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Vendrame cambia preparatore e accende la primavera

21.12.2022
5 min
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L’atleta, durante l’inverno, si costruisce, si fortifica e va alla ricerca delle sicurezze sulle quali costruire la stagione successiva. Andrea Vendrame ha 28 anni e tra novembre e dicembre si è messo a lavorare sodo per conquistare il 2023. L’obiettivo non cambia, si punta alle tappe ed alle corse di un giorno, il calendario è quasi definito, non resta che ascoltare il veneto. 

«Ho ripreso a far girare le gamba ai primi di novembre – spiega “Vendramix” – con ritmi blandi. Giusto per riprendere la routine della vita da ciclista. A questi lavori si è aggiunta la palestra, fondamentale per recuperare la forza persa nel periodo di pausa».

Nella prima tappa del Giro, Vendrame ha colto un incoraggiante nono posto
Nella prima tappa del Giro, Vendrame ha colto un incoraggiante nono posto

Dicembre operoso

L’ultimo mese dell’anno è sempre importante, i ritiri servono a sistemare le prime cose ed a prendere le misure alla stagione che si affaccia alla finestra. 

«Nel ritiro con la squadra – riprende il corridore di Conegliano – abbiamo lavorato molto sull’endurance. Gli allenamenti si sono svolti in due blocchi di quattro giorni con una pausa alla fine di ogni periodo di lavoro. Siamo rimasti in Spagna per un totale di 14 giorni, ai normali allenamenti se ne sono aggiunti altri tre legati alle normali burocrazie di inizio stagione: foto, prove materiale e tutto il resto…».

Una traiettoria sbagliata di Schmid ha impedito al veneto di giocarsi la vittoria nella tappa di Castelmonte
Schmid Castelmonte 1
Una traiettoria sbagliata di Schmid ha impedito al veneto di giocarsi la vittoria nella tappa di Castelmonte

Una scelta importante

Il 2023 sarà il quarto anno per Vendrame nelle file della AG2R Citroen, dopo i primi tre passati alla Androni. Un totale di 7 anni di professionismo messi alle spalle. A 28 anni si trova una certa maturità atletica. 

«Alla mia età non posso cambiare il fisico ed il tipo di corridore che sono – racconta – ma posso cercare di migliorare, quello sempre. Sono e sarò un corridore da corse di un giorno, un cacciatore di tappe. I campi dove posso migliorare sono la salita, aumentando la tenuta, e gli sprint a ranghi ridotti. Da questa stagione, analizzando insieme al team i miei dati, si è deciso di cambiare il preparatore. Nel guardare a questi tre anni, abbiamo fatto un’analisi dei pro e dei contro, per portare i contro dalla parte dei pro la decisione di cambiare preparatore ci è sembrata la più corretta».

La tappa numero 18 attraverserà le strade di casa per Andrea Vendrame
La tappa numero 18 attraverserà le strade di casa per Andrea Vendrame

Si riparte da zero

Il 2022 ha chiuso il triennio dei punti UCI, ora se ne apre uno nuovo. L’AG2R non era una della squadre coinvolte nella lotta per non retrocedere. Tuttavia, ora che si riparte da zero, diventa importante iniziare con il piede, anzi pedale, giusto

«Nella frenesia generale del 2022 noi ce ne siamo stati tranquilli – dice Vendrame – la lotta per i punti non ci riguardava. La squadra al ritiro di gennaio aveva fatto una proiezione della classifica e si sentiva al sicuro. Il 2023 azzera tutto e questo mette un po’ di pressione, com’è giusto che sia. Il mio essere polivalente mi permette di correre ed essere competitivo su più terreni, per questo il team si aspetta di potermi utilizzare spesso».

Vendrame si è rimesso in moto a novembre per tornare a macinare chilometri (foto Instagram)
Vendrame si è rimesso in moto a novembre per tornare a macinare chilometri (foto Instagram)

Nel 2023, Giro e Vuelta

Il cambio di preparatore sarà il modo per cercare di migliorare, passando, prima di tutto dagli allenamenti. Non si tratta di una rivoluzione ma di una ricerca continua del dettaglio. 

«Cercheremo di apportare un miglior cambio di ritmo e più fuorigiri – spiega – vedremo se faremo bene o male. Di certo non andiamo a stravolgere il lavoro fatto, non avrebbe senso. A livello di obiettivi sono già certo di quelli principali, mentre nel 2022 non è stato così. Fino ad una settimana prima del Giro non ero sicuro di partecipare o meno. C’era una porta aperta per il Tour, ma una volta all’Occitania abbiamo capito che non avrebbe avuto senso e così ci siamo dirottati sulla Vuelta. Peccato per il Covid che me l’ha compromessa.

«Nel 2023 – conclude Vendrame – farò Giro d’Italia e Vuelta. Se uscirò bene dalla Corsa Rosa potrò tirare fino al campionato italiano, dopodiché mi aspetterà un periodo di pausa. Seguirà una bella preparazione in altura e qualche gara per arrivare pronto alla Vuelta. Non ho ancora guardato bene i percorsi, mi piace studiarli a pochi giorni dal via, in base anche alle mie sensazioni del momento. Non so ancora bene da dove partirò, magari dalla Classica Comunitat Valenciana il 22 gennaio, ma non è ancora uscito il percorso. Il primo picco di forma lo dovrei avere tra il Laigueglia e la Milano-Sanremo. Alla Classicissima di Primavera la squadra porterà probabilmente quattro punte: Cosnefroy, Naesen, Van Avermaet e me. E’ una gara particolare, dove sono andato sempre abbastanza bene. Nel 2020 sono arrivato undicesimo. Si tratta di una corsa dove la fortuna gioca una buona parte, però negli anni si è avvicinata alle mie caratteristiche, non è più un affare per soli velocisti».

Cosnefroy vuole finalmente una grande classica

08.12.2022
5 min
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E’ passato dal 42° posto della classifica UCI al 18°. Dall’essere il quinto tra i francesi al terzo. Si è sposato. Ha vinto nel WorldTour. Il 2022 è certamente da incorniciare per Benoit Cosnefroy. Il corridore dell’Ag2R Citroen è stato autore di una stagione nella quale ha mostrato grande costanza di rendimento. E soprattutto che può stare, e bene, là davanti.

