Covi e un’estate gregario, in attesa di ritrovare il tocco

06.09.2024
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Alessandro Covi sta vivendo la sua personale corsa nella corsa, per riallacciare il filo col corridore capace di domare il Fedaia e non quello che negli ultimi due anni ha avuto ogni genere di problema fisico. Per questo, aver corso con Hirschi e Wellens in occasione delle loro ultime vittorie e aver fatto la sua parte per il risultato di squadra è l’indicazione che le cose si stanno allineando per il verso giusto. Correre in una squadra forte come il UAE Team Emirates impone delle regole di buon senso, come quella di mettersi a disposizione dei tanti campioni presenti, in attesa di essere in grado semmai di dire la propria.

«Le ultime tre gare che ho fatto – dice da casa dei genitori a Taino – le abbiamo vinte con Hirschi e Wellens e contribuire è sempre bello. Adesso sono qui a casa e domattina (oggi, ndr) partiamo con i mezzi della squadra per le corse italiane. Si comincia domenica a Larciano e poi le facciamo tutte. Non so se potrò provare a fare risultato per me, questo è da vedere. Però la condizione sembrerebbe che stia crescendo dopo tutti i problemi che ho avuto. Finalmente ho fatto due mesi giusti, quindi tocco ferro. E magari se dimostro di andare bene, può arrivare un’occasione anche per me».

Dopo il Giro d’Austria, San Sebastian è stata la gara del rientro, con vittoria di Hirschi. I due sono i primi da sinistra
Dopo il Giro d’Austria, San Sebastian è stata la gara del rientro, con vittoria di Hirschi. I due sono i primi da sinistra
Pensavi meglio?

Pensavo meno rogne. Più che altro dopo l’anno scorso, che è stata un’annata davvero difficile per la mononucleosi, mi aspettavo che il peggio fosse passato. Invece probabilmente non ero pronto per ripartire oppure per altri motivi che non so, il mio fisico non ha retto e sono venuti fuori dei problemi ai tendini, che sono stati la rogna più grande. Mi sono portato dietro il dolore per due mesi. Risolti quelli, sono venuti fuori due problemini che fanno parte della vita di ogni corridore. Il Covid, che ormai ce l’hanno tutti. E poi sono caduto e ho preso una botta alla testa con tanto di trauma cranico. Sono cose che succedono, anche se avrei preferito farne a meno.

Anche per te nessun Grande Giro quest’anno per l’idea di fare punti in giro per il mondo?

Se l’idea era far punti anche con me, è andata male, perché non ne ho. Però alla fine la salute conta tanto e soprattutto in una squadra così forte mi sono ritrovato tante volte a lavorare e anche giustamente. Con tutti i campioni che ci sono e che ti assicurano la vittoria, mettersi a disposizione è giusto. Io non potrei fare come loro, a questi livelli finalizzare il lavoro della squadra è una grande responsabilità: non stiamo parlando di gare juniores. Siamo nel professionismo e penso che alcune scelte da professionista siano anche queste. Alla squadra interessa il massimo risultato, non il decimo posto che eventualmente potrei garantire io adesso. Per vincere devo essere al 110 per cento, per cui se ho dei problemi, è meglio che mi metta a disposizione e dia tutto per cercare di far vincere un mio compagno.

L’ultima vittoria di Alessandro Covi è il tappone del Fedaia al Giro d’Italia del 2022
L’ultima vittoria di Alessandro Covi è il tappone del Fedaia al Giro d’Italia del 2022
Intanto però la vittoria manca dal Giro del 2022: è una sensazione pesante?

Alla fine è una cosa talmente lontana, che adesso penso più a sistemare me stesso che alla vittoria o ai risultati. Magari l’anno scorso ho cominciato pensando di vincere, ma con un virus così era impossibile e magari ho sofferto tanto. Ci andavo vicino, ma non riuscivo a vincere. Quindi l’obiettivo è sistemare me stesso, poi se arriva la vittoria è un bel plus. Sarebbe la fine di un incubo, ma sarà possibile soltanto recuperando la salute e di conseguenza le motivazioni.

La squadra si va rimescolando, vanno via Hirschi e va via anche Ulissi, che effetto fa?

Alla fine di italiani in squadra siamo sempre meno e Diego, sin da quando sono arrivato, era il faro della squadra e soprattutto del gruppo italiano. In tutte le gare importanti che ho fatto, c’è sempre stato presente lui. Penso che me ne renderò conto dal prossimo anno. Ieri eravamo assieme in bici quindi non lo vedo ancora come un ex compagno di squadra. Sono certo che il prossimo anno sarà strano.

Covi è stato spesso l’ombra di Ulissi, che dal 2025 correrà alla Astana. Qui i due insieme al Giro del 2023
Covi è stato spesso l’ombra di Ulissi, che dal 2025 correrà alla Astana. Qui i due insieme al Giro del 2023
Si dice tanto che i giovani fanno sempre più fatica ad ascoltare i consigli dei più esperti. Tu non sei più giovanissimo, pensi di aver ascoltato quel che diceva Ulissi?

Io penso che ogni persona debba imparare ad ascoltare e poi agire come si sente di farlo. E’ importante sapere ascoltare e prendere qualcosa dalle persone giuste. Diego secondo me è una persona da cui si può imparare e mi ha fatto piacere ascoltare i suoi insegnamenti e prendere qualcosa anche da lui.

Quanto è importante allenarsi anche ogni giorno con campioni come Pogacar?

Diciamo che gli allenamenti sono tutti personalizzati, quindi probabilmente se io uscissi tutti i giorni con Tadej, avrei un effetto opposto, perché abbiamo dei valori completamente differenti. Per me sarebbe come fare un Grande Giro lungo un anno intero. Però sicuramente, vivendo a Monaco, capita che usciamo fra i compagni di squadra. Capita spesso di vedere Tadej oppure Wellens e sicuramente così si crea anche il gruppo. Proprio allenandomi con Tim, ho capito quanto ci tenesse al Renewi Tour e ho dato il 110 per cento perché potesse vincerlo.

Alessandro Covi, classe 1998, è professionista dal 2020. E’ alto 1,80 e pesa 66 chili
Alessandro Covi, classe 1998, è professionista dal 2020. E’ alto 1,80 e pesa 66 chili
C’è un obiettivo ragionevole che ti sei dato per questo finale di stagione?

Non un risultato preciso, voglio migliorare, continuare senza grossi problemi e fare un bel finale di stagione. Magari se arriva l’occasione, riesco a coglierla bene. Però non voglio stare lì a inseguire un risultato, che poi magari non viene e ci rimango male. Penso a migliorare me stesso e aiutare la squadra quando c’è da aiutare. Perciò adesso si comincia da Larciano e poi seguo tutto il programma italiano fino al Gran Piemonte. Poi, finita la stagione, devo operarmi al naso e quindi dovrò decidere con la squadra quando fare questa operazione.

Giusto per non farsi mancare niente?

Ho scoperto di doverlo fare quando sono caduto e ho picchiato la testa e il dottore mi ha detto che dovrò operarmi al naso. Lo ruppi quando ero piccolo, quindi sono abituato da sempre a respirare così. Se non fossi caduto e non avessi picchiato la testa, non lo avrei saputo neanche. Chissà, magari con il naso stappato, andrò davvero più forte?

