A Bionaz Vince Tjotta, ma De Cassan ruggisce e riapre i giochi

14.07.2023
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BIONAZ – «Ve lo avevo detto stamattina. Il Giro della Valle d’Aosta non è finito». Davide De Cassan è sorridente ai 1.979 metri della diga di Place Moulin, sopra Bionaz, nella splendida e selvaggia Valpelline. Okay, Davide non ha vinto, il trionfo è andato al norvegese Martin Tjotta, ma quel che conta è che il corridore del Cycling Team Friuli c’è.

La terza tappa del Valle d’Aosta propone salite lunghe, ma pedalabili. Oggi fa anche più caldo di ieri. La squadra friulana inserisce un uomo nella fuga. Un chiaro segno che si volevano smuovere le acque.

Il norvegese Tjotta conquista la terza tappa (foto Alexis Courthoud)
Il norvegese Tjotta conquista la terza tappa (foto Alexis Courthoud)
Il norvegese Tjotta conquista la terza tappa (foto Alexis Courthoud)

De Cassan leader vero

E le acque le hanno smosse eccome. Uno scatto in un tratto intermedio, se vogliamo un po’ come Golliker ieri, ha lanciato Tjotta alla vittoria e ha tolto questa gioia a De Cassan ma il gioco del CTF è stato ottimo.

De Cassan si comporta e parla da leader. Sguardo fisso negli occhi, petto in fuori, testa alta. Davvero quando ci vede arrivare ci punta il dito e ci dice quella frase scritta all’inizio.

Quando arriva Roman Ermakov lo ringrazia. Lo abbraccia. Gli dice – in inglese – che non è riuscito a vincere, ma anche di stare tranquillo, che il Valle d’Aosta non è finito.

De Cassan "consola" Ermakov, il compagno che lo ha aiutato fino allo sfinimento
De Cassan “consola” Ermakov, il compagno che lo ha aiutato fino allo sfinimento
De Cassan “consola” Ermakov, il compagno che lo ha aiutato fino allo sfinimento
E’ vero, ce lo avevi detto: non era finita ieri a Pré de Pascal…

Volevo rifarmi della tappa di ieri. La mia squadra mi ha supportato al massimo. Questo attacco era abbastanza programmato, ma tra il dire e il fare ci sono sempre tante cose. Sono mancati 12”, tanto mi ha dato Tjotta, però il morale è alto. Vediamo domani.

Una reazione da campione Davide. Un po’ come Pogacar dopo la prima tappa pirenaica di questo Tour de France…

Eh – ride – ma lui ha vinto, io ho fatto secondo.

Però hai ancora altre tappe. E anche Pogacar non è ancora in giallo.

Vero, non è finita e io ci proverò ancora. Poi se arriverà bene, sennò pazienza. 

Cosa scatta nella testa per fare una tappa così coraggiosa? Ieri sera eri andato a letto con la rabbia, con la delusione…

No, rabbia direi di no. C’è tanta gente che mi supporta e che supporta noi del CTF, quindi volevo semplicemente dare tutto per non avere rimpianti.

Ieri avete montato rapporti piuttosto corti viste le pendenze estreme del finale, oggi qual era il tuo setup?

Ho mantenuto gli stessi rapporti: 53-36 davanti e 11-30 dietro.

Il ragazzo della Alpecin-Deceuninck, Alex Bogna, non ti dava un cambio: questa cosa ti innervosiva?

Sì, mi ha innervosito parecchio. Però il ciclismo ormai un po’ lo capisco e lui aveva il suo leader dietro di noi. Certo, avesse collaborato probabilmente quei 12” sarebbero diventati qualcosa in meno e ci sarebbe stato un altro finale di tappa, ma questo non lo saprò mai. Pazienza.

Golliker ha mantenuto la maglia gialla e Faure Prost è stato autore di un finale importante, tu però sei rientrato in classifica (12⁰ a 2’23”). Cosa cambia?

Stasera guarderò bene l’ordine d’arrivo e i distacchi. E a mente fredda decideremo cosa fare da domani.

Colpaccio Mattiussi

Sull’arrivo di Bionaz ci sono diversi personaggi della Valle d’Aosta, su tutti Federico Pellegrino, mito dello sci di fondo e medaglia olimpica, che dall’alto del palco si gode la sfida e guarda con ammirazione i ragazzi. Il gioco di squadra del Cycling Team Friuli non è passato inosservato neanche a lui. 

Autore di questa azione è Alessio Mattiussi, il direttore sportivo del team di Roberto Bressan.

