Padovani, primo ritiro alle spalle. Il punto con Ongarato

22.12.2024
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PADOVA – L’appuntamento con Alberto Ongarato è nell’Eroica Caffè che ci è parso il luogo perfetto in cui parlare di ciclismo. La città è semi paralizzata dai lavori del tram, il traffico sembra impazzito. L’ex professionista padovano è qui per raccontarci la sua Padovani e fare il punto rispetto al primo contatto di fine agosto. Nel frattempo il progetto si è gonfiato, il budget è salito, Konychev è salito sull’ammiraglia, sono arrivate le bici Guerciotti e la squadra si è riunita nel ritiro di Abano Terme. Con la Zalf Fior e il CTF Friuli che chiudono, la nascita di una continental è una notizia.

«La Padovani ha un presidente che si chiama Galdino Peruzzo – riassume Ongarato – un grande appassionato, proprietario di Polo Ristorazione SPA che si occupa di servizi per la ristorazione. E’ subentrato a un altro presidente nel 2013 e io, fatalità, avevo da poco smesso di correre. Sapevo che Peruzzo fosse un grande appassionato e l’ho coinvolto nell’anno in cui la società stava organizzando una delle ultime edizioni del Giro del Veneto, quello a Prato della Valle. Volevano portare un personaggio di spicco per incrementare l’importanza dell’evento, visto che le corse stavano già cambiando. C’erano le WorldTour, non c’erano tantissime squadre importanti e io lo misi in contatto con Cipollini».

Alberto Ongarato, classe 1975, è stato professionista dal 1998 al 2011
Alberto Ongarato, classe 1975, è stato professionista dal 1998 al 2011
Non aveva già smesso anche lui?

Esattamente, però bisognava riconoscergli un gettone di presenza e per questo ci serviva una sponsorizzazione. Così entrai in contatto con Galdino Peruzzo e da lì siamo sempre rimasti in contatto. E quando gli hanno proposto di diventare presidente, ha chiesto la mia collaborazione.

Lo sbocco più naturale, in fondo…

Io avevo appena smesso e per i primi due anni non ho più toccato la bicicletta. Mi sono buttato a capofitto nel lavoro nell’azienda di famiglia, mentre adesso sono per conto mio e ho un’azienda – Alabastro Italiano – in cui facciamo illuminazione su misura. Quando mi hanno chiesto di entrare, ho pensato che mio nonno era stato in Padovani, mio padre anche e così pure mio zio. A casa mia, quando si parlava di ciclismo, si parlava di Padovani. Però quando sono entrato, non avevamo niente, neanche un’idea di cosa fare.

E come è andata?

Assieme a me è subentrato Martino Scarso. Noi oggi siamo i vicepresidenti e poi c’è Galdino Peruzzo, presidente e sponsor principale, e da lì siamo partiti. Abbiamo organizzato un Giro del Veneto a fine agosto 2012, che al tempo si fece insieme alla Coppa Placci, con l’arrivo a Imola per stare vicini all’Emilia colpita dal terremoto. Ma fu un’edizione un po’ balorda…

Il primo ritiro si è tenuto all’Hotel Serenissima Terme di Abano Terme (photors.it)
Il primo ritiro si è tenuto all’Hotel Serenissima Terme di Abano Terme (photors.it)
Perché?

Perché il calendario era infelice e le squadre erano in giro per l’Europa. Dopo quella volta pensai che avremmo dovuto cambiare rotta e tornare a fare squadre. Investire su una corsa professionistica è impegnativo a livello economico e non rende niente. Per questo partimmo con gli juniores.

Hai raccontato di aver lasciato gli juniores quest’anno per passare alla continental perché vedevi comportamenti che non ti piacevano nei ragazzi e nelle loro famiglie.

Dicono che ci sia tanta professionalità, ma sono chiacchiere. Il ragazzino di 17 anni ha la testa di un ragazzino di 17 anni, altro che passare professionista. E appresso ha una schiera di familiari che mette bocca. Noi avevamo fatto tutto in maniera molto seria, ma non ne valeva la pena. Per questo abbiamo pensato di fare una continental.

Non una piccola differenza…

Al contrario, il passo è stato notevole perché noi vivevamo con i nostri sponsor, principalmente grazie a Polo e non potevamo chiedergli di più. Per cui abbiamo studiato per 7-8 mesi, finché abbiamo trovato un accordo con l’attuale direttore sportivo Franco Lampugnani, che ci ha presentato Renato Marini della Coppi Gazzera. Gli abbiamo presentato il progetto e lui ha risposto che se avessimo fatto una squadra dilettantistica, ci avrebbe dato una mano. E così siamo partiti.

Konychev, nella foto c’è anche Ongarato, si è unito alla squadra per ultimo e ha guidato il ritiro ad Abano Terme (photors.it)
Konychev, nella foto anche Ongarato, si è unito per ultimo e ha guidato il ritiro ad Abano Terme (photors.it)
In che modo?

Abbiamo presentato il progetto a Peruzzo, che lo ha autorizzato il 5 agosto. Alessandro Petacchi ha accettato di fare il team manager e non credevo che ci si sarebbe buttato con tanto impegno. Chiama i corridori, partecipa. Voleva fare un progetto giovani in Toscana, invece ha accettato di venire qui. Avevamo e abbiamo bisogno di un team manager che segua la squadra, perché abbiamo tutti i nostri lavori ed è necessario dividerci gli impegni.

Come lo hai convinto?

Nel ciclismo italiano, tolti i Reverberi che hanno una professional e Basso che sembra più una squadra spagnola, ci sono solo le continental. Forse è brutto da dire, ma la realtà è questa. Quindi, secondo me, serve che i campioni di una volta diventino punti di riferimento per i ragazzi, lo staff, il personale e gli sponsor. Questo serve.

Petacchi ha accettato subito?

Mi ha detto subito di sì. Gli ho tirato per sei anni le volate, gli ho tirato anche l’ultima per entrare in questa società. Lui ci conosceva già, perché era già stato per un paio di volte alla Gran Fondo di Padova. Conosceva il presidente, conosceva tutto il personale e di là siamo partiti il 5 di agosto con l’accordo con la Coppi Gazzera. Abbiamo creato un business plan per andare in cerca di sponsor. Avevamo dei contatti e alla fine sono entrati nuovi sponsor importanti.

La squadra sarà vestita da Giordana, marchio della grande tradizione italiana (photors.it)
La squadra sarà vestita da Giordana, marchio della grande tradizione italiana (photors.it)
Nello staff ci sono anche Slongo, Guardascione, Konychev…

E ci sono anche Simone Marini, mental coach dell’Astana, e anche Luca Simoni, perché avevamo bisogno di un nutrizionista. Lui lavora all’Università di Padova, è un ricercatore biologo ben conosciuto nell’ambiente. Attualmente lavora con l’Astana e sta seguendo i nostri ragazzi.

Avete già un’idea di calendario, a parte gli inviti?

Ne abbiamo richiesti molti. Mandiamo una mail di presentazione. Scriviamo che ci sono Petacchi e Konychev. Citiamo la storicità della squadra. E adesso dobbiamo solo aspettare le risposte. Intanto abbiamo fatto il ritiro dal 10 al 20 dicembre ad Abano Terme, all’Hotel La Serenissima Terme, che è nostro sponsor. Poi ne faremo un altro più breve il 2-3 gennaio per foto e altre attività. Dal 12 al 26 partiremo per la Spagna e chiuderemo il ritiro con una corsa il 24 a Valencia. Poi tramite Garzelli, potremmo partecipare alla prima corsa per professionisti. A quel punto inizieremo col calendario italiano a fine febbraio e faremo un altro ritiro alla metà del mese. Abbiamo chiesto di andare a Besseges, ma al momento non arrivano risposte.

Tanto estero?

Faremo un calendario internazionale. Abbiamo fatto richieste in Romania, Olanda, Belgio, Francia. Faremo il calendario più importante in Italia. Abbiamo già formalizzato la richiesta di invito alla Coppi e Bartali e tutte le prove che si possono fare. Mi auguro che ci invitino in più corse possibili fra i professionisti. Vorremmo farle tutte, vediamo se ci vogliono. Bisognerebbe favorire certe esperienze, soprattutto se l’attività in Italia è portata avanti da queste squadre.

La Sc Padovani Polo Cherry Bank ha 8 elite e 5 under 23 (photors.it)
La Sc Padovani Polo Cherry Bank ha 8 elite e 5 under 23 (photors.it)
Qual è il vostro obiettivo?

Fare sì che la Padovani torni ad avere una squadra importante. Non come negli anni 60 perché è cambiato il mondo ed è cambiato il ciclismo. Eppure per come siamo organizzati, con la tecnologia e le organizzazioni che abbiamo messo in piedi, con lo staff e i corridori, abbiamo 250 punti, che non sono pochi. Nel frattempo, nell’ultimo anno, abbiamo studiato le altre continental. Ci sono quelle serie e quelle che lo sono solo di nome. Secondo me, noi partiamo da un livello molto alto, ma l’obiettivo è crescere. E non vorrei dire altro, perché per ora siamo giusti così.

Una continental è a suo modo un’azienda?

Decisamente. I budget sono importanti, stiamo lavorando bene sotto l’aspetto marketing e social. Con gli sponsor abbiamo in progetto nei prossimi sei mesi di portare a bordo dei nomi importanti. Lavorando bene, se le cose si incastrano con un po’ di fortuna, possiamo anche pensare di fare il salto di qualità. Ma per adesso stiamo bene qua.

L’organico non è molto sbilanciato verso gli under 23.

