbiamo insistito meno con gli allenamenti. Quando poi abbiamo visto, anche dalle analisi, che stavano meglio e recuperavano bene, abbiamo iniziato a spingere di più.

«Da luglio in poi infatti abbiamo vinto quattro corse e non siamo quasi mai scesi dal podio. Per non perdere troppo tempo, dopo il Giro non siamo neanche andati in altura, ma abbiamo preferito allenarci a casa. Perché per andare davvero forte con l’altura serve un mese. E noi di tempo ne avevamo già speso abbastanza».

Franceschi parla di un anno che alla fine si è raddrizzato non poco. I suoi ragazzi sono stati bravi e adesso tre di loro passeranno con la Bardiani Csf Faizané.

«Mi passano Martin Marcellusi, Filippo Magli e Alessio Nieri. Marcellusi è il nostro corridore più conosciuto. Ha vinto la crono finale a Ponsacco e la settimana prima aveva vinto il Trofeo Mario Zanchi. Ha attaccato nel muro finale ed è stato fuori per tutto il giro, davvero una bella azione.

«Alessio Nieri (classe 2001, ndr) non ha vinto ma è un buono scalatore. Scalatore puro. E poi c’è Filippo Magli. Ecco, lui ha vinto una sola corsa, ma questo ragazzo ha una marea di buoni piazzamenti. E’ molto costante. Sono convinto che si troverà meglio nei pro’, che corrono un po’ più regolari, che nei dilettanti. Ha già fatto qualche gara sta stagista ed è stato a lungo in fuga».

Verso il 2022

Ma per una stagione che finisce c’è n’è subito un’altra che parte. L’altalena non si ferma e Franceschi ha già impostato la Mastromarco 2022.

«Sarà una squadra giovane – dice il tecnico toscano – una squadra composta da 12 ragazzi. Ho preso tre juniores. Probabilmente il prossimo anno raccoglieremo un po’ pochino e dovremmo lavorare in ottica futura per far crescere i ragazzi. Ma ci sta. Li alterneremo bene nelle corse».

«Se è più stimolante lavorare con questi ragazzi o con quelli già vincenti? Da parte mia è stimolante sia lavorare quando hai già il corridore buono, sia quando invece come il prossimo anno devi costruirlo. Ma è un tutt’uno. Tu ci lavori, lo fai crescere per far sì che diventi un cavallo di razza. E se riesci a farlo passare professionista dici: beh, ho lavorato bene. E sei soddisfatto». 

Ultime parole prima del via, sotto lo sguardo di Alberto Bettiol (foto S. Bernardini)
Ultime dritte parole del via, sotto lo sguardo di Alberto Bettiol (foto S. Bernardini)

Troppa fretta

E al discorso dei cicli, Carlo dall’alto della sua esperienza fa un discorso molto interessante, sullo stato del dilettantismo italiano.

«Per quel che riguarda gli U23 c’è davvero poco. E ‘un momento un po’ così. A volte ti capitano delle infornate in cui ce ne sono tanti e altre in cui ce ne sono molto pochi. In questo momento tra gli U23, a parte qualcosa che si è visto da Colpack e forse Zalf, non vedo grossa qualità in giro. E lo stesso tra gli juniores: qualche gara l’ho seguita».

«E poi oggi non si dà neanche il tempo di farli crescere e neanche di trovarli i ragazzi. Perché se c’è già uno juniores “buonino” lo prendono subito le squadre pro’. Al massimo fanno un anno da dilettanti. Non hai tempo di lavorarci su. Questi ragazzi sono sfruttati troppo tra juniores e il primo anno da U23. Hanno la scuola, la bici… troppa pressione. Io poi cerco di farli passare che debbono fare ancora un gradino di crescita. Invece oggi nella maggior parte dei casi non hanno più margini. E infatti fanno un anno o due… e poi vanno a cercarsi lavoro».