Alessio, anche con te partiamo dalla reazione di De Cassan…

Ieri ci aspettavamo qualcosa di più da Davide, ma sapevamo che era in condizione. Volevamo però riprovarci, dare un segnale e far vedere chi è il CTF. L’idea appunto era quella di piazzare un ragazzo all’attacco e avere un ponte per il finale. Davide doveva attaccare da lontano e guadagnare sul gruppo, se non altro per conquistare la vittoria di tappa… che ci è sfuggita di poco.

Ieri abbiamo visto una salita ripida, oggi scalate più pedalabili: sono questi i suoi percorsi?

Secondo me, visto anche come è andato Davide lo scorso anno proprio qui al Valle d’Aosta, lui preferisce salite più lunghe con pendenze un po’ più dolci. Quindi sì: oggi era la sua tappa. Ma non finisce qui perché da domani le scalate cambiano di nuovo. La particolarità di questa corsa è che è lunga, dura e le crisi, per tutti, sono dietro l’angolo.

Ama le salite pedalabili però abbiamo visto che era molto agile, in certi frangenti quasi troppo. E’ una sua caratteristica o magari si potevano scegliere altri rapporti?

Tendenzialmente è un ragazzo che ama alzarsi poco sui pedali, sta seduto e quindi cerca di fare girare molto la gamba. E’ una sua attitudine e noi l’assecondiamo.

Come mai ieri era un po’ imballato? Stamattina dopo l’intervista video Davide ci ha detto che ieri gli altri avevano messo la sesta e lui era rimasto in quinta…

In realtà ha fatto un buon avvicinamento e una buonissima prima tappa, comunque all’imbocco della scalata finale era con i migliori. Resterà un’incognita credo, tanto più dopo aver visto come è andata questa seconda tappa. Davide però è un uomo parecchio di endurance, esce alla distanza e più il Giro è duro e più può far vedere di che pasta è fatto.

Grazie mille…

Se posso aggiungere una nota, vorrei dire un grazie ad Ermakov. Oggi ha svolto un lavoro eccezionale. Questo significa essere corridore e aver capito cos’è una squadra.

Bruttomesso, partenza a razzo pensando alla Bahrain

09.03.2023
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Una vittoria e 3 secondi posti in 4 gare. Sarebbe stato difficile anche solo pensare un miglior inizio di stagione per Alberto Bruttomesso, al suo secondo anno fra gli under 23. Il suo primo e ultimo nel Ctf, avendo già in tasca il contratto con la “squadra madre”, ossia la Bahrain Victorious. Una partenza bruciante, anche se forse quel secondo posto alla San Geo, la classica di apertura, poteva aver lasciato un po’ d’amaro in bocca, secondo quella vecchia regola che nel ciclismo non c’è podio che tenga, conta solo chi vince.

Dopo il poker di gare, Bruttomesso è “tornato in cantiere” a preparare i prossimi appuntamenti, ma intanto riguarda indietro a quanto ha fatto, al suo inizio bruciante: «Non mi sarei davvero aspettato una partenza così fulminante. Sono davvero contento, è frutto di un inverno passato bene, senza intoppi, pensando solo alla preparazione e passato per il ritiro in Spagna insieme ai ragazzi della squadra maggiore, un’esperienza illuminante. Ma credo che dietro questo inizio ci sia anche un’altra ragione più profonda».

Foto di rito in Spagna, nel ritiro congiunto della Bahrain Victorious con il Ctf, suo team Devo (foto instagram)
Foto di rito in Spagna, nel ritiro congiunto della Bahrain Victorious con il Ctf, suo team Devo (foto instagram)
Quale?

La mia preparazione è un po’ cambiata, quest’inverno ho potuto fare più ore in bici e più lavori specifici avendo più tempo a disposizione. Lo scorso anno c’era ancora la scuola e quindi avevo meno ore a disposizione, uscivo il pomeriggio finché non faceva buio. Ora posso pensare solo alla mia attività sportiva e la differenza si vede.

La scuola ti impegnava molto anche mentalmente?

Sì, era pesante soprattutto dovendo preparare l’esame di maturità e questo si rifletteva un po’ su tutta l’attività ciclistica, anche se non posso certo lamentarmi di quel che ho ottenuto nel 2022. L’esame però è andato bene, ho avuto anche un voto alto e non era assolutamente facile. Ora sicuramente posso affrontare tutto con più concentrazione e tranquillità.

Mattiussi (a sinistra) ha cambiato la preparazione di Bruttomesso, con più ore di lavori specifici
Mattiussi (a sinistra) ha cambiato la preparazione di Bruttomesso, con più ore di lavori specifici
Chi è il tuo preparatore?

Alessio Mattiussi, che proprio sapendo che avevo più tempo e testa, ha costruito per me una tabella ad hoc che seguo fedelmente e che mi sta facendo crescere.