E dire che in occasione del suo primo picco di forma, vale a dire le classiche delle Ardenne, aveva subìto una beffa non da poco. Se vi ricordate, lo avevano decretato vincitore dell’Amstel Gold Race. Minuti di attesa, nei quali aveva anche festeggiato con la squadra, poi la doccia ghiacciata. Per pochi millimetri, ma a vincere la corsa della birra era stato il suo compagno di fuga, Michal Kwiatkowski.

Dalla beffa alla gioia

La sua ultima stagione è stata figlia di un buon 2021, anno in cui era cresciuto parecchio e parecchio ci si attendeva. Però mancava sempre qualcosa: una sfortuna, un colpo di reni imperfetto, un tempismo sbagliato. Anche al Tour un paio di fughe interessanti, diversi tentativi, ma a Parigi si era ritrovato con un pugno di mosche in mano.

Fino al 9 settembre scorso, quando vincendo il GP Cycliste de Québec ha dato una svolta alla stagione e forse alla sua carriera. Per Benoit si è trattato del secondo successo nella massima categoria dopo la Bretagne Classic – Ouest-France del 2021, ma questo era davvero pesante visto l’ordine d’arrivo.

«Ho mostrato – dice Benoit – una certa regolarità. Sono stato presente durante la stagione, anche se questo non conta necessariamente. Sono riuscito a ottenere dei risultati in ogni momento dell’anno a parte all’inizio perché ero spesso febbricitante.

«Certo, se fossi riuscito a vincere l’Amstel sarebbe cambiato molto».

Cosnefroy ha ripreso ad allenarsi in Spagna. La data del suo inizio agonistico 2023 non è ancora nota (foto Instagram)
Cosnefroy ha ripreso ad allenarsi in Spagna. La data del suo inizio agonistico 2023 non è ancora nota (foto Instagram)

In crescendo

E con questa consapevolezza e con i gradi di leader, è ripartito dal ritiro in Spagna. Si è visto un Benoit solare, sicurò di sé pronto a crescere ancora. E magari a fare il definitivo salto di qualità al pari del suo connazionale Laporte. I due per certi versi si assomigliano.

«Sto riprendendo pian piano il ritmo per affrontare il 2023 – ha detto il normanno a Cyclism’Actu – Per il momento mi sto allenando con una pressione minima. Inizieremo a fare qualcosa di più durante gli stage con la squadra».

Cosnefroy (classe 1997) è cresciuto nel vivaio dell’Ag2R. E’ ormai uno dei più forti francesi per le classiche. Eccolo con Alaphilippe
Cosnefroy (classe 1997) è cresciuto nel vivaio dell’Ag2R. E’ ormai uno dei più forti francesi per le classiche. Eccolo con Alaphilippe

Classiche nel mirino

Secondo all’Amstel, alla Freccia Vallone (2020) e a quella del Brabante, Cosnefroy è certamente un cacciatore di classiche. Ha un buono spunto, anche se non è super veloce, ma piuttosto ha la “botta” del finisseur. Anche se con i suoi 64 chili potrebbe essere quasi uno scalatore.

«Il mio obiettivo? E’ quello di conquistare una grande classica, ma al tempo stesso di vincere… sempre! E quando dico una grande classica penso soprattutto alle Ardenne».

In tal senso la fiducia della squadra non gli manca. Quest’anno Julien Jurdie, uno dei diesse dell’Ag2R Citroen, prima della Liegi aveva detto espressamente alla squadra che Benoit era ideale per certe corse e che bisognava aiutarlo. Aveva anche aggiunto che lo vedeva sul podio.

Benoit ha disputato 4 Tour e nessun altro grande Giro. Il prossimo anno (avrà 28 anni) potrebbe cambiare
Benoit ha disputato 4 Tour e nessun altro grande Giro. Il prossimo anno (avrà 28 anni) potrebbe cambiare

Ma prima… idee chiare

Cosnefroy non conosce ancora i suoi programmi. Sembra non far parte di coloro che sono diretti al Down Under a gennaio. Piuttosto dovrebbe partire più tranquillo. Molto della sua programmazione ruota attorno al Tour. Grande Boucle sì o no? Benoit potrebbe non essere al Tour.

«Correre il Tour – ha detto Cosnefroy – mi piace, mi diverte, ma mi fido ciecamente della mia gestione sportiva. E se la squadra pensa che posso aiutarla altrove sono aperto ad accettare le sue proposte.

«Per il momento – aveva detto prima del Canada – non posso non ottenere un risultato importante al Tour».

Perché non può raggiungerlo? Ha dimostrato di poter competere con i migliori. Forse è consapevole che gli manca qualcosa. E riavvolgendo il nastro Benoit potrebbe aver ragione. Almeno quando si parla di corse di primissima fascia. 

All’Amstel quando perse per un soffio anticipò. In Canada, la stessa cosa, anche se lo ha fatto con un super finale…

«Se guardo ai miei risultati al Tour, questi non sono ancora i migliori. Io spero di vincere una tappa, questo è il massimo che posso sperare al Tour de France. Ma per fortuna non c’è solo il Tour che mi entusiasma».

Van Avermaet non molla. «Ma se vincessi il Fiandre…»

05.12.2022
4 min
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Da quando è arrivato alla Ag2R Citroen Greg Van Avermaet non ha ancora alzato le braccia al cielo. Il campione olimpico di Rio de Janeiro però non ha perso né il mordente, né gli stimoli… Semmai a remargli contro è la sua carta d’identità. A maggio infatti il belga compirà 38 anni.

Van Avermaet ha iniziato il ritiro con la sua squadra. E’ andato in Spagna e già sta pedalando sulle nuove Bmc con la colorazione 2023 che non passerà certo inosservata.

Greg Van Avermaet in allenamento in Spagna qualche giorno fa (foto Instagram)
Greg Van Avermaet in allenamento in Spagna qualche giorno fa (foto Instagram)

Amare la bici

Qualche giorno fa Van Avermaet ha parlato con una testata francese (Cyclisme Actu) e tra le varie cose ha parlato proprio dei suoi stimoli.

«Non so se questa è la mia sedicesima o diciassettesima stagione, non le ho contate!». Come a dire che il tempo non conta quando si sta bene e si ama ciò che si fa. E infatti: «La cosa più importante per durare tanti anni – ha proseguito Van Avermaet – è amare la bici e non perdere la passione. Quando mantieni la passione, rimani motivato a pedalare, fai di sicuro una buona stagione».

