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Caccia alla maglia verde: Petacchi scopre le carte

01.07.2023
4 min
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Parte oggi da Bilbao la 110ª edizione del Tour de France, tra tutte le domande che ci accompagneranno fino a Parigi c’è anche quella che riguarda la maglia verde. L’anno scorso la vinse Van Aert con bel 194 punti di vantaggio su Philipsen. Chi riuscirà a vincerla? Sarà ancora terreno di caccia per il belga (in apertura sul podio di Parigi nel 2022) oppure tornerà sulle spalle di un velocista? 

Ne parliamo con Alessandro Petacchi, ultimo italiano a vincere la maglia verde, nel 2010. L’ex velocista, seguirà questo Tour da casa e poi volerà a Glasgow per commentare i mondiali con la RAI. 

Cavendish nel 2021 non partiva favorito, ma ha vinto la maglia verde: occhio a sottovalutare “Cannonball”
Cavendish nel 2021 non partiva favorito, ma ha vinto la maglia verde: occhio a sottovalutare “Cannonball”

Ricordi “verdi”

«Da quel Tour del 2010 – racconta Petacchi – è passato qualche anno, ma i ricordi si fanno più vivi quando si avvicina la Grande Boucle. Negli ultimi anni ho fatto anche le ricognizioni e mi è capitato di passare per certi posti e città dalle quali ero passato anche in quell’anno. Salire sul podio degli Champs Elysées ha un fascino incredibile, ti lascia un qualcosa dentro di indescrivibile. Quel podio rimane il più particolare del mondo ciclistico, rivivere ricordi e foto è sempre bellissimo».

Petacchi conquistò la maglia verde nel Tour del 2020, lottando sino in fondo con Cavendish
Petacchi conquistò la maglia verde nel Tour del 2020, lottando sino in fondo con Cavendish
In quel Tour lottasti per la maglia verde con Cavendish, che oggi sarà al via di Bilbao…

Ricordo bene la tappa di Parigi, io ero in maglia verde, ma dovevo stare attento, perché a Cavendish bastavano pochi punti per superarmi. E’ stata una giornata difficile, dove però sono riuscito a fare una bella volata: ho perso, ma ho mantenuto la maglia verde.

Quest’anno Cavendish potrà lottare per la maglia verde?

Non è il primo favorito, lo metterei tra quelli con quattro stelle. Lui arriva al Tour con l’obiettivo della 35ª vittoria: per superare Merckx, gli basta una sola vittoria. Ora ci sono tanti velocisti giovani e forti, ma lui è sempre in grado di tirare fuori il coniglio dal cilindro. Basti pensare al 2021, arrivava senza grandi ambizioni, ha vinto quattro tappe e la maglia verde. 

Il percorso quest’anno sorride un po’ più ai velocisti?

Le possibilità sono più alte di vedere un velocista puro in maglia verde a Parigi. Tuttavia la condizione deve essere più che al massimo. Ovvio che chi va al Tour sta bene, ma a volte non basta nemmeno questo. 

Jakobsen è il velocista più forte secondo Petacchi, ma in salita soffre tanto, in foto a Peyragudes quando si è salvato per una manciata di secondi
Jakobsen è il velocista più forte, ma in salita soffre, qui a Peyragudes quando si è salvato per una manciata di secondi
Il tour favorito chi è?

Dipende dagli obiettivi suoi e della squadra, ma su tutti direi Van Aert. Può vincere o comunque fare punti nelle volate di gruppo. E potrebbe anche mettere in piedi un numero come quello dello scorso anno a Calais… Però c’è un’incognita…

Quale?

La squadra. Vingegaard corre per vincere il Tour e dovranno supportarlo al meglio, lo stesso Van Aert dovrà mettersi al suo servizio. Lo ha fatto anche lo scorso anno, però non è sempre semplice gestirsi. Sicuramente il belga va forte ovunque, anche in salita, ma in alcune tappe i velocisti potrebbero tirare il fiato e recuperare, mentre lui lavorerà per la squadra. 

Passiamo ai velocisti, chi vedi tra i favoriti per la maglia verde?

Philipsen è il più gettonato, considerando il supporto che avrà da Van Der Poel. Avere un corridore del suo calibro come “pesce pilota” può far uscire qualcosa di bello. 

Philipsen ha vinto due tappe l’anno scorso, tra cui la più ambita: quella degli Champs Elysées
Philipsen ha vinto due tappe l’anno scorso, tra cui la più ambita: quella degli Champs Elysées
Altri?

Il velocista più forte del mondo: Jakobsen. Se è in forma ha davvero un qualcosa di incredibile. Nel suo caso la squadra lavorerà tutta per lui, quindi godrà di un bel supporto. Anche se c’è da dire che lui in montagna soffre tantissimo, basti ricordare la tappa di Peyragudes quando si è salvato per dieci secondi dal tempo massimo. Poi ci sarebbe Groenewegen, anche lui velocista puro. 

E’ un Tour che parte subito molto duro.

Le prime tappe saranno importanti, soprattutto la prima e la seconda. Il percorso non si addice ai velocisti e se un uomo come Van Aert dovesse già prendere la maglia verde potrebbe essere difficile tirargliela via.

Torniamo da Petacchi: dopo Milan, c’è Dainese

04.06.2023
5 min
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Ieri Milan e le sue volate potentissime e scomposte, oggi il discorso con Petacchi si sposta su Alberto Dainese: velocista più compatto e ugualmente vincente. Dopo aver vinto la tappa di Reggio Emilia dello scorso anno, il padovano è stato sottoposto a un’estate di lavori forzati, con il Giro del Belgio dopo quello d’Italia e a seguire il Tour de France, dove ha centrato il terzo posto nella 19ª tappa.

Quest’anno Alberto, che è alto 1,76 e pesa 70 chili, ha iniziato il Giro tirando le volate per Mayrhofer. E quando poi ha avuto carta bianca, ha vinto quella di Caorle battendo proprio Milan e centrando il quarto posto nell’ultima volata a Roma.

L’indomani della vittoria di Caorle, Dainese ha ricevuto complimenti dal gruppo e richieste di autografi
L’indomani della vittoria di Caorle, Dainese ha ricevuto complimenti dal gruppo e richieste di autografi

Baricentro basso

Se per Milan avevamo chiuso parlando di un atleta col baricentro alto, che fatica nelle curve e a rilanciarsi, per Dainese vale il discorso opposto.

«Secondo me al Giro è stato un po’ sfortunato – riflette Petacchi – forse all’inizio il Team DSM poteva concedergli qualche possibilità in più. Quando ha vinto la tappa, Mayrhofer ha fatto un lavoro straordinario per aiutarlo: forse avrebbe dovuto tirargli le volate per tutto il Giro anziché farle lui. Anche perché non so se il tedesco abbia le potenzialità per battere i velocisti che c’erano. Invece Dainese ha dimostrato che si muove bene e sa tenere la posizione. Il giorno in cui ha vinto, l’altro lo ha lasciato lunghissimo. Quando è passato Hepburn con Matthews a ruota, andavano almeno a 3 all’ora in più e lui ha chiuso il buco, poi ha tirato dritto (foto di apertura, ndr). Ha fatto anche una volata lunga. Ha avuto mille problemi, ha avuto la bronchite, poi la gastroenterite e il giorno dopo ha vinto una tappa. Insomma, la vittoria dello scorso anno non è stata un caso».