Abbiamo 5 ragazzi elite e 8 under. Abbiamo iniziato a cercare i corridori il 5 agosto, abbiamo dovuto formare da subito l’ossatura della squadra, per cui faremo le corse più impegnative con gli elite. Siamo anche convinti che l’under 23 non sia pronto per il professionismo, malgrado qualcuno sostenga che a 20 anni si debba passare per forza. E’ lo sbaglio più grande. Per stare di là bisogna avere una certa esperienza, una certa resistenza, una certa testa. Però faremo anche attività con gli under 23. Abbiamo due ragazzi che secondo me possono tranquillamente puntare a passare professionisti e secondo me non ci vanno lontano.

Dal 2006 al 2008 Ongarato ha corso con Petacchi alla Milram: nel treno c’erano anche Velo e Sacchi
Dal 2006 al 2008 Ongarato ha corso con Petacchi alla Milram: nel treno c’erano anche Velo e Sacchi
E tu nel frattempo hai ricominciato ad andare in bicicletta?

Dopo quei due anni famosi, Fondriest mi invitò a fare una randonnée a Reggio Emilia. Non avevo la bici e neanche il casco e gli scarpini. E lui mi disse che mi avrebbe fatto trovare tutto in albergo. Arrivai alle dieci di sera e quando entrai nella stanza e vidi la bici, fu una folgorazione. Si è accesa la luce. Il giorno dopo ho fatto quei 40 chilometri, ma mi sono portato via la bicicletta e ho ricominciato a uscire. Piano piano, ma con regolarità.

Vent’anni dopo la sua Sanremo, quella del 2025 con Petacchi

15.12.2024
7 min
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Alessandro Petacchi ha vinto la Milano-Sanremo nel 2005 con uno sprint imperiale. Erano anni in cui spesso si arrivava in via Roma con il gruppo compatto e a spuntarla erano i velocisti. Nel frattempo il ciclismo è cambiato, e vedere la Classicissima decidersi con una volata di molti corridori è diventato sempre più raro. E forse per questo più affascinante.

Abbiamo raggiunto al telefono Petacchi per farci raccontare quali sono, secondo lui, i possibili scenari della prossima Sanremo, che si correrà il 22 marzo 2025. Vent’anni dopo la sua. 

Il podio della Milano-Sanremo 2024: Michael Matthews, Jasper Philipsen, Tadej Pogacar
Milano-Sanremo 2024, Jasper Philipsen e Tadej Pogacar
Petacchi, parliamo di Milano-Sanremo, la classica più imprevedibile del calendario.

La Sanremo è la gara più incerta tra le cinque Monumento, perché è la prima della stagione, il percorso è vario e conta anche più del solito la condizione degli atleti. Ogni edizione sono almeno 10-15 che possono vincerla. Non come il Lombardia o la Roubaix, dove i nomi sono due o tre. La Sanremo è sicuramente la più complicata da indovinare e la sua bellezza sta esattamente lì.

Iniziamo da sua maestà Pogacar. Il 2025 potrebbe già essere l’anno buono per quella che è forse la Monumento più difficile da vincere per lui? 

Sicuramente il suo obiettivo è vincere più classiche possibili. L’ha detto e ridetto, e l’ha anche fatto. Quel che è certo è che se l’ha vinta Nibali, può vincerla anche lui. Sa che deve fare il diavolo a quattro in salita perché non può arrivare in una volata di gruppo. Deve avere anche un po’ di fortuna, lui stare benissimo e gli altri un po’ meno. Ma questa è la Sanremo ed è il suo bello, la può vincere davvero qualunque tipo di corridore.

Lo scatto di Pogacar sul Poggio nell’edizione 2024
Lo scatto di Pogacar sul Poggio nell’edizione 2024
Se fossi in ammiraglia della UAE che tattica faresti? L’anno scorso hanno spremuto la squadra sulla Cipressa ma poi sul Poggio il capitano non aveva più molti uomini…

Per come la vedo io non hanno sbagliato più di tanto. Sul Poggio non serve troppo la squadra, quando sei nelle prime posizioni e hai 2-3 compagni bastano, talmente si va veloce. Comunque cercherei di portare gli uomini più adatti, passisti-scalatori, anche se è normale che la UAE abbia corridori più da corse a tappe. Per dire, uno come Adam Yates non è adattissimo alla Sanremo. 

Quindi come li faresti muovere?

Farei lavorare la squadra sulla Cipressa perché è lì che devi mettere tutti al limite, soprattutto i velocisti, cosa che l’anno scorso non gli è riuscita. Perché se vai in difficoltà sulla Cipressa, la Sanremo non la vinci, questo è chiaro. Poi Wellens e Del Toro me li terrei sul Poggio. Però devono stare anche loro bene, anzi benissimo, e non è facile. Ricordiamoci che comunque l’anno scorso Pogacar ha fatto terzo nonostante gli scatti in salita. Non avevo mai visto una cosa simile, di solito chi attacca lì poi si stacca. Ma lui è Pogacar e infatti è un corridore eccezionale, ed è giusto che vinca questa corsa prima o poi.

L’abbraccio fra Van der Poel e il vincitore 2024 Jasper Philipsen
L’abbraccio fra Van der Poel e il vincitore 2024 Jasper Philipsen
L’altro grande favorito è Van der Poel. La sensazione è che l’anno scorso più che cercare di vincerla abbia voluto farla perdere a Pogacar per favorire Philipsen. Credi che nel 2025 andrà ancora così?

Credo che Van der Poel farà la sua corsa fino in cima al Poggio e poi vedrà. Se poi in fondo alla discesa ci dovesse essere ancora Philipsen, credo che correrà per lui. Se invece già sul Poggio lui e Pogacar riuscissero ad andare, credo si darebbero cambi regolari fino in fondo, anche perché, almeno in teoria, Van der Poel in volata sarebbe avvantaggiato. Quest’anno ha tirato un po’ il freno in discesa, anche perché aveva già vinto la Sanremo, l’anno prossimo vedremo, potrebbe essere sia questo che quello.

Un altro favorito ogni anno è Van Aert, che sembra fatto apposta per questa gara. Non a caso è l’unica Monumento che ha vinto finora. Dopo le cadute del 2024 sarà ancora capace di essere tra i protagonisti?

Mi è dispiaciuto tanto che quest’anno sia caduto prima di Fiandre e Roubaix.  Avevano ragionato bene, facendo meno gare più mirate, un avvicinamento perfetto. Speriamo che questo sia il suo anno buono. Certo, se scattano Van Der Poel e soprattutto Pogačar, Van Aert non può cercare di rispondere, deve tenerli il più vicino possibile salvando la gamba, senza per forza seguire in prima persona. Anche perché Pogačar peserà 15 chili in meno di lui. Comunque gli scenari sono tantissimi. 

Julian Alaphilippe Wout Van Aert
Van Aert ha vinto la Sanremo nel 2020, battendo allo sprint Alaphilippe
Julian Alaphilippe Wout Van Aert
Van Aert ha vinto la Sanremo nel 2020, battendo allo sprint Alaphilippe
Per esempio?

Se nel gruppetto in cima al Poggio ci fosse ancora Philipsen, per Van Aert andrebbe bene, perché così potrebbe temporeggiare e capire un po’ la situazione. Se dovesse arrivare in una volata a due contro Van der Poel l’olandese credo sarebbe avvantaggiato, perché la velocità di partenza sarebbe probabilmente più bassa. In uno sprint a tre, invece, magari proprio con Pogacar che dovrebbe anticipare, potrebbe essere avvantaggiato Van Aert. Quali che siano gli scenari, quando uno come Van Aert parte e sta bene può sempre vincere, quindi non si può non considerarlo.

Passiamo a Matthews, che l’anno scorso è arrivato secondo, e sembra voglia puntarci ancora. Secondo te se la può giocare contro gli altri mostri sacri?

Credo proprio di sì. Si è già piazzato molto bene, è vero che comincia ad avere una certa età ma è molto veloce, e tra quelli veloci è quello che forse fa meno fatica in salita. Pur con le dovute differenze mi ricorda Freire, che non a caso ha vinto tre Sanremo. Matthews deve fare un po’ la stessa gara di Van Aert, cercare di resistere e poi fare la sua volata. Come tra l’altro ha fatto quest’anno, dove non a caso è arrivato secondo per pochissimo. Anche perché l’arrivo è ottimo per lui, tende un po’ all’insù, la velocità non è mai altissima e si equilibrano le forze.

Nel 2024 Michael Matthews ha sfiorato la vittoria, arrivando secondo di un soffio
Nel 2024 Michael Matthews ha sfiorato la vittoria, arrivando secondo di un soffio
Anche Pedersen è un nome da tenere in grande considerazione?

Sicuramente. Anche se uno che col suo fisico ha bisogno di alte velocità per dare il meglio, è anche capace di partire lungo, ai 300 metri, perché vuole lanciarsi al meglio. In una Sanremo può fare una grande volata, è un arrivo adattissimo a lui. Se scollina il meglio possibile e poi, magari, ha ancora uno come Stuyven a fianco, per gli altri sono dolori. Ecco, se io avessi un compagno come Stuyven in una gara così, lo seguirei come un’ombra.

Parlando di compagni di squadra di Pedersen, Milan potrebbe avere delle possibilità o il tracciato è troppo duro per lui?