E sempre in tema di motivazioni, più di qualcuno gli ha chiesto, già da tempo, se questa sarà la sua ultima stagione ma Greg non è sembrato d’accordo. O quantomeno ha dichiarato che non inizierà l’anno pensando che sia l’ultimo, nonostante il suo contratto scada a fine 2023.

In 15 Fiandre, il belga è salito quattro volte sul podio. Qui il primo nel 2014. Fu secondo battuto da Cancellara
In 15 Fiandre, il belga è salito quattro volte sul podio. Qui il primo nel 2014. Fu secondo battuto da Cancellara

Pallino Fiandre

Ma gli stimoli non sono “solo il bello di pedalare”, ci sono obiettivi importanti da raggiungere. Alcuni concreti, come la crescita della squadra, lo stare vicino a ragazzi in crescita come Cosnefroy , Vendrame… Proprio su Cosnefroy c’era molto dell’olimpionico nella sua vittoria in Canada. Lo ha ribattezzato il “Piccolo principe” e dopo l’arrivo Cosnefroy lo ha subito cercato. 

E ci sono altri obiettivi molto più ambiziosi, come il Giro delle Fiandre. Van Avermaet sa bene che è molto difficile.

«Non sarà facile fare bene nelle classiche – dice Van Avermaet – Qualche anno fa forse sono stato il migliore per quelle gare, ma ora è un po’ diverso. Tuttavia, posso ancora ottenere buoni risultati, magari non posso più vincere una classica monumento, ma posso agguantare una top cinque».

«Il sogno – anche a quasi 38 anni se ne possono avere – è vincere il Giro delle Fiandre. Ho fatto diversi podi, è la mia gara preferita, ma non l’ho mai vinta. Ci riproverò, mi restano uno o due tentativi. 

«Però se vincessi il Fiandre… allora sì, potrei smettere!».

Greg è stato quarto al mondiale gravel in veneto
Greg è stato quarto al mondiale gravel in veneto. Era la sua prima gara gravel

Apertura ai cambiamenti

Entusiasmo, voglia di mettersi in mostra, provare cose nuove… Van Avermaet ha vinto le Olimpiadi con una grinta mostruosa, la stessa grinta che ci ha messo nel campionato mondiale gravel. E’ arrivato quarto, battuto in volata da Van der Poel. Si era rammaricato che un pit stop imprevisto gli avesse tolto il podio.

Tra l’altro Van Avermaet da anni corre con BMC ed è ritenuto un grande sviluppatore della bici. Anche nel mondo gravel ha voluto dire la sua.

Novità per un corridore esperto come Van Aert è anche il contatto con la nuova generazione. E lui, soprattutto in nazionale, ne ha l’esempio maggiore: Remco Evenepoel. I giovani hanno messo in difficoltà in un sacco di atleti. 

«Remco è un talento eccezionale. Quando è arrivato nel gruppo, ho visto subito che era speciale. Ha delle capacità che non avevo mai visto in nessun altro nella mia carriera. Come ha corso nel Campionato del mondo, alla Liegi o a San Sebastian, è qualcosa che non si vedeva dai tempi di Eddy Merckx.

«Sono un fan di Remco e sono molto felice di poter correre con lui. Magari sarei anche più felice di batterlo una volta!».

Cosnefroy, la vittoria in Canada e la rinuncia all’Australia

16.09.2022
4 min
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Se Atene piange, Sparta non ride, dicevano gli antichi. In Italia la partenza imminente della nazionale di Bennati è circondata dallo scetticismo legato a una stagione obiettivamente difficile, ma al di là di superpotenze come il Belgio, non tutti possono prendere l’aereo per l’Australia in tranquillità. Non lo farà la Francia, non lo farà Thomas Voeckler, che pure ha ritrovato in extremis il suo pupillo Alaphilippe alla ricerca di un tris consecutivo difficile soprattutto per le conseguenze della caduta alla Vuelta. Ma il suo malumore è legato ad altro, al gran rifiuto di Cosnefroy.

Tutto è nato immediatamente dopo la vittoria di quest’ultimo al GP de Quebec, la prima delle due classiche canadesi inserite nel WorldTour. Il 26enne francese aveva fatto saltare i piani dei favoriti anticipando la volata del gruppo ai -2 chilometri dal traguardo, vincendo con 4” sull’ex trionfatore in terra canadese Matthews, Girmay e Van Aert (guarda caso tre dei favoriti per Wollongong). Una grande dimostrazione di forma non solo fisica ma anche mentale, attuando un piano perfetto.

Il podio del GP de Quebec con Matthews (1° nel 2018 e 2019) e Girmay
Il podio del GP de Quebec con Matthews (1° nel 2018 e 2019) e Girmay

Una vittoria che cambia tutto

«Era premeditato – raccontava al traguardo il 26enne di Cherbourg en Cotentin – Io dovevo e volevo attaccare mentre Van Avermaet poteva giocare di rimessa. Per me questa vittoria rappresenta tanto, se prima era stata una stagione che mi aveva relativamente soddisfatto, ora è eccezionale».

Una stagione, quella di Cosnefroy, con 7 podi, con la doppia piazza d’onore dell’Amstel Gold Race e della Freccia del Brabante («ma su quella in Olanda ci ho rimuginato tanto, sono andato davvero vicino alla vittoria e avrebbe cambiato tutto»), ma anche un Tour de France da assoluto comprimario. Dopo, Cosnefroy aveva già dimostrato di essere in crescita e quello in Canada era uno squillo che non poteva passare inosservato.

L’amarissimo finale dell’Amstel con Kwiatkowski che beffa il francese di un niente
L’amarissimo finale dell’Amstel con il francese che si arrende a Kwiatkowski

Il pressing del cittì

Nel viaggio di tre ore in bis da Quebec City a Montreal, Benoit ha trascorso tutto il tempo a guardare il suo smartphone, a leggere la pioggia di messaggi arrivati. «E neanche li ho letti tutti…». Tra questi c’era anche quello di Voeckler, che si complimentava ricordando la sua vittoria nel 2010, l’unica di un francese su quelle strade ugualmente francofone. Con il cittì, Cosnefroy aveva già parlato prima di partire per oltreAtlantico, esprimendo le sue perplessità circa la sua presenza, ma da allora molto era cambiato.

