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Sapete chi c’era sull’ammiraglia FCI ai tricolori? Pontoni…

10.07.2022
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All’ultimo campionato italiano, a bordo dell’ammiraglia della nazionale italiana che ha dato la possibilità di correre ai ragazzi ex-Gazprom, c’era Daniele Pontoni. Chiamato un po’ a sorpresa da vertici federali, il tecnico friulano del ciclocross si è ritrovato ad affrontare un’esperienza completamente nuova e lontana dalle sue abituali, perché essere alla guida di un’ammiraglia nel corso di una corsa su strada non è cosa semplice. Le cronache raccontano che Pontoni abbia sudato le proverbiali sette camicie per venire a capo della situazione…

Pochi riflettono sulle difficoltà della guida in una corsa ciclistica, dove si cambia spesso ritmo, si fa avanti e indietro schivando ogni genere di ostacolo e bisogna fare presto, sempre presto. Anni fa siamo stati protagonisti diretti in una lontana edizione della Nove Colli, una giornata interminabile con livelli di stress pazzeschi. Raccontando l’episodio, Pontoni si apre un po’ alle confidenze.

«All’inizio è stata dura, anche perché bisogna sottostare a molte regole e c’è tanto da fare, tra rifornimenti e forature. Per fortuna avevo con me Pengo che è smaliziato essendo nell’ambiente da tanti anni e mi ha dato le dritte giuste. Pian piano mi sono calmato e ci ho preso sempre più la mano…».

Zana tricolori 2022
Zana fra il presidente Dagnoni e il cittì Bennati. Nei suoi intenti c’è un inverno con qualche sortita nel ciclocross
Zana tricolori 2022
Zana fra il presidente Dagnoni e il cittì Bennati. Nei suoi intenti c’è un inverno con qualche sortita nel ciclocross
Come valuti l’esperienza?

Bellissima e ringrazio il presidente Dagnoni e il responsabile Amadio di avermi dato questa possibilità. E’ stata un’emozione diversa, d’altronde quando sei fra 17 ammiraglie affrontando 250 chilometri di corsa, è normale che all’inizio ci si senta un po’ spaesati, era da questo punto di vista un mondo tutto nuovo per me. Comunque una cosa l’ho capita: in 7 ore di gara non ci si annoia mai…

Di chi è stata l’idea?

A me lo ha detto Bennati, chiedendomi di fare questa esperienza per aiutare i ragazzi della Gazprom e mi è sembrato doveroso dare loro una mano visto quel che stanno passando. E’ stata una giornata preziosa che mi ha lasciato qualcosa di profondo dentro. A me d’altronde piace allargare sempre i miei orizzonti, seguo tantissimi sport. Oltretutto l’occasione dei tricolori mi ha dato l’opportunità di parlare con tanta gente, fra corridori e manager.

Pontoni 2021
Il cittì conta di coinvolgere quanti più stradisti possibile nella nuova stagione del ciclocross (foto Billiani)
Pontoni 2021
Il cittì conta di coinvolgere quanti più stradisti possibile nella nuova stagione del ciclocross (foto Billiani)
La vittoria di Zana ti ha stupito? Voci di corridoio dicono che voglia ardentemente tornare a fare un po’ di ciclocross questo inverno per i benefici che dà…

Lo conosco da quando era ragazzino e faceva il Trentino Cross. Filippo è in una lista di 6-7 nomi della quale ho già discusso in Federazione e sui quali sto lavorando con i team perché possano fare un po’ di attività con noi. Ai tricolori ho parlato a lungo con Trentin e con Covi, ma nel loro caso so che la Uae Team Emirates non è molto favorevole ad altre attività invernali, avendo già loro un calendario pieno anche d’inverno con i ritiri prestagionali. Io credo però che vedremo più stradisti in gara nel ciclocross, basta trovare la soluzione giusta per permettere loro di recuperare. E nella prossima stagione si può.

Perché?

Il calendario è stato strutturato in maniera più intelligente. La prima fase di Coppa del mondo andrà a terminare con gli europei di inizio novembre, poi ci sarà un buco e una serie di gare internazionali in Italia. Questo permette a chi ha intenzione di fare parte dell’attività di tirare dritto direttamente dalla strada fino agli europei e poi staccare.. Oppure, come penso faranno Van Aert e Van Der Poel, tirare i remi in barca e riprendere direttamente fra dicembre e gennaio per gli appuntamenti principali. Poi c’è il discorso mondiali…

Luigi Bielli, sempre al fianco di Pontoni, sta già tenendo i contatti per la ripartenza
Luigi Bielli, sempre al fianco di Pontoni, sta già tenendo i contatti per la ripartenza
Hai già notizie al riguardo?

Sarà un percorso senza grandi difficoltà tecniche se non una scalinata di 35 gradini, quindi un percorso nel quale anche gli stradisti potrebbero trovarsi bene. Potrebbe essere un’esperienza utile per molti.

Sei ottimista sulla presenza di stradisti italiani?

Moderatamente. Io credo che si possa trovare l’opportunità di fare una parte dell’attività, senza chiedere loro troppo, potrebbe essere un’opportunità utile anche per la loro preparazione. Quel che conta è che non sia una costrizione, deve essere qualcosa fatto per il piacere di farlo, spinti dalla passione. Per i ragazzi delle categorie inferiori il discorso è diverso: l’attività deve essere la più ampia possibile privilegiando sempre la scuola. Quindi devono fare ogni tipo di specialità per ampliare il loro bagaglio, senza pensare troppo al risultato.