L’ostacolo per lui potrebbe essere non il Poggio, ma la Cipressa. Anche se il primo vero scoglio è Capo Berta, io capivo lì se potevo vincere oppure no. Ci arrivi dopo 260 km veloci e lì fai il primo vero sforzo, perché tutti vogliono stare davanti per non correre rischi in discesa e lì capisci come stai. Quest’anno Milan ha speso molto già sul Berta e poi infatti ha pagato sulla Cipressa. Ma se la prossima volta riuscisse a stare bene a ruota e risparmiare energie, perché no. Anche se non è facile per lui avendo in squadra un corridore come Pedersen, in teoria più adatto. Però in Lidl-Trek potrebbero voler provare a giocarsela con le due punte, e allora può provare a fare la sua gara. Gambe permettendo, naturalmente.

L’anno scorso Ganna ha dimostrato di potersela giocare con i migliori
L’anno scorso Ganna ha dimostrato di potersela giocare con i migliori
Un italiano che abbiamo visto brillante l’anno scorso è Filippo Ganna.

La Sanremo è una gara a cui tiene e in cui ha dimostrato di poter fare molto bene. Peccato per quest’anno: era in ottima posizione sul Poggio, ma poi ha avuto quel problema al cambio. Lui può provare uno scatto appena dopo la discesa, anche se è in un gruppetto di 10-15 corridori e se parte da dietro ce la può fare. Un chilometro e mezzo ai 60 all’ora lui ce l’ha… Poi chiaro che sarebbe più facile se tutti fossero isolati, senza compagni di squadra, perché chi va a prenderlo poi ha perso.

Quali sorprese potrebbero esserci l’anno prossimo?

Se ci fosse un meteo avverso allora potrebbe cambiare tutto. Un corridore singolo in gran forma soffre meno anche il freddo e la pioggia, ma le squadre invece sono più disunite, le discese fanno più selezione, c’è più nervosismo generale. E questo conta, molto.

Secondo Petacchi una possibile sorpresa potrebbe essere il giovane belga Arnaud De Lie, qui in fuga con Van der Poel
Secondo Petacchi una possibile sorpresa potrebbe essere il giovane belga Arnaud De Lie, qui in fuga con Van der Poel
Per quanto riguarda possibili outsider invece?

Bauhaus è uno che ci prova sempre, uno tosto, potrebbe regalare sorprese. Poi anche De Lie è un corridore che può vincere una Sanremo. Va forte negli strappi, è vero che è molto giovane, ma ha grandi qualità.

Alessandro, finiamo con una domanda impossibile per la classica più imprevedibile. Ma dopotutto siamo qui apposta. Vent’anni dopo di te, chi vince?

Diciamo che vedere vincere la maglia di campione del mondo è sempre bello… Se vince la Sanremo contro un lotto di avversari di questo calibro, che sono sulla carta molto più adatti a lui a questa corsa, sarebbe davvero qualcosa di unico. D’altronde Pogacar ci ha abituati a stravolgere le normali regole del ciclismo. 

Petacchi: «Ursella con noi per diventare un velocista completo»

21.11.2024
5 min
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La SC Padovani Polo Cherry Bank è l’ultima arrivata tra le formazioni continental italiane, almeno sulla carta, vista la lunga storia che contraddistingue il team. La squadra veneta ha già iniziato a svelare piano piano i nomi della rosa in occasione del 2025. Tra questi spicca quello di Lorenzo Ursella, velocista friulano che tra gli juniores faceva tremare gli avversari. Dopo due stagioni non felici in Olanda al devo team della DSM era tornato in Italia alla Zalf. La stagione scorsa non è andata secondo le aspettative, nonostante una vittoria di tappa al Giro del Veneto. 

Ursella nel 2024 ha corso con la Zalf Euromobil, qui la vittoria della terza tappa al Giro del Veneto (photors.it)
Ursella nel 2024 ha corso con la Zalf Euromobil, qui la vittoria della terza tappa al Giro del Veneto (photors.it)

Velocista puro

In Ursella però la SC Padovani Polo Cherry Bank ci crede, forti anche delle figure tecniche di spessore che sono riusciti a portare a bordo. Uno dei consulenti del team è Alessandro Petacchi, velocista in grado di vincere 22 tappe al Giro d’Italia, 20 alla Vuelta e 6 al Tour de France. Il profilo di Lorenzo Ursella è quello di uno sprinter puro, forte e robusto. Al quale però bisogna trovare la giusta dimensione nel ciclismo moderno (Petacchi e Ursella sono insieme nella foto di apertura insieme a Ongarato, photors.it)

«Ursella è un corridore pesante – dice Petacchi – sicuramente. Ho avuto modo di vederlo nei primi giorni e durante i vari test è emerso che comunque ha una massa grassa ridotta. Lui a regime normale pesa 80 chili e sono tutti muscoli. Io stesso da corridore pesavo sei chili in meno, e nel ciclismo sono tanti. In una salita al 6 o 7 per cento vuol dire dover fare 35/40 watt in più solamente per tenere il gruppetto».

Il corridore friulano ha un fisico imponente, da velocista puro
Il corridore friulano ha un fisico imponente, da velocista puro
Dovrà migliorare parecchio…

Allenarsi, più che altro. Lui ha una gran voglia di fare e questo è positivo, già questo inverno abbiamo fatto fatica a farlo rimanere fermo. La squadra avrà nello staff una figura come Paolo Slongo, preparatore dalle ottime conoscenze tecniche. Ursella dovrà essere bravo ad ascoltarlo. Penso che lavorare con una figura come quella di Slongo gli farà fare uno step in più. 

Ursella ha passato tre anni difficili.

Questo è vero, si era un po’ perso dopo i due anni all’estero. E’ un ragazzo che cerca fiducia e conferme, noi cercheremo di seguirlo al meglio. Le qualità ci sono, ciò che ha fatto vedere da juniores è nella memoria di tutti, non può passare in secondo piano. 

Ursella dovrà migliorare tanto in salita, per resistere anche nelle gare più impegnative (photors.it)
Ursella dovrà migliorare tanto in salita, per resistere anche nelle gare più impegnative (photors.it)
Il suo profilo è quello di un velocista puro, figura che sta scomparendo in questo ciclismo?

Non penso. Deve migliorare nelle gare ondulate o nelle tappe difficili. Ci sarà da fare un bel lavoro di resistenza per superare certe difficoltà altimetriche. Lo spunto veloce non lo perde. Secondo me poi nel nostro team si troverà bene. 

Perché?

Non abbiamo uno scalatore puro, ma tanti passisti o passisti-scalatori. Penso riusciremo a impostare un treno di tutto rispetto per Ursella, cosa che gli agevolerà parecchi aspetti della corsa, non ultimo le volate. La Padovani non ha preso un velocista solo per far numero, ma perché ci crede e vuole dargli il giusto supporto. 

Le qualità che il friulano dovrà allenare saranno resistenza e fondo
Le qualità che il friulano dovrà allenare saranno resistenza e fondo
Nelle gare piatte ha fatto vedere di sapersi muovere.

Come squadra faremo la doppia attività, quindi in gare come la Vicenza-Bionde, Popolarissima o gare a tappe con volate nel mezzo faremo il lavoro per lui. Certo che poi tocca a lui diventare più resistente nelle frazioni di montagna, non si può ritirare alla prima tappa dura. 

E come si migliora questo aspetto?

Abituandosi a correre e facendo fatica. Deve arrivare ad avere il giusto ritmo nelle salite lunghe o medio-lunghe. Gestire lo sforzo è importante, ma deve farlo con l’ottica di resistere o comunque di non perdere troppo le ruote. Migliorare nei percorsi mossi è fondamentale poi per le corse a tappe, perché il velocista nelle giornate difficili deve salvarsi, ma anche riuscire a smaltire in fretta lo sforzo, altrimenti il giorno dopo la volata non la fai comunque. 

Ursella avrà al suo fianco compagni di squadra pronti a scortarlo nelle volate (photors.it)
Ursella avrà al suo fianco compagni di squadra pronti a scortarlo nelle volate (photors.it)
Anche perché se si guarda al professionismo non esistono più le tappe piatte. 

Esattamente, ma anche tra gli under 23 scarseggiano. Al Giro Next Gen non può arrivare e ritirarsi alla prima salita. Per fare questo sarà importante allenare il fondo e la resistenza. Non è l’unico velocista con un fisico imponente, se si guarda ai professionisti mi vengono in mente Groenewegen e Milan. Giusto per fare un esempio. 

C’è il rischio di snaturarlo?

Non parlerei in questi termini. C’è da lavorare. Deve arrivare a pedalare in salita in una zona di fatica in cui accumula meno acido lattico possibile e poi deve riuscire a smaltirlo. Non deve restare con i migliori. Anche io, che ero un velocista che teneva in salita, comunque facevo gruppetto. La cosa fondamentale è riuscire a gestire lo sforzo al meglio senza andare alla deriva. Ursella in volata è forte, quelle qualità non si perdono. Dovrà curare maggiormente il resto.

Cinque saluti particolari (ma di cuore) a Pozzovivo

20.10.2024
7 min
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La settimana scorsa, tagliando il traguardo di Como al Lombardia, Domenico Pozzovivo ha chiuso la sua carriera. Dopo 20 stagioni da professionista lo scalatore lucano ha detto basta. Tredici vittorie, 42 anni, tante cadute, mille problemi, ma una grinta e un cuore grosso così lo hanno reso uno dei corridori più amati in assoluto. Splendido (e doveroso) l’omaggio che il gruppo gli ha riservato a Roma nel finale del Giro d’Italia.

Pozzovivo è da tutti giudicato come un esempio. Un esempio di abnegazione, perseveranza, educazione. E fino alla fine è rimasto a livelli altissimi, proprio per questa sua devozione verso la vita da corridore.