Terapia, stretching e palestra: così Covi è tornato in corsa

03.06.2024
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L’infiammazione al tendine che ha rallentato la stagione di Alessandro Covi è rientrata totalmente. Nelle settimane che arrivano il corridore del UAE Team Emirates è pronto a recuperare il tempo perduto. La sua voglia di rivincita l’abbiamo già assaggiata in una precedente intervista, ora è il momento di capire come sia tornato in sella e competitivo. Per farlo ci viene in soccorso Victor Moreno, fisioterapista della squadra che ha seguito Covi durante l’infortunio. 

«Covi ha sentito male al tendine d’achille della gamba sinistra – dice Moreno – durante la Tirreno-Adriatico – ha continuato a pedalare per concludere la corsa. Contemporaneamente, crediamo a causa di una compensazione, gli è venuta un’altra infiammazione al tendine rotuleo del ginocchio destro. In questi casi è sempre difficile capire la causa scatenante, è possibile che il volume e l’intensità della corsa sia stato un fattore determinante». 

L’infiammazione del tendine d’achille provoca un dolore forte che impedisce gran parte dell’attività sportiva (foto MyPersonalTrainer)
L’infiammazione del tendine d’achille provoca un dolore forte che impedisce gran parte dell’attività sportiva (foto MyPersonalTrainer)

Piccoli cambiamenti

Parlando con Covi era emerso che rispetto alla stagione precedente non era cambiato nulla per quanto riguarda la bici. L’unica cosa ad essere cambiata era la soletta delle scarpe, un modello nuovo che sembrava dargli maggiore stabilità. Tanto da cambiare le tacchette Shimano, passando dalle blu a quelle gialle. L’infiammazione del tendine ha poi costretto Covi a tornare alle blu durante questa stagione. 

«Penso che il problema possa essere legato a questo – dice il fisioterapista – il tendine lavorava maggiormente e ha subito un sovraccarico di lavoro. Cosa che si è ampliata con l’intensità della gara e il volume degli allenamenti. Anche se, ad inizio stagione, durante la preparazione invernale, non aveva dolori. Credo che lo sforzo elevato sostenuto alla Tirreno li abbia portati a galla».

La compensazione dovuta all’infiammazione al tendine d’achille ha provocato una seconda infiammazione al ginocchio destro (foto Instagram)
La compensazione dovuta all’infiammazione al tendine d’achille ha provocato una seconda infiammazione al ginocchio destro (foto Instagram)
Come avete reagito al problema?

Non abbiamo fermato del tutto Covi, ma abbiamo ridotto il carico di allenamento. Si è deciso di fargli fare meno intensità e meno ore in bici, questo è stato un fattore importante per il recupero. Sono state anche apportate delle modifiche alla soletta aggiungendo un poco di spessore per fare in modo che il tendine si rilassasse. 

Che terapia è stata fatta?

Tanto stretching e forza in palestra. Lo stretching riduce il dolore perché allunga i muscoli e “scarica” il tendine. La palestra, invece, è servita per rimodellare il tendine e per mantenere un livello alto generale. Con meno ore in bici era necessario tenere l’atleta allenato e in forma.

Lo stretching aiuta a scaricare il tendine e a guarire l’infiammazione (foto Igea Poliambulatorio)
Lo stretching aiuta a scaricare il tendine e a guarire l’infiammazione (foto Igea Poliambulatorio)
Sono stati utilizzati anche dei macchinari?

Il lavoro del fisioterapista è un mix di tutto. I macchinari servono per ridurre il dolore, nel caso di Covi abbiamo fatto tanta terapia laser e usato la Tecar. Però diventa fondamentale anche la palestra, per potenziare il muscolo. 

Rinforzare il muscolo aiuta a togliere l’infiammazione?

Sì, perché il tendine aiuta il muscolo a svolgere la propria funzione. Se questo è poco allenato allora il tendine si sovraccarica ed è facile che si infiammi. Scientificamente il miglior modo per recuperare da un’infiammazione al tendine è unire alla terapia del lavoro attivo. 

Infortuni a muscoli e tendini sono più frequenti a inizio stagione visto il minor livello di condizione (foto Instagram)
Infortuni a muscoli e tendini sono più frequenti a inizio stagione visto il minor livello di condizione (foto Instagram)
Covi è tornato a correre da un mese, ha recuperato pienamente?

Da due settimane lavora a pieno carico, ma si è trattato di un lavoro progressivo fatto settimana dopo settimana. Ha aggiunto ore in bici e intensità con costanza, per non affaticare il tendine. Il suo preparatore e io abbiamo fatto un lavoro congiunto. Appena finisce una gara mi chiama e mi aggiorna su come sta. 

Ha abbandonato la terapia?

Quella strumentale sì. Non fa più Tecar, laser o altro. Continua però a fare forza in palestra e stretching come lavori di prevenzione. Il suo calendario di gare prevede tanti impegni, ma è sempre controllato per evitare ricadute. 

Covi: infiammazione al tendine rientrata, è tempo di ripartire

25.05.2024
5 min
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Prima la Eschborn-Frankfurt, poi il Giro di Ungheria, il mese di maggio per Alessandro Covi ha avuto il sapore della ripartenza. 

«Sto abbastanza bene ora – dice il “Puma di Taino” – sto recuperando da un infortunio ai tendini che ha condizionato la prima parte di stagione. Erano i giorni della Tirreno-Adriatico e mi si è infiammato prima il tendine d’achille e poi il ginocchio. Già alla Milano-Sanremo avevo forti dolori ma la squadra contava su di me e mi sono messo a disposizione. Poi avevo in programma le Classiche del Nord ma dopo il Fiandre sono stato costretto a fermarmi. Ho saltato il filotto di Amstel, Freccia e Liegi. Erano le gare sulle quali avrei dovuto mettere il focus per questa prima parte di stagione e invece nulla».

Covi è tornato a correre nel mese di maggio dopo un aprile ai box per recuperare dall’infiammazione al tendine d’Achille
Covi è tornato a correre nel mese di maggio dopo un aprile ai box per recuperare dall’infiammazione al tendine d’Achille

Strascichi di infortuni passati

A leggere le varie statistiche del 2024 di Alessandro Covi si potrebbe pensare che qualcosa a livello di prestazioni non sia andato nel verso giusto. Poi ci si ferma, si ascolta la voce del giovane corridore del Team UAE Emirates e si capisce la frustrazione di poter fare al meglio ciò che si ama. 

«Il 2024 già era iniziato con un handicap – prosegue – visto che mi trascinavo le conseguenze della mononucleosi che ho preso nel 2023. E’ una malattia balorda, che ti destabilizza e per riprenderti ci metti sempre un po’. Così questo inverno sono partito con il freno a mano tirato, senza forzare nella preparazione. In Australia sono tornato a correre, stavo bene ma non ero sicuramente al massimo delle mie potenzialità. Dopo un mesetto però stavo migliorando e mi sentivo bene, poi alla Tirreno è iniziato il secondo calvario».

Il varesino aveva iniziato la stagione con il Tour Down Under dopo un inverno rallentato dagli strascichi della mononucleosi
Il varesino aveva iniziato la stagione con il Tour Down Under dopo un inverno rallentato dagli strascichi della mononucleosi
La tendinite.

