La caccia al Grande Slam. Papà Van der Poel ci crede…

20.04.2025
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Il ciclismo non è fatto solo di record. Le vittorie di Pogacar e Van der Poel valgono di per sé, lo spettacolo offerto dai due dominatori delle ultime Classiche Monumento è un concentrato di storie e di immagini che illumina gli occhi. E’ anche vero però che lo sport passa per primati, imprese, numeri: i due campionissimi del nostro tempo possono avvicinarci a quel Grande Slam (la vittoria in tutte e cinque le Monumento della stagione) finora conquistato solo da tre belgi: Van Looy, Merckx, De Vlaeminck.

Entrambi sono a tre vittorie. Van der Poel ha impedito allo sloveno di completare la sua collezione con due prestazioni eccezionali, alla Sanremo e alla Roubaix, ma anche lui ha la possibilità di completare la collezione, se sarà capace di vincere se stesso e i suoi limiti alla Liegi-Bastogne-Liegi e al Lombardia.

Domenica Van der Poel ha colto la terza vittoria consecutiva a Roubaix, come fece Moser
Domenica Van der Poel ha colto la terza vittoria consecutiva a Roubaix, come fece Moser

L’ultima Roubaix, la gioia più grande

D’altronde, il corridore della Alpecin Deceuninck ha in casa chi di queste gare s’intende molto bene perché suo padre Adrie la Liegi la vinse nel lontano 1988, oltre a una lunga serie di altre classiche tra cui anche un Fiandre. E chi più di lui quindi può sapere se il figlio ce la può fare? Intanto però si gode l’ultima impresa.

«Penso che l’ultima Roubaix sia stata davvero speciale. E’ stata una gara davvero emozionante – dice papà Van der Poel – proprio perché l’ultimo capitolo di una sfida fra due grandi campioni, che regala sempre incertezza sul suo esito finale. Penso che sia stata una grande gara e vedere il suo esito finale mi ha riempito d’orgoglio».

Mathieu, in una foto del 2019, con suo padre Adrie: come lui vincitore di classiche su strada e titoli mondiali nel ciclocross
Mathieu, in una foto del 2019, con suo padre Adrie: come lui vincitore di classiche su strada e titoli mondiali nel ciclocross
Secondo te il Mathieu attuale è al suo limite o può ancora crescere?

Io penso che possa ancora migliorare. Certo, ha ormai trent’anni, ma è abituato al duro lavoro e a questo punto serve cambiare qualcosa nella sua preparazione. Penso che possa ancora migliorare un po’, non molto ma deve farlo per continuare a vincere perché il livello sale sempre.

Si parla tanto della ricerca di Pogacar del Grande Slam delle Classiche Monumento. A Mathieu mancano Liegi e Lombardia. Tu la Liegi l’hai vinta, può farlo anche lui e come dovrebbe correrla?

E’ una domanda che molti mi hanno fatto domenica scorsa. Potrebbe vincerla, ne ha tutte le possibilità, ma molto influisce il percorso. Gli organizzatori amano rendere le loro gare sempre più difficili e così facendo restringono sempre di più il lotto dei favoriti, di coloro che possono vincere. Il Lombardia è una gara bellissima, solo che la rendono troppo difficile. Quindi così facendo escludi molti corridori, corridori da classiche, dalla lotta per il successo. Oggi come oggi penso che solo 2-3 corridori possono vincere la classica delle foglie morte. Quando correvo io era il regno dell’incertezza, ce ne potevano essere 50 che partivano con la possibilità di vincere e questo la rendeva più incerta e interessante.

Alla Liegi VDP ha sorpreso tutti lo scorso anni vincendo lo sprint per il 3° posto
Alla Liegi VDP ha sorpreso tutti lo scorso anni vincendo lo sprint per il 3° posto
Escludi quindi Mathieu dal lotto?

No, dico solo che gare come le Monumento dovrebbero essere terreno di battaglia per tutti, non andrebbero rese troppo difficili già nella loro costruzione, andrebbe lasciato più spazio alle strategie delle squadre e alla fantasia dei corridori.

Quale pensi sia più difficile per lui tra Liegi e Lombardia, in base alle sue caratteristiche?

Io credo che Mathieu possa vincere entrambe. Servono una buona giornata e un pizzico di fortuna, ma nelle condizioni in cui è ha tutte le possibilità per farlo, io sono ottimista. E’ chiaro però che le altre tre classiche sono fatte a pennello per lui, si adattano meglio alle sue caratteristiche e le vittorie alla Milano-Sanremo sono davvero un fiore all’occhiello.

Al Lombardia l’olandese ha corso una sola volta, nel 2020, finendo al 10° posto a 6’28” da Fuglsang
Al Lombardia l’olandese ha corso una sola volta, nel 2020, finendo al 10° posto a 6’28” da Fuglsang
Tu dici che al Giro di Lombardia può essere competitivo: come andrebbe preparato?