Reggio Emilia 2022, prima vittoria al Giro per Dainese che batte Gaviria. Notare la testa e il busto bassi in stile Cavendish
Reggio Emilia 2022, prima vittoria al Giro per Dainese che batte Gaviria. Notare la testa e il busto bassi in stile Cavendish
Dice di sé che non ha tanti watt, ma supplisce con l’aerodinamica.

Il contrario di Milan, insomma. Come posizione assomiglia a Cavendish. Neanche Mark ha dei watt fuori dal comune, ma con l’aerodinamica e la superficie corporea ridotta colma la differenza. Quando “Cav” fa le cronometro da solo, tira fuori anche delle prestazioni decenti. Perché è piccolino, compatto, come coefficiente aerodinamico ti riporta un po’ al discorso di Evenepoel. E’ talmente piccolo e compatto che con i suoi watt riesce ad andare a 55 orari di media, mentre un Milan per andare alla stessa velocità deve fare magari 30 watt in più.

Secondo te anche Dainese ha bisogno di un ultimo uomo?

Io credo che al giorno d’oggi, se hai un paio di uomini davanti, prima di tutto rischi meno. E poi quel giorno che sei al 95 per cento, il 5 che manca te lo fanno i compagni. Altrimenti devi pigliare tre volte il vento in faccia a 60 all’ora e quando arrivi alla volata, sei al 92 per cento e non rendi come potresti. Se invece hai qualcuno che ti aiuta, ti risolve il problema di risalire, di stare più coperto, di essere un po’ più esplosivo nel momento in cui serve.

Gruppetto, salvagente dei velocisti. Qui Dainese con Gaviria e Consonni. Ha chiuso il Giro penultimo nella generale
Gruppetto, salvagente dei velocisti. Qui Dainese con Gaviria e Consonni. Ha chiuso il Giro penultimo nella generale
Lo scorso anno Dainese ha fatto in successione Giro d’Italia, Giro del Belgio e Tour e ha fatto terzo nella penultima volata del Tour: cosa significa?

Fare Giro e Tour è pesante. Pensiamo a Van der Poel, che l’anno scorso ha fatto il Giro e andava fortissimo, da schifo. Poi è andato al Tour e non la muoveva, ma non perché fosse cambiato il livello di corridori, semplicemente perché lui non andava. Non è riuscito a ritrovare un picco di forma come quello che aveva avuto al Giro. Invece Van Aert, che ha fatto un Tour spaziale, aveva preparato solo quello e quest’anno rifarà uguale. Oggi non si fa più come una volta, dopo una corsa come il Giro serve uno stacco.

Quindi è stato un errore?

E’ vero che un velocista puro la volata magari te la vince uguale, però ormai Giro e Tour non lo fa quasi più nessuno. Per l’amor di Dio, se riesci a fare il recupero giusto, ad allenarti e fai una garetta prima di riandare al Tour, puoi anche ritrovare una buona condizione, però ormai devi programmare la stagione. Non vai più alle gare per allenarti, non si faceva quasi più neppure ai miei tempi. Ora vanno forte come le bestie, ancora di più. Approcciano le corse sempre per vincere, quindi portare un corridore a correre troppo significa non fargli un favore. Guardate cosa ha fatto la Ineos prima del Giro.

Bennati lo ha convocato nel 2022 per gli europei, chiusi in 11ª posizione: lo chiamerà per i mondiali?
Bennati lo ha convocato nel 2022 per gli europei, chiusi in 11ª posizione: lo chiamerà per i mondiali?
Che cosa hanno fatto?

Hanno fatto quattro corse dall’inizio dell’anno e poi hanno partecipato al Tour of the Alps che erano già quasi tutti a puntino. Quelli che andavano meno erano Arensman e Thomas, che al Giro sono stati i più forti. Sono anche convinto che senza la caduta, Geoghegan Hart rivinceva il Giro, perché era quello che andava di più in assoluto e poteva lottare con Roglic.

Quindi adesso quale programma sarebbe giusto per Dainese?

Se pensa di voler andare al mondiale, che sarà veloce, allora potrebbe anche riconsiderare il Tour. Chi va in Francia sicuramente può fare un buon mondiale, perché il percorso è veloce, dicono buono per Matthews, Van der Poel e Van Aert. Dainese è un corridore che mi piace molto ed è anche un bravissimo ragazzo, però con tutto il rispetto non si può paragonare con quei nomi in una gara di 270 chilometri. Su quel percorso o qualcosa di simile Trentin vinse l’europeo battendo proprio Van der Poel e Van Aert, ma anche in quel caso erano meno chilometri e anche Matteo aveva qualche anno di meno. Quindi spero che Dainese vada a fare la Vuelta, sarebbe per lui la scelta più logica.

Dal Giro con Petacchi: oggi Milan, domani Dainese

03.06.2023
7 min
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Torni a casa e dopo tre settimane di Giro, ti trovi con il lungo elenco di cose da fare. Se poi, come nel caso della famiglia Petacchi, sei anche alla fine di un trasloco e hai un bel giardino, l’elenco si allunga. Visti la pioggia e il caldo, già nel primo giorno di riposo Alessandro era rientrato a casa per tagliare l’erba, ma quando è tornato dopo la tappa di Roma, ha trovato una nuova giungla ad attenderlo.

Forse per questo, fermarsi una mezz’ora per parlare di velocisti gli ha ridonato il sorriso. I bambù erano arrivati a due metri d’altezza, per tirarli giù è servito lavorare forte col decespugliatore.

Roma, il Giro è finito. Scatto ricordo per Petacchi, Pancani e Fabio Genovesi (foto Instagram)
Roma, il Giro è finito. Scatto ricordo per Petacchi, Pancani e Fabio Genovesi (foto Instagram)

Due velocisti all’opposto

Gli abbiamo chiesto di parlare di due velocisti come Milan e Dainese – uno alto 1,93 per 84 chili, l’altro alto 1,76 per 70 chili – due che più diversi non si potrebbe. Eppure entrambi hanno vinto una tappa al Giro e altre avrebbero potuto vincerne. Con quali occhi li ha guardati il ligure che di tappe ne ha vinte 22, ben 9 nel 2004?

«Oggi cominciamo con Milan – dice in riferimento al fatto che il pezzo su Dainese sarà pubblicato domani – che è un corridore ancora molto acerbo e ha vinto la magia ciclamino (foto di apertura, ndr). Deve sicuramente migliorare un po’ nella gestualità, perché si muove molto. Potrebbe anche essere una sua caratteristica per andare a cercare il massimo dello sforzo, però sicuramente curare il gesto ti fa migliorare la prestazione. Ti permette di concentrare l’energia e la forza in un solo punto, mentre a livello aerodinamico, se continui a muoverti continuamente, interrompi un flusso. E al giorno d’oggi conta tutto…».