Il mese peggiore è stato quello di aprile, dove sono rimasto fermo. All’inizio non sapevo bene neanche io come gestire la cosa. Ho fatto, per un paio di settimane, delle pause di cinque giorni alle quali seguivano due giorni di allenamento. Il dolore passava ma poi una volta tornato in bici riemergeva. 

Hai capito poi quale fosse il problema?

Mi si era formata una bolla nella zona del tendine d’Achille. Ogni volta che provavo a mettere la scarpa saltavo in aria talmente era forte il dolore. La scarpa mi dava fastidio, figuratevi pedalare. 

Il sorriso di inizio anno è stato spento dall’ennesimo stop degli ultimi mesi
Il sorriso di inizio anno è stato spento dall’ennesimo stop degli ultimi mesi
Com’è stato curato?

Sono stato fermo fino al completo sgonfiamento della bolla e poi sono tornato a pedalare piano piano. Anche l’infiammazione al ginocchio, una conseguenza, è poi andata via. Un po’ più lentamente della prima ma è sparita. Il problema era che fin dalla Tirreno pedalavo per il 60 per cento con una gamba e per il restante 40 per cento con l’altra. Per cercare di compensare.

Hai fatto qualche tipo di terapia?

Laser e tecar per far sparire l’infiammazione, poi abbiamo sistemato il problema al ginocchio per tornare a spingere equamente. 

La bolla a cosa era dovuta?

Dal movimento che il piede faceva sul pedale in fase di massima spinta. Io ho sempre usato le tacchette gialle, che sono quelle più mobili. Quando mi alzavo sui pedali o comunque spingevo forte, il piede si muoveva, questo ha portato via via all’infiammazione del tendine. Sono passato alle tacchette blu e la cosa si è sistemata. 

Nonostante il dolore Covi ha stretto i denti e dato supporto alla squadra alla Milano-Sanremo
Nonostante il dolore Covi ha stretto i denti e dato supporto alla squadra alla Milano-Sanremo
Tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 hai avuto una buona dose di sfortuna…

Non credo nella sfortuna. Penso che ci siano dei periodi così, che ti aiutano a crescere di testa, che ti rafforzano per avere un futuro migliore. 

Quindi ora sei ripartito con maggiore forza?

Sono alla ricerca della migliore condizione. Fermarsi per quindici o venti giorni durante la stagione non è facile. Ricostruire tutte costa fatica ma dal Giro di Ungheria sono uscito con buone sensazioni. Ora ho un calendario fitto e cercherò la migliore condizione per arrivare al meglio nella seconda parte dell’anno. 

Covi e Ulissi, per entrambi una stagione senza grandi Giri con il fine di raccogliere più risultati
Covi e Ulissi, per entrambi una stagione senza grandi Giri con il fine di raccogliere più risultati
A proposito di calendario tu, come Ulissi, non hai grandi giri in programma…

I manager mi hanno comunicato questa decisione durante l’inverno e io l’ho accettata. Il piano era avere più occasioni per me e cogliere maggiori risultati. Però il team è pieno di campioni, quindi in tante occasioni ti trovi a tirare comunque. Avrei preferito essere al Giro a tirare per Tadej che fare la stessa cosa in altre gare. Nel trittico delle Ardenne avrei sicuramente avuto più spazio, ma l’ho saltato per l’infortunio.

Allora la seconda parte di stagione vuole essere una rivincita?

Lo spero. Ora ho una gara in Belgio, una in Svizzera e poi due corse a tappe: Giro di Slovenia e Giro d’Austria. Il finale di stagione sarà sempre il solito, con il calendario italiano e le corse di casa. Ho tanta voglia, soprattutto per le gare di fine anno. Sapere di correre vicino a parenti e amici ti fa venire voglia di lottare.

Rivoluzione Covi: niente Giri, più classiche e occasioni per sé

08.02.2024
5 min
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«Vengo da una stagione difficile e il primo obiettivo era recuperare. Recuperare la salute». Alessandro Covi ci porta subito nel cuore dell’intervista. Come sta lavorando il Puma di Taino? Cosa possiamo attenderci alla sua quinta stagione da professionista? Una stagione molto importante.

Covi ha iniziato il suo anno agonistico in Australia. Tanta fatica, ma di certo meglio dei tre “DNF” delle ultime gare a cui aveva preso parte nel 2023. Era solo la prima parte di settembre e da allora lo stacco è stato lungo per il corridore della Uae Emirates.

Sul “Tainenberg”, lo strappo nel centro storico della sua Taino. Farlo almeno una volta l’anno è un mantra per Covi (foto @filippoborgarelli)
Sul “Tainenberg”, lo strappo nel centro storico di Taino. Farlo almeno una volta l’anno è un mantra per Covi (foto @filippoborgarelli)
Adesso come stai?

Dopo la scorsa stagione ho staccato un mese e mezzo. Ma ci voleva. Mi è servito per recuperare bene (mononucleosi, ndr) e ho visto gli effetti. Ho passato un gran bell’inverno. Senza intoppi. Certo, non ho lavorato sull’intensità e infatti sono partito un po’ più piano rispetto agli altri anni, ma ad ogni giorno di gara sento di fare uno step. Nelle ultime corse sono tornato ad avere sensazioni che non provavo da un po’.

Voi corridori spesso parlate di queste sensazioni, prova a farcele capire anche a noi…

Era quasi un anno, dal Laigueglia scorso, che non provavo certe sensazioni, poi appunto mi sono ammalato: influenze varie e mononucleosi. Le sensazioni: in gruppo c’è sempre qualcuno che come inizia la vera corsa, è il primo a staccarsi. Ebbene, io ero tra quelli. Ero lì che spingevo, ma niente. Mentalmente era dura da accettare. In queste ultime gare invece vedo che non sono più tra loro. Vedo che quando esplode la corsa e gli altri iniziano a faticare, io sono ancora pimpante, fresco. E questo mi fa dire: «Inizio a stare bene allora». E mi consente di aiutare la squadra, cosa che comunque facevo anche quando stavo male, ma in un altro modo.

Qual è il menù della tua stagione?

E’ un programma stravolto rispetto agli anni, in cui lavoravo per essere al top al Giro d’Italia, in supporto ai capitani e per qualche mia occasione. Quest’anno sarà una stagione fortemente improntata sulle classiche. Farò la Sanremo, il Fiandre, l’Amstel, la Liegi. Più in là: Giro d’Ungheria, di Slovenia, di Austria. Poi ancora, nel finale di stagione, le classiche italiane, Plouay… Niente grandi Giri.

Covi (classe 1998) in testa al gruppo durante il Down Under. Una fatica che lo sta aiutando a trovare la giusta gamba
Covi (classe 1998) in testa al gruppo durante il Down Under. Una fatica che lo sta aiutando a trovare la giusta gamba
Ti dispiace di non fare un grande Giro? Come vivi questa cosa?

Non è una bocciatura da parte del team, anzi… Non mi fanno fare il Giro perché con Tadej (Pogacar, ndr) avrei dovuto tirare 21 tappe su 21, mentre mi danno la possibilità di andare forte in altre occasioni, molte delle quali proprio durante i grandi Giri. Penso all’Ungheria durante il Giro d’Italia. Al Giro d’Austria nel periodo estivo. A Plouay quando c’è la Vuelta. Io mi sarei anche messo volentieri a disposizione di Tadej, tanto più al Giro che sappiamo cosa rappresenti per un italiano, ma ho accettato di buon grado il programma della squadra.