Tu hai già in tasca il contratto con la Bahrain per il 2024. Il team principale si sta già interessando a quel che fai, ti sta seguendo nella tua crescita?

Sicuramente, intanto con 5 ragazzi del team abbiamo fatto quel ritiro prestagionale in Spagna che è stato molto importante per impostare la stagione e capire dove posso arrivare. Fusaz da quest’anno lavora sia con noi del CTF che con loro, so che il contatto è continuo e questo è importante perché ci fa già sentire della famiglia.

Questo in qualche modo influisce sulle tue prestazioni, ti senti osservato?

Non direi che cambi le cose. Io quando metto il numero di gara voglio sempre dare il 110 per cento. Di certo è uno stimolo in più, ma non sento particolare pressione, quando corro penso solo a fare il meglio per vincere, diciamo che mi scatta l’adrenalina e vado…

Una vittoria e tre piazze d’onore, si sarebbe portati a pensare che siano state prove molto simili fra loro e che questo abbia favorito la tua costanza ad alti livelli. E’ così?

No, erano prove piuttosto diverse. Iniziamo dalla San Geo, la conoscete tutti, gara con 2.000 metri di dislivello e un finale selettivo, se non vai davvero forte non emergi. Ho cercato lì di fare gara dura e più del risultato, mi ha fatto piacere scollinare davanti, eravamo in tre. Alla fine la volata è stata di una ventina di atleti. Il giorno dopo a Misano (immagine di apertura, photors.it) si gareggiava in circuito, poteva essere un percorso più semplice ma il tempo terribile ha reso la gara molto dura e lì è arrivata la vittoria.

Nel secondo weekend?

A Polese la prima parte era piatta ma poi c’erano tre salite e tutti si sono messi a spingere per eliminare gli uomini più veloci, anche lì alla fine ce la siamo giocata in non più di 25. Domenica invece era un percorso più corto e si è andati sparati, media finale di 47 chilometri orari. Io comunque ho dimostrato di esserci sempre. Ora concordato con il team c’è qualche giorno di sosta, poi inizieranno le trasferte all’estero, già dal 17 con due prove in linea prima del grande appuntamento della Gand-Wevelgem.

Bruttomesso punta ora alle prove estere, in attesa di una chiamata in nazionale (foto instagram)
Bruttomesso punta ora alle prove estere, in attesa di una chiamata in nazionale (foto instagram)
Come ti trovi nel team?

Molto bene, con i dirigenti ci sentiamo quotidianamente per parlare degli allenamenti ma anche per stringere i rapporti umani che sono fondamentali. Quando sono arrivato, conoscevo già qualche ragazzo, ma ora siamo davvero un gruppo unito di amici, ho con tutti un buon rapporto e questo si vede anche in corsa, realizzare le strategie previste è molto facile così.

Dopo una partenza così, le tue aspettative sono cambiate?

Diciamo che non guardo tanto alle gare e ai risultati, proprio in previsione di quel che sarà dal prossimo anno. Voglio migliorare come corridore, soprattutto in salita ma senza perdere il mio spunto veloce. Per questo la mia prestazione alla San Geo mi ha rincuorato, la strada è quella giusta. Prima reggevo poco il fuorigiri, ora tengo molto di più. Il prossimo anno salgo nel ciclismo che conta e voglio farmi trovare preparato da ogni punto di vista.

Il 53 dopo il muro e Buratti si prende (anche) Capodarco

16.08.2022
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Capodarco è sempre Capodarco. Il caldo, la gente, il “Maracanà” del muro, la bagarre… E tutto ciò non è mancato neanche oggi, cinquantesima edizione di questa super classica d’estate. Un po’ come la vecchia Amstel Gold Race, chi scollina in testa sul muro il più delle volte non ce la fa. Perché il rischio è quello di finirsi proprio lì. La differenza si fa dopo, sul falsopiano. E anche oggi, più o meno, è andata cosi con Nicolò Buratti.

Dal momento in cui spiana alla linea d’arrivo ci sono 300 metri, ma con l’acido lattico persino sulle dita della mano per cambiare rapporto, quelle poche centinaia di metri diventano infinite. Vince chi ha nel taschino quel briciolo di energia, quel margine che si è riusciti a tenersi sul muro.

Lo spettacolo del muro di Capodarco, borgo del fermano (foto Mario Zannoni)
Lo spettacolo del muro di Capodarco, borgo del fermano (foto Mario Zannoni)

Doppietta e sicurezza…

Buratti, classe 2001, del Cycling Team Friuli è in uno stato di grazia. La corsa è nervosa. Scatti, controscatti, continui rimescolamenti. A volte stare davanti è anche questione di “fortuna”, o quanto meno di occasione e non solo di gambe. Nicolò ha avuto entrambe.