La volata vinta a San Salvo ha evidenziato secondo Petacchi la grande potenza di Milan e il suo pedalare scomposto
La volata vinta a San Salvo ha evidenziato secondo Petacchi la grande potenza di Milan e il suo pedalare scomposto
La forza però non gli manca…

Questo è fuori di dubbio, ora deve incanalarla. Ha commesso qualche errore per la posizione in gruppo, ma capita a tutti e lui lo sa benissimo dove può aver sbagliato. La mancanza di gambe l’abbiamo vista a Roma, le altre volate che non sono venute dipendevano dalla posizione, dalla distanza dello sprint e dai rapporti.

In fondo ci sta che al primo Giro fosse sfinito nell’ultima tappa.

Certo, anche perché alle Tre Cime di Lavaredo ha avuto una giornataccia, non stava bene. Il giorno dopo col fatto che è friulano l’hanno seguito tanto con la telecamera ed effettivamente soffriva anche nella crono, nonostante abbia potuto farla tranquillo. Ha tribolato, quindi era un po’ cotto e alla fine di un primo Giro così duro, con tutte le salite concentrate negli ultimi giorni e i suoi 84 chili, ci può stare. 

Può migliorare?

So che cambierà squadra e probabilmente quella in cui andrà sarà attrezzata. Se hanno investito su un corridore così, non lo hanno fatto per la pista e basta. Se gli mettono vicino qualche uomo giusto che lo piloti bene, secondo me può fare cose buone.

Quale pensi sia il suo livello?

I velocisti più forti al Giro non c’erano. Non so se adesso Jonathan sia al livello di Groenewegen o Jakobsen, però sicuramente ha le qualità per arrivarci. Va un po’ raddrizzato il tiro, magari cambiando la posizione in bici, cercando di abbassarlo un po’. Essendo molto alto, per lui è più frequente il rischio di essere scoordinato.

La forza non basta, insomma?

Che compensi tanto coi watt è sicuro. Però è anche vero che gli arrivi non sono mai tutti uguali e lui deve essere indubbiamente lanciato. Se si trova una curva ai 300 metri come a Tortona, per quando s’è lanciato, gli altri sono già all’arrivo, ma questo è normale con i rapporti che usano oggi… Fanno le volate con il 54 e il 55, ho sentito addirittura uno con il 56: mi sembra una cosa folle. Evidentemente non useranno l’undici, ma il dodici per avere la catena più dritta, non lo so. Queste sono scelte loro: se hanno beneficio, ci mancherebbe altro…

Milan e la sua Merida Reacto: secondo Petacchi il miglioramento allo sprint passa anche per le geometrie della bici
Milan e la sua Reacto: secondo Petacchi il miglioramento allo sprint passa anche per le geometrie della bici
Come si fa a migliorare il gesto della volata?

Ci deve lavorare, pensando a cosa sta facendo, perché è chiaro che quando è a tutta, gli viene di fare così spontaneamente. Allora deve allenarsi a ritmi più bassi. E’ chiaro che non può fare 10 volate a quel livello. Ne farà 10, pensando al gesto più che alla velocità. Poi c’è da ragionare sulla bici.

Cioè?

Se bisogna allargare il manubrio oppure stringerlo, abbassare o allungare il telaio. Finora forse non avevano mai pensato a lui come un velocista, probabile che si troveranno cose da cambiare. Per questi aspetti bisognerà fare delle prove. Potrebbe anche avere due bici: quella con una posizione un po’ più estrema che usa quando si arriva in volata e magari una più comoda per la salita.

Un bel capitolo da scrivere…

C’è da lavorarci e vedere se è un tipo di lavoro che possa fare anche in pista. Dovrebbe usare una bici con le stesse misure di quella da strada, col manubrio e la sella alla stessa altezza. In pista si sta tanto seduti e si pedala ad alta frequenza e lo vedi che in volata spesso fa così. Infatti ha commesso anche qualche errore di rapporto. Ha perso la volata di Napoli perché era troppo agile, ma sono tutte cose su cui deve prendere le misure. E’ normale, ma è giovanissimo e ha grandi potenzialità. 

Avrà bisogno di un treno?

Non puoi pensare di portarlo a un Tour de France senza che abbia tre uomini per lui, che sappiano fare bene il loro lavoro nel finale. Pasqualon è stato bravissimo, però poverino ha dovuto fare tutto da solo. E’ chiaro che Sutterlin può essere un bel passista, però se non ha mestiere ci fai poco. Il corridore del treno deve avere scaltrezza e mestiere. Deve passare al momento giusto, sincerarsi che il compagno non rimanga chiuso. Nei finali ormai c’è tanta confusione, gli uomini sono meno e non puoi pensare di averne cinque che stiano ancora là. Quindi se investi su un corridore così e non hai un uomo da classifica, fai a squadra per lui. Altrimenti la dividi a metà, sapendo che quelli delle volate possono aiutare in pianura.

Prima vittoria dell’anno a Shalal Sijlyat Rocks, al Saudi Tour. L’intesa con Pasqualon va alla grande
Prima vittoria dell’anno a Shalal Sijlyat Rocks, al Saudi Tour. L’intesa con Pasqualon va alla grande
Il treno si costruisce anche in ritiro, no?

Certo, non è che ne prendi quattro e li butti dentro alla prima corsa. Se però hai un corridore di mestiere, che fa un certo tipo di lavoro da 5-6 anni, sa già come deve muoversi. Poi è chiaro che deve prendere un po’ le misure. Ho visto che ogni tanto Jonathan aveva timore nelle curve, frenava un po più degli altri. Ci sta, perché essendo molto alto e avendo baricentro alto, è più difficile per lui fare le curve. Un corridore col baricentro basso le fa molto meglio. Insomma, ha bisogno di lavorare, ma il potenziale di Milan è davvero immenso.

DOMANI SU DAINESE

Domani alle 16 pubblicheremo l’analisi di Dainese. Corridore completamente diverso, dotato di baricentro più basso, grande aerodinamica ed esplosività. L’appuntamento con Petacchi è per domani pomeriggio.

Petacchi in Ursus: un incontro di valori condivisi

25.05.2023
2 min
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Alessandro Petacchi, ex-professionista e pluri-vincitore al Giro d’Italia, e oggi seconda voce RAI alla corsa rosa e “ambassador” Ursus, ha recentemente avuto l’opportunità di visitare la sede di Rosà (Vicenza): un vero e proprio punto di riferimento per l’industria delle biciclette italiane. Fondata nel 1967, Ursus ha da sempre puntato sulla qualità e sull’innovazione, producendo componenti per biciclette di altissimo livello, sia per professionisti quanto per gli appassionati ciclo amatori. La visita di Alessandro Petacchi in Ursus ha rappresentato un momento significativo per entrambe le parti coinvolte.

