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Bastianelli: «Per i Giochi l’obiettivo è tornare quella del 2019»

03.07.2021
3 min
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L’apertura di credito da parte di Salvoldi, subordinata con grande onestà alla richiesta di prestazioni convincenti, ha ridato morale a Marta Bastianelli. La laziale si è buttata nel Giro d’Italia sapendo di dover da un lato ricambiare la fiducia della squadra, dall’altra lanciare i segnali richiesti dal cittì azzurro. Le Olimpiadi di Tokyo hanno un percorso severo, meno rispetto a quello degli uomini, ma impegnativo. Il dubbio di Salvoldi è chiaro: porto quattro ragazze che possono provare ad attaccare e ad opporsi alle olandesi. Ma se poi l’olandese di turno va via da sola e dietro arriva il gruppo con le azzurre, quale delle nostre può garantire una medaglia in volata? Salvoldi sa che la miglior Bastianelli è l’unica che sia riuscita a batterle tutte allo sprint. Per cui ha parlato chiaro: se torni quella del 2019, uno dei quattro posti è tuo.

Marta è la terza, il risultato di ieri è stato frutto della grande condizione
Marta è la terza, il risultato di ieri è stato frutto della grande condizione

«Vorrei fosse chiaro – dice Marta – che eventualmente non toglierei il posto a nessuno. Se Salvoldi mi porta, evidentemente ha una diversa idea di squadra. E io mi farò trovare pronta per un eventuale arrivo adatto a me. Non sono tanto lontana dalla Marta del 2019. Da inizio stagione a qui è cambiato tutto. E soprattutto il 2021 deve ancora vivere i momenti più importanti, fra cui europei e mondiali».

E’ stato difficile passare attraverso la primavera senza lasciare traccia di te?

Devi averlo provato per capire. Sono passata dal vincere 10 gare a non vincere niente. Sono felice di sentirmi meglio giorno dopo giorno e questo Giro ha una serie di tappe che mi si addicono. Magari non tanto quelle piatte, in cui ci sono velociste più forti di me. Ma ne ho viste alcune adatte alle fughe in cui potrei infilarmi anche io.

Intanto la cronosquadra è andata bene…

E ci ha sorpreso, perché ho preso la bici da crono pochi giorni prima del Giro, mentre le ragazze delle altre squadre studiano e fanno le prove.

Con Elena Cecchini e Anna Trevisi dopo l’inatteso 3° posto nella cronosquadre
Con Elena Cecchini e Anna Trevisi dopo l’inatteso 3° posto nella cronosquadre
Torniamo a Tokyo.

Salvoldi ha la sua idea di corsa, ma scegliere di portarmi sarebbe eventualmente un atto di fiducia enorme da parte di entrambi. E soprattutto dovrò meritarlo. Non vado a prendere il posto a una scalatrice, se vado è perché ho qualità diverse e la corsa potrebbe mettersi in modo da sorridere a me

Qualità diverse?

Se Dino ha in mente che una medaglia si potrebbe assegnare grazie ad una volata, quella che potrebbe rappresentare un’alternativa è Elisa Balsamo, che però ha tutto il programma della pista. Le Olimpiadi non sono il mondiale, dove portarne anche una in più non sposta molto. Qui ci sono quattro posti e se uno fosse mio, sarei contenta. Per un motivo o l’altro, non sono mai andata alle Olimpiadi.

Sul podio le ragazze del team di Alessia Piccolo: ottimo avvio di Giro. Marta è la prima da destra
Sul podio le ragazze del team di Alessia Piccolo: ottimo avvio di Giro. Marta è la prima da destra
Quale pensavi di meritare?

Pechino era troppo dura. Londra era quella più alla mia portata. Anche Rio era dura, ma la velocista è andata lo stesso, per quella stessa idea che evidentemente Salvoldi ha anche questa volta. Infatti portò Giorgia Bronzini.

Cosa ti serve ora per guadagnarti la fiducia ed eventualmente il posto?

La possibilità di lavorare con tranquillità. E allora sono certa che ricambierò la fiducia.