Ma per cogliere quell’occasione spesso non bastano neanche testa e gambe, serve un terzo elemento: la convinzione. E convinzione per Buratti fa rima con GP Sportivi di Poggiana. Solo 48 ore prima Buratti aveva trionfato nell’altra (importante) classica d’estate. Il successo che mancava.

«Sapevamo che Nicolò stesse bene – dice con il fiatone il suo diesse Alessio Mattiussi, mentre risale in bici verso il podio – La vittoria a Poggiana gli ha dato quella sicurezza che gli mancava. Non che Buratti sia un timido, ma si sa, il corridore è una persona particolare che ha bisogno anche di queste conferme. 

«Nicolò ci ha messo un po’ a sbloccarsi. Il Giro under 23 era l’obiettivo, ma a parte qualche piazzamento nei dieci non è andato benissimo. E anche all’italiano, era presente nella fuga buona ma non ha finalizzato. A quel punto abbiamo deciso di risposarci un po’ e di arrivare al meglio per questo finale di stagione».

Solo due giorni fa Nicolò aveva conquistato il GP Sportivi di Poggiana, ancora davanti ad uno Zalf, Guzzo (foto Photors)
Solo due giorni fa Nicolò aveva conquistato il GP Sportivi di Poggiana, ancora davanti ad uno Zalf, Guzzo (foto Photors)

Testa e gambe

Mattiussi ci parla di un corridore sempre sul pezzo. Sempre nelle azioni importanti e soprattutto in quella decisiva. 

«Una grande fetta di merito – riprende Mattiussi – è anche di Fran Miholjevic, che ha fatto un lavorone, e di tutta la squadra direi… anche dello staff! Perché il ciclismo è così: vince uno, ma lavora una squadra. In ammiraglia mi sono venuti i capelli bianchi».

«Come a Poggiana, c’erano i migliori al mondo e anche per questo siamo contenti. Abbiamo lavorato bene. Nicolò è un passista con un ottimo spunto veloce, ma ora che ha anche preso consapevolezza, con la sua gamba se la può giocare con i migliori al mondo».

Questa corsa è veramente difficile da controllare. Il suo percorso così irregolare è un invito a nozze per imboscate ed attacchi. Azzeccare le accelerazioni giuste non è facile. Il rischio è quello di sprecare molto. 

«Quest’anno la tattica mi ha favorito – dice Buratti – e non come l’anno scorso che la fuga era partita nei primi giri in basso. Stavolta si andava ad eliminazione nei giri finali.

«Il momento chiave c’è stato a sei giri dalla fine. Quando siamo andati via in 18. Inizialmente non ero dentro, ma poi collaborando con una decina di ragazzi siamo rientrati. Da lì in poi ad ogni passaggio sul muro si staccava qualcuno e per me andava bene così».

Buratti chirurgico

Nicolò non sta nella pelle. Ammette che vincere Capodarco, un’internazionale, è una bella emozione tanto più dopo Poggiana. Tutto è amplificato. «Una doppietta importante», dice.

«All’ultimo giro – racconta – siamo rimasti in sei. La corsa si poteva decidere sullo strappo o in volata. Io ho tenuto duro. Controllavo soprattutto De Pretto, che su un arrivo così esplosivo era molto pericoloso. Sì, lui forse ha scollinato sul muro mezza ruota davanti a me, ma poi io spinto a tutta. Ne avevo».

«Come la strada è spianata ho tirato su il 53 e ho dato il massimo. Mancavano 300 metri. Sono uscito all’ultima curva ai 200 metri credendo di essere partito un po’ troppo presto. Ma ho continuato a spingere. Ai 50 metri mi sono voltato e ho visto che avevo fatto il vuoto».

A quel punto Nicolò ha festeggiato, tanto da tagliare il traguardo a mani basse… come si dice in gergo.

Il podio con Buratti, De Pretto e Marcellusi (foto Mario Zannoni)
Il podio con Buratti, De Pretto e Marcellusi (foto Mario Zannoni)

Sogno azzurro

Non sta nella pelle Buratti. E fa bene. Non solo ha messo nel sacco due vittorie importanti, che di certo incideranno in positivo anche sul suo passaggio al professionismo, ma si è messo dietro fior fior di corridori. A partire dai temutissimi ragazzi della Groupama-Fdj.

«Direi – racconta Buratti – che è un ordine d’arrivo di tutto rispetto (anche Marcellusi terzo, ndr). La concorrenza era tanta e di qualità. I Groupama erano la squadra faro, ma noi del CFT abbiamo collaborato bene».