Messa così in effetti le occasioni per te non mancano…

Guardate, proprio parlando con Matxin, abbiamo visto come oltre la Sanremo non avessi fatto classiche importanti di primavera, che tra l’altro sarebbero le corse per me. Che fai, dopo la Sanremo se punti a fare un buon Giro, non vai in altura? In questo modo la squadra mi lascia il mese di aprile per correre. E anche maggio. E ciò mi consente di preparare bene corse come il Giro di Slovenia o il campionato italiano.

Punti alle classiche, ma sei partito più lentamente: come farai a trovare la condizione top? Dopo queste prime corse prevedi uno stop per fare intensità a casa?

In realtà ho un calendario talmente intenso che forse da qui in poi non farò neanche un giorno di allenamento (intenso o di carico s’intende, ndr). Farò la gamba con le gare e vedendo l’andamento credo di essere sulla strada giusta. No, non sono preoccupato della forma. L’importante è che non ci siano intoppi. Il ritmo gara non te lo dà nessun allenamento. Ho già corso in Australia e alla Valenciana. Ora mi aspettano quelle in Portogallo, poi Murcia, Andalucia, Tirreno. Poi ancora le classiche.

Tanti giorni di corsa. Alla fine ne farai di più che se avessi fatto un grande Giro!

Più o meno siamo lì. Di certo farò più gare e per questo sarà importante il recupero tra una corsa e l’altra. Parlavate di allenamento, qui l’importante è non andare in over training piuttosto.

Tra esperti e giovani, Alessandro si ritrova nel mezzo. Spesso si è affidato a Ulissi (qui alla sua ruota), il veterano della UAE Emirates
Tra esperti e giovani, Alessandro si ritrova nel mezzo. Spesso si è affidato a Ulissi (qui alla sua ruota), il veterano della UAE Emirates
E’ anche in virtù di queste tante gare che hai fatto tanta base e non l’intensità, come dicevi all’inizio?

No, quello era legato al recupero dopo la scorsa stagione con la mononucleosi. Dopo la malattia non bisognava mettere stress al fisico. Vero, in Australia ho fatto parecchia fatica, ma sentivo che era una fatica buona, giusta.

Alessandro, sei giovane, ma non sei più il ragazzino del gruppo visto i nuovi arrivi. Che ne pensi?

Eh, lo vedo, lo vedo! Ormai quasi mi guardano come un esempio e non più come il giovane. Ma mi piace. Mi reputo un uomo squadra e se loro fanno con me come io ho fatto con Diego (Ulissi, ndr), va benissimo. Anche se sono giovane, anch’io posso trasmettere quel che ho imparato.

Sei più tu che chiedi ad Ulissi, o comunque agli esperti, o i ragazzi che chiedono a te? Insomma come sei messo in questa bilancia?

Io ascolto sempre i consigli di Diego e dei più esperti, ma s’impara da tutti, anche dallo staff e dai più giovani. Specialmente oggi. Vedi questi ragazzini che passano e sanno tutto. Parlano solo di alimentazione e allenamenti, quindi capisci che non ci sono margini di errore e che ogni cosa può esserti utile.

Test e verifiche: Carbon-Ti con la UAE nel giorno di riposo

22.07.2023
6 min
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«E’ uno dei modi con cui otteniamo i famosi marginal gain – spiega Formolo, in procinto di rientrare al Tour de Pologne – in questo caso con corone e freni di Carbon-Ti. Parlo per esperienza, ma ogni volta che capito in un negozio di bici, mi chiedono proprio dei freni. Gli è bastato vedere le foto. Vanno bene, vanno veramente bene. E sono anche belli…».

La superficie del disco è tale da favorire il raffreddamento della pista frenante
La superficie del disco è tale da favorire il raffreddamento della pista frenante

Vero debutto al Giro

Abbiamo passato parecchio tempo a osservare i freni a disco X-Rotor SteelCarbon 3 di Carbon-Ti montati sulle Colnago del UAE Team Emirates, prima al Giro d’Italia e negli ultimi giorni al Tour ed è vero quel che dice Formolo: il colpo d’occhio seduce. Si parla del disco, composto dal corpo centrale in carbonio e la pista frenante in acciaio. Sono belli, ma funzionano? E quali vantaggi danno?

«Il fattore peso è importante per i grandi Giri – spiega Marco Monticone, product manager dell’azienda bresciana – tanto che l’utilizzo diffuso fra gli atleti di punta, Almeida per primo, è iniziato al Giro d’Italia. Lì ci siamo trovati in condizioni estreme, con temporali, piogge, discese molto lunghe fatte in condizioni estremamente critiche.

«Il vantaggio di peso è di circa 27 grammi, che per loro è un numero importante. Ci arriviamo grazie alla parte centrale in fibra di carbonio che nessun altro fa e ci consente di risparmiare peso, mantenendo le stesse caratteristiche di rigidezza necessarie per competizioni WorldTour».

Almeida al Giro ha usato i freni in carbonio e acciaio di Carbon-Ti
Almeida al Giro ha usato i freni in carbonio e acciaio di Carbon-Ti

Segreto industriale

Dei materiali utilizzati e dei numeri relativi si riesce a sapere ben poco: il segreto industriale viene opposto alla domanda e c’è da capirlo. I test che hanno portato al prodotto finito sono andati avanti per anni: fra diversi tipi di carbonio con lo stesso spessore possono esserci delle grandi differenze, quindi la messa a punto del miglior composito si è rivelata un passaggio chiave. Si parla infatti di terza generazione di un prodotto nato quasi 15 anni fa.

L’osservazione di Formolo va avanti. Il veronese ha utilizzato i freni X-Rotor Steel Carbon 3 al Giro d’Italia, facendo parte della… guardia scelta di Almeida.

«Della leggerezza – dice – magari ti accorgi indirettamente. Quello che si nota è che frenano allo stesso modo anche dopo le discese più lunghe. Bagnato o asciutto. Anzi, a volte mi è capitato di arrivare in fondo e di chiedermi se con i freni tradizionali, me la sarei cavata altrettanto bene».

Pista frenante in acciaio

La confutazione da parte di Marco Monticone arriva puntuale ed entra nel dettaglio della costruzione stessa dei dischi.

«Risparmiando così tanto peso nel corpo centrale grazie al carbonio – dice – abbiamo potuto dedicare più materiale alla parte più importante per le performance del disco, quindi la pista frenante. Quella non l’abbiamo alleggerita. Ci sono dei dischi più leggeri dei nostri, ma il nostro prodotto ha una pista frenante studiata per avere delle performance elevate e un raffreddamento migliore su discese estremamente lunghe».

Covi ha riscontrato che la frenata è migliore quando si arriva al riscaldamento
Covi ha riscontrato che la frenata è migliore quando si arriva al riscaldamento

Frenata a freddo

A questo punto gli facciamo notare un’osservazione fatta da Alessandro Covi, il piemontese che proprio in questi giorni si è spostato in Spagna per correre a Villafrance de Ordiza e poi San Sebastian e che i nuovi freni li ha usati anche lui al Giro.

«Frenano sempre bene – dice – magari c’è da pompare di più all’inizio della discesa, ma poi l’efficienza è sempre identica e di alto livello».