Zigart Pogacar 2021

Urska Zigart, non più solo la fidanzata di Pogacar

14.05.2021
4 min
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Nell’incessante susseguirsi di eventi e notizie che contraddistinguono ognuna di queste giornate ciclistiche, quella relativa alla vittoria di Urska Zigart nell’ultima tappa della Vuelta Valenciana era passata un po’ inosservata, eppure la 24enne slovena di Lubiana non è un personaggio comune perché stiamo parlando della fidanzata di Tadej Pogacar, il numero 1 del ciclismo contemporaneo. Il vincitore del Tour, attualmente in preparazione per la difesa della maglia gialla al Tour.

Per la Zigart, nata a Slovenska Bistrika, questa è stata la seconda vittoria in carriera, dopo il titolo nazionale a cronometro nel 2020 e può segnare il superamento di un confine, un salto di qualità da lei atteso: «Credo di poter migliorare molto e di avere tanto potenziale, mi sento forte ma posso diventarlo molto di più, ho solo bisogno di credere nelle mie doti. In un team di alto livello posso solo migliorare, le vittorie così potrebbero arrivare più facilmente».

La carriera professionistica è iniziata in una città, Lubiana, famosa più per sport come il basket che per il ciclismo, che cosa ti ha spinto a cercare gloria con la bicicletta?

Lubiana è una città multisportiva, dove le discipline più diffuse sono il calcio, la pallavolo e anche il basket. Io ho iniziato a praticare il ciclismo nel 2015, avevo 17 anni, qui c’è l’unica squadra slovena di livello internazionale e volevo farne parte perché poteva essere un modo per girare il mondo.

Che tipo di ciclista sei?

Sicuramente una scalatrice, vado bene soprattutto sulle ascese non estreme, ma in salita vado meglio.

Le salite sono il terreno migliore per Urska Zigart, che però ha qualità anche a cronometro
Le salite sono il terreno migliore per Urska Zigart, che però ha qualità anche a cronometro
Nella tua carriera quanto ti è stato vicino Tadej e quanto tu lo sei per lui?

Difficile dirlo. Abbiamo una storia ciclistica ancora recente – aggiunge la Zigart – non so quanto gli possa essere d’aiuto, ma di certo faccio di tutto per essergli accanto, stiamo insieme da 3 anni, abbiamo condiviso più corse. Lui fa lo stesso con me (nella foto d’apertura alla partenza del Trofeo Binda, ndr) e questa credo che sia la cosa più importante.

Da quando ha vinto il Tour, la pressione dei media su di lui è aumentata, quanto questo pesa sulla vostra vita di coppia?

Diciamo che sembra che ognuno voglia un pezzo di lui… Cerchiamo se possibile di stare un po’ alla larga dai riflettori per avere un po’ di tempo per noi noi stessi ma sappiamo che questo fa parte del gioco, è un prezzo da pagare, sta a noi adeguarci.

L’arrivo della Zigart nell’ultima tappa della Vuelta Comunitat Valenciana, chiusa al 52° posto
Zivart Valenciana 2021
L’arrivo della Zigart nell’ultima tappa della Vuelta Comunitat Valenciana, chiusa al 52° posto
Quali sono i sogni di Urska Zigart?

Quella di domenica è stata solo la prima vittoria e questo era già un sogno, spero che ne seguano altre e che possa competere per le classiche di maggior livello. La Liegi-Bastogne-Liegi è quella che mi affascina di più, ma devo crescere ancora tanto per essere a quel livello.

Sai che il prossimo anno ci sarà anche il Tour femminile…

Certo e questo è un altro sogno. So di poter dare il meglio nelle corse a tappe proprio perché sono a mio agio in salita. Per poter puntare alla vittoria devo migliorare a cronometro, ma magari un giorno sarà Tadej a festeggiare una mia maglia gialla…

Zivart Alé BCT 2020
Lo scorso anno Urska Zigart ha militato all’Alé BCT Ljubljana
Lo scorso anno Urska Zigart ha militato all’Alé BCT Ljubljana
Fino allo scorso anno eri all’Alé BTC Ljubljana, società slovena con una forte componente italiana. Sei mai stata dalle nostre parti?