«Credo poi che un percorso come questo sia adatto a me. Sono d’accordo con Mattiussi: sono un passista veloce, ma salite di 3-4 chilometri come quelle di Capodarco sono nelle mie corde. E si è visto… Fare il muro di Capodarco con la gamba buona è davvero bello e tutto viene un po’ più facile. Anche se poi vincere non è mai banale».

«Adesso? Adesso – aggiunge il diesse Mattiussi – tiriamo avanti fino al Giro del Friuli e poi andiamo a caccia di una maglia azzurra per il mondiale».

Giovani delle continental al Giro di Sicilia: e la preparazione?

11.04.2022
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Tra meno di 24 ore scatterà il Giro di Sicilia. Al via un parterre più che di qualità. Certo, non è lo stesso di un’Amstel o di un Giro d’Italia, ma di certo i campioni non mancano. Campioni, ma anche ragazzi, quelli delle continental.

Ebbene, viene da chiedersi come i ragazzi di queste squadre infarcite di giovani e con meno mezzi possano contrastare lo strapotere delle WorldTour.

Quattro tappe

Arrivare al meglio della condizione è quantomai vitale per questi ragazzi, per tenere le ruote del gruppo. Per resistere alla accelerazioni dei corridori più forti, per resistere bene alla distanza… Le quattro frazioni, la prima a parte, sono alquanto impegnative. In tutto 662 chilometri e 9.840 metri di dislivello.

Un impegno importante dunque per chi corre in una continental e magari ha appena compiuto 20 anni. Per questo motivo abbiamo interpellato tre preparatori (e diesse), di tre continental impegnate in Sicilia. Scopriamo come si sono preparati e come affronteranno questa corsa.

Alessio Mattiussi, giovane coach del Cycling Team Friuli (foto Instagram)
Alessio Mattiussi, giovane coach del Cycling Team Friuli (foto Instagram)

Mattiussi e il recupero

Alessio Mattiussi è uno dei preparatori del Cycling Team Friuli (in apertura foto PhotoRs). Più che preparazione, la parola chiave per lui è recupero.

«I nostri ragazzi – dice Mattiussi – vengono da ottimi training camp, soprattutto quello svolto in Spagna con il quale abbiamo gettato le basi dell’intera stagione. Hanno corso molto, spesso sia il sabato che la domenica, e più che di una preparazione ad hoc per il Giro di Sicilia dico che è importante programmare bene il recupero.

«In più si tratta di “solo” quattro tappe, come due giorni in più di quel che siamo soliti fare nel weekend. Semmai abbiamo allungato un po’ la distanza in qualche allenamento».

«Per noi si tratta di una vetrina importante ed è appunto importante arrivarci bene fisicamente e anche mentalmente. E se un atleta è stanco anche mentalmente è meno disposto a certi sforzi. E noi non vogliamo fare una corsa passiva».

Gianni Faresin, diesse e preparatore della Zalf (foto Instagram)
Gianni Faresin, diesse e preparatore della Zalf (foto Instagram)

Faresin e il dislivello

Dal Friuli passiamo al Veneto e andiamo in casa Zalf Euromobil Fior. Gianni Faresin oltre che diesse è anche un preparatore di lungo corso.

«Per noi – spiega Faresin mentre attende i ragazzi all’aeroporto in Sicilia – è già una grande soddisfazione essere presenti in questa importante corsa. Lo scorso anno ci siamo fatti vedere e quest’anno l’obiettivo è ancora quello. E per farlo non abbiamo modificato troppo la nostra preparazione».

«Non l’abbiamo modificata perché di base è buona e abbiamo già fatto corse dal chilometraggio importante come la Per Sempre Alfredo e l’Alpe Adria. In più si tratta di quattro tappe. Fossero state otto il discorso sarebbe cambiato parecchio.

«E’ vero quando le WorldTour aprono il gas la differenza si sente, ma in ogni caso abbiamo fatto corse di buon livello, come il Piva o San Vendemiano che danno qualità. L’unica cosa che semmai abbiamo implementato è stato il dislivello. In allenamento abbiamo allungato la durata delle salite proprio in ottica delle tappe siciliane, specie l’ultima (sull’Etna, ndr)».

Marco Milesi segue i ragazzi della Biesse Carrera
Marco Milesi segue i ragazzi della Biesse Carrera

La teoria di Milesi

Chi esce un po’ dal coro è Marco Milesi, preparatore e diesse della Biesse Carrera. Il tecnico bresciano fa una sorta di ragionamento al contrario.