Il disegno della pista frenante, con spigoli arrotondati, è stato realizzato per consentire potenza e modularità
Il disegno della pista frenante, con spigoli arrotondati, è stato realizzato per consentire potenza e modularità

Sensazioni e abitudini

Monticone annota, fa una breve pausa e riferisce quanto ricevuto anche da parte di altri corridori della squadra emiratina.

«Quella è stata la segnalazione di qualche atleta – dice – secondo cui più i freni vengono sollecitati e più funzionano bene, che per loro è estremamente importante. Sull’efficienza inferiore a freddo, ho sempre avuto qualche dubbio. Però prendiamo sul serio tutte le loro indicazioni, ma non c’è alcun motivo per cui questo debba succedere, perché il disco si scalda in meno di un secondo. Forse è un fatto di sensazioni. Mi rendo conto che quando dai del materiale nuovo a un atleta che fa 30-40.000 chilometri all’anno, sicuramente troverà qualcosa di differente da quello che era abituato a utilizzare».

Al Tour il freno anteriore Carbon-Ti è stato usato anche all’anteriore della bici da crono
Al Tour il freno anteriore Carbon-Ti è stato usato anche all’anteriore della bici da crono

Disco semi-flottante

Rispetto a qualche disco che ha la costruzione a strati, quella che viene definita a wafer, i freni Carbon-Ti hanno la pista frenante ricavata da un pezzo unico, vincolato al corpo in carbonio da speciali rivetti in titanio. E questo crea un vantaggio.

«Questa costruzione – dice Monticone – fa sì che possiamo definire i freni semi-flottanti. Non si discostano di un millimetro come succede per quelli flottanti delle moto. In questo caso, la pista frenante è solidale col carbonio e non si avvertono movimenti. Però nel momento in cui subisce un surriscaldamento in frenata, il disco è libero di dilatarsi, con i rivetti che sono in grado di assorbire la dilatazione. Ecco perché è decisivo raggiungere il perfetto abbinamento fra rivetti, carbonio e acciaio».

Il team di Carbon-Ti ha raggiunto il Tour nel secondo riposo di Megeve per avere riscontri (foto Facebook)
Il team di Carbon-Ti ha raggiunto il Tour nel secondo riposo di Megeve per avere riscontri (foto Facebook)

La verifica al Tour

Il Tour de France è stato un momento di verifica. Lo staff di Carbon-Ti ha raggiunto il UAE Team Emirates nel secondo giorno di riposo a Megeve, dedicandosi all’approfondimento tecnico richiesto dalla squadra e per loro necessario e scoprendo che per la prima volta i propri dischi sono stati utilizzati anche all’anteriore sulla bici da cronometro.

«Lunedì scorso – racconta Monticone – siamo stati tutto il giorno con la squadra e abbiamo raccolto informazioni dagli atleti, dai meccanici e dal performance manager. Abbiamo indicato futuri nuovi prodotti che potrebbero interessare e concordato alcune cose. Abbiamo ricevuto i prodotti utilizzati al Giro, ad esempio i dischi di Almeida, in modo da fare le nostre verifiche».

A margine dell’attività del team di Pogacar, c’è un servizio che Carbon-Ti riserva ai clienti europei: la sostituzione della pista frenante usurata. Si parla di un vero e proprio “rebuild” del disco, che torna nuovo alla metà di quanto costerebbe comprarlo nuovo. Nulla di particolarmente interessante per corridori che sono abituati alle sostituzioni di parti usurate, un bel valore aggiunto per chi la bici è costretto a pagarla.

Gomiti larghi e leve girate: interviene Covi

04.06.2023
4 min
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Qualche tempo fa via avevamo parlato dei manubri più stretti e dei gomiti più larghi. Ma questo argomento, a rimorchio, portava con sé un altro tema: quello delle leve inclinate l’interno. Ed era stato Alessandro Covi a parlarne commentando proprio quell’articolo. Per lui i gomiti larghi, più che dai manubri stretti derivavano dalla posizione dei comandi, ora rivolti verso l’interno del manubrio.

Abbiamo così richiamato l’atleta della  Uae Emirates, che tra l’altro giusto due giorni fa è tornato in corsa al Giro dell’Appennino dopo il ritiro dal Giro d’Italia, quando di fatto fece da “cuscino” a Geraint Thomas. Un buon segnale in vista del resto della stagione che per Covi passerà dal Giro di Svizzera.  Ma veniamo al discorso delle leve inclinate verso l’interno.

Alessandro Covi (classe 1998) ha una posizione delle leve abbastanza tradizionale
Alessandro Covi (classe 1998) ha una posizione delle leve abbastanza tradizionale
Alessandro, leve inclinate all’interno dunque, come mai?

Questioni aero, da quando ci hanno impedito di distenderci con gli avambracci sulla piega le abbiamo messe così. Almeno questa è la mia idea. Penso che questa rotazione sia figlia di quel regolamento (UCI 2021, ndr). Da lì questa moda di mettere le leve più all’interno.

Insomma non è una coincidenza…

No, non è solo una coincidenza perché in effetti mettendo i comandi così riesci a sdraiarti di più sul manubrio. Si guadagna un po’ in termini di “lunghezza”.

Qualche centimetro in più e polsi più dritti… Ma c’è anche una correlazione con i manubri più stretti? O meglio, quella regola di non poter distendere gli avambracci ha portato ai manubri più stretti?

Secondo me sì, perché tutto è collegato. Quando devi spingere forte in pianura, quando ci sono le alte velocità, cerchi di metterti in posizioni aerodinamiche. E per assurdo a volte riesci a stare più basso con la testa, quando le mani sono sulle leve anziché sotto, sulla curva. E stando più basso, aumenta l’aerodinamica ,sei più veloce. E per me fai meno fatica a trovare questa posizione aero con le leve in quel modo.

Hai appena detto che a volte riesci a stare più basso con la testa in quella posizione, anziché con le mani sotto: perché? E’ questione di pressione sulla sella? Perché si riesce ad essere più sciolti con la muscolatura?

Credo sia più una cosa più meccanica, non saprei spiegarla sinceramente. E’ una valutazione che faccio su di me. In quel modo mi è più facile stare più basso con spalle e testa. E quindi è la posizione che in certi frangenti utilizzo più spesso.

Magari si respira anche meglio stando meno schiacciati col busto…

Non è una questione di respirazione, anche perché è una posizione che non si usa per ore, ma per alcuni minuti, quando sei a tutta. Poi torni ad assumere una posizione più comoda.

Per esempio si riesce a cambiare facilmente quando si hanno le mani sulle leve?

Se c’è bisogno si. Ma comunque è una posizione che utilizzi più che altro in rettilineo, in pianura solitamente. E se devi cambiare in quel caso lo fai solo con il rapporto dietro. “Butti giù” il rapporto più duro che riesci a spingere e vai. Di certo non è una posizione di comfort!

Da notare quanto la leva di Ayuso sia rivolta verso l’interno
Da notare quanto la leva di Ayuso sia rivolta verso l’interno
Una posizione di attacco o se si deve tirare per chiudere in testa al gruppo… E invece le leve messe così all’interno hanno dei contro?

La guidabilità non è il massimo, in effetti è un po’ più scomoda. E soprattutto quando ti alzi sui pedali senti che la bici ti segue in una maniera un po’ diversa, meno lineare, rispetto a quando si hanno le leve dritte.

