L’ottava piazza finale di Alessandro Cattani all’LVM Saarland Trofeo, prova della Nations Cup juniores ha un significato importante non immediatamente visibile. E’ la perfetta rappresentazione di quei concetti che il cittì Salvoldi aveva espresso a inizio stagione, prendendo spunto dalla sua prima esperienza nella categoria.
Salvoldi aveva detto chiaramente di voler costruire uno zoccolo duro in nazionale, che attraverso continue esperienze potesse mostrare quei progressi che erano mancati lo scorso anno. Cattani fa parte di quel gruppo sin da inizio stagione, ha preso parte a tre trasferte all’estero per prove a tappe andando sempre in crescendo fino alla Top 10 centrata in Germania
«Quella tedesca era la gara più adatta a me – ammette il diciottenne di Saronno – perché non c’era tanta pianura, tutte le tappe erano vallonate con salite anche aspre e mi hanno permesso di mettermi in evidenza».
Tu sei ormai un componente fisso della nazionale di Salvoldi, puoi testimoniare realmente come le ripetute esperienze portino a cambiamenti?
Sì, mi hanno aiutato molto. Si forma una certa abitudine a correre a questi livelli e nulla ti sorprende più. E’ un livello completamente diverso da quello delle gare italiane, qui devi essere sempre a tutta, sin dall’inizio la corsa può cambiare, da noi si aspetta sempre la fase finale quindi per certi versi è meno probante.
Alla fine che valore dai a questo ottavo posto?
Non lo credevo possibile a inizio gara, considerando che tutte le nazionali presentavano i loro elementi migliori. Io ho cercato di fare il meglio possibile sfruttando la fuga del primo giorno, dove si è formato un gruppo di una decina di corridori su un piccolo strappetto nel circuito finale. Alla fine ho messo alle spalle gente molto forte come il belga Widar e il norvegese Nordhagen che molti considerano il migliore della categoria e questo mi dà molta soddisfazione perché ho saputo sfruttare l’occasione.
Come ti trovi con questo sistema di lavoro?
Benissimo, Dino riesce a motivarci, analizza con cura ogni corsa e ogni situazione facendoci notare sia quel che ha funzionato sia gli errori commessi. Posso garantire da parte mia che un’evoluzione c’è, ma non scaturisce solo dalle gare, anche dai ritiri che abbiamo iniziato a fare sin dall’inverno e tutto quel lavoro anche a tavolino poi si riflette in corsa.
In che modo sei arrivato al ciclismo?
E’ dipeso dal… Giro d’Italia. Nel 2008 avevo appena 3 anni e mio nonno mi portò a vedere il passaggio della corsa rosa per le mie strade. Gli ho detto che un giorno avrei voluto essere come loro e da allora la passione non mi ha più lasciato. Mi sono sempre dedicato al ciclismo su strada, ho fatto solo un po’ di ciclocross da esordiente.
Tu sei campione italiano di categoria a cronometro, ma sei più passista o scalatore?
Entrambe le cose, mi ritengo un corridore abbastanza completo, anche se devo migliorare in ogni aspetto, come è normale che sia. Le gare a tappe sono comunque le mie preferite, proprio per le mie caratteristiche.
La gara più bella che hai disputato?
L’europeo dello scorso anno, è stata una grande emozione vestire la maglia azzurra. Ancor di più conquistare la medaglia d’oro nella staffetta mista. La nazionale ti dà sempre qualcosa di più, quest’anno l’ho capito in maniera ancora più chiara.
D’altronde ormai cominci a collezionarne un bel po’…
Spero di poterla vestire ancora, ma è qualcosa che va meritato. Devo dire grazie anche alla mia società, la Bustese Olonia se sono riuscito ad arrivare a questi livelli, è la società della mia zona e essendo tutti della provincia di Varese riusciamo quasi sempre ad allenarci in compagnia, il che è importante per fare gruppo.
Ora che hai finito l’anno scolastico sarai più libero anche per allenarti…
Sì e non vedevo l’ora, ma anche per le gare, posso dedicarmi appieno alla mia attività ciclistica. Ora mi attende il campionato italiano a cronometro della prossima settimana dove voglio assolutamente riconfermarmi e riportare a casa la maglia tricolore.