Remco se ne va in Spagna. E in Belgio cosa dicono?

11.11.2022
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Remco Evenepoel lascia il Belgio e va a vivere in Spagna. La notizia, come del resto tutto ciò che fa il campione del mondo, è stata ripresa da tutti media belgi, ma al tempo stesso non ha creato indignazione, o chissà quale scalpore, come ci si sarebbe attesi da un Paese dalle forti tradizioni ciclistiche. Nessuna levata di scudi contro il talento di Schepdael. Cosa che invece avvenne per Tom Boonen quando decise di andare a Monaco, ormai una ventina di anni fa.

Remco se ne va nella zona di Alicante sulla Costa Blanca, al fine di allenarsi meglio, di sfruttare il clima migliore. Si farà costruire anche una camera ipossica.

Evenepoel con sua moglie Oumaima di origini marocchine in abiti da cerimonia tipici (foto Instagram – @mirroreffect.co)
Evenepoel con sua moglie Oumaima di origini marocchine in abiti da cerimonia tipici (foto Instagram – @mirroreffect.co)

Fuga sì o no?

«Questo trasferimento – ha detto Evenepoel – renderà tutto più semplice. Nessuno saprà cosa sto facendo e dove sono. Potrò concentrarmi sulla mia quotidianità di sportivo in un periodo in cui gli inviti in Tv sono spesso troppo numerosi». Insomma vuol sfuggire alle pressioni mediatiche e, si dice, anche ai fan troppo pressanti.

Ma è davvero così? E come l’hanno presa i suoi connazionali, sempre molto attaccati al ciclismo?

Di fronte a tanta “normalità” abbiamo coinvolto tre esperti di ciclismo belga. Si tratta del giornalista di Het Nieuwsblad, Guy Van Den Langenbergh, di Alessandro Tegner colonna portante della Quick Step di Remco e di Valerio Piva, diesse della Intermarché Wanty Gobert, che da anni vive in Belgio.

Il numero dei tifosi di Evenepoel sta crescendo. Parecchi erano anche in Australia
Il numero dei tifosi di Evenepoel sta crescendo. Parecchi erano anche in Australia

Il giornalista…

«Nessuno è rimasto sorpreso – ha detto Van Den Langenbergh – di questa sua decisione. Ormai ci sono diversi corridori che hanno fatto la scelta di andare fuori dal Belgio. In più Remco neanche ha scelto un paradiso fiscale come Andorra o il Principato di Monaco. 

«Andare in Spagna è una scelta che lui fa per allenarsi, perché il suo unico obiettivo è vincere e laggiù ha i percorsi e il clima ideale. Tutto rientra in quest’ottica di atleta di grande ambizione».

«E’ vero, Remco è molto popolare, ma non è ancora ai livelli di Boonen. In più è passato del tempo da allora. Non si tratta di lasciare il Belgio per sempre, non credo sentirà la nostalgia. Lui va lì perché, come ho detto, è motivato a fare bene, a vincere.

«E poi è un cosmopolita. Viene dal calcio. Ha giocato anche in Olanda, oltre che nell’Anderlecht, è a cavallo con la parte vallone e quella fiamminga, sua moglie ha origini marocchine… Stare in Spagna per lui non farà troppa differenza».

Tegner, marketing & communication manager della Quick Step, con Boonen, vera star di quegli anni in Belgio e non solo
Tegner, marketing & communication manager della Quick Step, con Boonen, vera star di quegli anni in Belgio e non solo

Il manager

Alessandro Tegner è responsabile del marketing e della comunicazione della Quick Step-Alpha Vinyl. Da anni è nel gruppo di Lefevere e ha vissuto anche “l’emigrazione” di Boonen. Il quale però dopo un po’ di tempo volle tornare a casa.

«Era un altro periodo – spiega Tegner – e le cose venivano vissute diversamente. Si era in piena “Boonen mania”. Non c’era ragazzino fiammingo che non avesse il poster di Tom in cameretta. Era molto famoso. Si veniva dai Museeuw, Van Petegem… ma Tom era più internazionale. Inoltre parlando con lui c’era subito una certa empatia e ci sta che la notizia fosse accolta diversamente. Poi nel tempo le necessità cambiarono: la famiglia, la figlia… e decise di tornare».

«Per Remco è tutto diverso. Anche le squadre oggi danno un altro supporto ai corridori di vertice. Quindici anni fa c’ero solo io, ora ci sono altre strutture. S’impara e si cresce anche sotto questo profilo.

«Evenepoel va in una zona della Spagna in cui non ci sono solo altri corridori, ma tanti belgi in generale. Sono tanti i connazionali che vanno a svernare lì. Un po’ come i tedeschi a Palma di Mallorca».