Riallacciandoci a quell’omaggio del Giro, vi proponiamo cinque saluti di cinque personaggi che “Pozzo” ha incrociato lungo la sua carriera.

Giro del 2013, Pozzovivo trionfa a Lago Laceno. È la sua vittoria più importante e l’ha ottenuta con la maglia di Reverberi
Giro del 2013, Pozzovivo trionfa a Lago Laceno. È la sua vittoria più importante e l’ha ottenuta con la maglia di Reverberi

Dall’inizio alla fine

Non possiamo non partire da Roberto Reverberi. Il manager e direttore sportivo della VF Group-Bardiani si ritrovò Domenico già nel 2005 quando iniziò la sua avventura tra i professionisti. All’epoca la sua squadra si chiamava Ceramica Panaria. Domenico vi restò otto anni e dopo 11 ci è ritornato per chiudere.

«Un ricordo del Pozzo? Tutti i rimproveri che si è preso in questi anni! All’inizio, quando era giovane, andava un po’ guidato, però professionalmente è stato il numero uno e potrebbe correre altri due anni, proprio perché si sa gestire benissimo. Vi dico questa: dopo l’ultimo Memorial Pantani è partito immediatamente per l’Etna. Voleva fare un po’ di altura per il Lombardia. Pensate che concentrazione fino alla fine».

Una volta noi stessi assistemmo ad un siparietto tra Reverberi e Pozzovivo. Si era al Cicalino, la tenuta toscana dove la squadra di Reverberi va abitualmente in ritiro. Nel pomeriggio, al termine di un allenamento, Roberto aprì il frigo e prese uno yogurt. Poco dopo arrivò Domenico. Andò al frigo e non trovò il suo yogurt. «Chi lo ha preso?». Nessuno rispondeva. Roberto rideva sotto i baffi. «Ma non fu l’unico caso. Una volta gli presi dei fiocchi di riso. Fiocchi particolari».

«La prima volta che incontrai Pozzovivo fu al Giro d’Abruzzo. Lui non era in gara. Aveva 18 anni e l’anno dopo sarebbe passato under 23. Era nella mitica Volvo di Olivano Locatelli. Pensavo fosse suo figlio. Invece Olivano mi disse: “Vedi questo ragazzino? Un giorno vincerà il Giro d’Italia”. Mi voltai ed era davvero un bambino. Sembrava avesse 13 anni. Qualche anno dopo me lo ritrovai in squadra».

Al Lombardia l’organizzazione ha regalato a Domenico e sua moglie Valentina un body-ricordo per il nascituro di casa Pozzovivo
Al Lombardia l’organizzazione ha regalato a Domenico e sua moglie Valentina un body-ricordo per il nascituro di casa Pozzovivo

Lo scalatore e il velocista

Un po’ come il diavolo e l’acqua santa. Uno alto e sprinter, l’altro basso e scalatore. Cosa c’entra Alessandro Petacchi con Domenico Pozzovivo? Probabilmente nulla, se non che spesso sono stati agli antipodi e protagonisti, in modo diverso, di molti Giri d’Italia e Tirreno-Adriatico.

«In effetti siamo stati due corridori completamente diversi, agli opposti direi: lui un piccolo scalatore, io un velocista alto. Però Pozzo mi è sempre piaciuto, spesso lo andavo a cercare e adesso mi è capitato di commentare le sue gare.

«Credo che Pozzovivo sia un esempio di grande professionalità e un ragazzo educatissimo. Ha dimostrato sempre di rialzarsi ad ogni difficoltà, non ha mai mollato… e ne ha avute di occasioni per dire basta. Negli ultimi anni l’abbiamo visto correre con un gomito in condizioni pessime, ma questo non lo ha scalfito. Me lo ricordo in una gara a tappe che non poteva alzarsi sui pedali proprio per il problema al gomito. Domenico è stato la personificazione della sofferenza del ciclista, di cosa vuol dire correre in bici. Credo non abbia mai avuto bisogno di un preparatore o di un nutrizionista, tanto era preparato e informato.

«Domenico deve essere l’esempio per i giovani. Magari per Pellizzari che si è ritrovato un compagno come lui: spero che Giulio ne faccia tesoro».

Gasparotto e Pozzovivo nell’arrivo della Liegi 2018. Il lucano precedette il compagno di squadra. Tra i due c’è grande rispetto
Gasparotto e Pozzovivo nell’arrivo della Liegi 2018. Il lucano precedette il compagno di squadra. Tra i due c’è grande rispetto

Rivale e compagno

C’è poi Enrico Gasparotto, oggi diesse della Red Bull-Bora Hansgrohe. I due sono stati compagni prima alla Bahrain e poi alla NTT. Si conoscevano da anni, da quando battagliavano tra gli under 23.

«Cosa dire su Pozzo? Siamo stati compagni di squadra, abbiamo condiviso allenamenti, camere e qualche volta i barbecue al lago a casa mia. All’inizio abbiamo avuto un rapporto di amicizia vera e profonda, poi un po’ questa si è incrinata per la storia del piazzamento alla Liegi del 2018. Lui fece quinto, io sesto passandomi sulla linea d’arrivo. Però c’è sempre stato mutuo rispetto e gli ho sempre voluto bene».

Gasparotto è stato anche un amico e confidente in qualche modo. Essendo entrambi di stanza a Lugano, Enrico è stato parecchio vicino a Domenico dopo l’ultimo grave incidente.

«Quando ha avuto l’incidente si stava allenando dalle sue parti. Lo abbiamo aiutato per farlo rientrare in Svizzera con l’eliambulanza. Passò diverse giornate in ospedale a Lugano, dove fu operato. Andavo a trovarlo e qualche volta, quando era solo, lo imboccavo in quanto non poteva muovere le braccia.

«Gli ho consigliato di non rischiare dopo il grave infortunio che ha avuto al braccio, di cercare di inventarsi qualcos’altro nella vita e di non insistere troppo col ciclismo, perché poteva essere pericoloso per lui in quelle condizioni. Magari queste cose dette in maniera brutale gli hanno fatto un po’ male, ma gliele ho dette perché non avrei mai voluto vivere un altro momento simile. Volevo fargli capire quanto era importante la vita anche dopo il ciclismo».

Il vecchio e il giovane: Fortunato Baliani ha accolto con amicizia Pozzovivo ai tempi della Panaria
Il vecchio e il giovane: Fortunato Baliani ha accolto con amicizia Pozzovivo ai tempi della Panaria

Il testimone di nozze

Ricordate Fortunato Baliani? Un “gregarione”, un attaccante che non mollava la presa. Lui ha qualche anno in più di Pozzovivo, ma tra i due ci fu subito un bel feeling. Oggi Baliani gestisce una pizzeria nei pressi di Spoleto e di “Pozzo” è ancora molto amico, tanto che è stato il suo testimone di nozze.

«Conoscendolo bene, per lui questo addio è una mezza morte. So quanto ama il ciclismo e il suo mestiere. Spero possa restare nell’ambiente a differenza di me. So che lui ci tiene. Come è nata la nostra amicizia? Io l’ho accolto quando arrivò in Panaria. Facemmo un primo ritiro insieme a Fuerteventura, poi un altro e un altro ancora. Eravamo sempre in stanza insieme. E anche quando ci ritrovammo in team diversi continuammo a sentirci e a prenderci in giro.

«Gli ricordo spesso quando lo battei sul Maniva al Brixia Tour… E sì che lui in salita era molto più forte di me! Io feci primo e lui secondo. Ma gli andò bene perché vinse la generale».

Una domenica, noi stessi, incontrammo Pozzovivo in una granfondo a Rieti, non lontano da Spoleto. Gli chiedemmo cosa ci facesse da quelle parti e ci disse che ne aveva approfittato in quanto era a casa di Baliani. 

«Domenico veniva spesso da me anche d’estate. Io avevo una casa a Castelluccio di Norcia e andavamo in ritiro lassù. La prima volta era il 2008. Gli piacque talmente tanto che ci tornò anche negli anni successivi».

Giro 2023: un selfie tra lucani. Verre con il suo mito…
Giro 2023: un selfie tra lucani. Verre con il suo mito…

L’erede

Chiudiamo con un saluto particolare, quello di Alessandro Verre. Il corridore dell’Arkea-B&B Hotels ha tanti punti in comune con Pozzovivo a partire dalla terra di provenienza e dall’essere scalatore. In qualche modo Alessandro è cresciuto nel mito di Pozzo.

«Ho conosciuto Domenico di persona abbastanza tardi, al Laigueglia del 2022 al mio primo anno da pro’. Eravamo appena partiti e mi sentii gridare: “Uè giovane”. Iniziammo a parlare. Siamo entrambi lucani, ma non abbiamo mai avuto tante occasioni per stare assieme».

I due si sono allenati insieme per la prima volta solo lo scorso gennaio: «Era maltempo a casa mia, in Val d’Agri. Così ho deciso di andare verso il mare con la macchina per poi partire in bici da Montalbano Ionico, il suo paese di origine. Domenico era in Calabria dalla moglie e mi ha raggiunto. Quel giorno abbiamo fatto 4 ore. Nonostante non sia più un neoprofessionista ammetto che ho ancora quell’emozione nel vederlo e nello stare con lui. Il rammarico di quel giorno è che non feci nemmeno una foto ricordo.

«Un’altra cosa che mi ha colpito riguarda la sua professionalità: un fatto avvenuto durante il Giro di quest’anno. La tappa arrivava a Napoli, dove il giorno dopo avremmo fatto il riposo. In gruppo, tutti desideravano mangiare la pizza quella sera, ma quando andai da Domenico per scambiare due chiacchiere mi disse che avrebbe digiunato fino al giorno successivo, che era una sua abitudine per “pulirsi” durante i grandi Giri».