Tra gli impegni di Pontoni anche la gestione dell’attività gravel con i mondiali del 9 ottobre in Veneto
GRavel
Tra gli impegni di Pontoni anche la gestione dell’attività gravel con i mondiali del 9 ottobre in Veneto
Tutti coloro che hanno a che fare con il ciclocross, sia tra gli uomini che tra le donne, ci dicono che sono in contatto costante con te…

Credo sia mio dovere mantenere un filo con tutti e non è certo un peso, fa parte del mio lavoro ma anche del mio modo di essere. Tra poco cominceremo a tirare le fila, a programmare i raduni e l’inizio della stagione tenendo presente il discorso dei due tronconi. Io dico che lo scorso anno è stato quello del primo approccio, in questo invece dovremo consolidare e avere una rete ancora più capillare di rapporti. Oltretutto dovremo anche abbinare il discorso del ciclocross con quello del gravel. Avremo il 3 settembre la prova italiana delle World Series, il 18 settembre i tricolori ad Argenta e il 9 ottobre i primi mondiali proprio in terra italiana, dovremo farci trovare pronti.

Per chiudere, dì la verità: si fatica di più alla guida di un’ammiraglia o nel seguire un evento di ciclocross?

Ci sono giornate che inizi a lavorare sul percorso alle 6 del mattino e vai avanti fino alle 18, ma lo ammetto: non ho mai faticato tanto come ad Alberobello…

Ad Alberobello non tutti ridevano. Rota secondo e deluso

27.06.2022
4 min
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E poi c’è Lorenzo Rota. Torniamo al campionato italiano di ieri. Sul podio di Alberobello Lorenzo aveva la mano sul cuore al momento dell’inno. A tratti i suoi occhi erano chiusi, come quelli di Filippo Zana. Grande, anzi enorme, sportività… per aver vissuto quel momento con tanta partecipazione, ma dentro di lui l’umore era decisamente provato.

Il corridore della Intermarché Wanty Gobert è arrivato secondo. Ancora una volta battuto in uno sprint ridotto. Nella giostra dei pronostici al via il suo nome non cadeva certo nel vuoto, ma ci si aspettava di più gente veloce come Nizzolo o Albanese. Invece ancora una volta Lorenzo ha sfiorato il colpaccio e ha dimostrato che la squadra diretta da Valerio Piva è una WorldTour vera.

Zana ride, Battistella è (quasi) impassibile, Rota (a sinistra) invece è deluso
Premiazioni tricolori: Rota (classe 1995) con la mano sul petto

La teoria di Visconti

«Mi dispiace – ha commentato ancora una volta Visconti – okay, sono contento perché ha vinto Zana con il quale ero compagno di squadra fino a qualche mese fa, ma questo ragazzo corre bene. Lorenzo sa leggere la corsa».

Visconti lo chiama e gli fa un cenno di assenso. Rota scuote il capo. «Arriva, arriva… stai tranquillo che arriva», gli dice Giovanni riferendosi alla vittoria.

«Non so cosa dire – commenta sconsolato, Rota – sono veramente deluso. E’ due anni che la sto cercando questa vittoria, ma a quanto pare non arriva. Anche se eravamo solo in due, Petilli ed io, abbiamo cercato di fare la corsa dura. E… non lo so. Non so cosa dire. 

«Posso solo dire di aver dato il meglio di me stesso. Come sempre. Ma non è bastato: sono stato ancora secondo».

Rota (qui in corsa ieri) a San Sebastian cadde nell’ultima curva in discesa. Al Giro ha perso per mezza ruota e la stessa cosa è avvenuta ieri
A San Sebastian cadde nell’ultima curva in discesa. Al Giro ha perso per me ruota e la stessa cosa è avvenuta ieri

Rota deluso

Rota è un ragazzo solare. Sempre molto disponibile. Anche dopo il secondo posto a Genova, al Giro, battuto da Oldani, non si è affranto. Una pacca sulla spalla a chi era stato più veloce di lui e via verso il giorno successivo.

Con Lorenzo proviamo ad analizzare la corsa per capire se ha sbagliato qualcosa ed eventualmente cosa. Ma a mente calda e col morale sotto i tacchi non è facile.

«Non lo so – riprende Rota – do sempre il massimo, tiro fuori tutto quello che ho. Cerco di concludere ogni corsa senza rimpianti e con le gambe finite. Anche oggi (ieri per chi legge, ndr) ho fatto così. Ma a quanto pare trovo sempre qualcuno più forte di me. Al Giro ho perso per mezza ruota, oggi la stessa storia.

«Ci puntavo a questo italiano, certo, ma c’erano tanti atleti forti. Poi noi siamo partiti in due. Abbiamo perso Pasqualon alla vigilia. Volevamo una corsa dura, ma in due non è facile farla. Io e Petilli abbiamo fatto il massimo. E alla fine è arrivato questo secondo posto. Però, vi dico la verità, questo proprio brucia».

Rota (classe 1995) ha un contratto con la Intermarché fino al 2024, prolungato quest’anno proprio per i suoi buoni piazzamenti
Rota (classe 1995) ha un contratto con la Intermarché fino al 2024, prolungato quest’anno proprio per i suoi buoni piazzamenti

Vacanza e altura

In questi casi più che mai bisogna cercare di voltare pagina e andare avanti. Lorenzo sin qui ha messo nel sacco 43 giorni di corsa. Tanti ma non tantissimi. La stagione quindi per lui non è finita.

«Adesso voglio andare in vacanza – dice Rota – perché sono stanchissimo e non ce la faccio più. Poi di certo andrò in altura e vediamo cosa riserverà il resto della stagione». Magari nei piani c’è la Vuelta. Che potrebbe essere perfetta proprio per preparare il mondiale. In fin dei conti è arrivato davanti.

Prima di recarsi all’antidoping, Lorenzo è raggiunto anche dalla sua famiglia. L’abbraccio della mamma, forse lo fa crollare ancora un po’ di più. Si nasconde nel tendone. Sono momenti delicati.

Anche Valerio Piva, il suo direttore sportivo, si avvicina. Gli dà una pacca sulla spalla. Non è certo questo il momento di analizzare la volata. Se fosse partito 20 metri dopo, se avesse tirato un briciolo in meno. Tanti se che servono a poco in senso assoluto e a nulla in quei frangenti.