In gruppo ne parlate di queste soluzioni?

Non più di tanto, anche perché ormai le stanno adottando un po’ tutti. Personalmente io le ho rivolte all’interno il minimo indispensabile. Se ci fate caso sono messe quasi in modo tradizionale.

In squadra chi insiste parecchio su questa rotazione verso l’interno?

Beh, Ayuso insiste molto su questo aspetto, ma un po’ tutti mi verrebbe da dire. Quest’anno anche Tadej (Pogacar, ndr) stesso ce le ha belle strette verso l’interno. Una cosa è certa: sono sicuramente più quelli con le leve che vanno verso l’interno che quelli che le hanno diritte. Anzi forse non ne rimane quasi quasi nessuno.

Su Vine lo sguardo di Covi, maestro di gara

06.02.2023
5 min
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Facciamo un salto indietro in queste settimane di attività subito frenetica e torniamo alla trasferta australiana, dalla quale tutto è cominciato. Il ritorno del Santos Tour Down Under ha regalato soddisfazioni anche al ciclismo italiano, ma ha visto primeggiare Jay Vine, il nuovo acquisto del Uae Team Emirates. Parlare di lui come di un corridore saltato fuori dall’ormai famoso concorso Zwift è a questo punto pleonastico, stiamo parlando di uno scalatore fatto e finito che in pochi giorni ha portato a casa il titolo nazionale a cronometro e la prima corsa a tappe WorldTour.

Qualche giorno fa il suo diesse Marco Marcato aveva parlato di come Alessandro Covi lo avesse protetto in alcuni frangenti della corsa, soprattutto quand’era in gruppo insegnandogli a “limare”: uno degli aspetti tecnici sui quali l’australiano deve ancora lavorare. Era quindi giusto sentire il corridore italiano su come ha visto il suo compagno di squadra.

«Era la prima volta che correvamo insieme da compagni di squadra – racconta Covi – ma avevo avuto già occasione di conoscerlo lo scorso anno. Si è integrato subito nell’ambiente, non avrà problemi».

Jay Vine ha vinto il titolo nazionale a cronometro, davanti a Durbridge e O’Brien, entrambi Jayco
Jay Vine ha vinto il titolo nazionale a cronometro, davanti a Durbridge e O’Brien, entrambi Jayco
Dal punto di vista caratteriale che tipo è?

Ci sono due aggettivi che secondo me lo definiscono per quel che ho visto: tranquillo e umile. E’ uno che lavora bene, è sempre molto concentrato, si vedeva che volesse far bene nella gara di casa. Nelle gerarchie iniziali il capitano dovevo essere io, ma la caduta nel prologo mi ha subito tolto di classifica così abbiamo lavorato tutti per lui. Era d’altronde già in condizioni di forma notevoli, ha fatto la differenza.

Si è parlato molto del tuo apporto come suo luogotenente, soprattutto in gruppo. Ha davvero ancora qualche difficoltà a limare?

Io dico che in gruppo ci sa già stare. Basti vedere il fatto che sa interpretare bene i ventagli, si fa trovare sempre nelle prime posizioni, ha un ottimo controllo della corsa. E’ chiaro che con il passare dei giorni e delle settimane andrà sempre meglio. Forse deve ancora trovare la giusta serenità in gruppo. C’è un episodio al riguardo che mi è rimasto impresso…

Vine protetto dai compagni. L’australiano ha ancora qualche difficoltà nello stare in gruppo
Vine protetto dai compagni. L’australiano ha ancora qualche difficoltà nello stare in gruppo
Racconta…

In una tappa c’erano da prendere le borracce per la squadra e, vista la mia situazione di classifica, mi sono prestato volentieri per il compito. Quando l’ho portata a lui, era molto timoroso per la situazione del gruppo e non mi ha neanche guardato per non perdere di vista gli altri. E’ una piccola cosa, ma fa capire come stia attento a non sbagliare nulla e questo è l’atteggiamento giusto.

Molti sottolineano il fatto che venga da un percorso professionalmente diverso e questo lo penalizzi.

Secondo me invece si vede che ha esperienza giovanile dalla sua, sa andare in bici, è nuovo nel WorldTour, ma sa già come porsi. Tra l’altro ringrazia sempre, in squadra si è ben integrato anche per questo. Ovvio che in alcuni frangenti chi è più capace può aiutarlo, ma si è visto anche nella tappa dove ha chiuso terzo e che gli ha dato la vittoria finale che sa già cavarsela anche da solo.

Per Covi buone sensazioni in Australia, con il 4° posto nella prima tappa
Per Covi buone sensazioni in Australia, con il 4° posto nella prima tappa
Veniamo a te: come esci dall’Australia?

Abbastanza soddisfatto, la condizione è in crescita. Sapevo di dover lavorare ancora molto e correre per Jay è servito anche a me, poi quando si vince va tutto bene.

Molti si aspettavano da te un acuto. Sui social spesso si parla del ruolo marginale riservato ai corridori italiani, anche Tiberi ha detto la sua parlando di carattere e carisma da mostrare in gara. Tu cosa ne pensi?

Io credo che il primo fatto che fa la differenza siano sempre le gambe. La corsa la fa chi è più adatto e il caso di Vine ne è la conferma, era il più in condizione ed era giusto correre per lui. Certamente quando militi in una squadra forte, con tanti corridori vincenti, trovare spazio non è facile, devi essere davvero al massimo, ma l’occasione capita e devi farti trovare pronto.

Covi ora punta sulle gare spagnole e poi preparerà il Giro, da correre da protagonista
Covi ora punta sulle gare spagnole e poi preparerà il Giro, da correre da protagonista
Secondo te però c’è da parte dei team una certa preferenza per il corridore di casa?

Quel che conta è che il team vinca, quindi si corre per chi può arrivare al risultato, non si guarda certo la carta d’identità… E’ chiaro che anche il carattere conta, saper stare nel gruppo: se aiuti e lavori, quando sarà il tuo turno stai sicuro che gli altri lavoreranno per te…

Ora che cosa ti aspetta?

Gareggerò in Spagna a Murcia e Andalucia, dove sono stato protagonista lo scorso anno, poi farò le gare italiane e dopo la Sanremo comincerò a preparare il Giro d’Italia. Per me quest’anno niente classiche del Nord, in quel periodo sarò in altura, proprio perché voglio preparare bene la corsa rosa.

Tifo e watt, che relazioni ci sono dottoressa Borgia?

29.12.2022
6 min
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Il tifo è da sempre una componente dello sport, ma lo si guarda soprattutto dalla parte appunto dei tifosi. Le curve di uno stadio, gli appassionati sul divano, le ali di folla a bordo strada nel ciclismo. E in questo caso, che è quello che ci riguarda, è intervenuto Alessandro Covi.

Il giovane talento della  UAE Emirates ha detto al nostro direttore, Enzo Vicennati, che nel giorno dell’impresa sulla Marmolada, quando passava tra le ali di folla vedeva che automaticamente il suo computerino segnava 50-60 watt in più… senza che lui accelerasse.

Elisabetta Borgia, psicologa dello sport e clinica della Federazione e della Trek-Segafredo, ci aiuta a spiegare tutto ciò da un punto di vista scientifico.