Durante la visita, Petacchi ha avuto l’opportunità di immergersi nell’ambiente di produzione e di scoprire da vicino i processi che stanno dietro alla creazione dei componenti Ursus, in modo particolare le ruote. Ha potuto incontrare gli ingegneri e gli artigiani, che lavorano quotidianamente con passione realizzando prodotti che uniscono tradizione e tecnologia davvero all’avanguardia. Petacchi ha espresso la propria ammirazione per l’impegno e la dedizione che l’azienda veneta, oggi guidata dal CEO Mirko Ferronato – infonde nella creazione di prodotti di altissima qualità.

Alessandro Petacchi durante la visita nella sede di Rosà
Alessandro Petacchi durante la visita nella sede di Rosà

Innovazione e sostenibilità

Da porre in evidenza che la visita di Petacchi ha altresì fornito un’opportunità unica per discutere di innovazione nel settore ciclistico e di come l’azienda Ursus stia contribuendo a promuovere lo sviluppo della bicicletta come mezzo di trasporto sostenibile ed ecologico.

Petacchi, che durante la propria, lunga carriera ha sperimentato personalmente l’importanza delle prestazioni e dell’affidabilità di moltissimo componenti legati alla bicicletta, ha condiviso la sua esperienza e la sua visione su come una reale innovazione possa influire positivamente sul mondo del ciclismo.

Ursus è in corsa al Giro d’Italia sulle bici della Corratec Selle Italia
Ursus è in corsa al Giro d’Italia sulle bici della Corratec Selle Italia

Come ambasciatore Ursus, Petacchi rappresenta i valori di eccellenza, di passione e di dedizione che caratterizzano sia l’azienda quanto il ciclismo stesso. La presenza di Petacchi presso la sede Ursus ha contribuito a rafforzare l’immagine di un marchio che punta all’eccellenza e che quotidianamente si impegna a supportare gli appassionati di ciclismo in tutto il mondo.

Alessandro Petacchi e Ursus condividono la stessa passione per il ciclismo, oltre all’importanza del lavoro di squadra, dell’innovazione, dell’impegno e del fondamentale rispetto per l’ambiente.

Ursus

Giro 2003, rileggiamo il romanzo con Garzelli

30.04.2023
6 min
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Rivivere a distanza di vent’anni quel che successe al Giro d’Italia del 2003 ha un che di romantico. E’ come un bel romanzo che si dipana capitolo dopo capitolo fino a svelare solamente alla fine il suo epilogo, incerto fino alla conclusione. Fu una bella edizione, quella, con protagonisti di primissimo piano e il fatto che fossero pressoché tutti italiani dà al tutto un pizzico di malinconia.

Uno di quei protagonisti al Giro c’è ancora, ma in altra veste. Stefano Garzelli, colonna della Rai, viene da giorni intensi, dopo aver fatto la spola fra il Belgio per seguire le classiche e le ricognizioni per le varie tappe della corsa rosa. Ripensare a quell’esperienza così lontana nel tempo, pietra miliare della sua giovinezza prima ancora che della sua carriera, riaccende antiche emozioni e lo allontana dalle frenesie quotidiane.

«E’ vero, ripensandoci è come un romanzo – afferma il varesino – ed è normale che viva i ricordi con un po’ di nostalgia perché fu un’edizione piena di significati, molti anche acquisiti dopo, ripensandoci perché fu l’ultima edizione con al via Marco Pantani».

Pantani e Garzelli sulle dure rampe dello Zoncolan. La gente è in visibilio…
Pantani e Garzelli sulle dure rampe dello Zoncolan. La gente è in visibilio…
Di primo acchito qual è l’immagine che ti viene subito in mente?

Se chiudo gli occhi è come se mi vedessi da fuori, mentre salgo sulle rampe dello Zoncolan insieme a Marco. Era la prima volta che si affrontava la dura salita friulana, erano rampe molto dure. Io e Marco affiancati, quelle due “teste smerigliate” sotto il cielo, uno di fianco all’altro, con la gente che ci incitava. Poi quella tappa la vinse Simoni, ma il primo ricordo che mi viene è proprio legato a quest’immagine. La più bella, la più indelebile nella memoria.

Che Giro fu?

Davvero molto bello e lo dico senza averlo vinto. Sulle prime ci rimani male, è logico che sia così, ma a distanza di tanto tempo credo sia stata una bella pagina di sport, tre settimane molto intense che disegnarono un’edizione rimasta nella storia, godibile dalla prima all’ultima tappa proprio come un romanzo, la definizione è esatta.

Prima tappa a Lecce, Petacchi batte Cipollini. Alla fine vincerà 6 tappe, 2 invece per l’iridato
Prima tappa a Lecce, Petacchi batte Cipollini. Alla fine vincerà 6 tappe, 2 invece per l’iridato
Anche tu hai subito citato Marco. Quella fu la sua ultima edizione prima della tragedia di Cesenatico. Che Pantani era quello contro cui ti confrontavi?

E’ stato probabilmente l’ultimo momento di spicco della sua carriera. Partì che non era ancora al massimo, ma trovò la condizione strada facendo e a tratti sembrava tornato quello di un tempo. Diede vita a prestazioni di alto livello, ma non aveva ancora la costanza di prima. In certi momenti però, quando scattava sui pedali era un’emozione vederlo anche per chi come me era in lotta con lui.

Non eravate più in squadra insieme…

No, eravamo avversari, ma questo non influiva sul nostro rapporto. Parlavamo tutti i giorni, in corsa e fuori, ci si incrociava al mattino prima del via. Si vedeva che finalmente era tranquillo e voleva essere competitivo. Aveva ancora la voglia di faticare per tornare il campione che era.

Pantani affranto dopo la caduta di Sampeyre. Eppure quello fu un Giro positivo per il Pirata, alla fine 14°
Pantani affranto dopo la caduta di Sampeyre. Eppure quello fu un Giro positivo per il Pirata, alla fine 14°
La prima settimana fu dedicata prevalentemente alle volate…

Sì, ma ci fu spazio anche per i capitani che puntavano alla classifica. Io mi aggiudicai la terza frazione, quella di Terme Luigiane dove si arrivò con un gruppo ampio, ma non era uno sprint per velocisti. Anticipai la volata e vinsi su Casagrande e Petacchi che conservò la maglia rosa. Io salii al secondo posto a 17” e cominciai a fare un pensierino al simbolo del primato.

Quattro giorni dopo un’altra vittoria, al Terminillo.

Di ben altra pasta, quella fu una giornata durissima, con distacchi enormi. A 5 chilometri dal traguardo eravamo rimasti in 4: io, Simoni, Noè e Tonkov. Si vedeva però che io e Simoni eravamo superiori, lui dava strattonate forti ma io tenevo. Mi affiancavo a lui e lo guardavo, per fargli capire che non mi faceva male. Poi in volata la spuntai e mi presi la maglia, gli altri presero belle botte (Casagrande oltre 2 minuti e mezzo, Pantani un altro in aggiunta, ndr).