«Ci abbiamo provato», allarga le braccia Piva. E se ne va anche lui.

Bravo Piccolo, il quarto posto è luce

26.06.2022
4 min
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Grossi complimenti a Filippo Zana, ma una delle notizie di giornata è senza dubbio il quarto posto di Andrea Piccolo. Vi rendete conto che ufficialmente fino a 72 ore fa questo ragazzo non aveva squadra?

Andrea era uno dei corridori della Gazprom-RusVelo su cui l’Uci aveva posto la “lettera scarlatta”. Senza squadra, senza corse. Andrea è uscito fuori da un periodo, anche personale, molto duro.

Il bacio con la sua compagna dopo l’arrivo. Una vera gioia questo quarto posto
Il bacio con la sua compagna dopo l’arrivo. Una vera gioia questo quarto posto

Torna la luce

Dopo l’arrivo era stanco. Grondava di sudore in un modo incredibile. Stare sotto sforzo, passare da 50 all’ora a zero e per di più con 40 gradi è un qualcosa di incredibile. Sembrava un effetto speciale del cinema per quanto ne perdeva.

Perdeva sudore Piccolo, vero, ma ha “vinto” la sua corsa. La sua ragazza Martina non faceva altro che piangere. Chi gli è stato vicino sapeva cosa ha passato.

«E’ stata una corsa calda, lunga e molto nervosa nel finale – ha detto Piccolo con grande lucidità – io speravo tanto di fare bene e mettermi in luce perché dopo questi periodi bui ci voleva proprio. E fortunatamente ce l’ho fatta».

«Dire che me lo aspettavo magari no, tuttavia sapevo di stare bene. Gli allenamenti dicevano questo. Ma la gara è tutt’altra cosa. Alla fine è un buon quarto posto. Un risultato che mi rende contento e mi dà fiducia. Davanti a me ci sono stati tre grandi nomi, gente che ha corso il Giro e ha nelle gambe tante corse».

Andrea Piccolo (classe 2001) ha un contratto con la Drone-Hopper fino a fine anno
Andrea Piccolo (classe 2001) ha un contratto con la Drone-Hopper fino a fine anno

Determinazione massima

Però non è da tutti stare fermi cinque mesi, la sua prima ed ultima gara del 2022 sin qui era stata la Volta a la Comunitat Valenciana, conclusasi il 6 febbraio.

Dalla Colpack-Ballan al salto nel WorldTour con l’Astana. I problemi. Lo stop del contratto, il ritorno tra gli under 23 alla Viris, poi il passaggio alla Gazprom-RusVelo e il suo sfortunato (e discusso) epilogo. Questo quarto posto chiude una vera Odissea. In questi casi tenere la barra dritta non è facile.

«Servono la testa e le giuste persone attorno. Solo così sono riuscito a tornare. Se sono qui è grazie a loro, grazie al mio procuratore Giuseppe Acquadro, grazie alla Drone Hopper-Androni».

Ma servono anche la testa e la voglia per far fatica. Pino Toni, il suo preparatore, ci ha detto che di motori come il suo in Italia ce ne sono due o tre al massimo. 

«Andrea – ci ha confidato Toni – ha un grande motore e una grande determinazione. Ha rifinito molto bene la sua preparazione. Nell’ultimo mese l’ho seguito da vicino e credo si sia preparato nel modo giusto».

«Eh – ride Piccolo – Pino è un grande. Adesso mi sta seguendo lui e sono molto contento. Mi trovo bene.

«Oggi non è stato facile ritrovare certi automatismi del gruppo. Non sembra, ma rientrare in gara all’improvviso non è così scontato. E poi mi mancava il ritmo gara: con qualche corsa in più, magari nel finale sarebbe potuta andare diversamente. Ma va bene così».

I suoi ex compagni hanno corso sotto l’egida della Fci. Anche Piccolo era pronto a fare così
I suoi ex compagni hanno corso sotto l’egida della Fci. Anche Piccolo era pronto a fare così

Via libera

Poche parole da parte di Piccolo. Certe situazioni lasciano il segno e non si ha minimamente la sensazione di avere di fronte un “ragazzino” di 21 anni. 

«E’ un mese – racconta Piccolo – che eravamo in ballo con la Drone-Hopper-Androni per fare il contratto. Pensate che era già da due settimane che avevo la bici, la Bottecchia. E finalmente mercoledì ci hanno accettato il nulla osta, il contratto appunto».

«Quando l’ho saputo la mente è volata ad Alberobello. Anche se in realtà l’iscrizione l’avevo già fatta. Avrei potuto prendere il via come gli altri ragazzi della Gazprom con la maglia neutra, però farlo con la maglia di questa squadra, la tua squadra, è tutta un’altra cosa. Corri con un altro spirito».

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Zana scatenato. Si prende il tricolore fra i trulli

26.06.2022
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«Sulla prima salita di giornata mi viene vicino Zana e mi fa: oh, io non faccio fatica». Filippo Fiorelli fa questa confidenza a Giovanni Visconti dietro il palco delle premiazioni, dove intanto Filippo Zana chiude gli occhi verso il cielo e si gode l’inno di Mameli, con Alberobello che canta in sottofondo.

Proprio Filippo Fiorelli aveva fatto tremare per il suo attacco nel finale. Ma come, ci si chiedeva, attacca con un compagno in fuga? «Sapevo – chiarisce il siciliano – che ormai era in cassaforte l’arrivo della fuga. Hanno attaccato, ho risposto, ho visto che non era uscito nessun altro e ho pensato di fare un buon piazzamento».

Nessun attrito dunque. Anche perché gli abbracci, le urla e gli sguardi spiritati gonfi di adrenalina erano palesemente sinceri.