«Per noi – dice Milesi – queste gare, così come la Coppi e Bartali sono importanti per fare la gamba e trovare la condizione per quelli che sono invece i nostri veri obiettivi, quelli alla nostra portata. Dobbiamo trovare condizione e ritmo. E infatti dopo le prime gare con i pro’ siamo andati molto bene. Noi dobbiamo pensare al Belvedere, al Liberazione…

«Poi è chiaro che ci tengono i ragazzi a fare bene, ci tengono gli sponsor».

«E per tirare fuori il meglio dai ragazzi in queste corse devo fare in modo di tirargli il collo il meno possibile, altrimenti se fanno troppi fuorigiri ne escono peggio di come ci sono arrivati. Per questo motivo, magari nei finali gli dico di mollare un po’. Ma non è facile convincerli!

«Questo discorso vale ovviamente per i più giovani. Garosio e Belleri invece, che sono più grandi ed esperti, devono tenere duro e cercare di fare risultato»

Coach Mattiussi su Olivo: il motore e il perché della rinuncia al cx

18.01.2022
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Bryan Olivo resta l’argomento del momento a quanto pare. Il talento friulano è stato più volte chiamato in causa, soprattutto per il fatto che quest’anno non ha corso nel cross dove sembrava essere un predestinato dopo la conquista del tricolore juniores della passata stagione. Bryan è passato al CTF e tra i suoi preparatori c’è anche Alessio Mattiussi (i due sono insieme nella foto di apertura).

Alessio segue Bryan già da un po’, in quanto lo stesso team di Roberto Bressan aveva posto l’attenzione sul ragazzo, lui pertanto potrà darci delle indicazioni concrete da un punto di vista tecnico. Che motore ha? È tagliato per la strada? Oppure può fare molto bene anche su pista e nel cross?

Si dice che sia fortissimo per la strada, forte per la pista e per assurdo meno portato per il ciclocross. Proprio da questi “dubbi” partiamo con Mattiussi.

Bryan Olivo, campionati europei juniores, 2020
Bryan Olivo, classe 2003, nei campionati europei juniores 2020
Bryan Olivo, campionati europei juniores, 2020
Bryan Olivo, classe 2003, nei campionati europei juniores 2020
Alessio, abbiamo visto Olivo impegnato in questi anni su più fronti. Qual è secondo te quello dove potrà fare meglio?

Bryan per tanti anni ha corso nel cross e nella strada, dall’anno scorso ha provato anche la pista. La sua vecchia squadra, l’UC Pordenone, giustamente gli ha fatto provare più discipline e forse lui è uno degli atleti più multidisciplinari che abbiamo. Su strada si è mostrato molto generoso, ha corso spesso all’attacco. Ma io sono convinto che con le sue qualità di endurance tra i dilettanti possa fare ancora meglio, perché negli juniores le gare sono più brevi, il modo di correre è più “intermittente”. Anche se quell’argento ai mondiali su pista conta abbastanza.

Come mai non è stato fatto gareggiare nel cross?

Non volevamo appesantirlo troppo. Ricordiamoci che lui adesso è un primo anno. I ragazzi hanno anche la scuola e mettere troppa carne al fuoco può essere controproducente. Noi vogliamo dargli tempo. Non è detto poi che il prossimo anno qualche gara di cross non possa farla, chiaramente programmandola a dovere.

Che caratteristiche ha il motore di Olivo?

È un corridore molto endurance, ripeto, ma analizzando i suoi dati nell’inseguimento, quindi in quei 4′ circa, si è visto che può andare molto forte anche sotto questo punto di vista, anche pensando alla sparata. Di sicuro non è un ragazzo superveloce e neanche uno scalatore. Però in salita si difende bene. Io lo definirei un passista-scalatore.

Quanto è alto e quanto pesa?

È alto 1,80 metri per 66,5 chili.

Bryan Olivo impegnato in pista con ancora la maglia dell’UC Pordenone (foto Instagram – AT Photographyy)
Bryan Olivo impegnato in pista con ancora la maglia dell’UC Pordenone (foto Instagram – AT Photographyy)
In pratica l’identikit perfetto che cerca Pontoni!

In effetti fisicamente è cresciuto molto quest’anno. Negli ultimi tre anni ha avuto un grande sviluppo, ma sono certo che trarrà grandi benefici da questo inverno. Non ha fatto il cross, è vero, ma ha lavorato molto sulla base aerobica e anche in palestra.

Prima, Alessio, hai parlato di endurance, ma come fai a capire che sono queste le sue qualità migliori?