Molte volte, siamo “vicini di casa”, non parlo bene l’italiano ma lo capisco, ho corso con atlete italiane di spessore e visto molte città. Adoro poi le Dolomiti per sciare. In squadra, alla Alé BTC Ljubljana stavo molto bene, ma sapevo che avevo bisogno di cambiare per continuare il mio cammino di crescita e i risultati al Team Bikeexchange mi stanno dando ragione.

Tatiana Guderzo, Marostica, 2020

Guderzo/2. L’ultimo anno poi l’obiettivo azzurro

17.12.2020
6 min
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La donna che abbiamo davanti ha un sottile filo di trucco e nei suoi occhi azzurri lampeggia acora la piccola Tatiana che nel 2002 conquistò l’argento della crono iridata. Nella Zolder che stava per celebrare Cipollini, Zugno e Guderzo si presero i primi due gradini nella crono delle junior. L’irriverente Tatiana fece il primo passo nel grande gruppo proprio in quell’angolo di Belgio e oggi che è sulla porta dell’ultima stagione, essere con lei nella sua Marostica ci è sembrato un modo gentile di ringraziarla per le tante emozioni. Così mentre ieri le abbiamo chiesto di parlarci delle ragazzine che tenteranno di prendere il suo posto, questa volta vogliamo portarvi nel suo mondo.

«Poco da ridere – ammicca – quella fu l’unica crono in cui la Zugno riuscì a battermi. Mi ricordo il riscaldamento con il mio tecnico Rigato, il buco nello stomaco, la tensione, la nausea. Che begli anni, che belle trasferte. Con Anna eravamo le eterne rivali, perché avevamo caratteristiche simili. Era sfida anche negli allenamenti, per paura di rimanere fuori. Il 1984 ha sfornato proprio delle belle atlete…».

Pechino 2008, Emma Johansson, Nichole Cooke, Tatiana Guderzo
Sul podio di Pechino 2008: Emma Johansson, Nichole Cooke, Tatiana Guderzo. E’ bronzo!
Pechino 2008, Emma Johansson, Nichole Cooke, Tatiana Guderzo
Bronzo a Pechino 2008, dietro Cooke e Johansson
Che cosa diresti alla ragazzina di allora?

Le direi di godersi di più la bicicletta. Di vivere le gare con meno tensione, senza la pressione di dover ogni volta dimostrare qualcosa. L’anno dopo Zolder, mi ero fatta uno strappo muscolare a un polpaccio. Mi toccò stare ferma per 15 giorni e piangevo ogni giorno per paura di perdere la maglia azzurra. Era un incubo, perché allora le convocazioni seguivano criteri difficili da capire. Erano i diesse che trattavano con il cittì, per cui capitava che avessi lavorato bene e ugualmente venivi lasciata a casa per fare spazio a un’altra. Per fortuna lo strappo lo feci ad agosto e i mondiali si correvano a ottobre. Da lì ho sempre vissuto il ciclismo come dover dimostrare. E forse quell’esuberanza era il modo per nascondere l’insicurezza o provare a buttarla fuori.

Quando l’hai messa da parte?

Sei sicuro che io l’abbia fatto? Non è andata via, è cambiata con il passare degli anni. Non escludo che sia rimasta e che abbia imparato a gestirla in modo diverso, cercando di trasmettere sicurezza al gruppo.

Tatiana Guderzo, Mendrisio 2009
L’anno dopo, a Mendrisio 2009, Guderzo diventa campionessa del mondo
Tatiana Guderzo, Mendrisio 2009
Campionessa del mondo a Mendrisio 2009
Ricordi l’argento di Verona 2004, fra le elite e alle spalle della Arndt?