Tegner parla di un cambio di residenza prettamente per fini sportivi: «Remco è un metodico. Vuole programmare per tempo la sua vita. Ama avere i suoi spazi. E quella per lui è la scelta migliore. Senza contare che ovviamente laggiù si può allenare bene.

«E poi è a meno di due ore di volo dal Belgio. Quando ha bisogno prende e va. Anche qualche giorno fa è stato tre giorni in sede. Ha sbrigato degli impegni ed è ripartito. Immagino possa fare così anche per le sue esigenze familiari. Insomma, non è una fuga».

Remco Evenepoel in allenamento sulle strade spagnole d’inverno. Molto tempo ci è stato anche in primavera (foto Instagram)
Remco Evenepoel in allenamento sulle strade spagnole d’inverno. Molto tempo ci è stato anche in primavera (foto Instagram)

Il diesse

E che non è una fuga ce lo conferma anche Valerio Piva. Il direttore sportivo italiano, ex corridore, da anni vive in Belgio. Lassù ha trovato l’amore e messo su famiglia. Se vogliamo, in questo caso, è un po’ “un Remco al contrario”.

«Non ha fatto tanto scalpore la scelta di Evenepoel di andare in Spagna – ha dichiarato Piva – Sono diversi i corridori che lasciano casa in cerca di destinazioni climatiche migliori. Tanti belgi hanno la residenza in Spagna, ma qualcuno vive anche in Italia o nel Sud della Francia. A mio avviso la sua è una decisione spinta da clima e possibilità migliori per allenarsi».

Piva poi non crede totalmente che Remco scappi via da pressioni mediatiche.

«Non sono così vicino al ragazzo per poter giudicare. Dopo il mondiale ci sono state tante feste, ma non so se ha problemi a tal punto da spingerlo a lasciare Belgio. Di certo è conosciuto e laggiù sarà più tranquillo».

«La popolarità cresce in funzione dei risultati. Lui è giovane e ha già conquistato grandi gare pertanto la sua popolarità sta crescendo enormemente e penso che presto si potrà paragonare a quella di un Boonen. Ma se dovesse continuare a vincere i grandi Giri presto potrebbe essere paragonato anche in termini di popolarità ad un Merckx».

«Malinconia? Non penso potrà essere questo il suo problema. Va lì per lavoro. Si tratta di una scelta momentanea. Io abito in Belgio ma le mie relazioni con l’Italia ci sono sempre. E Remco ha con sé i suoi affetti. Anche io senza quelli non sarei rimasto qui».

Un altro anno con l’iride in casa: Tegner, come si gestisce?

04.10.2021
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Che cosa significa per una squadra, la Deceuninck-Quick Step in questo caso, aver avuto in casa il campione del mondo? E che cosa significa averlo di nuovo? In questo mondo fuori dal mondo, in cui i team non percepiscono diritti televisivi o ricavi da biglietti e gli sponsor investono cifre importanti senza alcun ritorno certificabile, fare un tuffo nel marketing di una squadra può offrire spunti nuovi. E se il responsabile di queste strategie è per giunta un amico, Alessandro Tegner, conosciuto vent’anni fa quando curava la comunicazione della Mapei e ora titolare anche di AT Communication, il viaggio finisce col trasformarsi in una lunga immersione.

«Quando hai il campione del mondo – dice Tegner, in apertura con Davide Bramati – la percezione della squadra è diversa, perché quella maglia catalizza l’attenzione. In più Julian (Alaphilippe, ndr) è un generoso e questo piace alla gente. Ma è anche un campione che deve restare concentrato, per cui cerchiamo di stressarlo il meno possibile. Pochi eventi, tre cose importanti all’anno perché possa fare bene il suo lavoro. E tutto intorno c’è invece il nostro…».

Tour 2019, Alaphilippe ancora in maglia gialla. Lefevere con lui in conferenza stampa
Tour 2019, Alaphilippe ancora in maglia gialla. Lefevere con lui in conferenza stampa
Ecco, bravo… Che lavoro fai?

Bella domanda, me lo chiedo anche io. Tanto marketing, supervisione della comunicazione e relazione con gli sponsor. E’ tutto interconnesso. I partner sono interessati alle attivazioni possibili, per cui si cerca di creare contatto fra lo sponsor e l’attività di marketing. Poi c’è Wolfpack, che è iniziato come una cosa fra noi e invece sta diventano un marchio che ci rende riconoscibili.

In Belgio il ciclismo è super popolare. E’ anche ambito dalle aziende?