Come preparatore il potenziometro è la nostra fonte di dati principale. Dati che assumiamo in modo costante, anche in gara, cosa che fino a qualche anno fa non era possibile. E altri strumenti ci consentono di incamerarne altri, penso per esempio alla pressione o alle pulsazioni prese al mattino. Più dati abbiamo e meglio è per il futuro. Oggi moltissimi juniores utilizzano il potenziometro, a volte anche troppo, però questo permette di verificare la crescita dell’atleta e i suoi miglioramenti. Come lo vediamo: analizzando la sua curva di potenza. Da questa emergono pregi e difetti.

E come si comporta in questo caso la curva di Olivo?

Capiamo che sia portato per l’endurance perché dopo un certo periodo di sforzo la sua curva non va mai in picchiata. Se a questo aggiungiamo che sui 10 secondi non ha valori altissimi, possiamo dedurre che sia più portato per gli sforzi prolungati.

Quindi ha ragione Bressan: in teoria nel cross non servono queste attitudini di endurance, o quantomeno non sono quelle che ti fanno emergere a livelli mondiali… Ma torniamo a noi, Alessio: tu che Olivo lo conosci già da un po’ cosa gli piace di più?

Devo dire che la prestazione in pista lo ha colpito parecchio. Bryan è cresciuto nel cross e di certo questo gli è rimasto nel cuore, però si è fidato del nostro giudizio e non ha avuto ripensamenti. Con il campionato italiano a Variano in casa, magari un pensiero ce lo ha fatto, ma è anche consapevole che adesso sta entrando nel mondo vero del ciclismo. Noi del Team Friuli, come sapete, facciamo spesso delle competizioni all’estero ed è quello il mondo che dovrà affrontare.

Lo scorso anno il corridore di Fiume Veneto ha vinto il tricolore juniores nel cross (foto Roberto Ferrante)
Lo scorso anno il corridore di Fiume Veneto ha vinto il tricolore juniores nel cross (foto Roberto Ferrante)
Che Olivo vedremo in questo 2022?

Adesso Bryan è in Spagna con il team, l’idea è quella di partire bene, di farsi vedere subito. Come ho già detto, non dobbiamo dimenticare che si tratta di un ragazzo di primo anno, che deve ancora completare la sua crescita e che ha anche la scuola, cosa che per noi è importante. Lo vedremo all’attacco. E dopo la scuola lo vedremo ancora di più. Al CTF abbiamo l’idea di fargli fare qualche corsa a tappe… una volta finita la scuola.

Bryan è cresciuto, questo vi ha fatto rivedere anche la sua posizione in bici? E lo avete ottimizzato per la strada in qualche modo?

Sì, da quando lo abbiamo preso sotto la nostra ala, in parallelo alla preparazione, c’è stata la sua messa in bici. Certamente qualche accortezza nel passaggio dal cross alla strada c’è stata, penso alla posizione un po’ più aerodinamica. Però il lavoro con lui è stato costante: tre volte l’anno lo vedevamo e tre volte l’anno adeguavamo le misure alla sua crescita.

Olivo forte su strada e su pista: vedi delle analogie con Jonathan Milan?

Jonathan è Jonathan! Lui è diventato campione olimpico ed è ancora giovanissimo. Va detto che anche Jonathan è emerso alla fine del primo anno da dilettante ed è esploso durante il secondo. Da juniores ha vinto “poco”…  e chi lo sa!

Cross, strada e pista: caro Bryan come fai?

16.01.2021
5 min
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E poi, dopo mezz’ora a parlare di Bryan Olivo con Alessio Mattiussi del CTF Lab, ti viene voglia di avere ancora 18 anni. Il campione italiano juniores di ciclocross, come ci aveva raccontato a Lecce, fa cross, strada e pista ed è il manifesto di come l’insieme delle discipline concorra a formare l’atleta a 360 gradi, dandogli le capacità tecniche, tattiche e atletiche con cui da grande potrà rincorrere i suoi traguardi.

Il Centro friulano con sede a Pradamano lo segue da due anni e nell’impostarne la preparazione, registra le sue risposte alle varie sollecitazioni, per capire quanto e come gestire la triplice attività.

Alessio Mattiussi
Alessio Mattiussi, parte dello staff del CTF Lab (Foto GF)
Alessio Mattiussi
Alessio Mattiussi, staff del CTF Lab (Foto GF)

«Fino ad ora è stato tutto possibile – spiega Mattiussi – grazie al calendario juniores, che è meno fitto di quello under 23 e soprattutto inizia più avanti nella stagione. Quando Bryan salirà di categoria, ci sarà da studiare. Quest’anno, con i mondiali di ciclocross juniores saltati, la sua stagione potrebbe concludersi prima. Correrà domani a Variano di Basiliano e poi, se la fanno, il 24 gennaio a Bassano. Poi basta».