Intanto prima Cosnefroy era un piazzato, ora un vincente al cospetto degli stessi eventuali rivali di Wollongong. Inoltre l’assetto della Francia rischiava di cambiare: senza Alaphilippe o con l’iridato a mezzo servizio, serviva una punta di ruolo in grado di finalizzare il lavoro. E il corridore dell’AG2R Citroen poteva esserlo.

Cosnefroy con Van Avermaet. I due hanno lavorato in piena sinergia in Canada
Cosnefroy con Van Avermaet. I due hanno lavorato in piena sinergia in Canada

Una decisione difficile

Voeckler è tornato alla carica, ha provato a convincerlo, a ripetergli questi concetti, ma Cosnefroy non ne ha voluto sapere. Anzi, riparlando dell’argomento con i giornalisti il transalpino è parso un po’ stizzito: «Non ho più cose da dire rispetto a prima. E’ stata una mia scelta quella di non partecipare e avevo le mie ragioni. Nello sport di alto livello bisogna prendere delle decisioni difficili: questa lo è stata». E chiuso l’argomento…

La scelta di Benoit ha una spiegazione molto semplice: il francese ritiene troppo impegnativa la trasferta in Australia, soprattutto per i problemi legati al jet-lag. Difficile recuperare in tempo per la gara, ancora di più dopo, quando comunque ci saranno da onorare tanti appuntamenti per il suo team, l’AG2R che con la sua vittoria ha contribuito a “far respirare” nel ranking Uci portandolo al 13° posto, ma ancora non in salvo per evitare una dolorosissima retrocessione dal WorldTour.

Il transalpino ai mondiali di Leuven 2021: 19° posto finale, correndo in supporto di Alaphilippe iridato
Il transalpino ai mondiali di Leuven 2021: 19° posto finale, correndo in supporto di Alaphilippe iridato

«Un esempio per gli altri…»

Ci saranno state pressioni da parte del team? Difficile dirlo, è pur vero però che Cosnefroy è legato a doppio filo con la squadra e soprattutto con la società. Lì è nato, lì ha seguito tutta la trafila e lo stesso Vincent Lavenu, fondatore del team lo ritiene un esempio come altri big come Bardet o Latour.

«Cosnefroy è l’esempio del concept del centro di formazione – raccontava il dirigente francese a velo-club.net – che viaggia su due binari: studi e ciclismo. Ora ci sono altri giovani talenti, ma tanti ragazzi sono attratti, quasi accecati dal contratto immediato, da parte di chi cerca il novello Evenepoel. Noi andiamo avanti per la nostra strada, come facciamo da trent’anni passati attraverso 500 vittorie».

Se a Cosnefroy, con già in tasca il contratto per il 2023, chiedevano un sacrificio poteva mai dire di no?

Tronchon stagista vincente. E non è il solo…

09.08.2022
5 min
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«Bastien chi?». Molti si guardavano in faccia con occhi interrogativi, mentre Bastien Tronchon saltava il favoritissimo Pavel Sivakov per andare a vincere la terza tappa della Vuelta a Burgos a Villarcayo. Perché il francese è uno stagista, attualmente promosso nella prima squadra dell’AG2R Citroen. E vedere un ragazzino inserito fra i grandi che va addirittura a vincere è cosa rarissima, l’ultimo francese a esserci riuscito era stato Jean-Eudes Demaret, al Tour du Poitou Charentes del 2007, per la Française des Jeux, in Italia c’era riuscito Riccardo Riccò nel 2005, una tappa al Giro di Toscana. Oppure Battaglin nel 2011 alla Coppa Sabatini.

Sorpresa? Sì, ma poi, a ben guardare, neanche poi tanto. Conoscendo la storia di Tronchon, ci si accorge che stiamo parlando di un predestinato. In fin dei conti è nato a Chambery che per la Francia è quasi un tempio del ciclismo, teatro anche di rassegne mondiali e proprio a Chambery ha iniziato la sua avventura approdando a La Motte Servolex, squadra locale che è anche una delle tante diramazioni dell’AG2R. Il suo destino era segnato e infatti ha seguito tutta la trafila nella formazione transalpina, arrivando agli under 23 e, per la gara spagnola, anche in prima squadra.

Tronchon Francia
Bastien Tronchon è nato il 29 marzo 2002. Nel 2020 è stato 2° ai campionati nazionali juniores dietro Gregoire (foto Noemie Morizet)
Tronchon Francia
Tronchon è nato il 29 marzo 2002. Nel 2020 è stato 2° ai campionati nazionali juniores dietro Gregoire (foto Noemie Morizet)

In fuga per Champoussin

«Non so che dire, mi sento come se galleggiassi su una nuvola…». Faceva fatica a realizzare quel che aveva fatto sulle strade spagnole, Tronchon, ma poi parlando con i giornalisti ha rivissuto la sua magica giornata, l’ultima, non l’unica e poi vedremo il perché.

«Volevo fortemente dare il là a una fuga – diceva – per rappresentare il mio team là davanti e essere un riferimento per Champoussin se avesse voluto provare l’offensiva. All’attacco del Picon Blanco gli altri hanno iniziato a scattare, io sono andato avanti con la mia andatura e ho fatto bene, ho salvato la gamba e mi sono ritrovato alla fine davanti con l’iberico Nicolau, ma da dietro erano rinvenuti due mostri sacri come Pavel Sivakov e Miguel Angel Lopez. Ci si sente molto piccoli vedendo cosa hanno sotto i pedali, non avrei mai creduto di poter svettare con corridori simili.

«In discesa Sivakov volava, io gli ho lasciato spazio per scegliere le traiettorie giuste ma vedevo che stava andando via. Ho dovuto spingere, ho dovuto rischiare anche oltre. Sono rimasto alla sua ruota, mi chiedeva cambi ma se glieli avessi dati mi avrebbe staccato, il serbatoio era quasi vuoto… Ho seguito le istruzioni dell’ammiraglia, poi lui correva per la generale, io no… Quando siamo rimasti in due gli ho detto che avrei collaborato, ma ormai non si fidava. Io ero fiducioso nella mia punta di velocità e ho fatto bene».