Le aziende scelgono e usano la squadra per le loro campagne. Ma alle spalle, c’è un lavoro di preparazione da parte nostra perché la squadra possa diventare un traino per chi ci investe. C’è un marketing rivolto agli sponsor con asset realizzati su misura e poi c’è il marketing della squadra.

Ti ha aiutato aver lavorato prima a contatto con la stampa?

Quelli della mia età nelle squadre hanno acquisito un’infarinatura totale. Abbiamo vissuto il passaggio da analogico a digitale e la trasformazione dei team in aziende. Dal 2006 al 2014 seguivo anche le pubbliche relazioni per gli sponsor alle corse, creando campagne per valorizzare la squadra. Così ho capito come funzionava il meccansimo.

Tegner è passato dal ruolo di addetto stampa a quello di responsabile marketing
Tegner è passato dal ruolo di addetto stampa a quello di responsabile marketing
Ti intendi bene con Patrick Lefevere?

Come tutti i leader di carisma, lascia molta autonomia, ma in cambio ovviamente pretende risultati. Ci sentiamo quotidianamente. Quando arrivai in questo gruppo con Bettini, Guercilena, Bramati e pochi altri, non scommettevo che sarei durato sei mesi. Era una sfida. Invece fra poco festeggerò i 20 anni. L’esperienza Mapei e quegli anni di sperimentazione di come si potesse inquadrare una squadra come un’azienda, si sono rivelati preziosissimi.

E intanto hai persino imparato a parlare il fiammingo…

Mi piacciono le lingue. In squadra usiamo l’inglese, perché Patrick ha sempre voluto mantenere un tasso di internazionalità. Con lui parlo sempre in italiano. Ma capire una conversazione in fiammingo, con il meccanico o con lo sponsor, è un modo importante per entrare nel loro tessuto sociale. Creare sintonie e sinergie è da sempre il mio credo.

Belgio e Italia.

Belgio e Veneto. Trovo affinità fra le due culture del lavoro. Il tessuto economico della Silicon Valley del Belgio – fra Gand, Courtrai e Bruges – fa pensare a quello dell’area di Conegliano e Montebelluna, dove vivo. Dove la cultura del lavoro è ancora importante.

Lefevere è molto attivo nella cura degli sponsor e nelle fasi di rappresentanza. Qui è con Zdenek Bakala, proprietario del team
Lefevere qui con Zdenek Bakala, proprietario del team
Torniamo al campione del mondo.

Quest’anno ha vinto quattro corse. Una tappa alla Tirreno. La Freccia Vallone. La prima tappa del Tour con la maglia gialla. Il mondiale. Però si piazzato anche 14 volte nei primi cinque. Lo abbiamo lasciato correre libero, sapendo quanto pesi quella maglia e l’anno prossimo sarà lo stesso. Gli sponsor capiscono. Faremo le nostre sessioni di foto a gennaio e febbraio e poi lo lasceremo in pace.

Basta davvero così?

Cerchiamo di razionalizzare la promozione che lo riguarda. In più, tolti gli spazi fissi, gli chiediamo delle finestre in cui poter eventualmente fare qualcosa. A dicembre si fanno i programmi delle corse e quelli delle attività collaterali. Dopo la Liegi ad esempio facemmo due attività di marketing importantissime con Lidl e a casa di Julian con installazioni dei nostri sponsor. E poi altre due durante l’anno.

Julian si presta sempre?

Lui è come lo vedete. E’ così legato a questa squadra, che quando tagliò il traguardo della tappa del Tour, andò da Patrick e gli chiese se fosse contento.

Con la vittoria di Leuven, inizia il secondo ano da iridato di Alaphilippe
Con la vittoria di Leuven, inizia il secondo ano da iridato di Alaphilippe
La squadra ha lasciato andare parecchi corridori allettati da offerte superiori. C’è mai stato il rischio di perdere Alaphilippe?

Nel ciclismo di oggi, chi ha Pogacar, Roglic, Van der Poel, Van Aert e Alaphilippe difficilmente se li lascia scappare. Lui in più è anche personaggio, sa coinvolgere, viene facile tenerselo legato. E’ una grande ispirazione per gli sponsor, non si scelgono i corridori solo per il numero delle vittorie. Ha con tutti noi e con lo stesso Lefevere un rapporto bellissimo.

Hai la tua agenzia, sei un pezzo importante della squadra, cosa manca ad Alessandro Tegner?

Se devo dirvi la verità, mi manca il rapporto coi giornalisti, che negli anni mi ha permesso di avere con alcuni di loro delle relazioni umane importanti. Ma faccio un lavoro bellissimo. Sono fiero della mia AT Communication e dei miei collaboratori. Ci vediamo sabato al Lombardia. La stagione non è ancora finita e già quasi si pensa a come ricominciare.