Il Lombardia l’ha fatto una sola volta, nel 2020. Ed è arrivato decimo. Io dico che con le giuste condizioni potrebbe giocarsela. Deve arrivare con il peso giusto, magari perdere qualcosa come aveva fatto lo scorso anno prima dei mondiali ed è salito sul podio in una corsa durissima. Sa che può farlo, quindi, che il fisico poi risponde. Sarebbe importante per prepararlo andare alla Vuelta e poi affrontare alcune gare collinari, impegnative dal punto di vista altimetrico per abituarsi. E’ chiaro che sul terreno di Pogacar sarebbe durissima, ma ci si può provare.

Tuo figlio può raggiungere un altro traguardo storico: 4 titoli mondiali in 4 diverse specialità. Lo vedi competitivo nella mountain bike attuale?

E’ difficile cambiare bici durante la stagione. Ma penso che in passato abbia già dimostrato di esserne capace. Ha vinto gare di Coppa del mondo, significa che è un vincente anche lì. Io penso che la sua scelta sia giusta, considerando il mondiale su strada troppo duro e impegnativo anche come trasferta. E’ un obiettivo da inseguire quest’anno. Quindi penso che darà il massimo. Ci proverà, senza mettersi troppa pressione addosso, diciamo che è un “plus” nella sua stagione. Fa parte di quei target posti da qui alla fine della sua carriera, come anche conquistare una medaglia olimpica.

Quest’anno VDP ha optato per i mondiali di mtb, correrà il 14 settembre a Crans Montana (SUI)
Quest’anno VDP ha optato per i mondiali di mtb, correrà il 14 settembre a Crans Montana (SUI)
Tu che lo conosci bene, ha per la mountain bike la stessa passione che nutre per ciclocross e strada?

Oh, non credo. Ciclocross e strada sono nel suo DNA, come è un po’ per la nostra famiglia. Mathieu d’altro canto ha un pregio: vivere ogni evento in maniera abbastanza rilassata. Conscio di essere ben preparato, di stare in salute e e di non avere nulla di cui preoccuparsi. Non è spesso nervoso per una gara e questa è un’ottima cosa.

Nel ciclocross ha vinto 7 mondiali. Continuare a competere sui prati è legato solo alla passione o lo ritiene anche fondamentale per preparare la strada?

Io penso che lo faccia perché gli piace proprio. La mountain bike è forse più un vezzo, un divertissement, ma penso che per lui il ciclocross in inverno sia un’ottima preparazione e penso anche che, con le modalità e i tempi come l’ha interpretato negli ultimi due anni, sia un’ottima cosa.  Quindi penso che non debba cambiare molto, fare qualche ciclocross, prendersi una piccola pausa e poi dare il massimo per il mondiale.

Con Pogacar. I due sono in caccia del Grande Slam ciclistico, con 3 successi su 5 per ciascuno
Con Pogacar. I due sono in caccia del Grande Slam ciclistico, con 3 successi su 5 per ciascuo
E’ più probabile che Mathieu vinca le due classiche mancanti o che Pogacar vinca Sanremo e Roubaix?

Penso che per Tadej sia un po’ più facile rispetto a Mathieu, i risultati di quest’anno a Sanremo e Roubaix dicono che è molto vicino al vertice anche in quelle due prove, senza Mathieu le avrebbe vinte, credo. Obiettivamente è quello davvero in grado di fare il Grande Slam.

Tu sei stato campione in bici e sei padre: la gioia per i suoi successi è diversa da quella che provavi per i tuoi?

Sì, è piuttosto diverso e credo sia più emozionante. Vedere le sue corse mi rende più nervoso di quando correvo, è un modo completamente diverso di godersi le gare. Una gioia molto più profonda e intensa.

Van Aert è uomo da grandi Giri? Risponde Saronni

12.11.2023
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La prima bordata l’ha portata Adrie Van Der Poel, padre di Mathieu, parlando dell’intenzione di cambiare strategia da parte di Van Aert: «Penso che sia il più grosso errore che possa fare – ha dichiarato a Het Nieuwsblad – inizierebbe a gareggiare contro la sua stessa natura. Dovrebbe pensare agli errori commessi: la cessione della vittoria a Laporte alla Gand-Wevelgem o la tattica sbagliata che ha impedito a De Lie di vincere per distacco gli europei».

A metterci il carico da dodici è stato Johan Museeuw: «Forse gli manca lo spirito omicida per vincere una gara – ha sentenziato a GCN – una come la Gand-Wevelgem non si regala: alla fine della carriera la cosa più importante è quanto hai vinto e non ciò che hai dato via. Van der Poel a volte fa da apripista per Philipsen, ma questo è tutto, è più assassino. Van Aert è bravo nelle gare di un giorno: ecco dove dovrebbe essere la sua attenzione».