Tronchon Burgos 2022
Il giovane transalpino all’inseguimento di Sivakov nella difficile discesa dal Picon Blanco
Tronchon Burgos 2022
Il giovane transalpino all’inseguimento di Sivakov nella difficile discesa dal Picon Blanco

Si riparte da una… gran fondo

Riavvolgiamo il nastro, perché questa vittoria, a ben guardare, è come un premio per una stagione tanto importante quanto difficile. Tronchon lo avevamo visto anche in Italia, vincere il Giro della Provincia di Biella per Under 23, ennesimo esponente di quel ciclismo transalpino giovanile che sta proponendo tanti talenti che vengono qui a vincere ed evidenziare le nostre parallele difficoltà. Poi però, il 15 maggio, la mazzata: una terribile caduta alla seconda tappa del Tour du Loiret. I primi responsi sono terribili: tripla frattura della clavicola e fratture sparse a gomito, polso e scapola. Poi le radiografie lo graziano: la clavicola è danneggiata come si prospettava, ma il resto è intatto.

La ripresa è graduale e per il ritorno Tronchon sceglie una gara particolare, o meglio una gran fondo. Ma che gran fondo: L’Etape du Tour, 170 chilometri per 4.700 metri di dislivello con le scalate del Galibier, della Croix de Fer e, tanto per gradire, ascesa e arrivo all’Alpe d’Huez. Tronchon, di fronte a tanta magnificenza, si era esaltato, confuso in mezzo a oltre 11 mila ciclisti, fra cui anche molti elite come lui dispersi nella massa. L’entusiasmo l’aveva contagiato a tal punto che sul Galibier ha scollinato in testa con un paio di minuti di vantaggio: «Non mi ero accorto di come stavo andando, ma poi ho capito che stavo esagerando. E chi li aveva mai fatti tanti chilometri…».

Tronchon Biella 2022
Il 24 aprile il francese aveva vinto in solitudine il Giro della Provincia di Biella con 1’10” su Busatto e Guzzo (foto IlBIellese)
Tronchon Biella 2022
Il 24 aprile il francese aveva vinto in solitudine il Giro della Provincia di Biella con 1’10” su Busatto e Guzzo (foto IlBIellese)

Lavenu se lo sentiva…

Gli altri sono rinvenuti, ma comunque Tronchon ha chiuso tra i primi 15. Lì comunque l’ordine di arrivo era un mero dettaglio: «Mi sono divertito un mondo, è stato uno dei più grandi giorni della mia vita ciclistica, tanto che non me la sono presa neanche per quel che è successo dopo».

Tronchon voleva condividere la sua gioia con i genitori, ma la discesa dall’arrivo era interdetta: «Così mi sono ritrovato a dover scalare anche il Col de la Sarenne per arrivare dall’altra parte, fare il giro e raggiungerli. Ho capito in quei frangenti, mentre pedalavo, di quanto siamo fortunati a militare in squadre che pensano a tutto e quanto sia difficile il lavoro degli staff, che devono predisporre ogni cosa per farci pensare solo a pedalare».

Anche questa umiltà, questa consapevolezza fanno di Tronchon un prospetto di grande avvenire. Gilbert Lavenu lo sa da tempo ed era davvero il meno sorpreso in quel di Villarcayo: «Lo conosco da quando era piccolo, nella società satellite di Chambery. Sapevo che quando era davanti poteva farcela perché è uno che sa come si vince e lo ha già dimostrato. La sua prova è un ottimo esempio da seguire».

Infatti il giorno dopo, vittoria per lo sloveno Govekar, stagista alla Bahrain Victorious davanti al compagno di colori di Tronchon, Retailleu (quello che si era preso il bronzo a Orano). Alla faccia dei big…

Vendrame sul Pordoi, svela i perché del Tour sfumato

23.07.2022
4 min
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Andrea Vendrame sta ricaricando le pile sul Passo Pordoi. Il veneto sta ultimando il suo ritiro in quota. Ma questa fase intermedia tra Giro d’Italia e un possibile Tour de France è stata un po’ convulsa: Grande Boucle sì, Grande Boucle no.

Andrea ci aveva detto della sua volontà di disputare la corsa francese sin dalla primavera. Poi (quasi) all’ultimo è stato dirottato dalla Ag2R-Citroen al Giro. Ha cercato una tappa in più occasioni, arrivando a sfiorare la vittoria in Friuli. Quel giorno fu autore di una strenua tenuta verso la cima del Santuario di Castelmonte, prima della volata maledetta con Schmid e Bouwman. Finì quinto, ma volle riprovarci lo stesso il giorno dopo. Guarda caso ancora sulle Dolomiti, ancora sul Pordoi.

Andrea Vendrame all’ultima curva nella tappa di Castelmonte al Giro
Andrea Vendrame all’ultima curva nella tappa di Castelmonte al Giro
Andrea, come è andata, come mai non sei più andato al Tour?

Ero rimasto in contatto con il team per andare in Francia. Poi sono stato male prima del campionato italiano, che infatti ho saltato. Inoltre ero anche caduto in allenamento.

Cosa hai avuto?

Tosse, una tosse fortissima, ma non era Covid. Tossivo talmente tanto e forte che dormivo sul divano per non disturbare! In queste condizioni non me la sentivo di andare in Francia. Ho avuto un confronto con i medici del team, ai quali avevo comunicato che non ero al meglio. E se poi una volta in Danimarca fossi risultato positivo? Avrei creato più problemi che altro.

Ma dopo il Giro ti sei allenato per andare al Tour?

Diciamo che mi sono allenato per arrivare discretamente al Tour d’Occitaine, ma ero in fase calante. Senza troppo impegno proprio in previsione del Tour.

Nella penultima frazione del Giro, Vendrame ancora in fuga (nel giorno di Covi). E ancora sul Pordoi
Nella penultima frazione del Giro, Vendrame ancora in fuga (nel giorno di Covi). E ancora sul Pordoi
Senza questo problema saresti andato al Tour secondo te?

Guardate, la squadra aveva detto che avrebbe portato quattro francesi e quattro stranieri. Tra gli stranieri me la sarei giocata con Dewulf. O’Connor ci sarebbe stato perché avrebbe puntato alla classifica: Naesen sarebbe stato il suo gregario per il pavè e la pianura. Jungels veniva da un ottimo Giro di Svizzera. E Greg (Van Avermaet) non stava benissimo. Insomma ero in lista e me la sarei giocata.

E dopo che sei stato male hai cambiato i programmi?

A quel punto, sapendo che non sarei più partito, ho rivisto i piani. Ho fatto tre giorni di stop completi, proprio per recuperare bene dalla bronchite. Ho ripreso a pedalare a casa prima di venire in altura quassù sul Pordoi. Alla fine farò un ritiro di 17 giorni.