L’acuto del Terminillo, il secondo al Giro 2003 valse a Garzelli la conquista della maglia rosa
L’acuto del Terminillo, il secondo al Giro 2003 valse a Garzelli la conquista della maglia rosa
Che cosa successe dopo?

A Faenza, Simoni si prese la maglia per soli 2” nella tappa vinta dal norvegese Arvesen. Sullo Zoncolan il campione trentino era rimasto staccato dopo la mia azione con Pantani, ma si riprese e conquistò altri 34”, ampliando poi il vantaggio nella frazione dell’Alpe di Pampeago, vinta ancora da lui, e nella cronometro di Bolzano. Era però ancora tutto da giocare, fino alla tappa di Chianale.

Quella della grande caduta…

Già, uno dei momenti più duri della mia carriera. Discesa, Simoni è davanti. La giornata è terribile: pioggia, grandine, asfalto che dire scivoloso è poco. Fa talmente freddo che la sensibilità alle mani è quasi nulla. Ma devo recuperare, quindi affronto la discesa del Sampeyre a tutta. Solo che prendo una curva a sinistra troppo forte, le ruote non tengono e volo via. Attaccato a me c’è Pantani e anche lui fa un bel ruzzolone. Siamo messi male, ci rialziamo dopo tempo e finiamo a 7 minuti. Il Giro in pratica finisce lì.

La terribile discesa del Sampeyre, con ghiaccio sulla strada. In 34 finirono fuori tempo massimo
La terribile discesa del Sampeyre, con ghiaccio sulla strada. In 34 finirono fuori tempo massimo
Rimpianti?

A dir la verità no, dovevo provarci. Le cadute fanno parte del ciclismo, anche quelle ne diventano la storia. Mi arrabbiai, tanto. Ma ora riguardo a quei momenti con uno stato d’animo diverso, per certi versi anche romantico.

Ci sono punti in comune tra quel Giro e quello che sta per partire?

Fare paragoni fra gare distanziate di vent’anni è troppo difficile. Il ciclismo è cambiato molto più di quanto dica il tempo, sono due epoche completamente diverse. Potrei dire che anche quel Giro nasceva sotto il marchio della sfida a due fra Simoni e me come effettivamente fu e come dovrebbe essere il prossimo incentrato sul confronto Evenepoel-Roglic. Ma le differenze sono enormi.

Simoni con Garzelli, i due favoriti della vigilia onorarono il pronostico finendo ai primi due posti
Simoni con Garzelli, i due favoriti della vigilia onorarono il pronostico finendo ai primi due posti
Tu hai lavorato alle ricognizioni delle tappe. Da quel punto di vista, come disegno generale, trovi affinità?

Il Giro è diverso ogni anno. Ci sono edizioni più dure ed edizioni meno, anni con salite storiche e anni con nuove ascese. Quest’anno ad esempio tornano le Tre Cime di Lavaredo e il Bondone che non è stato affrontato molto spesso. Quell’anno ci fu il Terminillo e stavolta si sale a Campo Imperatore. Ogni anno si cambia, ogni anno lo spettacolo si rinnova.

E l’atmosfera vissuta è diversa da quella di allora?

Quando la vivi da corridore ha un sapore diverso, sei parte di un grande show. Ora con il lavoro che faccio non riesco a godermi tanto quel che succede intorno, ho troppi pensieri a cui far fronte, ma non nascondo che quando sono all’arrivo, vedo la gente, la carovana che arriva qualcosa alla gola mi prende. E quando guardo la luce negli occhi di chi vince e di chi indossa la maglia rosa, mi accorgo che quella luce è la stessa di allora e di sempre.

Ursus Miura TC, viaggio nelle scelte di Petacchi

03.11.2022
5 min
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Rigidità e leggerezza dei migliori cerchi in carbonio con un livello di comfort mai raggiunto finora da questo tipo di prodotti. Il risultato dell’equazione sembra proprio essere racchiuso nella serie TC. Le ruote Ursus Miura TC37, TC47 e TC67 sono un concentrato di comfort, duttilità e performance con prestazioni al top su ogni tipo di terreno. Oggi Parigi-Roubaix e domani Strade Bianche con queste ruote sono possibili.

Questi cerchi sono adattabili a percorsi diversi. Grazie al tubeless si può essere competitivi come un pro’ su asfalto senza preoccuparsi troppo del rischio di forature. Il giorno seguente si può decidere di mettersi alla prova su un percorso con pavé, oppure di tipo gravel: basterà abbassare la pressione di gonfiaggio delle coperture per ottenere più grip e per ammortizzare le asperità del terreno ghiaioso. Le abbiamo scoperte insieme all’ambassador d’eccellenza di Ursus che di ruote ne ha provate di tutti i tipi e serie: Alessandro “Alejet” Petacchi.

Performance aeronautiche

Il profilo aerodinamico nei cerchi della serie TC è progettato sulla base del NACA 0027, di stampo aeronautico. Le fibre di carbonio sono stese seguendo un particolare processo di bendaggio: questo consente l’ideale distribuzione del materiale, che rende la struttura delle ruote leggerissima ed estremamente bilanciata. Tutte le varianti montano l’ultimo modello di mozzi Ursus in alluminio. Un concentrato di tecnologia, preciso al micrometro, enfatizzato dalla presenza di cuscinetti a sfera ad alta scorrevolezza. Si parla di capolavori tecnici da professionisti che nella loro versione Disc aggiungono all’elenco dei pregi una frenata mai così reattiva ed efficace, ideale anche in condizioni di pioggia o asfalto bagnato.

Le tre versioni

Nella loro versione da 37 mm queste ruote mantengono alte prestazioni sia su lunghe distanze che su percorsi misti. Hanno risposto molto bene ai test di Ursus anche in ambito gravel e su bagnato, denotando una grande stabilità. Sono disponibili nella versione V-brake Miura TC37 e in quella per freno a disco Miura TC37 Disc.

Le ruote da 47 mm per bici da corsa con freno a disco sono adatte per ogni tipo di percorso. Il profilo medio del cerchio, consente ai ciclisti amanti di percorsi misti di pedalare al massimo delle prestazioni in ogni occasione. La particolare stesura della fibra di carbonio consente di controllare la distribuzione del materiale in modo che il cerchio risulti perfettamente bilanciato. Le ruote in carbonio Miura TC47 Disc montano il nuovo modello di mozzi Ursus minuziosamente assemblati a mano dai meccanici e controllati con degli appositi macchinari a controllo ottico prima di essere montati nelle ruote.

Infine c’è la versione da 67 mm, che assicura alla bici un elevato impatto estetico, ma non è di certo questo il suo pregio principale. Si tratta infatti di ruote progettate per dare il meglio a cronometro, quando l’aerodinamicità del loro profilo GOE 775 Airfoil consente di ridurre al minimo la resistenza al vento contrario. Nessun problema anche in situazioni di vento laterale, che scivolerà via senza destabilizzare.