Cominciamo dalla prima curiosità: dove lo trova il tempo per recuperare?

Non ne ha molto e per questo l’inizio dell’attività su strada a marzo ci permette di organizzarci meglio. Finito il cross, farà dieci giorni fermo. Anche se vincendo a Lecce ha preso un sacco di morale, il 2020 e poi il Covid e l’attività nel cross sono state un impegno esigente e voglio che recuperi innanzitutto a livello mentale. Poi si partirà pensando alla strada.

In che modo?

Le prime tre settimane le dedicheremo a fare il volume che gli manca nel cross. A marzo lavoreremo sull’intensità, per arrivare ad aprile pronti per correre. La base fatta ad agosto e settembre su strada gli è stata utile per iniziare a fare i lavori specifici del cross, ma adesso va ricreata.

Quindi di fatto non si potrà sfruttare la condizione del cross per la strada?

Bisognerà vedere i calendari, ma di certo calerà. Però, grazie all’abitudine di fare quei 40 minuti a tutta, confido che avrà tempi più brevi nel ritrovare la condizione.

Già al primo anno da esordiente, Olivo si divideva fra strada e cross
Al primo anno da esordiente, fra strada e cross
Guardando le foto dello scorso anno e avendolo visto a Lecce, si fa fatica a capire che corridore potrà diventare…

Fisicamente è cambiato tanto, vogliamo capire come si sta trasformando. Di sicuro non è un corridore per le salite lunghe, ma per quelle medie e per gli strappi, con la sua esplosività, lui c’è. Non è velocista, ma neanche è fermo.

La preparazione della pista si innesta su quella della strada?

Bryan era già stato in pista a livello regionale, ma dallo scorso anno ha un buon rapporto con Villa, perciò durante la stagione va anche a Montichiari. L’anno scorso il fine estate è stato impegnativo, da non trovare il tempo in cui recuperare.

Come va sul piano delle motivazioni?

E’ super entusiasta. Aver scoperto la pista, stare in mezzo ai ragazzi della nazionale, gli ha dato una super motivazione. Anche perché oltre all’ambiente, si è reso conto di quanto cresca la condizione. Di fatto, la triplice attività farà di lui un corridore completo su tutti i fronti. L’occhio e la tattica della pista e la tecnica di guida del cross compongono un bel curriculum.

Si nota la differenza nella guida?

E’ molto sveglio anche su strada e questo lo ha aiutato anche a muoversi bene in pista.

A un certo punto Bryan dovrà fare una selezione?

Bella domanda. Bisognerà capire quanto saprà essere performante ad esempio nel cross, se potrà inserirsi fra i migliori al mondo. I mondiali ci avrebbero aiutato a collocarlo. Fare tre specialità è stressante, prima o poi di deve scegliere. Se fai la stagione del cross, salti la preparazione in palestra, che è decisiva per strada e pista e non la recuperi. Il tempo è poco e la parte più complicata è fargli capire quando recuperare, perché se fosse per lui sarebbe sempre in bici e questo gli si ritorcerebbe contro.

Bryan Olivo, Ctf Lab
Nella sede del CTF Lab per mettere a punto la posizione in sella
Bryan Olivo
Nella sede del CTF Lab per mettere a punto la posizione
Le tre discipline sono una sua idea oppure è stato guidato?

Olivo rientra nella filiera che abbiamo creato con il Pordenone, quindi è nel nostro giro. Sono due anni che lo seguiamo, da quando era con il Gruppo Ciclistico Bannia, che ha dai giovanissimi agli allievi. Sono stati molto bravi a fargli provare tutto. Stiamo curando anche altri loro ragazzi saliti negli juniores e si vede che hanno una marcia in più, perché non sono sfruttati e sono completi nella loro formazione. Con loro facciamo il posizionamento e poi adesso, causa Covid, ci vediamo in videochat.

Tre discipline, tre bici diverse: come si fa?

Si tende a tenere lo stesso atteggiamento per bacino e ginocchia, la parte relativa alla gamba. Cambia invece la guida. Per cui se in strada e pista può stare più basso, nel cross serve più guidabilità. A tutto ciò si aggiunga il lavoro a secco, che si fa ogni giorno, per coltivare l’elasticità.

Che rapporto c’è tra il CTF Lab e il gruppo di Daniele Pontoni?

Con il Dp66-Giant collaboriamo da quest’anno, visto che seguivo Bryan. Daniele ci ha chiamato a ottobre per affidarci anche qualche altro atleta ed è un valore aggiunto importante. Perché noi sappiamo di biomeccanica e preparazione, ma lui ha una competenza tecnica notevole, che ci permette di completare la formazione.