Che giri fai lassù?

Le Dolomiti le conosco bene. Diciamo che sono le montagne di casa. Vengo quassù sin da quando ero un allievo, con i primi mini-ritiri che facevamo con la squadra. E la stessa cosa da junior. Insomma ci sono sempre stato.

Il veneto pronto ad uno dei suoi giri sulle Dolomiti dal Giau al Pordoi, dal Campolongo al Sella ha scalato tutti i passi più noti
Il veneto pronto ad uno dei suoi giri sulle Dolomiti dal Giau al Pordoi, dal Campolongo al Sella ha scalato tutti i passi più noti
E hai anche una salita preferita?

Sembrerà un po’ “brutto” visto quanto accaduto (il riferimento è alla tragedia del seracco, ndr), ma dico la Marmolada, il Fedaia, da Canazei. Hai questa visuale particolare sul ghiacciaio e la montagna davvero suggestivi.

Quale sarà adesso il tuo programma? A Budapest ci parlasti anche di una sorta di “piano B” che prevedeva anche la Vuelta…

Farò il Giro di Polonia e poi la Vuelta. Dopo il Polonia tornerò a casa per 8-9 giorni, prima di andare in Olanda per visite, presentazione, foto e tutte le operazioni preliminari di un grande Giro.

Hai dato un’occhiata al percorso?

Sì dai, un’occhiata veloce l’ho data, ma non mi sono soffermato su una tappa in particolare. Piuttosto punto più sulla seconda e sulla terza settimana. Ci proverò quando anche gli altri iniziano a sentire la stanchezza. Mentre storicamente io ne esco bene e avverto meno la fatica col passare dei giorni.

Jungels dà un calcio alla iella, ma sul Tour arriva il grande caldo

10.07.2022
6 min
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Il caldo è arrivato tutto insieme e adesso si rimpiange l’arietta fresca della Danimarca e poi del Belgio. Bastava guardare in faccia Bob Jungels su quest’ultima salita e poi dopo l’arrivo per rendersi conto di quanto la calura si sia sommata alla fatica delle scalate. Ma il lussemburghese aveva così tanti conti da regolare, che non ha avuto paura di andarsene da solo a 62 chilometri dall’arrivo e non ha perso la testa quando sembrava che Thibaut Pinot dovesse farne un sol boccone. Strano modo di correre quello della fuga, che ha preferito cincischiare, finendo poi con il mangiarsi le mani.

«E’ difficile dire come mi senta in questo momento – ha detto Jungels appena tagliato il traguardo – sono sopraffatto. Per questo sono venuto al Tour. So cosa significa questo per la squadra. Da qualche anno soffro di infortuni. Sono molto felice ora. La mia forma sta migliorando sempre di più».

Il grande caldo si è fatto sentire: i corridori all’arrivo erano stremati
Il grande caldo si è fatto sentire: i corridori all’arrivo erano stremati

Maledizione alle spalle

Non doveva neanche partire. Per la stessa regola che oggi ha rispedito a casa Guillaume Martin e per la quale non sono partiti Trentin e Battistella, Jungels è risultato positivo al Covid quando la carovana si stava assemblando a Copenhagen e doveva fermarsi. Ma mentre gli altri prendevano mestamente la via di casa, Bob è rimasto in virtù di una carica virale bassissima. E forse anche in questo si potrebbe leggere un segno del destino.

Sembrava uno di quelli che, lasciata la Quick Step, avessero smesso di andare forte. Per la singolare regola o maledizione che colpisce tutti quelli che scelgono una strada diversa. Da Cavendish a Gilbert, passando per Terpstra e Viviani. Invece sulla strada di Jungels si è frapposta una serie infinita di acciacchi e problemi, culminati con l’operazione all’arteria femorale, la stessa di Aru e poi di Conci.

«A volte – ha raccontato – non riuscivo nemmeno a tenere il passo con il gruppo. Ricordo in Catalogna. Ero devastato, perché mi stavo allenando duramente, facendo tutto quello che potevo. E’ stato molto difficile. Ho anche pensato di smettere. Ho sempre corso per vincere, è stato degradante. Ne ha risentito anche il mio carattere. Normalmente sono una persona aperta, ma qualcosa mi impediva di esserlo».

Come alla Liegi

Per questo non avrebbe mai mollato, a maggior ragione sapendo che alle sue spalle un dolore grande almeno quanto il suo spingeva nei pedali di Pinot, ansioso a sua volta di rivedere la luce.

«Oggi potevo correre solo così – racconta Jungels – sapevo di dover provare da lontano perché sull’ultima salita sarebbe stato impossibile staccare i favoriti. Mi ha ricordato la mia vittoria a Liegi (Jungels ha vinto Doyenne nel 2018, partendo da solo dalla Roche aux Faucons, ndr), quando Vanendert si avvicinava sempre di più. Ma io continuai ad andare al mio ritmo, perché non volevo scoppiare. Gli ultimi due chilometri, sia allora sia oggi, sono stati infiniti. Il Tour ha 21 tappe e volevo vincerne una. Oggi ho preso tutti i rischi ed è successo. Voglio ringraziare tutti i miei compagni di squadra».

Pinot cresce

Pinot la prende con filosofia, acciuffato e poi saltato da Castroviejo e Verona, che di gambe ne avevano ancora tante e non si capisce perché le abbiano nascoste.

«Peccato – dice Thibaut – ma siamo arrivati con due minuti e mezzo a una salita che si addiceva a Bob, mentre avremmo dovuto limitare i danni in pianura. Se fosse stata una salita leggermente più dura, sarebbe stato diverso. Ma non ho rimpianti, ho dato davvero tutto me stesso. Ho capito in cima all’ultima salita che sarebbe stato complicato. Anche se gli avevo preso parecchio tempo, lui ha guidato bene nelle parti più scorrevoli. Ha fatto un numero. Ma questo è il mio primo giorno di buone sensazioni e ne sono felice di questo. Stanno arrivando le due settimane più importanti e questa è la cosa principale».

