Un post qualche giorno fa in cui annunciava l’addio al ciclismo, poi un grande silenzio. Un post scritto con sapienza e lucidità, passione e consapevolezza. Così a soli 23 anni Alessio Nieri ha detto basta. O meglio, è stato costretto a dire basta.
Il corridore della Work Service-Vitalcare-Cavaliere era stato vittima di una bruttissima caduta al Giro di Turchia, sul finire della passata stagione. Era finito in ospedale e lasciato solo lì, in attesa di un medico dell’assicurazione che non arrivava mai. E’ stata poi un’amica di famiglia a riportarlo in Italia.
Lo stop
Ma se quelle erano state le botte del momento, poi sono emerse quelle a freddo. Anzi a freddissimo.
«Ci si era concentrati soprattutto sui problemi al polmone e alle costole – racconta Nieri – quindi nella zona toracica, ma poi c’era dell’altro. La volta scorsa vi avevo detto che ero risalito in bici, ma avevo ancora qualche doloretto. Andando avanti con gli allenamenti questi dolori si sono fatti sempre più intensi e forti. Così ho fatto altre analisi, altri approfondimenti ed è emerso che in pratica nella schiena, dove appunto erano concentrati questi dolori, ci sono le vertebre lombardi schiacciate ed è uscita anche un’ernia».
Fare 4-5 ore così non era certo il massimo. Anche perché parliamo di un atleta e non di un ciclista che va in bici per stare bene, per non mettere la pancia o per svago.
Decisione inevitabile
Va da sé che allenarsi così diventava impossibile per il giovane Nieri. Tra palestra, fisioterapia e quant’altro le cose non miglioravano. Anzi… Alessio faceva un allenamento in bici e poi doveva stare fermo per tre giorni. Non si può essere atleti in questo modo.
«Avevo anche ripreso a correre – spiega – per cercare di tornare pro’. Avevo fatto la Firenze-Empoli, ma poi proprio mentre iniziavo ad intensificare il tutto, le cose sono peggiorate di pari passo. Allenarsi così era impossibile e così un giorno, tornando a casa, ho detto basta. Quel che più o meno avevo capito dentro di me già da un po’ era diventato ufficiale».
Non è facile dire addio ai proprio sogni. Certo, non parliamo di un campione assoluto, ma pur sempre di un ragazzo, di uno scalatore di belle speranze.
Alessio Nieri era salito in bici piuttosto tardi. Era il 2018, allievo di secondo anno. Iniziare a correre su strada a quell’età non sarebbe stato facile. E infatti pochi gli hanno dato dato fiducia, anche perché l’anno successivo sarebbe diventato junior. Chi investirebbe su un ragazzo partito da zero o quasi in questa categoria sempre più importante?
«La Cicli Taddei mi ha dato una possibilità di correre – racconta – ma era in mtb. Ho iniziato con loro. Poi dopo qualche tempo, andavo alle corse da solo. Mi ci portava il “babbo”, Alessandro. Nei primi approcci da junior andavo benino. Ero sempre davanti, ma non ho mai vinto. La vittoria è arrivata da dilettante. Mi prese la Mastromarco-Sensi-Nibali e vinsi una cronoscalata. Poi da lì l’approdo alla Bardiani-Csf Faizanè».
Oltre il ciclismo
Chiaramente la vita di Alessio è cambiata. E lo ha fatto da un giorno all’altro. Quella che era una routine, bella e piacevole, all’improvviso è svanita. Proprio in questi giorni il toscano sta scoprendo una nuova dimensione, una nuova gestione delle sue giornate.
«In effetti è strano. Prima ti svegliavi: colazione, un’occhiata al tempo e via in bici. Tornavi che era pomeriggio. Mangiavi, seguiva un po’ di riposo ed era sera. Adesso è tutto diverso. Anche col mangiare. Sto riscoprendo tante cose».
E tra le tante cose inevitabilmente ci sono anche le idee per il futuro. Nieri ha un sogno: diventare direttore sportivo. E si sta muovendo per trovare lavoro.
«La Federazione – spiega – adesso ha allungato parecchio i tempi per diventare un direttore sportivo per i pro’. Ci vorrà un po’ di tempo, ma quello sarebbe un obiettivo. Vorrei comunque restare nell’ambiente delle corse, che continuano a piacermi molto. Per adesso sto cercando qualcosa come massaggiatore. Mi è sempre piaciuto e ho anche fatto il corso».
Nuova vita
Cambiare dimensione significa anche guardare le corse sotto un’altro punto di vista. Anche se resta il giudizio critico e ficcante di chi ha corso fino a poche settimane fa e di quel gruppo faceva parte. L’occhio è ancora quello del corridore.
«Mi sono gustato le classiche – racconta Nieri – e devo dire che Van der Poel mi è proprio piaciuto. E’ lui l’uomo della primavera. Anzi, per me lui è “il” ciclista. Ricordo anche quando correvo di essergli stato vicino in gruppo più di qualche volta. E che dire: è bello in bici. Perfetto stilisticamente. Dà spettacolo quando attacca. Ha una grande squadra per le corse di un giorno e poi è pure grosso. Uno così mica lo sposti facilmente».
Va anche detto che Nieri era uno scalatore da 55 chili o poco più, l’opposto di Mathieu! Ciò non toglie che l’iridato sia una sfinge in sella.
Marcellusi e non solo
E mentre si godeva le classiche, Alessio è stato travolto dai messaggi di saluto dei suoi ex colleghi.
«In tanti mi hanno scritto – racconta con un certo orgoglio Nieri – anche gente che non sentivo da tempo e questo mi ha fatto molto, molto piacere. Significa che mi volevano bene. Poi con qualcuno, vedi Marcellusi ci siamo proprio sentiti. Martin, oltre che ex compagno sia alla Mastromarco che alla Bardiani, è un amico vero. Lui sapeva del mio ritiro un po’ prima che dessi la notizia.
«Però, dai… si va avanti. Se guardo il bicchiere mezzo vuoto, fa male il pensiero di dire non poter più seguire il sogno di essere un corridore e che sia successo tutto così all’improvviso. Ma se guardo il bicchiere mezzo pieno, magari in Turchia quel giorno anziché restare sul ciglio del burrone ci sarei potuto fine dentro.
«Per ora so che con della fisioterapia e del lavoro specifico recupererò la parte della mobilità della schiena, cosa che mi serve anche per la vita normale». E questo è quel che conta caro Alessio.