«Ammetto che in tutti questi anni da quando sono pro’ ed ho corso contro di lui, ho sempre avuto quello spirito di competizione di dover fare meglio. In fondo è stato il punto di riferimento che cercavo di copiare. In pochi hanno la sua esperienza e la sua preparazione. Quest’anno ci siamo ritrovati in ritiro sullo Stelvio. Quando ci siamo allenati insieme ho cercato di fargli più domande possibili.

«Quella che vedete sopra, è l’unica volta che gli ho chiesto di fare una foto: eravamo alla presentazione del Giro 2023. Ora che realizzo davvero, penso proprio che mi mancherà il prossimo anno».

Petacchi, rivediamo insieme la volata di Hasselt

17.09.2024
6 min
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Tutto bene fino a 200 metri dall’arrivo, poi il patatrac e il titolo europeo va a Merlier con gli azzurri fuori dai primi 10. Poche parole per sintetizzare la corsa di Hasselt, ma riavvolgendo il nastro, la prova continentale ha detto molto di più. Certo, è facile giudicare col senno di poi, le vittorie arrivano sempre quando tutti i tasselli vanno a innestarsi perfettamente come in un puzzle e questo alla nazionale italiana non è riuscito. Rianalizzare la corsa serve però anche per capire non solo dove si è sbagliato, ma come funziona, nei particolari, la costruzione di una volata. Abbiamo rivissuto le ultime fasi dell’europeo sottoponendo a Alessandro Petacchi, che di volate se ne intende come pochi altri al mondo, 5 momenti specifici, attraverso i quali capire che cosa è successo e poteva/doveva succedere.

L’europeo in 5 fotogrammi dalla telecronaca Rai: qui il prezioso lavoro di Affini e Cattaneo
L’europeo in 5 fotogrammi dalla telecronaca Rai: qui il prezioso lavoro di Affini e Cattaneo

Il lavoro dei cronomen

Fino ai -2 chilometri, la squadra italiana aveva tenuto in mano le redini della corsa, questo almeno sembra trasparire dalle immagini televisive, quando Affini lascia le redini del treno azzurro a Cattaneo (parliamo dell’oro e del bronzo a cronometro…).

«Non dobbiamo però dimenticare – dice Petacchi – che poco prima la squadra azzurra, proprio attraverso loro due, aveva disinnescato la fuga dei 6 con Van der Poel, Pedersen e Laporte. Uno sforzo pesante che gli italiani si sono accollati appieno e questo è costato tante energie. Affini sarebbe stato utilissimo più avanti. Con la forma che aveva, poteva essere uno degli ultimi vagoni potendo portare Trentin e Ballerini ancora più vicini all’arrivo per il loro lavoro. Ma questa è la classica cosa che si può dire a posteriori.

«L’Italia d’altronde aveva una tattica obbligata – prosegue Petacchi – portare la corsa allo sprint. Era giusto, se hai un uomo come Milan in quella condizione. Era una tattica condivisa da tutti, non è che il cittì imponga. Il problema è che così la tattica era conosciuta anche dagli avversari, ma d’altro canto anche altre nazionali puntavano sulla volata, come il Belgio. Solo che i padroni di casa hanno rischiato lasciando fare agli italiani e alla fine hanno avuto ragione. A noi sarebbe servito avere un uomo in quella fuga: Trentin era deputato a seguire VDP come un’ombra, ma ci sta che ti può anche sfuggire».

Trentin ha preso in mano il treno azzurro, lanciandolo in velocità. Per ora tutto funziona
Trentin ha preso in mano il treno azzurro, lanciandolo in velocità. Per ora tutto funziona

L’impegno di Trentin

«Lungi da me l’idea di tirargli la croce addosso – ci tiene a sottolineare Petacchi – Matteo ha fatto un grandissimo lavoro e si vede quando il treno passa nelle sue mani. Ha svolto il compito in maniera magistrale, rispettando tutti i canoni della volata: si sposta al lato della strada consentendo ai componenti della fila azzurra di controllare solo una parte della carreggiata. Inoltre tiene una velocità altissima tanto che si vede la fila azzurra e dietro un gruppo sparuto, quelli che sono rimasti: gli altri treni. Lì però è emerso un fattore che sarà decisivo: il vento contrario. Venendo da dietro, quando vai avanti hai maggiore agio rispetto a chi tira che va controvento e ha consumato molte energie in più. Risalire è facile e infatti si vede il Belgio che rapidamente recupera».

Proprio il vento ha impedito a Trentin di mantenere la velocità alta quanto avrebbe voluto: «Il percorso era tutto rettilineo, aveva vento in faccia. Se si guarda Ballerini dietro di lui riesce a respingere una prima volta un belga, ma da dietro stavano comunque recuperando anche altri, proprio perché è più facile in quelle condizioni venire fuori da dietro».

Davide Ballerini si danna l’anima e rilancia, ma il Belgio sta venendo su al riparo dal vento contrario
Davide Ballerini si danna l’anima e rilancia, ma il Belgio sta venendo su al riparo dal vento contrario

Ballerini e la velocità

Quando Trentin si fa da parte, Ballerini prova a rilanciare, si alza anche sui pedali, ma la situazione si è fatta già più intricata.

«Il percorso stava cominciando a cambiare – avverte Petacchi – era infatti prevista nell’ultimo chilometro una sorta di chicane, ossia una curva a destra e subito a sinistra. “Ballero” ha tenuto alta l’andatura, ma il Belgio ha messo un uomo per risalire il gruppo e uno per sorpassare, sfruttando anche il fatto che avevano più uomini a disposizione. Questo ha permesso anche di far giocare le proprie carte sia a Merlier che a Philipsen. Ballerini il lavoro lo ha fatto bene, anche quando si è tirato da parte per lasciar libero Consonni, ma venendo da dietro un belga si era intanto messo davanti a Simone».

Consonni è davanti a Milan, ma i belgi gli vanno a tappare la strada. La corsa azzurra finisce lì…
Consonni è davanti a Milan, ma i belgi gli vanno a tappare la strada. La corsa azzurra finisce lì…

Le difficoltà di Consonni

Simone, se si guarda bene il suo lancio dello sprint, era stato bravo a ritrovare il varco all’estrema sinistra, il fatto è che dietro Milan non c’era più e Petacchi lo specifica.

«Il problema è stato lì – dice – si sono persi. Probabilmente Jonathan si è toccato a destra con qualcuno, perché seguendo l’azione del Belgio anche altri corridori si erano frapposti. Ad esempio Laporte si era portato avanti e avrebbe anche lui bloccato sul nascere l’azione di Milan. Consonni non ha sbagliato, sono stati i belgi a fare tutto nel modo giusto e Milan a destra non poteva più uscire. Magari quando Ballerini si è tirato via bisognava spingere a tutta, ma c’era vento.

«Lo si vede anche dal fatto che la volata è a ventaglio – continua Petacchi – e chi veniva da dietro era favorito. Forse Jonathan poteva essere un po’ più a destra di Consonni al passaggio fra Ballerini e quest’ultimo, ma sono ipotesi. In quella situazione, Milan la volata non ha proprio potuto farla, ha provato 2-3 volte ma era sempre stoppato».

Simone ha ritrovato strada libera, solo che Milan ormai è alla sua destra, con un muro davanti
Simone ha ritrovato strada libera, solo che Milan ormai è alla sua destra, con un muro davanti

La gamba di Milan

Molti osservatori hanno sentenziato che l’olimpionico non avesse la gamba giusta per la volata: «E come si fa a dirlo se la volata non ha potuto farla? Per me il vento ha giocato un ruolo decisivo: guardate Merlier come viene su, lo stesso dicasi per Kooij, mentre Philipsen non ha avuto quel cambio di ritmo che gli è riconosciuto. Tim è uno che adora questo tipo di sprint, aveva gambe eccezionali e sa scegliere il tempo giusto per saltar fuori.

«Io dico che un giudizio su Milan non si può proprio dare, perché la volata non si è messa in maniera tale da permettergli di emergere. Non ci sono stati grandi errori da parte azzurra, ma piccole mancanze che alla fine hanno pesato. Si era scelta una tattica, ma non ha pagato».

L’abbondanza del Belgio ci ricorda Zolder 2002. Parola a Petacchi

01.09.2024
6 min
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Con Alessandro Petacchi vogliamo fare un viaggio nell’abbondanza tecnica del Belgio. Quell’abbondanza di cui già vi avevamo parlato in vista del campionato europeo, quando nel mazzo erano finiti Tim Merlier e Jasper Philipsen, i due velocisti “di Bruxulles”… Il tutto senza contare un certo Wout Van Aert. Giusto qualche giorno fa, Sven Vanthourenhout, il commissario tecnico belga, ha diramato le convocazioni. Ebbene ci sono tutti e tre. Come farà a metterli d’accordo?

Questa vicenda, e forse anche il luogo dove si disputerà l’europeo, cioè nel Limburgo, ricordano un po’ il famoso mondiale di Zolder 2002, con Mario Cipollini capitano e una serie di uomini tutti attorno a lui, tra i quali Alessandro Petacchi.