La sera prima di quel mondiale, dissi a mia madre che sarei salita sul podio. Era cominciata da lontano. A febbraio avevo provato il percorso. Eravamo in ritiro a Bardolino con la nazionale e dopo i primi giri dissi a mia madre che era un percorso favoloso, ma non sapevo se mi avrebbero portata. Ogni volta che ci passavo sopra, avevo un senso di pace. Il giorno della corsa avevo la solita tensione, ma anche una lucidità pazzesca. Notavo tutto. Come per il bronzo di Innsbruck…

Era la domanda successiva: più sorpresa a Verona coi tuoi 20 anni oppure ai 34 di Innsbruck?

A Innsbruck. Sapevo di poter fare un bel mondiale. Ero totalmente esaurita nell’aver cercato la condizione, ma ero tranquilla perché sapevo che non avrei dovuto fare io la corsa. E mentre pensavo che questo mi avrebbe agevolato, Salvoldi in riunione mi disse che si aspettava molto anche da me, nonostante leader fosse la Longo.

Perché, raccontando la tua carriera, si finisce sempre a parlare dei mondiali?

Perché la mia carriera è legata ai mondiali. La mia maglia è la maglia azzurra. Pensare di saltarne uno è un coltello nel cuore. Posso saltare il Giro d’Italia o una grande classica, ma saltare il mondiale mi avrebbe demolito.

Marta Bastianelli, Tatiana Guderzo, europei Plouay 2020
Bastianelli-Guderzo assieme agli europei di Plouay 2020
Marta Bastianelli, Tatiana Guderzo, europei Plouay 2020
Con Bastianelli, Guderzo agli europei di Plouay 2020
Qual è stata la nazionale più forte in cui hai corso?

Quelle da Salisburgo in avanti, con Cantele e Bronzini. Anche se vedendo le ragazze che ci sono in giro adesso, la nazionale più forte deve venire.

Che cosa fu il mondiale di Mendrisio?

Campionessa del mondo! Mendrisio fu un obiettivo ben chiaro. Dopo il bronzo alle Olimpiadi di Pechino, ai mondiali di Varese di due mesi dopo non riuscii a gestire la tensione di rappresentare l’Italia al meglio. Varese fu una batosta non indifferente. Ho pianto parecchio. Non fu un problema fisico, perché non ero male. Solo che mentalmente non riuscii a ripartire dalla medaglia olimpica. Mendrisio è stata la rivincita, per giunta dopo sei mesi senza correre per problemi fra la squadra e le Fiamme Azzurre. Quel mondiale cominciò a maggio…

Non farti pregare…

Presi la macchina e andai da sola a provare il percorso. Era il 5 maggio. Feci il primo giro e dissi. «Madonna, bello ‘sto percorso!». Nel secondo giro cominciai a immaginarmi come sarebbe stato arrivare da sola. Immaginavo la scena come una bambina. Feci tre giri, salii in macchina e chiamai il mio preparatore. Gli dissi: «Si lavora per questo. Non mi importa della fatica che mi chiederai di fare!». Anticipo la domanda: il mio preparatore era Marino Amadori. Diceva sempre che non sono un talento, ma se mi metto in testa una cosa, divento imbattibile.

Tatiana Guderzo, Marostica 2020
In allenamento sulla Rosina, a due passi da casa Guderzo a Marostica
Allenamento sulla Rosina, alle porte di Marostica
Concordi con l’analisi?

Forse davvero non sono un talento, ma sono certamente un’atleta con delle qualità, che è riuscita a sconfiggere gente con valori che non avrei mai potuto avere. Il motore l’ho sempre avuto, ma la differenza l’ho fatta con la testa e con il cuore.

Testa o cuore?

Se a Innsbruck avessi ascoltato la testa, avrei detto basta. Ma quando Dino mi ha detto che davanti ne avevo due, nel cuore ho sentito una cosa ben chiara: MIA! E’ MIA!. Sono partita nell’unico punto in cui sapevo di avere mal di gambe. Perché ho pensato che se lo avevo io, dovevano averlo anche le altre. Tutti hanno capito quanto io abbia sofferto quel giorno per prendere il bronzo.

Quello fu anche l’anno del bronzo ai mondiali dell’inseguimento?