Pogacar ha corso da padrone con Bennett e Majka. La sensazione è che avrebbe potuto vincere anche oggi
Pogacar ha corso da padrone con Bennett e Majka. La sensazione è che avrebbe potuto vincere

La Porsche dei sogni

Fra i compagni di Jungels alla Ag2R Citroen, Oliver Naesen è stato uno degli ultimi ad arrivare. E mentre si informava se fosse vero che avesse vinto il compagno, come aveva sentito alla radio, ha raccontato un divertente aneddoto accaduto ieri sera ai colleghi fiamminghi di Het Nieuwsblad che lo attendevano al pullman della squadra.

«Ha fatto un numero pazzesco – ha detto – e ha tolto un grosso peso dalle nostre spalle. Da quando O’Connor è uscito di classifica, ci siano ritrovati senza un compito preciso e tutto è diventato più nebuloso. Questa vittoria significa missione compiuta. Ieri a tavola parlavamo delle nostre auto da sogno e per Bob era quella di un film, una Porsche 964. Quella molto chic di Bad Boys 1. Ha detto che se avesse vinto oggi, l’avrebbe comprata. Ho idea che dovrà spendere parecchi euro».

Domani intanto si riposa, ma sarà una giornata da gestire. Martedì si ricomincia con un arrivo in salita a Megeve. E con queste temperature, il minimo passaggio a vuoto si pagherà caro. E anche le energie sprecate in questo giorno di luglio potrebbero non tornare più.

Inoltre in gruppo si respira la tensione per il giro di tamponi predisposti dagli organizzatori. In Francia si lavora come ai vecchi tempi e siano benedetti gli uomini di ASO. Ma andare a casa per una positività al Covid sarebbe una scocciatura infinita.

O’Connor, l’australiano gentile punta forte sul giallo

19.06.2022
4 min
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E’ solamente un anno, ma sembra un’altra vita. Tornando indietro con la memoria riemerge la storia di Ben O’Connor, approdato quasi per caso all’AG2R Citroen più per una scommessa personale del suo team manager Vincent Lavenu, quando l’australiano faticava trovare un ingaggio e cominciava anche a pensare di dedicarsi ad altro. Oggi O’Connor è considerato una delle grandi alternative al duopolio Pogacar-Roglic (con Vingegaard a supporto di quest’ultimo) per il prossimo Tour de France.

E’ cambiato tutto. O’Connor si è trasformato da bruco in farfalla alla scorsa Grande Boucle, risalendo prepotentemente la classifica con una lunga fuga e poi lottando da pari a pari con i grandi fino al quarto posto finale. Ma quello che poteva essere un approdo è solo un passaggio, perché proprio da quel risultato è nato un O’Connor nuovo, che non si accontenta più.

O'Connor Tour 2021
O’Connor affranto dopo la vittoria a Tignes che lo ha rilanciato al Tour ’21
O'Connor Tour 2021
O’Connor affranto dopo la vittoria a Tignes che lo ha rilanciato al Tour ’21

La carica grazie a Hindley

All’ultimo Giro del Delfinato si è avuta chiara la sensazione che l’australiano mira in alto. E’ stato l’unico a dare realmente battaglia alla coppia della Jumbo Visma, a cedere nel finale contro Roglic e Vingegaard portando comunque a casa un prezioso terzo posto finale e questo podio ha un valore molto importante per lui.

«Ho cambiato la mia visione delle cose e voglio puntare in alto – ha dichiarato dopo la corsa francese – vedere Hindley in rosa, il mio connazionale e amico tante volte compagno di uscite a Perth mi ha dato una gran carica. E’ ora di raccogliere nel WorldTour i frutti del grande lavoro svolto».

Che fosse un O’Connor nuovo, degno esponente di quel ciclismo australiano sempre più forte nelle corse a tappe con lui, Hindley e anche Jack Haig pronti a prendersi tutto, si era capito alla Volta a Catalunya, dove aveva conquistato la maglia di leader. La prima per lui, ma anche la prima per il team dal 2014, il che la dice lunga del valore dell’impresa. Poi le cose non sono finite bene e alla fine O’Connor è retrocesso al 6° posto finale.

«E’ stato per un mio errore nell’ultima tappa e mi dispiace molto aver vanificato tutto in una frazione di salita. Ma era la prima volta che indossavo una maglia di leader, né io né i miei compagni sapevamo bene come muoverci. E’ un errore che non commetteremo più».

O'Connor Catalunya 2022
Due vittorie in stagione per l’australiano, in Catalogna e al Tour du Jura
O'Connor Catalunya 2022
Due vittorie in stagione per l’australiano, in Catalogna e al Tour du Jura

A disposizione degli altri

Che sia un O’Connor completamente nuovo lo testimonia anche chi sta imparando a conoscerlo bene e a condividerne le gesta, il suo compagno di colori Andrea Vendrame.

«Di corse insieme ne abbiamo fatte ancora poche – ammette – magari condivideremo l’avventura del prossimo Tour dove sono prima riserva dopo aver corso il Giro. E’ un ragazzo molto tranquillo e gentile, ma questo non deve ingannare perché è molto ambizioso e concentrato su quel che vuole. Dopo il 4° posto al Tour è cambiato e ragiona da vero leader in squadra, ma ciò non toglie che non abbia perso la sua umiltà. Vi racconto un aneddoto: io ho corso con lui al Giro del Lussemburgo e nella prima tappa lui puntava alla classifica, ma si è messo a mia disposizione nelle fasi finali».

In che cosa si vede il suo cambiamento? «Pur essendo ancora giovane, visto che ha solo 25 anni, guida la squadra con fare molto deciso. Soprattutto ha un occhio vigile su tutto quel che avviene in corsa e muove i compagni di conseguenza. Guarda quello che fanno le altre squadre, gli altri capitani, impara e prepara le contromosse. Tecnicamente sta migliorando molto, va molto forte in salita ma tiene in pianura e se cresce a cronometro diventerà davvero un big per i grandi giri».

O'Connor podio Delfinato 2022
Ben insieme a Vingegaard e Roglic, podio del Delfinato: si ripeterà al Tour?
O'Connor podio Delfinato 2022
Ben insieme a Roglic sul podio del Delfinato: si ripeterà al Tour?

O’Connor più forte del 2021

Vendrame è convinto che l’O’Connor attuale sia superiore a quello del quarto posto 2021: «Non ho alcun dubbio, lo sa lui e lo sanno anche gli avversari. Lo sanno anche i dirigenti dell’AG2R Citroen, infatti hanno costruito una squadra per il Tour che sarà completamente dedita alla sua causa, non ci saranno altre punte né obiettivi se non quello di supportarlo per un grande risultato. Poi comunque sarà la corsa a decidere i target e come ottenerli».