Urla e abbracci “potenti” tra Zana e Fiorelli subito dopo l’arrivo
Urla e abbracci “potenti” tra Zana e Fiorelli subito dopo l’arrivo

Chapeau Bardiani

Stamattina la Bardiani Csf Faizanè era la squadra più numerosa al via con 19 atleti (e 310 borracce!). E questa superiorità l’hanno messa subito in campo. Sono stati attivi in ogni istante della corsa. E al momento buono quando a tre giri dalla fine sono usciti i “cavalli di razza”, Zana c’era.

«E’ andato tutto benissimo – dice incredulo Zana – e dire che io soffro il caldo. E questo un po’ mi preoccupava. In più il percorso non era per me. Però ho visto subito che stavo bene. Non ero il leader della squadra, ma sapevo che quelli che erano usciti bene dal Giro, come me, Gabburo, Zoccarato, potevano fare buone cose». 

«Nel finale non credevo di vincere, tanto più con gente come Battistella e Rota che sono veloci e che vedevo andavano forte. Quando passavano loro a tirare la velocità era sempre alta. Però tiravo anche io».

«Nel corso dell’ultimo chilometro pensavo: “Tutto sommato farò un bel piazzamento”. E invece ho vinto in volata! In tutta la mia carriera credo si contino sulle dita della mano le mie vittorie allo sprint. 

«Rota è partito un po’ lungo, io mi sono messo alla sua ruota ed è andata bene. Diciamo che ho vinto la volata che contava».

Volata da gamba

Visconti, contento per i suoi ex compagni che si fanno bagnare di spumante sotto il palco, commenta con l’occhio di chi la sa lunga.

«Se mi aspettavo che Filippo vincesse in volata? Su carta – ha detto Visconti – era il più lento, però questa non era una volata da sprinter, ma per chi aveva più energie. Ragazzi, ma vi rendete conto cosa significa fare 240 chilometri con questo caldo? Non vedevate che la selezione avveniva da dietro? Che nonostante ci fossero degli scalatori nessuno di loro scattava e scappava?».

Non solo, ma all’inizio dell’ultimo giro, tanto per aumentare la souspence, Zana non era riuscito a prendere la borraccia. Per fortuna che c’erano altri due massaggiatori a bordo strada. Senza acqua in un finale del genere sarebbe potuto essergli fatale.

La volata potente di Zana che batte (nell’ordine) Rota, Battistella e Piccolo
La volata potente di Zana che batte (nell’ordine) Rota, Battistella e Piccolo

Finalmente la forma

Zana sta vivendo un ottimo scorcio di stagione. Il Giro d’Italia non è andato proprio come sperava. Ma ne è uscito bene. Ha vinto l’Adriatica Ionica Race e avevamo scritto che era stata un po’ la quarta settimana del Giro. E poi ha vinto il tricolore. Insomma la forma è arrivata: tardi, ma è arrivata.

«Sì, però non possiamo dire che questa sia la quinta settimana del Giro – scherza Zana – dopo la Ionica Race mi sono riposato un paio di settimane. Sono andato sull’altopiano di Asiago, ho la fortuna di avere una casa in montagna lassù non lontano da casa mia. Quantomeno ho dormito al fresco e sento che tutto questo mi ha fatto bene.

«Ho alternato giorni facili ad altri un po’ più duri, ma nulla di che. Adesso però voglio riposare per bene. Oggi si chiude la mia prima parte di stagione».

Il cittì Daniele Bennati (qui al via da Castellaneta Marina), ha seguito i quattro giri del circuito finale dalla moto
Il cittì Daniele Bennati (qui al via da Castellaneta Marina), ha seguito i quattro giri del circuito finale dalla moto

Messaggio a Bennati?

Si chiude la sua prima parte di stagione alla grande, ma già si guarda avanti. Questa maglia, come ha detto Zana stesso sul palco, va onorata al meglio.

E cosa curiosa, ha vinto su un percorso che in teoria non era per scalatori come lui e per di più col caldo. Un percorso ideato anche per mano del cittì Daniele Bennati, oggi in moto, che lo ha voluto più simile possibile a quello iridato di Wollongong. Che Zana possa mettere in difficoltà il cittì in vista del mondiale australiano?

«Adesso è presto per dirlo – ha affermato Zana – da qui al mondiale è ancora lunga. Voglio recuperare bene, perché sugli strappi le gambe bruciavano, dopo il Giro non ho mai mollato e questa maglia va onorata al massimo».

Visconti a Fiorelli: una volata… stanca per sbloccarsi

25.06.2022
4 min
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All’alba di domenica, Visconti prenderà un aereo per la Puglia e ai campionati italiani farà un test ai microfoni della RAI accanto ad Andrea De Luca. Senza girarci troppo attorno, per il siciliano di San Baronto non si tratta di una corsa come le altre. Quella maglia gli ha dato una dimensione e ciascuna delle tre volte in cui l’ha conquistata ha segnato l’inizio di un nuovo capitolo.

Fiorelli e Visconti hanno affrontato insieme la preparazione invernale in Sicilia, legando molto
Fiorelli e Visconti hanno affrontato insieme la preparazione invernale in Sicilia, legando molto

Al lavoro per Fiorelli

Il racconto di come si sia conclusa la sua carriera è ormai noto, ma prima ancora di sapere del suo impegno con la tivù di Stato, ci era venuta voglia di sentirlo. Volevamo che desse qualche consiglio al… fratellino Fiorelli, accanto al quale aveva immaginato di vivere un diverso 2022 e che nella corsa pugliese potrebbe trovare il giorno perfetto. Ne è nato un viaggio interessante nel correre dell’altro palermitano, che nel frattempo è diventato un suo ottimo amico.

«Fiore va forte – comincia Visconti – ma in gara gliene succede sempre una, oppure perde l’attimo. E’ stato 2-3 giorni a casa mia e l’ho martellato. “Devi rischiare – gli ho detto – non puoi aspettare la fine per giocarti la corsa con i più forti. Non ce l’hai ancora quella forza. Devi fare quello che a te sembra sbagliato”. Lui può vincere le volate, ma le volate… stanche come facevo io. Quelle di gruppi ridotti all’osso».