Il tecnico del Belgio, Sven Vanthourenhout, durante la proclamazione dei convocati: «Una nazionale difficilissima da fare» (foto Photonews)
Il tecnico del Belgio, Sven Vanthourenhout, durante la proclamazione dei convocati: «Una nazionale difficilissima da fare» (foto Photonews)
Alessandro, dicevamo dei problemi di abbondanza per il Belgio. Lefevere diceva di schierarli entrambi, per esempio…

Con due velocisti più Van Aert non è una cosa semplice per Vanthourenhout. Ovvio che Lefevere vorrebbe il suo atleta in corsa ed è normale che abbia spinto per quello. Ma Philipsen viene dal Tour, dove ha vinto, mentre Merlier ha ripreso adesso a correre. Tim veniva dal Giro d’Italia, dove aveva vinto anche lui. Sono la squadra super favorita. Hanno anche Van Aert che sta andando molto forte alla Vuelta e magari alla fine sarà lui il capitano del Belgio.

Perché?

Perché il percorso è veloce, ma presenta anche qualche piccola difficoltà e poi c’è anche del pavè. Per me non è così facile. Loro dovranno tenere la corsa, e con due uomini veloci più Van Aert, dovranno farlo in cinque.

Uno dei quali è Jordi Meeus, che in pratica è un velocista aggiunto…

A questo punto, fossi stato il cittì del Belgio, avrei portato un velocista in meno e un uomo in più da far lavorare.

Dopo aver vinto al rientro in gara al Polonia, pochi giorni fa Merlier (a destra) è caduto al Renewi Tour
Dopo aver vinto al rientro in gara al Polonia, pochi giorni fa Merlier (a destra) è caduto al Renewi Tour
Merlier e Philipsen sono compatibili? Ed eventualmente come potrebbero convivere?

La vedo difficile. Se gli chiedi di fare l’europeo o il mondiale, entrambi ti dicono di sì. Ma sono rivali prima di tutto. Il discorso è un po’ diverso da quello che fu tra me e Cipollini all’epoca. Primo, lui era già Cipollini, in più quell’anno aveva vinto la Sanremo, la Gand… dava più garanzie per certe corse e certe distanze rispetto a me. Philipsen e Merlier sostanzialmente sono sullo stesso livello, stanno vincendo adesso in questa fase di carriera. Io credo che Vanthourenhout abbia già scelto il leader, tra i due.

Chi è?

Credo abbia scelto sulla base di quanto ha visto quest’anno e quindi Philipsen (che ha vinto anche ieri, ndr). In primis, per il secondo in una corsa lunga e dura come la Roubaix, poi per la Sanremo. Jasper ha dimostrato che dopo 250-300 chilometri il suo sprint non perde troppa potenza. Sono vittorie di un altro livello rispetto a quelle di Merlier, danno più garanzie. 

Merlier non potrebbe fare l’apripista?

Meglio uno Stuyven allora (che non è stato convocato, ndr) che è più forte e ha dimostrato di saperlo fare. Lo abbiamo visto al Giro con Milan. Merlier non so com’è in questo ruolo. Magari è bravissimo, ma ribadisco che sono rivali e che tutto sommato stanno vivendo una carriera parallela. 

Chiaro…

Sarebbe davvero brutto in un europeo, per di più in Belgio, vedere due atleti della stessa nazione disputare lo sprint. L’unica cosa che al massimo potrebbero fare è essere super onesti e ad un certo punto della corsa chi dei due non è super, decide di mettersi a disposizione dell’altro. Ma se fossi nei loro panni, direi di no.

Anche Philipsen è tornato in gara dopo il Tour. Qui è battuto da Milan, ma sta già ritrovando la sua brillantezza
Anche Philipsen è tornato in gara dopo il Tour. Qui è battuto da Milan, ma sta già ritrovando la sua brillantezza
Facciamo un passo indietro, Alessandro: Zolder 2002. Situazione vagamente simile. Anche quella volta c’erano tre velocisti: tu, Lombardi e Cipollini…

Lombardi era lì perché era l’ultimo uomo di Mario e non perché fosse un velocista. Io ero lì perché ero andato bene in primavera e al Giro. Nella prima parte di stagione Cipollini lo avevo anche battuto, ma come detto, lui aveva inanellato una serie importante di vittorie e sarei andato per aiutare. Ero adatto a quel percorso. Già se fosse stato l’anno dopo, il 2003, probabilmente non avrei accettato.

Comprensibile…

Quella era una squadra forte con un solo unico leader ed un obiettivo e non poteva non andare così. Abbiamo preso in mano la corsa sin da subito. Non ci sono mai stati rivali in campo, abbiamo fatto e gestito noi azzurri tutta la gara. Quella nazionale era fortissima per quel tipo di percorso.

Che lavoro fece Ballerini? Ricordiamo anche di qualche polemica che girava prima del mondiale: qualcuno metteva in dubbio che avresti rispettato i ruoli…

So bene a cosa vi riferite. Tutto nacque da Giancarlo Ferretti, mio diesse alla Fassa Bortolo, che un po’ spingeva per me e un po’ non amava molto Cipollini. Fece delle dichiarazioni e i giornalisti iniziarono a parlare di questa cosa. E io rischiai persino di fare la riserva! Al mondiale ero in camera con Bramati, corridore importante, esperto e uomo fidato di Ballerini. Ogni sera in hotel, mi parlava un’ora, un’ora e mezza della corsa. Voleva fare gruppo, sincerarsi che stessi ai patti e che accettassi il lavoro da fare… Ma non ce n’era bisogno. Io non dissi mai di non essere d’accordo.

Che storie!

Solo il venerdì sera ebbi un incontro da solo con Ballerini. Gli risposi che se fossi venuto per fare la mia corsa con Cipollini in squadra, me ne sarei stato a casa. Gli dissi che poteva contare su di me, che mi sarei messo a disposizione. Poi è chiaro che se Mario avesse avuto dei problemi, se fosse caduto, a quel punto si sarebbe corso per me.

Ballerini e Petacchi a colloquio. Ma nel mondiale di Zolder per il Peta non ci sarebbe neanche stato bisogno di parlare
Ballerini e Petacchi a colloquio. Ma nel mondiale di Zolder per il Peta non ci sarebbe neanche stato bisogno di parlare
Il che era anche scontato…

Fare quel mondiale sarebbe stata comunque un’occasione, anche se avessi lavorato per lui. Se fossi rimasto a casa perché volevo essere io il leader quell’occasione non l’avrei avuta a prescindere. Quindi diedi la mia parola a Ballerini e la mantenni.

E tirasti anche forte nel finale. Dai 750 metri…

Diciamo dal chilometro e cento – interrompe con fermezza e orgoglio Petacchi – ai 350 metri (qui il video dei 1.500 metri finali, ndr). Davanti a me infatti ci sarebbe dovuto essere Bettini. Ma Paolo rimase intruppato in un contatto con Freire e non riuscì a risalire. Per non rallentare il treno entrai subito in scena io e tirai il più possibile. Fu una situazione complicata. Se mi fossi spostato prima non sarebbe stato uno scandalo.

Già fare 400 metri al vento in quelle situazioni è qualcosa di mostruoso. Figuriamoci 700 metri…

Avrei poi lasciato lungo Lombardi e magari Cipollini non avrebbe vinto. A quel punto immaginate che discussioni che sarebbero emerse. “Petacchi non si è tirato indietro, non ha fatto lui la volata, ma ha cercato di fargliela perdere”. Per questo dico che tra Merlier e Philipsen non sarà facile.

SC Padovani: 40 anni dopo, un ritorno in grande stile

29.08.2024
5 min
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Il panorama delle squadre under 23 ed elite italiano si allarga, è notizia di questi giorni che la SC Padovani tornerà a formare una squadra nella categoria che tanti successi ha regalato in passato. Dopo 40 anni il team riprende il filo con l’ultima categoria del ciclismo dilettantistico e lo fa con un progetto giovane ma che ha al suo interno dei mix diversi di esperienza e conoscenze tecniche. Si legge, infatti, sul comunicato divulgato, che il team manager sarà Alessandro Petacchi (in apertura con Ongarato e il presidente Peruzzo, photors.it) mentre nello staff tecnico entrano figure come Paolo Slongo e Carlo Guardascione

Ritorno alle origini

Alberto Ongarato, ex corridore professionista e ora figura di riferimento per la SC Padovani, tanto da ricoprire il ruolo di vice presidente, racconta di un progetto nato anni fa ma con un obiettivo unico, concretizzato proprio in questi giorni. 

«Era da quando sono entrato a far parte del team – racconta Ongarato – nel 2012 che ragioniamo insieme a Martino Scarso (anche lui ricopre il ruolo di vice presidente, ndr) su come rendere concreta l’idea di formare una formazione under 23 ed elite. Abbiamo sempre svolto attività nel miglior modo, dapprima organizzando la Gran Fondo di Padova e poi lavorando con i più giovani. Fino a quest’anno abbiamo avuto una formazione juniores, che cesserà di esistere. L’idea è stata, fin dai primi giorni del 2012, di ambire a creare un team per la categoria massima del ciclismo italiano, chiederemo infatti l’affiliazione come continental. Il ciclismo è cambiato e si è evoluto e avere un team continental è il massimo a cui si riesce ad ambire ora. In Italia abbiamo delle formazioni professional ma sono poche, quindi le continental acquistano sempre più spazio».

La SC Padovani è la società più longeva nel mondo del ciclismo (foto Facebook)
La SC Padovani è la società più longeva nel mondo del ciclismo (foto Facebook)
Le figure coinvolte fanno capire l’importanza che si vuole dare al progetto, come saranno coinvolte?

Alessandro Petacchi sarà il nostro team manager e curerà i rapporti tra i vari componenti del team: ragazzi, staff, presidente, ecc. Sarà anche l’uomo immagine e seguirà gli atleti in qualche trasferta, compatibilmente ai suoi impegni in RAI. Posso dire di averlo visto molto motivato. Credo che per un ex corridore come lui sia stimolante entrare in un team come il nostro. 