Petacchi è product e brand ambassador di Ursus
Petacchi è product e brand ambassador di Ursus
Alessandro, che tipo di ruote sono?

Sono ruote un po’ diverse ma simili, perché le TC37 sono leggermente più leggere e con un’indole più da salita e da scalatore. Per percorsi più impegnativi. Le TC47 sono il compromesso giusto tra rigidità e guidabilità. Io mi sono trovato molto bene anche in discesa. Sono ruote molto scorrevoli, hanno un ottimo cuscinetto. Le TC67 invece sono le più aerodinamiche e veloci della serie.

Qual è la misura che ti piace di più?

La TC47. E’ la dimensione dal punto di vista amatoriale più completa. Si può fare di tutto, dalle corse più veloci a quelle più impegnative. 

Sono ruote che avresti usato anche da pro’?

Sì, assolutamente. Un professionista magari può ricercare una ruota più alta come la 67 mm, per avere più rigidità e più scorrevolezza. Questa scelta viene dettata ancora di più dal percorso. Per esempio in una gara piatta o un arrivo veloce sarebbero la scelta ottimale. 

Mentre delle TC37 cosa ci dici?

Sono fantastiche. Ma l’utilizzo dipende anche dalla fisicità del ciclista. Per esempio io questa misura la userei raramente. In salita però sceglierei proprio queste. Per fare un esempio, se dovessi correre una tappa con 5000 metri di dislivello non avrei dubbi nello sceglierle. 

Le Miura TC si prestano anche ad un utilizzo offroad come per il gravel
Le Miura TC si prestano anche ad un utilizzo offroad come per il gravel
Cosa dici della loro adattabilità a strada, gravel, pavé?

Sono studiate per avere sollecitazioni elevate, per una Roubaix o un Fiandre sono le ruote ideali. Anche per le strade bianche non hanno problemi. In quel caso le sollecitazioni non sono paragonabili all’Inferno del pavé. 

Per terreni difficili quale sceglieresti?

Una Roubaix si può correre tranquillamente con la 47 mm visto che più di una volta abbiamo visto i corridori con le alto profilo cavarsela più che bene. 

Sono ruote complete quindi?

Sì. Poi dipende molto anche dal copertoncino che viene scelto e anche se vengono messe in configurazione tubeless. Dopo si gioca con le pressioni, ma le TC rimangono la scelta migliore anche per queste condizioni. 

Che impressione hai avuto sulla scorrevolezza?

Sono ruote molto scorrevoli. Mi hanno dato delle sensazioni buone in ogni uscita. Sia a velocità basse che alte. E’ difficile trovargli dei difetti. Si ha un compromesso su tutti i terreni di affidabilità, rigidità, guidabilità e tenuta.

Le tue TC47 in che configurazione le usi?

Io da amatore le uso in configurazione copertoncino, ma è una scelta dovuta al fatto che è comodo in caso di foratura. Nulla da togliere al tubeless che sta dimostrando di essere una tecnologia che si sposa perfettamente anche con le TC. 

Ursus

Petacchi su Cavendish: «Giusto puntare su Jakobsen»

01.11.2022
5 min
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Per Petacchi non ci sono dubbi, Cavendish è ancora un campione e chi lo dava per finito tre anni fa sbagliava di grosso. La partecipazione al Tour de France 2021 è stato un colpo di fortuna che però il britannico ha saputo sfruttare, conquistandosi il record e azzittendo parecchie persone. La sua assenza di quest’anno alla Grande Boucle è stata secondo Alejet più che giusta, mettendosi nei panni di Patrick Lefevere, ha compreso lo spazio dato al ben pagato e giovane Fabio Jakobsen

Con un 2023 fuori dall’orbita della futura Soudal-Quick Step, il bivio sul cosa fare al termine della prossima stagione sembra avvicinarsi sempre di più. Petacchi ha visto un modo totalmente diverso di interpretare le volate «Parte prima e ci prova, una volta aspettava fino all’ultimo». Se si vuole leggere tra le righe questo modus operandi di Cannonball ha tutta l’aria di essere oltre che un adattamento al fisico, un atteggiamento di chi sa che di occasioni ce ne saranno sempre meno

Alessandro Petacchi e Mark Cavendish hanno condiviso duelli e volate per anni, da compagni e avversari
Alessandro Petacchi e Mark Cavendish hanno condiviso duelli e volate per anni, da compagni e avversari
Che 2021 è stato per il tuo ex rivale Mark Cavendish?

L’anno scorso è andato al Tour perché si era ammalato Sam Bennett. La Quick Step aveva fatto questa scelta. Era stato preso dopo un 2020 in cui sembrava dovesse smettere di correre. Ha trovato questo accordo con Lefevere e secondo me ha fatto la scelta migliore. Finche è girato tutto bene. Ha avuto un 2021 motivato dove è riuscito a raccogliere grandi risultati. Si è fatto trovare pronto in buona forma e ha fatto un’ottima corsa.

Le motivazioni non gli mancavano…

E’ chiaro che lui andasse alla ricerca del record di vittorie però fondamentalmente la decisione di Lefevere si è basata su altre motivazioni e non era quello che gli interessava.

Come commenti la sua assenza al Tour di quest’anno?

Giustamente credo che una squadra che investe su un giovane che paga parecchio come Fabio Jakobsen abbia la priorità di spingerlo al massimo. Purtroppo è una ruota che gira ed è toccato a Mark rimanere a casa. Poi non so se siano lasciati in brutti rapporti o se sia stata una scelta sua o della squadra di non riconfermarlo.

L’unica vittoria di Mark Cavendish al Giro d’Italia 2022
L’unica vittoria di Mark Cavendish al Giro d’Italia 2022
Nel 2023 lo vedi ancora al Tour?

Forse vuole fare un anno per chiudere al Tour che ci può stare, perché è la gara che gli ha dato di più ed è forse probabile che finisca lì. Tutto può succedere, se dovesse andarci può voler dire anche vincere ancora. Chiaro è che oggigiorno la squadra conta molto. Il fatto di essersene andato può essere uno svantaggio in più. 

A livello mentale può averlo penalizzato il non essere presente alla Gran Boucle?

Lui spesso si fa un po’ condizionare da queste situazioni che lo demoralizzano. E magari non ha avuto la motivazione giusta per allenarsi in alcuni frangenti della stagione. E’ vero che ha vinto la metà delle corse, ma bisogna contare che nel 2021 ha vinto quattro tappe al Tour. 