Al Norvegia ha provato qualche fuga: secondo Visconti è questo il giusto atteggiamento
Al Norvegia ha provato qualche fuga: secondo Visconti è questo il giusto atteggiamento
Ti sembra che sappia fare solo corsa di testa?

Prendiamo il Norvegia. Gli ho chiesto perché nell’ultima tappa sia partito lungo, poi si sia rimesso in gruppo ai 300 metri e alla fine abbia finito quinto. “Hai la certezza di poter battere Kristoff nel testa a testa?”. Deve capire che per sbloccarsi deve rischiare e che non è facile vincere facendo tutte le cose alla perfezione.

Il campionato italiano potrebbe essere l’occasione?

Ci stiamo arrivando senza sapere chi ci sarà. Alcuni dei più adatti hanno già detto che non andranno. Gente come Vendrame, oppure Bettiol e Oldani. Potrebbe essere davvero il suo percorso, perché non dovrebbe esserlo in una gara secca in cui ti giochi tutto? Ma deve stare attento a quello che succede da lontano, non ragionare da velocista che aspetta la volata.

Ad Alberobello con anticipo per provare un circuito che gli si addice molto (foto Instagram)
Ad Alberobello con anticipo per provare un circuito che gli si addice molto (foto Instagram)
Lo stesso concetto espresso da Viviani…

E infatti mi ricorda preciso il campionato italiano che vinse Elia a Darfo Boario Terme. Uno strappo solo, un caldo bestiale, fuga da lontano e corsa finita. Non ci sono squadre compatte. Le piccole mandano gli uomini in fuga, sono poche quelle che corrono attorno a un leader. A me successe, ma stavo bene e credettero nelle mie possibilità. Se va via il gruppetto ed entrano quelli buoni, deve esserci anche lui.

Perché aspettare i finali, per paura, pigrizia, poca fiducia?

Certo non pigrizia. Filippo ha grinta e cattiveria di arrivare. Mi ricorda il Visconti piccolino che aveva tanta rabbia. Sembra che abbia paura di buttare energie e questo lo limita. Corre in modo anonimo e alla fine la gente si chiede dove sia finito. Deve levarsi di dosso quella paura, non ha niente da perdere. Per una volta provi a correre così. Perché se poi si trova davanti, è tanto cattivo. A volte gli chiedo come faccia a limare così tanto.

In volata contro Conci allo Slovenia, lottando per il 6° posto nell’ultima tappa
In volata contro Conci allo Slovenia, lottando per il 6° posto nell’ultima tappa
Come fa?

E’ una necessità. Arrivare a giocarsi la volata con le WorldTour che fanno un altro sport non è facile. Devi essere furbo e bravo a infilarti negli spazi che ti lasciano. Lui in quei momenti dice di vedere tutto al rallentatore. E’ nel suo habitat, vede i pericoli e li schiva (le stesse parole le usò Angelo Furlan in un’intervista sull’essere velocisti, ndr).

Ti dispiace non essere lì a guidarlo?

E’ il mio rammarico di fine carriera. Almeno una volta avrei voluto sbloccarlo, ma non sono stato in grado. Però ci vediamo spesso. Parliamo. Siamo rimasti molto legati. Gli dico le cose in faccia. Deve rischiare. C’è ancora un gradino da salire per diventare grandi.

Battistella, l’italiano più giovane del Tour: il tagliando e via…

19.06.2022
5 min
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Della sparuta decina di italiani al Tour de France farà parte anche Samuele Battistella, che con i suoi 23 anni, sarà anche il più giovane della spedizione. Campione del mondo U23 nel 2019, prima che il Covid appiattisse tutto, alla fine del secondo anno il veneto ha preso le misure al professionismo, con il Giro a 22 anni, qualche piazzamento e finalmente la vittoria centrata nell’ultima corsa del 2021 nella Veneto Classic. Quest’anno sembrava lanciato verso una rapida conferma, ma un drammatico incidente all’Amstel Gold Race lo ha fermato sul più bello. Lui però si è rimboccato le maniche e ha ripreso subito col passo giusto.

Samuele Battistella è nato a novembre del 1998. E’ pro’ dal 2020 (foto Astana Qazaqstan Team)
Samuele Battistella è nato a novembre del 1998. E’ pro’ dal 2020 (foto Astana Qazaqstan Team)

Base sul Pordoi

In questo momento chi passasse sul Pordoi potrebbe riconoscere la sua pedalata su qualche salita. Ma fra qualche giorno anche lui scenderà dal passo e si sposterà in Puglia per i campionati italiani e poi volerà in Danimarca per l’inizio della contesa.

«Ho beccato una settimana stupenda – racconta dai 2.239 metri del passo trentino – con 26 gradi di massima, mentre giù in valle si arriva quasi a 40. Quest’anno ho fatto tantissima altura. Tre settimane sul Teide prima del Delfinato, tutto per il Tour. Aiuterò Lutsenko, ma avrò spazio per provare a vincere qualche tappa. Andrò giù martedì, sperando di non risentire troppo del caldo. Non so come arriverò ad Alberobello. Ricordo che ero andato in altura anche prima dei mondiali U23 di Harrogate, ma non finivo le gare. Credo che Amadori abbia anche pensato di non portarmi più, ma per fortuna lo fece e vinsi. Ho bisogno di tempo per metabolizzare i lavori in quota. Ma questa settimana me la sono presa per recuperare».

Dopo l’incidente all’Amstel, è passato un mese prima del rientro in gara di Battistella al Giro di Ungheria
Dopo l’incidente all’Amstel, è passato un mese prima del rientro in gara di Battistella al Giro di Ungheria

Sangue e sudore

A proposito di programmi saltati, che per l’Astana sono stati il filo conduttore di una prima parte maledetta, le sole corse del calendario che Battistella sia riuscito a rispettare sono state la Volta ao Algarve e l’Amstel. Le altre sono saltate, a causa di malattie, bronchiti e cadute. A causa dell’incidente nella corsa olandese, Samuele ha infatti dovuto rinunciare al resto delle classiche.