Poi ci sono i membri dello staff tecnico come Slongo e Guardascione.

La loro presenza è arrivata grazie a diverse conoscenze. Il nostro sponsor principale in questa avventura con la Padovani: Polo Ristorazione Spa, è stata accanto al team Bahrain anni fa. Una serie di conoscenze che ci hanno permesso di entrare in contatto, senza considerare il fatto che anche io sono stato professionista dal 1998 al 2011. Guardascione uguale, lo conosciamo da anni e quando gli abbiamo parlato si è dimostrato subito interessato

Tra le sue fila sono nati tanti campioni, qui Alberto Dainese in forza alla Padovani nel 2016 (photors.it)
Tra le sue fila sono nati tanti campioni, qui Alberto Dainese in forza alla Padovani nel 2016 (photors.it)
Due figure importanti da inserire in un team under 23 ed elite. 

Vero, ma dobbiamo considerare che se vogliamo fare una formazione continental l’idea è di confrontarsi con l’estero. E al di fuori dell’Italia ci sono le squadre di sviluppo delle formazioni WorldTour che lavorano con lo stesso staff dei grandi. Avere delle figure di grande conoscenza è fondamentale per crescere.

Lo staff come sarà formato?

Avremo tre diesse e uno di questi è una figura importante nel mondo dilettantistico come Lampugnani. Ci saranno anche cinque accompagnatori e dei meccanici. Alcuni membri del personale mancano ancora ma stiamo valutando tanti profili, per scegliere al meglio. La Padovani comunque parte da una base solida, in questi anni ha avuto una formazione juniores. 

I primi contatti con Petacchi sono arrivati al Giro d’Italia nella tappa di Padova
I primi contatti con Petacchi sono arrivati al Giro d’Italia nella tappa di Padova
A proposito, il team juniores non rimarrà, perché?

No. Abbiamo deciso di toglierlo. La scelta è legata anche a diverse problematiche nate con i genitori dei ragazzi. A 17 e 18 anni i genitori sono coinvolti, ma quando sono eccessivamente presenti non è facile. Ci siamo anche resi conto che un lavoro come il nostro fosse bello a livello di formazione dei ragazzi che però poi venivano attratti anche da altri team juniores e perdevamo il lavoro fatto. 

Però in Italia ci sono 13 formazioni continental, non si rischia di entrare in un mercato già saturo?

Le voci dicono che qualche squadra si sta ridimensionando. Il rischio di non correre certe gare o di non ricevere gli inviti c’è, ma dobbiamo lavorare bene e meritarceli. All’estero ci sono tante occasioni, chiaro che vanno meritate anche quelle. Per il numero di squadre penso che sia meglio avere abbondanza, i ragazzi che vogliono correre in bici ci sono. 

Polo Ristorazione Spa sarà lo sponsor principale per la stagione 2025 (foto Facebook)
Polo Ristorazione Spa sarà lo sponsor principale per la stagione 2025 (foto Facebook)
Quanti atleti avrete?

12 o 13 in tutto. Siamo già a un buon 70 per cento di posti presi, ne avanzano cinque. Da quando è uscita la notizia siamo stati bombardati di telefonate e richieste da procuratori e atleti. Anche il fatto di avere gli elite è in funzione del ciclismo italiano. A 21 o 22 anni i ragazzi vengono considerati maturi, ma non è detto. Serve equilibrio. La nostra idea è di fare attività doppia concedendo a tutti le giuste occasioni in base alle qualità e agli impegni. 

Non resta che augurarvi buona fortuna e aspettare i primi riscontri.

Grazie! A presto.

Velocisti. Petacchi mette in pole Milan, Jakobsen e Dainese

04.05.2024
5 min
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Il parterre dei velocisti in questo Giro d’Italia è davvero stellare. Tolto Jasper Philipsen ci sono tutti: da Jakobsen a Merlier, da Dainese (in nero nella foto di apertura) a Kooj, passando per Milan, Ewan… E potremmo continuare a lungo. Ci aspettano quindi grandi sfide, sgomitate, colpi di reni e velocità folli. Adrenalina pura.

Questi possibili duelli li mettiamo sotto la lente d’ingrandimento di Alessandro Petacchi, uno dei velocisti più vittoriosi della storia, specie quella del Giro. Solo nella corsa rosa AleJet vanta 22 successi. E restano memorabili le sue nove tappe in una sola edizione, quella del 2004.

Jonathan Milan sarà pilotato da Simone Consonni
Jonathan Milan sarà pilotato da Simone Consonni
Dicevamo, Alessandro, di un parterre da urlo per quanto riguarda i velocisti…

In effetti ci sono tutti. Manca quello che su carta è il più forte del momento, cioè Philipsen. E lo è anche per quel che ha fatto vedere ad inizio stagione, non solo nelle volate, ma anche alla Sanremo e alla Roubaix.

Ma alla Tirreno ha perso da Milan…

Ha perso nei confronti di Milan è vero, ma prima c’era uno strappo e anche a San Benedetto del Tronto, dove lo strappo non c’era. Speriamo che Jonathan possa avere di nuovo quella condizione che aveva alla Tirreno. Jonathan ha fatto vedere tanto l’anno scorso al Giro, ma quest’anno il livello è più alto. Il lotto dei velocisti è più importante e se riuscisse a confermare quanto fatto, allora potremmo dire che è cresciuto ancora. Io però aspetto Milan al Tour. Se queste vittorie le otterrà anche in Francia, allora il più forte sarà lui. E potremmo dire di aver trovato un velocista di livello mondiale.

Scorriamo l’elenco: forse un nome grande, il più grande, tra i velocisti è quello di Fabio Jakobsen, ora alla Dsm-Firmenich…

Jakobsen è un grande motore. Senza dubbio se lui sarà quello di prima dell’incidente sarà difficilissimo da battere per potenza pura e punta di velocità. L’incognita appunto è capire se è di nuovo a quei livelli. 

La Dsm ha anche Andresen (in foto) che viene da tre vittorie in Turchia dove l’apripista fu Jakobsen. C’è da supporre che il danese ricambierà il favore
La Dsm ha anche Andresen (in foto) che viene da tre vittorie in Turchia dove l’apripista fu Jakobsen. C’è da supporre che il danese ricambierà il favore
Andiamo avanti…

Mi viene in mente il nome di Gaviria, il quale è sempre forte ma se continua a partire ai 300 metri poi non arriva. Deve ancora valutare bene le distanze. Non si riesce mai a capire cosa farà.

Di Merlier cosa ci dici?

E’ giovane, è forte e ha già fatto vedere buone cose. Con uno come lui tutto è possibile. Merlier è piuttosto imprevedibile ma è molto, molto veloce.

Un altro atleta interessante che zitto, zitto c’è sempre è Phil Bauhaus, che tra l’altro ha un ultimo uomo come Pasqualon…

In una tappa difficile o in un arrivo più complicato Bauhaus c’è di sicuro. Lui è perfetto per quegli arrivi, mentre lo vedo un po’ più in difficoltà su quelli più ampi, piatti e regolari di gruppo. Di questi ne vince uno su dieci, mentre in quelli più tecnici difficilmente esce dai primi tre. Sarà da tenere d’occhio. Magari già ad Andora.

Bauhaus in questa stagione ha vinto una tappa alla Tirreno, proprio in uno di quegli arrivi tecnici di cui diceva Petacchi
Bauhaus in questa stagione ha vinto una tappa alla Tirreno, proprio in uno di quegli arrivi tecnici di cui diceva Petacchi
C’è poi una vecchia conoscenza: Caleb Ewan, il quale tra l’altro ha un bell’apripista come Mezgec…

Stavolta però Caleb non ha dato grandi segnali sin qui. Ewan non mi sembra più quello esplosivo di un tempo. Però poi magari azzecca due tappe perché ha esperienza ed è motivato. Una volta Ewan era perfetto anche per gli arrivi che tiravano un po’ o dopo uno strappetto, in quanto sfruttava il suo peso ridotto.

Veniamo ad un corridore che tu stimi molto: Alberto Dainese. Come lo vedi?

Bene, anche perché su carta Dainese è il velocista che ha il treno più numeroso (Storer, Froidevaux, Mayrhofer e Trentin come ultimo uomo, ndr). E questo è molto importante visto che si corre in otto e non più in nove. Ed è importante anche perché vuol dire che hanno puntato su di lui. Alberto, quando gli hanno lasciato spazio, ha vinto due tappe al Giro ed era giusto per me dargli più spazio. Lo ha trovato alla Tudor. Tra l’altro questo ragazzo si difende bene su determinate difficoltà.

Olav Kooij è uno degli sprinter più forti. Sarà pilotato da Laporte
Olav Kooij è uno degli sprinter più forti. Sarà pilotato da Laporte
Ti riferisci a qualche tappa specifica?

Penso ad Andora che prima ha Capo Mele o anche a quella di Fossano, il cui arrivo è preceduto da uno strappo. Nulla di che, l’ho visto in ricognizione e si fa di rapporto, ma si scollina ai -3 chilometri. Quindi se il treno si disunisce o è corto poi è un problema risalire.

C’è poi una folta schiera di velocisti di rango: Kooj, Girmay, Molano, Aniolkowsky…

Ce ne sono molti e tutti sullo stesso livello. Come detto, il parterre è importante. Tra questi Girmay è un po’ come Bauhaus, se prima c’è uno strappetto o una difficoltà tecnica c’è. Molano ogni tanto una volata l’azzecca, ma immagino non avrà un grande aiuto dalla squadra (è nella UAE Emirates di Pogacar, ndr). Una cosa è certa, per vedere la prima volata e i valori in campo dei velocisti bisognerà aspettare almeno la terza tappa, quella di Fossano.