Dopo un 2021 dove aveva messo a tacere ogni critica, il 2022 ha convinto di meno…

Quest’anno ha vinto cinque gare e una sola tappa al Giro d’Italia e sinceramente mi aspettavo facesse di più per come era partito. C’è da dire che è stato bravo a finirlo. L’ho incontrato al termine di una tappa e mi disse che era un Giro duro e che andavano fortissimo. Tutto sommato ha dato prova di saper resistere ancora. Era già in procinto di smettere, ma ha vinto quattro tappe al Tour e una maglia verde che lo hanno rivitalizzato. Dovrà capire cosa fare. 

Un altra poderosa vittoria di Cavendish alla Milano-Torino 2022
Un altra poderosa vittoria di Cavendish alla Milano-Torino 2022
Fisicamente come lo hai visto quest’anno?

Lo davano per finito tre anni fa, poi abbiamo visto tutti cosa è stato in grado di fare. A mio avviso quest’anno stava bene fisicamente. Ha fatto un anno più o meno sulla falsariga di quelli precedenti al 2021 in cui ha avuto qualche difficoltà più mentale.

Tu che lo hai affrontato al massimo della sua condizione, hai notato differenze nel suo modo di interpretare le volate?

Sì, addirittura mi è sembrato che partisse molto prima rispetto ai suoi standard. Una volta aspettava tanto. Invece ora magari parte anche lungo rischiando di essere rimontato. Però giustamente meglio farla e magari perderla piuttosto che non riuscire nemmeno a disputarla perché hai aspettato troppo e sei rimasto chiuso. Da quel punto di vista mi ha sorpreso. Anche nella prima tappa del Giro che ha vinto era partito lungo e ci è riuscito. Poi ci ha riprovato in qualche altra occasione ed è stato rimontato.

Nel 2014 il treno di Mark aveva un Alejet d’eccezione che tirava le volate
Nel 2014 il treno di Mark aveva un Alejet d’eccezione che tirava le volate
Pensi che sia dovuto anche ad una perdita di esplosività dovuta all’età?

Con l’età si diventa più resistenti e magari un velocista può perdere un po’ di spunto. Però diciamo che un mese di brillantezza durante l’anno lo si può trovare. Se lo trovi nel periodo giusto, si può vincere tanto. Magari vinci meno durante l’anno perché quella condizione non è sostenibile troppo a lungo. Se sei abbastanza giovane è più facile e bisogna stare anche più attenti a dosarsi. A questa età che si hanno alti e bassi, si può puntare a tornare ai massimi livelli anche per un breve periodo. 

Guai a definirlo “finito” un’altra volta…

Non posso e non dirò mai che un corridore è finito. Io avrei corso un altro anno. Quindi nella squadra giusta e con il ruolo giusto, si può fare di tutto. Io potevo anche mettermi a tirare le volate perché come caratteristiche era un ruolo che potevo fare. Lui no e secondo me è una cosa che sicuramente non farà mai, vorrà sempre correre da leader. Però è chiaro che se si accorgerà che non riesce a centrare nemmeno una volata, anche lui lo capirà. 

Alessandro Petacchi nuovo product & brand ambassador Ursus

28.05.2022
3 min
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Alessandro “Alejet” Petacchi è il nuovo brand & product ambassador di Ursus, la conosciuta realtà tutta italiana produttrice di componenti per il ciclismo alto/altissimo di gamma. E per inaugurare al meglio il proprio ruolo, Petacchi ha recentemente visitato la bellissima sede Ursus di Rosà (Vicenza): il nuovo quartier generale dell’azienda che strizza l’occhio alla razionalità del lavoro ma anche alla sostenibilità ambientale.

Per Alessandro Petacchi una visita in azienda
Per Alessandro Petacchi una visita in azienda

La visita in sede

Uno dei più grandi velocisti degli ultimi decenni entra dunque a far parte della qualificata schiera di ambassador Ursus. Ad accogliere Petacchi in azienda, nel corso di questa prima visita avvenuta in coincidenza con il passaggio del Giro d’Italia dal Veneto (Petacchi è commentatore tecnico Rai), ci ha pensato direttamente Mirko Ferronato che di Ursus è il CEO. Durante questo primo incontro, Petacchi si è dimostrato incuriosito dalle tecnologie utilizzate per progettare e costruire le ruote e i manubri Ursus. Prodotti destinati sia agli agonisti ma anche a chi pedala nel tempo libero. 

«Siamo davvero molto felici e soddisfatti di aver avuto modo di dare il via a questa importante collaborazione con Alessandro Petacchi ha dichiarato Ferronato – un campione che ho sempre ammirato, sia da un punto di vista prettamente sportivo ma anche a livello caratteriale ed umano. Petacchi di velocità e scorrevolezza se ne intende, e non poco… E questa opportunità di collaborazione sarà per noi molto preziosa per far tesoro anche dei suoi consigli tecnici. Fra i nostri ambassador ci sono campioni di più discipline, ma oggi siamo molto fieri di poter inserire tra loro uno degli uomini più veloci che il ciclismo abbia mai avuto: 187 vittorie in carriera, fra cui una Milano-Sanremo, 22 tappe al Giro d’Italia, 6 al Tour de France e 20 alla Vuelta non sono davvero poca cosa».

“Alejet” ha scelto le ruote Miura 47TC e 37TC
“Alejet” ha scelto le ruote Miura 47TC e 37TC

Qualità e sicurezza

E per le proprie uscite in bici, Petacchi ha scelto le ruote in carbonio Miura TC47 Disc e Miura TC37 Disc: aerodinamiche, perfettamente bilanciate e caratterizzate dalla predisposizione di cuscinetti ad alta scorrevolezza. Queste ruote si distinguono per essere adatte su qualsiasi tipologia di percorso. Il profilo medio del cerchio, progettato seguendo l’aerodinamicità del profilo NACA 0027, consente ai ciclisti amanti dei tracciati misti di pedalare sempre al massimo delle prestazioni. La particolare disposizione della fibra di carbonio permette inoltre di controllare la distribuzione del materiale in modo che il cerchio risulti sempre perfettamente bilanciato.

Per quanto riguarda la velocità, le Miura TC47 Disc montano il nuovo modello di mozzi Ursus in alluminio, con cuscinetti a sfere ad elevatissima scorrevolezza, minuziosamente assemblati a mano direttamente in azienda e controllati con degli appositi macchinari a controllo ottico prima di essere montati all’interno delle ruote. 

La bellissima e nuova sede Ursus di Rosà
La bellissima e nuova sede Ursus di Rosà

Inoltre, non da ultimo, Ursus è impegnata a garantire ai propri clienti le migliori soluzioni tecniche incrementando anche la sicurezza in strada. Per questo motivo anche gli adesivi che sono applicati sui cerchi si evolvono in strumento di sicurezza. Ogni etichetta viene stampata su una base riflettente ad alta visibilità per così poter essere sempre riconoscibili sulla strada.