«Il Tour me l’hanno proposto a dicembre – racconta – e ho accettato subito. L’anno scorso ho fatto il Giro, il Tour a detta di tutti è più grande e la sola idea di andare mi mette entusiasmo e tensione. Il fatto di aver saltato le classiche mi scoccia ancora molto, perché ci avevo messo sangue e sudore. Per questo conto di arrivare al Tour con una cattiveria da paura. Quando le cose vanno storte, cresce la frustrazione che poi diventa voglia di riprendersi tutto».

Foto ricordo dopo quasi tre settimane sul Teide alla vigilia del Delfinato (foto Astana Qazaqstan Team)
Foto ricordo dopo quasi tre settimane sul Teide alla vigilia del Delfinato (foto Astana Qazaqstan Team)

Ventun giorni filati

C’è la testa che fa la differenza, con la sensazione che il Giro d’Italia dello scorso anno abbia davvero permesso di salire un gradino importante.

«Quasi sicuramente – dice – i 21 giorni di gara consecutivi sono stati qualcosa che non avevo mai fatto e che ripeterò al Tour. La testa conta tanto. Prima era solo fatica e sofferenza, adesso è fatica e buone sensazioni. A questo aggiungo che aver messo mano in modo importante alla nutrizione fa sì che il mio fisico sia cambiato. Lo vedo da come recupero anche dopo le corse. Il Delfinato è stato tosto, alcuni lo hanno paragonato alla prima settimana del Tour e mi ha dato una bella base di ritmo gara. Quassù prima ho recuperato e poi ho cominciato a lavorare, con distanze mai eccessive. Cucinotta preferisce farmi puntare sull’intensità, perché rispecchia quello che succede in gara».

Al rientro dopo l’infortunio, subito terzo al Giro di Ungheria, dietro Dunbar e Rodrigues
Al rientro dopo l’infortunio, subito terzo al Giro di Ungheria, dietro Dunbar e Rodrigues

Parla Cucinotta

Ieri qualche lavoro di forza, oggi la prima distanza fra medio e soglia, avendo fatto abbastanza ritmo gara al Delfinato. Tirato in ballo da Samuele (i due sono insieme nella foto Astana, in apertura), Claudio Cucinotta riallaccia i fili di questa primavera scombinata e spiega in che modo il veneto arriverà al Tour.

«La sua fortuna – sorride il preparatore dell’Astana – è essere flessibile e duttile. Samuele prende la forma abbastanza facilmente, gli basta qualche settimana per arrivare a un livello discreto da cui provare a raggiungere il top di forma. Dopo l’incidente dell’Amstel abbiamo ricostruito la base aerobica ed è andato al Giro di Ungheria, che ha chiuso al terzo posto. Poi due settimane abbondanti di altura sul Teide e via al Delfinato. Ora altri 10 giorni in montagna per recuperare, lasciando che l’altura faccia il suo corso, quindi il campionato italiano per fare bene e poi il Tour. I corridori che seguiamo impiegano fra 7 e 15 giorni per andare a regime dopo l’altura, per questo fare un altro periodo dopo il Delfinato servirà a ridurre il tempo di latenza, favorendo l’adattamento. All’italiano magari non sarà al massimo, ma avrà un buon livello».

Nella seconda tappa dell’Algarve, Battistella ottiene il secondo posto dietro Gaudu in rimonta
Nella seconda tappa dell’Algarve, Battistella ottiene il secondo posto dietro Gaudu in rimonta

Potenza e recupero

Quel che interessa è il discorso del cambiamento atletico di un ragazzo che ha corso il Giro a 22 anni e si accinge al Tour a 23.

«Lo step di miglioramento – spiega Cucinotta – si nota nel lungo periodo e nella potenza sulle salite lunghe. Non è uno scalatore puro, ma le passa molto meglio. In più, rispetto allo scorso anno, recupera e sopporta meglio carichi di lavoro superiori. Il Tour sarà il modo per fare esperienza in un contesto di livello altissimo, che più alto non c’è. Il Giro a 22 anni non fa più notizia, perché c’è chi alla stessa età è capace di vincerlo. Ma ognuno ha i suoi tempi e Battistella sta facendo un percorso per raggiungere il suo massimo nei prossimi 3-4 anni».

Italiani in vista. Crono in Friuli, prova su strada in Puglia

08.06.2022
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Giugno, tempo di campionati italiani. Le maglie tricolore, a crono e in linea, aspettano di trovare i loro nuovi padroni. Attualmente sono sulle spalle rispettivamente di Matteo Sobrero e Sonny Colbrelli. Anche se quella del corridore della Bahrain Victorious, purtroppo non la possiamo ammirare.

Come avviene ormai da qualche tempo, a parte lo scorso anno quando fu ExtraGiro ad organizzare il tutto, le sedi di crono e strada sono separate. E neanche di poco.

Crono in Friuli

La prova contro il tempo si terrà infatti in Friuli Venezia Giulia e più precisamente a San Giovanni al Natisone, Udine.

Sulla carta il percorso sembra essere molto filante e Marco Velo, responsabile del settore crono della Fci conferma tutto. Soprattutto dopo il sopralluogo effettuato lunedì scorso.

«Si tratta di un tracciato scorrevole. Ci sono un po’ più di curve rispetto ad percorso originale previsto. Essendo in un giorno feriale, si è cercato di preferire strade secondarie. Per l’80% si pedala infatti tra i campi agricoli e credo che anche per questo motivo sarà molto bello e anche meno rischioso».

«E’ un percorso piatto, c’è una salitella di un chilometro e mezzo, ma si farà con il rapporto lungo. E anche la discesa che segue è senza tornanti. Si potrà fare con le mani sulle protesi. E’ una crono per specialisti, senza dubbio. Specialisti puri: ci saranno 150 metri di dislivello o poco più in 34 chilometri».