In caso venisse chiamato in causa, Vendrame si farà trovare pronto, altrimenti fari puntati sulla Vuelta, ma chiaramente ogni tanto il pensiero va ancora a quella maledetta tappa di Castelmonte del Giro d’Italia, dove poteva giocarsi la vittoria ma all’ultima curva è partito per la tangente per la sbandata di un avversario.

«Ma non crediate che sia rammaricato più di tanto, anzi sono felice che le cose non siano andate peggio, perché ho corso davvero un grave pericolo in quella situazione. So che Bouwman non lo ha fatto apposta, ma potevamo davvero farci male. Comunque è stato un buon Giro, io a riguardare il tutto sono soddisfatto, ora vediamo che cosa mi attende».

L’ultima curva manda in pezzi i progetti di Vendrame

27.05.2022
5 min
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Una curva. L’ultima maledetta curva ha mandato all’aria i piani di Andrea Vendrame. Eravamo quasi certi che oggi Andrea sarebbe andato in fuga. Un corridore come lui, lo abbiamo imparato a conoscere, vuol lasciare il segno. Quantomeno vuol provarci.

Ma come? Sarebbe stato lecito chiedersi: Vendrame, che è quasi un velocista, vincente in una tappa di 3.600 metri di dislivello e per di più con arrivo in salita? La risposta è sì. E non sarebbe la prima volta che conquista tappe dure, ricordiamoci dello scorso anno a Bagno di Romagna.

Prima del Santuario di Castelmonte, in questo Giro d’Italia, si era buttato in due volate di gruppo e in un paio di fughe. Ma il veneto è particolare. Un corridore che riflette e che pondera bene ogni mossa. Una volta ci ha detto: «Il ciclismo è 80% testa e il resto gambe».

Dopo le primissime interviste, Andrea si raccoglie nei suoi pensieri
Dopo le primissime interviste, Andrea si raccoglie nei suoi pensieri

Castelmonte nel mirino

A Budapest, la sera della presentazione delle squadre ci aveva detto che avrebbe cerchiato di rosso, anche con l’aiuto del suo mental coach, due o tre tappe. 

«E questa era una di quelle», ha ribadito il corridore dell’Ag2R-Citroen dopo l’arrivo.

Oggi voleva andare in fuga e ci è andato.

«Sul Kolovrat – dice Andrea – ho cercato di mantenere il mio passo, non volevo fare fuori giri. Sapevo che potevo rientrare in discesa, dove vado bene. La tappa non ero venuto a vederla, ma me l’ero studiata bene».

E rientrando sui quattro al triplo della velocità, ci ha anche provato. Ha tirato dritto, come impone il manuale del buon ciclista.

Sul Kolovrat e verso Castelmonte il trevigiano si è gestito magistralmente
Sul Kolovrat e verso Castelmonte il trevigiano si è gestito magistralmente

Ostacolo salite

La scalata finale però è di nuovo un ostacolo enorme per Vendrame. Lui è sicuramente il più veloce, ma altrettanto sicuramente è il meno scalatore. Per sua fortuna gli altri quattro erano sfiniti.

Durante la scalata gli occhi di Vendrame sono incollati sull’asfalto e in particolare sull’ultima ruota di turno da seguire.

«Nella mia testa – racconta Andrea ora con le mani nella testa e ancora tremolante dalla “botta” di adrenalina – c’era di arrivare in volata. Di nuovo salivo col mio passo. Sapevo e speravo si controllassero. Anche perché quella era l’unica speranza per arrivare in volata. Le gambe erano buone. Sono contento di averci provato».

Vendrame incredulo all’arrivo. Schmid lo ha buttato fuori strada (errore totale di traiettoria)
Vendrame incredulo all’arrivo. Schmid lo ha buttato fuori strada (errore totale di traiettoria)

La curva…

E alla fine ce la fa. Il suo progetto va (quasi) in porto. Supera Castelmonte. Agli 800 metri la salita è ormai un ricordo. La strada scende impercettibilmente in un punto. Dentro di lui aumenta la consapevolezza. E ancora prima che diminuisca la pendenza ha le mani basse. 

Adesso la distanza da quell’ultima ruota è ridotta all’osso. Non è più “defilato”. La curva a sinistra è forse anche più stretta che dei canonici novanta gradi.

«Sapevo – dice Vendrame – di essere il più veloce e sapevo che c’era questa curva. L’avevo visto anche stamattina prima del via su internet, con la squadra. Magari non pensavo così stretta».

«La mia idea era di prenderla all’esterno, in prima o seconda posizione per poter uscire più veloce. Quella per me era la traiettoria migliore per vincere. Ma purtroppo sono andati dritti e mi hanno costretto ad allargare (nella foto di apertura, ndr), come si è visto. Per me hanno giocato anche un po’ scorrettamente. Oggi tutti vogliono prenderle all’interno e… Cosa potevo fare se non frenare. Per fortuna che non c’erano le transenne, altrimenti ci saremmo fatti male». 

«Le volate a volte si vincono, a volte si perdono: è un jolly. Ed è andata così. Meglio un quinto posto che una caduta».

E i sogni infranti

Si frantumano a 70 metri dall’arrivo dunque i sogni di Vendrame. Sarà il suo percorso psicologico, sarà che magari Andrea è proprio così, ma cerca già di buttarsi alle spalle questo episodio. La delusione però suo volto c’è.

Tra l’altro non è la prima volta che vive una situazione simile. Già verso San Martino di Castrozza, al Giro del 2019, ruppe la catena nel finale quando stava per vincere.

«Una tappa persa al Giro fa male, però ci riproveremo. In qualche altro Giro o già al prossimo Tour de France, vedremo cosa deciderà la squadra».

Intanto, Antonello Orlando della Rai gli chiede se vuol andare al Processo alla Tappa. Andrea che era già pronto per scendere a valle con l’ormai immancabile fischietto per farsi spazio nel traffico, traduce la richiesta al suo addetto stampa, il quale gli dà l’okay.

Prima di partire, fa appena in tempo a prendere un sacchetto di caramelle gommose e a dirci: «Il Giro non è finito. Domani c’è un’altra tappa e si corre ancora in casa. Vediamo cosa si può fare».