Esatto, poi dovetti lasciare la pista a malincuore. Era un bell’ambiente, ma ero stufa di non lottare più non contro il cronometro, ma contro i watt.

E’ vero che smetterai il prossimo anno?

Voglio finire il ciclo e correre la quinta Olimpiade. In assoluto avrei fatto meglio a smettere nel 2018, proprio dopo Innsbruck, ma non ho avuto la prontezza. E poi, come ho sempre detto, si smette più volentieri quando si sa cosa fare. Sto temporeggiando, ma ormai ho capito. Io sono delle Fiamme Azzurre, ma mi piacerebbe diventare tecnico della nazionale. Non so se sarei in grado sin da subito, perché devo fare dei passi. Ma è un ruolo che ho dentro. Sono diesse in corsa, l’occhio del mio diesse dalla bici. Mi manca l’ammiraglia azzurra. E se Giorgia Bronzini ha la stessa idea, devo parlarle. Voglio dirle di fare la brava. A lei la pista, a me la strada. Un accordo fra colleghe si trova sempre…

Tatiana Guderzo, Sarcedo, tricolori 2020

Guderzo, i crampi e venti giorni in Belgio

31.10.2020
2 min
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Tatiana Guderzo arriva con gli occhi sbarrati. Si avvicina a Marta Bastianelli, che era la campionessa uscente, e facendo come al solito la clown inizia a parlare in dialetto. Ha i crampi. Ne ha così tanti che non ci vede. E aggiunge che andava piano, pianissimo, ma sempre con i battiti a 170.

«Io ho una certa età – ride – non posso fare certi sforzi».

Tatiana voleva correre il tricolore di casa a tutti i costi. E si era messa in testa di arrivarci anche bene, come si fa quando è da un po’ che corri e sai in che modo farti trovare pronta. Allo stesso modo centrò il podio di Innsbruck ai mondiali del 2018, nessuno lo ha dimenticato. Ma questa volta sulla sua strada si è piazzato il Covid, che l’ha costretta a rimanere in Belgio dopo la Liegi per una positività che ha bloccato tutta la squadra.

Tatiana Guderzo, Sarcedo, tricolori 2020
Una salita che conosce molto bene e che a Tatiana non ha fatto sconti
Tatiana Guderzo, Sarcedo, tricolori 2020
La salita di Sarcedo non le ha fatto sconti
Ed eccoci qua…

Le ho provate tutte, è stato il mio anno migliore (ride, ndr). Dopo la Liegi, che era il 4 di ottobre, è arrivato questo tampone positivo. Una bastonata abbastanza pesante. Sono rientrata a casa solamente quattro giorni fa. Venti giorni senza bici o comunque con dei rulli. Per il primo periodo dovevamo stare completamente ferme. Ho fatto un secondo lockdown gratuito, diciamo così. Non è stato un avvicinamento adatto.

Neanche dire che ti sei riposata.

Sono arrivata fresca, questo sì, perché lassù energie non ne ho sprecate. In questi anni però non puoi inventarti più nulla. Ho fatto di tutto per esserci. Ho dovuto fare determinate visite. Ci sono stata perché il campionato italiano era in casa e ci tenevo. Non mi aspettavo nulla, tutto quello che arrivava era in più. Sapevo di fare tanta fatica, ma non pensavo così tanta.

Che anno è stato?

Disastroso, grazie. Ero partita in Australia molto serena e con una buona condizione. Poi la caduta di certo non mi ha aiutato assolutamente. Dunque è stato un inizio difficile, a inseguire. Poi il lockdown che sicuramente sui fisici non più giovani (sorride, ndr) non ha aiutato di certo, un rientro decisamente non fortunato e un pessimo finale di stagione. Sono fiduciosa, se gira la ruota, sarà un 2021 da paura.

Quindi correrai ancora?

Quindi con la Ale Btc Lubiana ho il contratto anche per l’anno prossimo. Quella è l’idea. Vediamo con la mente fredda di scegliere bene. Perché adesso sono un po’ troppo emotiva, ma l’idea è quella. Ci sarò anche l’anno prossimo.