E a proposito di distanze. Il tracciato udinese è stato disegnato già in ottica iridata. A Wollongong uomini e donne correranno sulla stessa distanza.

«Abbiamo uniformato le distanze – riprende Velo – tra elite, uomini e donne e under 23».

Da sinistra: Affini, Sobrero e Ganna agli ultimi mondiali a crono a squadre. Sono loro i favoriti anche in Friuli
Da sinistra: Affini, Sobrero e Ganna agli ultimi mondiali a crono a squadre. Sono loro i favoriti anche in Friuli

Duello Affini-Ganna

E allora chi potranno essere i favoriti?

I nomi sono quelli. Affini, Ganna, Sobrero, magari con l’aggiunta di un Cattaneo e di ottimi passisti come De Marchi, che tra l’altro corre in casa, Milan, Boaro.

«Io credo – spiega Velo – che su un percorso così, un cronoman come Sobrero sia più penalizzato rispetto ai passisti come Ganna e Affini. Matteo va meglio quando c’è più dislivello. Però è anche vero che è uscito bene dal Giro, anche se la crono finale di una grande corsa a tappe va presa con le pinze. Mentre Pippo ha la maglia gialla in mente, la crono di oggi al Delfinato e quella tricolore diventano tappe fondamentali per la crono del Tour». 

L’altimetria del prossimo campionato italiano uomini elite. Il dislivello è superiore ai 2.300 metri
L’altimetria del prossimo campionato italiano uomini elite. Il dislivello è superiore ai 2.300 metri

E su strada?

Dal Friuli ci spostiamo a Sud, e più precisamente in Puglia, ad Alberobello, in provincia di Bari. Per una nuova avventura in una terra bellissima che tutto sommato può considerarsi un ritorno. Lo scorso anno, infatti, il tricolore femminile fu assegnato appena più a Nord, a Castellana Grotte, sempre in provincia di Bari, e vinse Elisa Longo Borghini.

«Il tricolore – spiega Pietro Stoppa, organizzatore della storica Coppa Messapica, classica U23 – era stato assegnato al gruppo di Adriano Amici il quale ha trovato terreno fertile a Ceglie e nei Comuni attraversati dalla corsa. E visto che in Puglia la passione per il ciclismo è forte e che in quanto all’allestimento delle gare non abbiamo nulla da invidiare a nessuno, eccoci qui. In più lo scorso anno sempre in Puglia ci sono stati i campionati italiani femminili».

Anche in questo caso il percorso è stato ideato pensando al mondiale australiano. E a metterci lo zampino è stato il cittì, Daniele Bennati.

«Una delle cose che ho scoperto – racconta Bennati – è che tocca al cittì disegnare il campionato italiano. Sono andato sul posto e gli organizzatori mi hanno dato due, tre opzioni. Chiaramente avevo anche dei vincoli nel passare in determinati punti, vincoli relativi ai patrocini, però devo dire che ho trovato grande disponibilità e soprattutto che è venuto fuori un bel percorso. Avremo un bell’italiano!».

L’arrivo è nello stesso punto del Giro 2017, quando vinse Ewan. Occhio al fondo in lastroni, scivolosissimi in caso di pioggia
L’arrivo è nello stesso punto del Giro 2017, quando vinse Ewan. Occhio al fondo in lastroni, scivolosissimi in caso di pioggia

Pensando al mondiale

Bennati parla di un tracciato, e di conseguenza ad una corsa, aperta a molte soluzioni e a tanti corridori.

«Può vincere sia un uomo veloce che un attaccante alla Nibali, un corridore cioè che è forte in salita e sulla distanza. L’ultima salita misura un 1,1 chilometri ed è a 3,5 chilometri dall’arrivo. La si affronta dopo 232 chilometri.

«Su carta non è un percorso impegnativo, ma lo diventerà per la distanza, per il caldo e potenzialmente anche per il vento, visto che è una zona molto ventosa. In più c’è poca vegetazione ed è tutto al sole praticamente».

«Sarà un bel test per valutare la condizione dei corridori – riprende Bennati – E sì, anche questo percorso come quello della crono, ricalca un po’ il mondiale: non sarà di 273 chilometri… fare una distanza simile a giugno è da galera! Ma ho cercato di renderlo simile in base ai dati che avevo in mano. C’è questo lungo tratto in linea (si parte da Marina di Ginosa, ndr), due salite di 5 e 7 chilometri prima di entrare nel circuito e appunto il circuito finale».

«Questo anello è un po’ più breve rispetto al mondiale: 14 chilometri contro 17. Lo strappo finale di 1,1 chilometri forse è un po’ più dolce, però a differenza del mondiale c’è poco recupero prima dell’arrivo e nel finale la strada tende a salire. Mentre al mondiale dallo scollinamento dell’ultimo strappo all’arrivo ci sono 7-8 chilometri».

Per Bennati vincerà un grande corridore. Il cittì taglia fuori i “puristi”: velocisti e scalatori puri.

«E’ un percorso che dà speranza a una grande fetta del gruppo, fa gola un po’ a tutti e magari anche per questo sarà combattuto.

«Se al Bennati corridore sarebbe piaciuto? Molto!»

Leonardo Piepoli, figlio Yanis, #NoiConVoi2016

Piepoli ci porta nei pensieri di Bettiol

28.12.2020
4 min
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Che cosa intendeva Alberto Bettiol quando ha detto che non sarà mai autonomo e avrà sempre bisogno di un supporto? Lo abbiamo chiesto a Leonardo Piepoli, che da anni ne segue la preparazione. E che, a detta del toscano, lo supporta anche sul piano psicologico, essendo uno dei due pilastri sportivi che gli sono rimasti dopo la morte del procuratore Mauro Battaglini. Il terzo è Gabriele Balducci. Quando parla del pugliese, Bettiol ama parlare di lui come del suo “stalker”.