Ursus

Cavendish 2022

Cavendish e il Giro, un amore con qualche spina

08.05.2022
5 min
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Oggi sarà volata e fra quelli da guardare, occhio al numero 171. Per Mark Cavendish, questo è il sesto Giro d’Italia, mancava da ben 9 anni. E’ chiaro, la sua carriera è legata più al Tour de France, a quel record di successi – 34 – condiviso con Merckx e conquistato lo scorso anno in maniera anche rocambolesca, visto che inizialmente quel Tour non doveva neanche correrlo. Eppure anche in Italia il velocista dell’Isola di Man ha scritto pagine importanti. Infatti ha un curriculum di 15 vittorie condite da una maglia di vincitore della classifica a punti. E chi lo conosce bene sa che ogni sua conquista non è mai qualcosa di comune.

Il suo esordio, Cavendish lo ha fatto nel 2008. Era al secondo anno da professionista e stava mettendo in pratica quanto imparato su pista, dove insieme a Bradley Wiggins formava la coppia regina delle madison, con due titoli mondiali già in tasca. Il Giro di quell’anno, dal punto di vista delle volate, è caratterizzato dalle sfide con Daniele Bennati, di 5 anni più grande e decisamente più sgrezzato per quegli sprint di gruppo che in certi momenti sembrano simili alle “Royal Rumble” del wrestling, ammucchiate nelle quali bisogna saper anche lavorare di gomito.

Cavendish Rosa
Il mannese ha vestito per tre volte la maglia rosa, all’esordio della corsa nel 2009, nel 2011 e 2013
Cavendish Rosa
Il mannese ha vestito per tre volte la maglia rosa, all’esordio della corsa nel 2009, nel 2011 e 2013

Che battaglie con Bennati…

Cavendish vince abbastanza presto, nella quarta tappa a Catanzaro, battendo il tedesco Forster e l’attuale cittì azzurro, dopo una caduta ai 200 metri che ha coinvolto in molti (e quella delle cadute altrui sarà una costante nella sua storia). Dei velocisti si ritorna a parlare alla dodicesima tappa, con arrivo a Carpi. Qui Bennati e il britannico danno vita a una sfida epica, bellissima, che non si risolve sul traguardo ma solo dopo lunghissimi minuti davanti al fotofinish, per capire chi dei due abbia vinto. La spunta Bennati e quel responso resta in gola a Cavendish per un giorno intero. Verso Cittadella, Cavendish ripensa spesso a quell’esito. Nello sprint stavolta il suo treno della High Road lavora bene tenendolo coperto. Bennati ha scelto un’altra traiettoria, il britannico lo rimonta e vince nettamente.

Cavendish 2013
Cavendish in rosa sul podio con la piccola Delilah Grace, nata nel 2012
Cavendish 2013
Cavendish in rosa sul podio con la piccola Delilah Grace, nata nel 2012

Prima rosa a Lido di Venezia

Due tappe al Giro, ben 4 al Tour, nel 2009 il britannico sceglie la stessa strategia. Per andare alla Grande Boucle si passa ancora dall’Italia, ma stavolta con l’obiettivo di conquistare la maglia rosa, dopo che in primavera si è portato via la Classicissima. A Lido di Venezia la cronosquadre vede il Team Columbia-High Road fare il miglior tempo. Cavendish passa per primo sotto il traguardo, così la maglia è sua.

Nelle prime due tappe però le sue polveri sembrano bagnate, mentre Alessandro Petacchi è in grande spolvero e vince due volte. Nella prima, a Trieste, Mark mastica amaro perché ci aveva creduto. Nella seconda resta indietro per una caduta a 10 chilometri dalla conclusione che spezza il gruppo e perde così la rosa.

Potrebbe sembrare un Giro maledetto. Non è così: col passare delle tappe la condizione cresce, vince a Milano dopo la contestazione del gruppo per l’eccessiva pericolosità del circuito scelto, poi replica ad Arenzano con Petacchi terzo, che protesta per alcune irregolarità e infine vince anche a Firenze. In maniera molto netta.

Petacchi Parma 2011
La volata della discordia a Parma nel 2011: vince Petacchi e Mark ha subito qualcosa da dirgli…
Petacchi Parma 2011
La volata della discordia a Parma nel 2011: vince Petacchi e Mark ha subito qualcosa da dirgli…

Fiera rivalità con Petacchi

Nel 2011 torna per la terza volta e la sua squadra rivince la crono. Questa volta però è Marco Pinotti a passare per primo e prendersi la rosa. Il giorno dopo, Mark punta al successo per conquistare la maglia, ma lo sprint di Parma è appannaggio di Petacchi. Grazie agli abbuoni, Cavendish conquista il simbolo del primato, ma questo non attutisce la sua rabbia.

«Non ce l’ho con Alessandro – afferma ai microfoni – ma con gli organizzatori e la giuria che mi hanno trattato ingiustamente. Alessandro ha cambiato direzione, era chiaro».

Lo spezzino è laconico: «Questa faccenda offusca la sua maglia» e la chiude qui. La polemica si stempera di fronte a vicende ben più drammatiche: il giorno dopo è quello della triste fine di Weylandt.

Cavendish Teramo 2011
Cavendish in trionfo a Teramo nel 2011: è la tappa numero 6 nella collezione
Cavendish Teramo 2011
Cavendish in trionfo a Teramo nel 2011: è la tappa numero 6 nella collezione

Cavendish vince di nuovo a Teramo, 10ª tappa, battendo Ventoso e Petacchi. Due giorni dopo a Ravenna, 12ª tappa, c’è una caduta enorme che lancia verso il traguardo solo 15 corridori. Il britannico batte Appollonio e nuovamente Petacchi che ha provato ad anticiparlo, poi si ritiene soddisfatto e il giorno dopo decide di non partire.

Quindici successi. Per ora…

Nel 2012 vince subito a Herning: quell’anno si parte dalla Danimarca, dove pochi mesi prima Cavendish ha vinto il mondiale. Trionfare con la maglia iridata indosso fa sempre un certo effetto. Replica a Fano, ancora davanti all’australiano Goss come in terra danese e infine a Cervere su Kristoff. Perde la tappa e le staffe contro Guardini a Vedelago. Lotta per portare a casa la classifica a punti, ma perde alla penultima tappa, a favore dello spagnolo Joaquim Rodriguez che così si consola per la maglia rosa andata al canadese Hesjedal per una manciata di secondi.

Giro d’Italia 2012, Cavendish vince a Herning precedendo Matthew Goss
Giro d’Italia 2012, Cavendish vince a Herning precedendo Matthew Goss

L’anno dopo è l’ultimo per Mark in Italia, prima di oggi. E il britannico fa bottino ricco. Vince subito a Napoli e conquista la maglia rosa, curiosamente ancora con una caduta a 2 chilometri dalla conclusione e il gruppo di testa ridotto a 15 uomini. Ribatte Viviani a Margherita di Savoia, poi trionfa a Treviso su Bouhanni, a Cherasco su Nizzolo, a Brescia su Modolo (tutti corridori in attività, qualcosa vorrà pur dire…) e questa volta la maglia ciclamino della classifica a punti non gliela porta via nessuno. L’elenco è completo? Con Cavendish non si può mai dire…