La psicologa dello sport, Elisabetta Borgia. Stavolta con lei si parla dell’effetto del tifo sulle prestazioni ( foto Simone Armanni)
La psicologa dello sport, Elisabetta Borgia. Stavolta con lei si parla dell’effetto del tifo sulle prestazioni ( foto Simone Armanni)
“Sentendo la gente che mi incitava e urlava il mio nome, mi ritrovavo con 60 watt in più senza che me accorgessi”: parola di Covi. Dottoressa, cosa succede nella mente e nel corpo dunque?

Noi siamo pensieri, siamo emozioni e siamo comportamenti, azioni, reazioni. Quindi nel momento in cui abbiamo dei pensieri di un certo tipo e delle emozioni che attivano e continuano vicendevolmente a rinforzarsi, abbiamo anche degli effetti a livello fisico. Effetti a livello comportamentale come maggiore determinazione e confidenza.

E come avvengono tecnicamente?

Questi corrispettivi fisici sono dati da un’attivazione del nostro sistema simpatico, che è il sistema attivante, istintivo, quello che serviva all’uomo primitivo per scappare dalle bestie feroci. Quindi è chiaro che bisogna lavorare sugli aspetti emotivi, sui pensieri. Proprio perché poi i dati oggettivi come i watt ci dicono che hanno effetti a livello fisiologico. Effetti che non sono solo mentali, ma anche di prestazione fisica.

Quindi un atleta dovrebbe essere bravo a “crearsi” sempre il tifo, anche quando non c’è?

In un certo senso sì ed è quello che avviene quando si parla del dialogo interno. Il dialogo interno non è altro che quello che ci diciamo in tutta la nostra vita e che diventa fondamentale anche nel mondo dello sport.

Alessandro Covi durante l’impresa del Fedaia. Quando passava tra le ali di tifo aumentava il suo rendimento
Alessandro Covi durante l’impresa del Fedaia. Quando passava tra le ali di tifo aumentava il suo rendimento
Un esempio?

Un conto è essere in gara e pensare che gli altri vanno più forte, che non è la nostra giornata, che  le gambe sono dure. Un conto, all’opposto, avere un dialogo interno positivo che ti dice in maniera efficace cosa devi fare per essere competitivo in quel momento, che ti dà delle indicazioni corrette, degli incoraggiamenti o che, banalmente, ti serve anche solo per tenere il focus su quello che stai facendo.

Ti è mai capitato che un atleta ti abbia detto le stesse cose di Covi?

In termini di vantaggi, in senso lato, sì. In modo così specifico no. Tanto lavoro che facciamo è sul dialogo interno. Quando l’atleta ha dei momenti in cui si sente meno efficace, quindi è meno determinato, si va a lavorare proprio su questi aspetti. E cioè: cosa ha detto a se stesso, che emozione stava provando in quel momento e anche nel pre-gara.

Oggi si tiene tutto sotto controllo, ma ne siamo del tutto sicuri? Come si calcolano i “watt mentali”?
Oggi si tiene tutto sotto controllo, ma ne siamo del tutto sicuri? Come si calcolano i “watt mentali”?
Siamo nel ciclismo dei numeri in cui tutto è sotto controllo. Covi ha parlato addirittura di watt: ma questi surplus che inevitabilmente il corpo umano tira fuori, poi vengono pagati? Oppure è qualcosa in più che il corpo riesce a tirare fuori da chissà quale fonte?

Difficile da dire e quantificare. Io dico sempre ai miei atleti che le energie psicofisiche non sono infinite e che il nostro serbatoio di energie è come una tanica. Una tanica che a un certo punto si prosciuga. Però poi ci sono di mezzo molti aspetti, anche motivazionali appunto, che ci permettono di andare oltre i nostri limiti fisici. E’ chiaro che una cosa del genere, come aumentare il ritmo passando tra le ali di folla, non può essere portata avanti per lunghissimi tempi. E’ un po’ come quando fai un esame all’università e arrivi la sera che sei cotta, stravolta e senti che ti stai lasciando andare. Però in una situazione come quella di Covi l’aspetto motivazionale, l’eccitazione data dal vedere dei numeri che magari non ha mai visto prima, sicuramente gli hanno permesso di arrivare in cima senza calare. E poi ricordiamoci anche un’altra cosa.

Cosa?

Il limite fra il numero da fenomeno e l’errore madornale è molto sottile. Esempio: attacco in un momento inaspettato, lontano dal traguardo. Se tiro dritto e mi prendono a 100 metri dal traguardo ho fatto una cavolata, ma se arrivo ho fatto l’impresa. Per questo spesso dico che bisogna guardare le cose anche con un po’ di distacco e dire: «Va bene, ho fatto questo errore, ma l’ho fatto per questo motivo». 

Giro 2022, a Napoli, dopo aver fatto il diavolo a quattro, VdP perde la corsa. Il limite tra impresa e successo spesso è sottile
Giro 2022, a Napoli, dopo aver fatto il diavolo a quattro, VdP perde la corsa. Il limite tra impresa e successo spesso è sottile
Si possono quantificare i watt in più della mente?

Nel dopo prestazione si fanno molte analisi e siamo in un mondo in cui i numeri sembrano avere la meglio. La mente è un aspetto che adesso viene considerato molto di più, ma in passato lo era molto meno. Sì, magari la mente ti fa fare dei watt in più e allora metti in bilico tanti punti di vista. Che fai in corsa o in allenamento li calcoli o non li calcoli? Magari fai in corsa dei passaggi che non riusciresti a tenere nel ritmo eppure…

Che insegnamento ha tratto Covi da questa esperienza?

Innanzitutto che può vincere. Tutti sapevano che era un grandissimo talento, ha dimostrato che non è solo talento, ma è uno che porta a casa il risultato sul campo. La consapevolezza è sicuramente l’insegnamento più grande. Lo ha interiorizzato, si sente efficace. E una volta interiorizzata un’impresa del genere, nella sua testa è come se si proiettasse in una dimensione diversa in cui dice a se stesso: «Non sono più quello solo talentuoso. Sono quello che ha già vinto e può continuare a farlo». Lo sa lui e lo sanno gli altri. Vedremo dove arriverà, ma di solito quando si parte in questo modo e cioè che cresci fisicamente, che stai facendo esperienze positive, che stai migliorando, che inizi a vincere… s’innesca una spirale positiva. Fino a che poi non diventi quello che vince. A quel punto c’è un altro step da fare: non sono più la promessa che ha vinto qualche gara. Sono quello che quando parte deve performare, altrimenti ho fatto la controprestazione.

Covi, il coraggio di essere normale e un messaggio a Bennati

25.12.2022
6 min
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Il giorno dopo il Giro avrebbe affrontato il Fedaia. L’ultima volta che eravamo saliti lassù con una corsa era stato nel 2019 col Giro d’Italia U23. Quel giorno, Alessandro Covi affrontò la salita finale stretto nella morsa dei colombiani. Era secondo in classifica, concluse quarto, respinto dai loro attacchi. Perciò avendolo visto al villaggio di partenza, gli dicemmo convinti che il giorno dopo si sarebbe preso la rivincita. Lui ricambiò lo sguardo e allontanò il pronostico, salvo andare in fuga il giorno dopo e vincere la tappa (foto di apertura).