Piepoli ormai fa base fissa in Puglia, dove ha la sua squadra di bambini e dove a sua volta 20 mesi fa ha avuto una bimba, Zoe. Leo ha un altro figlio, che si chiama Yanis e ha 13 anni, ma vive in Francia con la mamma ed è il motivo per cui Leo conserva un punto d’appoggio in Liguria, dove è cresciuto ciclisticamente. I due, padre e figlio, sono appena arrivati in Puglia per passare qualche giorno insieme (nella foto di apertura, sono insieme alla pedalata di solidarietà #NoiConVoi2016 nelle zone del sisma del Centro Italia). La fine di quel matrimonio e gli ultimi 13 anni passati tra l’inferno e il purgatorio sono il conto che Piepoli ha pagato per la positività al Tour del 2008. Una pena che in Italia non si sconta per aver ucciso due ragazze guidando da ubriachi, per aver falciato 8 ciclisti nelle stesse condizioni e tantomeno per stupro.

Damiano Caruso, Alberto Bettiol, Tour de France 2020
Caruso e Bettiol, storia in comune alla Mastromarco, poi alla Bmc
Damiano Caruso, Alberto Bettiol, Tour de France 2020
Caruso-Bettiol: due ragazzi di Mastromarco

Benedetta umiltà

Il corridore non è una macchina, non si risolve tutto trovando la tabella giusta e avviando il motore. Bettiol ne è la prova.

«E’ stato malato per 15 giorni, ve lo ha detto – spiega Piepoli – quindi avendo ricominciato da poco ad allenarsi, era come se ripartisse da zero. Perciò, visto che in Toscana si annunciava tempo brutto, gli ho mandato un messaggio. Gli suggerivo di organizzarsi per andare magari a far visita a Caruso in Sicilia, con cui so che si trova bene. Mi sarei anche potuto aspettare che ci pensasse da solo, invece…».

Cosa ti ha risposto?

Mi ha chiesto se fossi diventato matto. Il ruolo di scardinare questa sua inerzia lo dividevamo in tre, appunto con Battaglini e Balducci. Lo facevamo a rotazione, per non essere troppo invadenti.

Per questo dice che Piepoli è il suo “stalker”? 

Esatto. Per fortuna è ancora nella fase in cui risponde positivamente agli stimoli. Ricordo invece quando lavoravo con Pozzato, che se ne fregava di certi richiami e faceva a modo suo. Bettiol se non altro mantiene l’umiltà. Balducci da un po’ gli va ripetendo che anche Pieri aveva un grandissimo talento, ma che di Pieri ne basta uno.

Forse per questo tipo di stimoli vivere da solo a Lugano non va tanto bene?

Non crediate, ha bisogno di cambiare. Se sta troppo con Balducci, gli prende le misure. A Lugano trova gente super mentalizzata, come Pozzovivo e Nibali e un po’ lo mettono alle strette. Bettiol vale tanto. Nelle giuste condizioni di gara, può vincere una Liegi e anche un mondiale come quello di Imola. Siamo ancora lontani dai suoi limiti e forse non li scoprirà mai. Almeno se non smette di essere lui l’ostacolo.

Dice che allenarsi in gruppo è lo stimolo per stare sotto l’acqua in allenamento.

Perfetto, è esattamente così. Se va liscio, non ha problemi. Se c’è bel tempo, esce, si allena, fa tutto alla perfezione. Il maltempo invece gli rende tutto difficile, resterebbe volentieri in casa. Neanche a me piaceva allenarmi da solo oppure quando pioveva, ma il vero professionista è quello che si organizza. Sta tutto a farlo uscire.

Leonardo Piepoli, Giro d'Italia 1997
Piepoli passò professionista nel 1995 con la Refin. Qui al Giro d’Italia del 1997
Leonardo Piepoli, Giro d'Italia 1997
Piepoli professionista dal 1995 con la Refin
Ha detto che Imola era troppo duro per lui.

E’ vero, ma avrebbe potuto vincerlo in diverse circostanze di corsa. Come la Liegi. Se aspetti l’ultimo strappo, Alaphilippe ti fa fuori. Ma se la corsa esplode e giochi di anticipo, sei vincente. Come Mollema ha vinto il Lombardia, insomma. A volte più della percentuale di forma, conta la qualità del corridore.

Difficile da far capire?

Nell’ultimo anno ha imparato a stringere i denti più di quanto abbia mai fatto. Ha capito che vince chi sa soffrire di più e reagisce meglio alle situazioni di gara. Che vince di sicuro con il 110 per cento della forma, ma deve provarci anche al 90.

Perché dopo il Fiandre per un po’ è sparito?

Perché si è sentito un supereroe e ha cominciato a correre con il chip di non fare fatica. Dieci giorni dopo, c’era la Freccia del Brabante. Ha esitato e la fuga è andata via. Quando si è accorto che non rientravano, è partito da solo e ha staccato il gruppetto in cui si era ritrovato. Ha cominciato a dire che non stava bene e che era troppo dura, anche davanti all’evidenza che era uscito da solo facendo un numero. Era il più forte di tutti, avrebbe vinto anche quel giorno. Lo scorso inverno è servito per chiarirsi, tanto che a inizio stagione ha vinto subito.

Come hai vissuto questi 13 anni di esilio?

Male, a volte la vivo male ancora oggi. Quando sono andato ad Aigle per fare il corso Uci ero a disagio, sentivo di non essere al mio posto. Solo che mentre ero in auto che aspettavo, sono arrivati Basso, Julich, Sorensen, che non erano certo meglio di me, così mi sono rilassato. Ho fatto ammenda. Ho partecipato e tenuto seminari contro il doping. Sono andato alla Cadf, la commissione antidoping. Sono andato all’Mpcc. Ho fatto e parlato con tutti quelli con cui dovevo parlare. Forse è arrivato il tempo di chiudere quella porta e aprirne un’altra.