Pianeta velocisti mai così folto. Petacchi ne sceglie cinque

12.02.2024
6 min
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Jonathan Milan, Olav Koij, Jasper Philipsen, Alberto Dainese, Fabio Jakobsen, Mark Cavendish. E ancora De Kleijn, Bauhaus, Groenewegen, Merlier, Groves… senza contare i tanti giovani emergenti, non ultimo il francese Magnier. E quelli in cerca di riscatto: Nizzolo, Gaviria, Girmay, Coquard, Demare… La lista dei velocisti quest’anno è più lunga che mai.

Cosa dobbiamo attenderci? Chi è il più forte? Chi ha il miglior leadout? Domande alle quali ha risposto Alessandro Petacchi che di volate (e di velocisti) se ne intende. 

Vista la lista lunga, Alejet ne ha battezzati cinque. I cinque che secondo lui sono i più forti e che ci faranno vedere grandi cose durante l’anno. «Ma – dice Petacchi – sarebbero molti di più. Penso a Dainese (caduto recentemente, ndr), che ho consigliato personalmente a Cancellara. Penso a De Lie che forse è più di un velocista e può vincere anche una classica. Ad Ewan che anche se non è più quello di un tempo può fare male».

Tour de France 2023, a Moulins Jasper Philipsen precede Dylan Groenewegen: due velocisti super
Tour de France 2023, a Moulins Jasper Philipsen precede Dylan Groenewegen: due velocisti super

Philipsen, il numero uno

Senza dubbi il favorito di Petacchi è Jasper Philipsen. Lo sprinter della Alpecin-Deceuninck lo scorso anno ha dettato legge tra i velocisti. E quest’anno le cose non dovrebbero cambiare. Senza parlare poi del suo apripista. Un certo Van der Poel!

«Al netto di Van der Poel che può togliergli le castagne dal fuoco se è messo male o lanciarlo alla grande, Philipsen ha un’intera grande squadra vicino. Anche se per me riesce a tirarsi fuori dai guai anche da solo. L’ho visto al Tour l’anno scorso. Quando vinci in tre modi diversi significa che sei il più forte.

«Jasper è in quel momento della carriera in cui ti riesce tutto. E’ al top. E questo lo fai quando hai gamba, tanta gamba. Per batterlo deve sbagliare lui. Lo dico per esperienza diretta. So bene cosa succede. Se vede le brutte, parte prima e vince. Altrimenti parte più corto. Ha lucidità. Anche Cav, per dire, è così, ma oggi non ha quella gamba».

Jakobsen, potenza da super big. Deve ritrovare fiducia e continuità. Lasciata la Soudal-Quick Step (in foto) saprà costruirsi un treno alla DSM?
Jakobsen, potenza da super big. Lasciata la Soudal (in foto) saprà costruirsi un treno alla DSM?

Jakobsen, l’antagonista

Petacchi pone Fabio Jakobsen alla pari di Philipsen, a fare la differenza è la continuità. Quella continuità che è venuta a mancare a Fabio dopo il grave incidente del 2020 in Polonia. Grande potenza, grande velocità di punta.

«Jakobsen ha una potenza incredibile, ma qualche volta si perde un po’. Non so se è per paura o per gamba. Ma io credo che se ritrova gli equilibri giusti può tornare alla pari di Philipsen, perché ha l’età e i numeri per riuscirci».

Nel caso dell’olandese c’è anche il discorso della squadra, forse meno votata alla causa rispetto a Philipsen. Jakobsen ha lasciato la Soudal-Quick Step per approdare alla DSM-Firmenich, che sì gli assicura fiducia, ma anche automatismi da oliare.

«Non mi aspettavo un suo cambio di squadra, ma è anche vero che quando hai un Evenepoel come compagno che accentra molte attenzioni, ci sta. Poi magari dietro ci sono anche questioni economiche, ma questo non lo so. Di certo, lui voleva fare il Tour e lì avrebbe fatto fatica ad andarci. Alla DSM non ha più Mayrhofer che ha seguito Dainese e ne sono contento, perché i due potranno fare bene alla Tudor. Quindi non so chi davvero potrà pilotare Jakobsen. Vedremo».

Una foto di qualche anno fa di Cavendish e Petacchi… insieme hanno un palmares di oltre 350 vittorie!
Una foto di qualche anno fa di Cavendish e Petacchi… insieme hanno un palmares di oltre 350 vittorie!

“Cav” e il suo obiettivo

Si arriva poi a Mark Cavendish, velocista che Petacchi conosce alla grande visto che ci ha anche corso. Quanti duelli tra i due. Chissà se è cambiato da allora il Cav sprinter?

«Prima aspettava sempre un po’ a partire per paura di essere rimontato, adesso invece noto che tende ad anticipare. Ora, sa che se aspetta non vince più, perché ha perso quel super spunto e così intelligentemente anticipa. Difficilmente ha la posizione ottimale di un tempo».

Qui ritornano in mente le parole di Pasqualon, sulle tempistiche, i watt e le punte di velocità. Ma Petacchi stesso ci regala una perla con lo sprinter dell’Astana Qazaqstan.

«Di questa cosa parlai proprio con Cav. Glielo dissi: “Negli ultimi anni quando ti ho battuto, l’ho fatto perché anticipavo. Non avevo il tuo treno, né quello spunto, così cercavo di partire prima e di partire “secco”. Ti prendevo tre bici e poi speravo di tenere fino alla fine. A volte ci riuscivo, altre no. Ma era l’unico modo per batterti”.

«E così fa lui ora. Certo, ci vuole gamba, ma anche testa. Mark continua perché ha un solo obiettivo: quello del record di tappe al Tour. E’ molto difficile, ma non impossibile (ha di nuovo Morkov come apripista, ndr). Ma è pur sempre una volata e se tutto gli gira bene può riuscirci. Fosse stato un arrivo in salita di 15 chilometri avrei detto di no, ma in volata…».

Groenewegen quest’anno ha vinto all’esordio (eccolo alla Clasica Valenciana 1969). Con qualche aggiustamento potrà trasformare molti secondi posti dietro Philipsen in vittorie
Groenewegen ha vinto alla Clasica Valenciana 1969. Con qualche aggiustamento potrà trasformare molti secondi posti in vittorie

Groenewegen, quanta potenza

Dylan Groenewegen. Petacchi non poteva non inserire il corridore della Jayco-AlUla tra i grandissimi velocisti visto il suo motore gigante. Sarà interessante la sua convivenza con Ewan.

Magari in qualche occasione (non molte a dire il vero) correranno insieme e allora sarà curioso vedere “chi tirerà per chi”. Ewan è più piccolo e potrebbe essere pilotato. Però è anche vero che Caleb è un funambolo, è più “vecchio” e potrebbe essere lui il leadout. Dylan e Caleb: coppia esplosiva. Senza dimenticare Matthews.

«Qui parliamo di un velocista puro, puro… Groenewegen fa fatica in certe tappe, ma in quelle piatte può andare forte. E’ un po’ discontinuo e a volte si perde nel finale. Ha una velocità di punta pazzesca, parte fortissimo, fa la differenza in quel momento, ma più di qualche volta viene rimontato da Philipsen. Segno che arriva alla volata con le gambe un po’ in croce, gli manca spesso qualcosina». 

Jonathan Milan (classe 2000) al primo successo 2024 con la nuova maglia della Lild-Trek: per Petacchi può battere chiunque
Milan (classe 2000) al primo successo 2024 con la nuova maglia della Lild-Trek: per Petacchi può battere chiunque

Milan, il futuro è suo

Chiude il lotto dei “fab five” Jonathan Milan. Il gigante della Lidl-Trek piace molto a Petacchi. Ha anche un apripista ottimo, Simone Consonni, e potrebbe avere persino Mads Pedersen, che tra l’altro potrebbe a sua volta essere inserito in questa classifica. Ma Petacchi reputa il danese più di un velocista.

«Milan, per capire quanto è grande, deve confrontarsi con i velocisti del Tour. E’ sicuramente forte, anche alla Valenciana, dove è stato ben pilotato, è ripartito alla grande, ma se viene al Giro d’Italia e quest’anno il lotto dei velocisti è lo stesso dell’anno scorso, sarebbe grave se non vincesse. Deve dominare… e io ne sarei felicissimo».

Alejet fa le pulci a Milan e parla del suo gesto tecnico. Deve lavorare molto, specie per la questione aerodinamica, cosa che lo penalizza.

«Sia per lo stile, che per la sua stazza, Jonathan deve cercare di abbassarsi. Oggi la questione aerodinamica è troppo importante. Si guardano calze, caschi… e un solo chilometro orario in più può fare la differenza, specie a 70 all’ora. E’ un po’ il discorso che c’è a crono tra Ganna e Remco. Il belga non farà mai gli stessi wattaggi di Pippo, ma va forte tanto quanto (o di più) perché ha un coefficiente aerodinamico molto favorevole.

«Milan è da volata lunga. Un bestione così deve assolutamente essere lanciato e possibilmente anche forte. Meglio rettilinei lunghi, che la curva a 200 metri. In quel caso se uno come lui è terzo, è difficile che rimonti, che si metta in moto in tempo. Consonni come apripista va bene. Se è un po’ basso? Il problema non è Simone, che anzi è bravissimo e sfrutta al meglio ciò che gli dà la pista in termini fisici e tattici, ma è Jony che è un bestione!».