«Quel giorno – sorride – mi hanno rincorso e incoraggiato tutti gli italiani. Mi ricordo che quando passavo in mezzo alla folla, guardavo il computerino e mi aumentavano i watt. Sessanta in più ogni volta e non vedevo l’ora di capitare in un’altra bolla di folla per aumentare il vantaggio su quello dietro. E’ stato come in un film: da quando mi sono svegliato a quando sono andato a letto. Proprio me lo ricorderò per sempre. Non è stata la mia prima vittoria, ma forse dentro di me è stata la prima vera».

Abbiamo incontrato Covi a Benidorm al ritiro del UAE Team Emirates
Abbiamo incontrato Covi a Benidorm al ritiro del UAE Team Emirates
Dice Ulissi che siete spesso in camera assieme e gli chiedi consiglio…

Mi sono sentito spesso come i neoprofessionisti di una volta. Ormai sono passato da tre anni, ma ho sempre chiesto consiglio ai più esperti e anche grazie a questo sono riuscito a raggiungere qualche risultato. Non sono come tanti giovani che arrivano e spaccano tutto, sono uno di quelli che ha bisogno di tempo. Sto migliorando ogni anno e attendo di fare un altro salto. La squadra ha fiducia in me e quindi cercherò di ripagarla.

Hai capito che corridore diventerai?

Non sarò mai un corridore per corse a tappe. Mi trovo bene nelle gare un po’ mosse e penso di essere abbastanza simile a Diego, di cui abbiamo appena parlato. Anche per questo gli chiedo più consigli possibile, perché abbiamo più o meno le stesse caratteristiche e mi potrà essere molto utile per il presente e per il futuro.

Ulissi è per Covi un bel riferimento per la sua esperienza e per caratteristiche simili
Ulissi è per Covi un bel riferimento per la sua esperienza e per caratteristiche simili
Come è cambiata la vita fra il primo e il terzo anno da pro’?

Prima era più un gioco che un lavoro e ancora adesso resta una passione. Cosa è cambiato? Qualche sacrificio in più sul mangiare e sull’allenamento. Però alla fine sono cose che ti vengono naturali, perché se poi vai alla corsa e sei indietro di condizione, fai più fatica. Quindi è meglio fare di più la vita da corridore a casa, per arrivare pronto alle corse.

Una vita tanto dura?

Alla fine è il nostro sport e sono cose che ti vengono naturali. Facciamo i training camp, in cui sei seguito da tanti esperti. Così quando torni a casa, cerchi di seguire il più possibile la linea e viene tutto da sé. Poi iniziano le corse e sei di nuovo seguito dagli esperti, quindi torni a casa per 3-4 giorni ed è tutta una ruota che gira. Quando entri in questo loop, è tutto più facile. Nei dilettanti, non ci sono tante persone dietro alla squadra e sei più libero di fare ciò che vuoi.

Alla vigilia dell’allenamento. Covi è del 1998 ed è pro’ dal 2020
Alla vigilia dell’allenamento. Covi è del 1998 ed è pro’ dal 2020
Un po’ quello che hai consigliato a Romele?

A Romele ho detto di non bruciare le tappe fra i dilettanti. Secondo me fra i 18 e i 20 anni c’è bisogno di fare altro, anche di godersi un po’ la vita, perché sono gli anni migliori. Non devi lavorare, quindi puoi permetterti qualche svago, sempre rimanendo concentrato su quello che ti piace. Perché poi, quando passi, inizia un lavoro e devi fare tutto al 100 per cento. Io ho seguito questo percorso e non mi è mai pesato 

Finito il tempo dello svago?

C’e un tempo per ogni cosa. La cosa più faticosa forse è tenere la testa, ma dipende da come la vivi. Se lo fai in maniera tranquilla, allora non ti pesa. Se invece fai tutto all’estremo, può darsi che con gli anni ti renda conto di non aver avuto una vita. Fare questo sport per lavoro è una fortuna. Io ho trovato il mio equilibrio e per ora mi ha dato i risultati.

Firmando autografi a Monaco, prima della partenza di Beking 2022
Firmando autografi a Monaco, prima della partenza di Beking 2022
La vittoria è la conferma del buon lavoro svolto?

Nel 2021 ci ero sempre arrivato vicino e mi scocciava non aver mai gioito. Poi è arrivato il 2022 e ne ho vinte tre. Questo mi ha reso più consapevole. La vittoria al Giro è stata stupenda. Vincere una gara WorldTour è importante perché capisci che puoi ambire a successi nel livello top del ciclismo.

Avevi già vinto in Spagna…

Quelle due vittorie sono venute all’improvviso, perché non pensavo di essere in condizione. Invece forse ero nel momento di miglior condizione dell’anno e avrei potuto vincere qualunque corsa. Quando non te l’aspetti, non ti cambia più di tanto. Invece la vittoria al Giro la cercavo. E averla raggiunta mi ha fatto capire che se lavori per gli obiettivi, puoi arrivarci.

L’ultimo mondiale di Covi risale al 2019 fra gli U23, qui con Dainese. La maglia iridata andò a Battistella
L’ultimo mondiale di Covi risale al 2019 fra gli U23, qui con Dainese. La maglia iridata andò a Battistella
Che cosa ti aspetti dalla prossima stagione?

Un’annata in cui avrò i miei spazi. Partirò già dall’Australia e poi ripeterò il calendario dell’anno scorso, puntando a fare più vittorie nelle gare in cui avrò spazio. Spero solo di non avere intoppi di salute.

Qual è stato il giorno in cui ti sei divertito di più in bici quest’anno?

Al Lombardia, anche se ho faticato tanto. Sono stato davanti al gruppo dal primo chilometro fin sotto il Ghisallo, quindi per 200 chilometri. Ho gestito la fuga, ma non è stato stressante, perché sapevo che il mio lavoro finiva in quel punto e poi sarebbe entrata in azione la squadra. Andavo forte, quindi è stato tutto più bello. 

Covi racconta che il Lombardia, in fuga fino al Ghisallo, è stata la corsa in cui si è più divertito
Covi racconta che il Lombardia, in fuga fino al Ghisallo, è stata la corsa in cui si è più divertito
Si è parlato di te a proposito del ciclocross.

Mi piace tanto. Seguo le gare in televisione, ho tanti amici nel cross e scherzando ci diciamo di tornare a fare qualche garetta. Però è difficile riuscire a organizzarsi. Magari prima o poi proverò a chiedere alla squadra, però solo se capirò di essere competitivo, altrimenti sarebbe inutile. Non andrei mai per fare figuracce. Ora come ora puntiamo alla strada.

Uno come te, cresciuto sul Muro di Taino e con l’amore per il cross, non avrebbe il diritto di provare il Giro delle Fiandre?

Il Tainenberg… (sorride, ndr). Il Fiandre non lo farò neanche quest’anno, però è una delle gare che mi piace di più. Anche guardandolo in televisione, mi ha sempre emozionato e spero nel futuro di poterlo fare, perché mi si addice davvero tanto. Allo stesso modo mi piacerebbe fare il mondiale, quindi proverò a cambiare qualcosa per arrivarci in buona condizione. Ci sarà gente che esce dal Tour e non sarà facile, però è uno dei miei obiettivi principali. Sono già tre anni che non vesto l’azzurro, l’ultima volta ero dilettante. Per un italiano, quella è la maglia più bella.