Van Aert agli europei al fianco di Stuyven. La condotta in gara di Wout ha dato adito a polemiche
Van Aert agli europei al fianco di Stuyven. La condotta in gara di Wout ha dato adito a polemiche

Gli esempi di Maertens e Saronni

E’ chiaro che fa molto discutere la stagione vissuta dal belga, intrisa di secondi posti (ma potremmo dire l’intera carriera), unita alle voci di mettersi alla prova come leader della squadra in un grande Giro, certamente non il Tour, magari la corsa rosa. Non sarebbe la prima volta che un grande specialista delle classiche, che fa della velocità allo sprint la sua forza, prova il grande colpo: uno sprinter puro come Maertens vinse una Vuelta e tutti ricordano Saronni capace di elevarsi fino al doppio trionfo al Giro d’Italia.

Proprio il grande Beppe è l’uomo adatto per provare a entrare nei meandri di Van Aert, alle prese con un bivio fondamentale per la sua carriera: «Wout è uno di quei 5-6 corridori che ti fanno appassionare al ciclismo. Io da spettatore lo adoro, ma se poi mi metto a ragionare da ex corridore e da manager quale sono stato allora le cose cambiano. Se Van Aert corresse meglio, vincerebbe molto di più: è evidente».

Giuseppe Saronni, 66 anni, ha vinto il Giro d’Italia nel 1979 e 1983
Giuseppe Saronni, 66 anni, ha vinto il Giro d’Italia nel 1979 e 1983
L’idea di fare il capitano in un grande Giro ti trova d’accordo?

Forse andrò controcorrente, ma io dico di sì. Non dico che vincerà, anzi è molto probabile che ciò non avvenga, ma deve farlo ora perché il tempo passa. Deve però mettere prima di tutto ordine in se stesso, nelle sue ambizioni perché non puoi fare tutto, devi saper rinunciare. E’ un po’ il discorso di Pogacar, che può vincere davvero dappertutto come nessun altro, ma non ci riesce e col livello generale che c’è deve per forza fare delle scelte.

Ha ragione allora Museeuw nella distinzione che fa tra l’olandese e il belga…

Sicuramente. Fino allo scorso anno VDP correva in maniera sin troppo generosa, faceva spettacolo ma perdeva troppe occasioni. Poi ha fatto delle scelte, ha orientato la programmazione in funzione degli obiettivi mirati e i risultati si sono visti. Che sia chiaro un punto: a me Van Aert piace da morire, lo ricordo giovanissimo che correva con le bici Colnago, solo che deve disciplinarsi e sacrificare qualcosa.

L’ultima delle 6 vittorie del belga nel 2023, alla Coppa Bernocchi. Un bilancio insoddisfacente
L’ultima delle 6 vittorie del belga nel 2023, alla Coppa Bernocchi. Un bilancio insoddisfacente
Un Van Aert capitano in un grande Giro significa dover anche gestire la squadra nei tapponi di montagna. Per uno che è abituato a farlo nelle classiche d’un giorno è la stessa cosa?

No, cambia molto. Devi saper gestire la situazione, la classifica, saper valutare quali sono le tappe più dure per te e sfruttare la squadra in modo da perdere il meno possibile. Il vero e proprio “correre in difesa”, sapendo che le crono possono essere invece un dato a favore come anche gli abbuoni in tante tappe. Evenepoel è la stessa cosa, si sa ormai che nei tapponi ha dei limiti, sulle salite lunghe e ripetute alla fine paga dazio. Bisogna saper gestire proprio quelle situazioni per poter emergere.

Tu per impostazione tecnica ti sei trovato a gestire la stessa situazione e hai portato a casa la maglia rosa…

E’ improponibile fare paragoni fra epoche così diverse, il ciclismo è cambiato enormemente da allora. Io ero veloce perché da dilettante avevo svolto un’attività prevalentemente da pistard, anzi la strada non l’avevo mai preparata realmente. Quando sono passato e ho iniziato a fare la vita da professionista è cambiato tutto, ma proprio a livello esistenziale. Ho iniziato a preparare l’attività su strada in maniera metodica, vedevo che in salita e a cronometro mi difendevo, mi sono evoluto tecnicamente e alla fine ho capito che potevo essere competitivo anche in un grande Giro. Ma rispetto a oggi c’è una differenza fondamentale…

Nel gravel, Van Aert ha conquistato uno dei 6 successi 2023, ma l’impegno in più specialità rischia di costargli caro
Nel gravel, Van Aert ha conquistato uno dei 6 successi 2023, ma l’impegno in più specialità rischia di costargli caro
Quale?

Io arrivai a essere pro’ che dovevo imparare tutto, dovevo anche evolvermi muscolarmente. Oggi invece i ragazzi fanno attività metodica sin da giovanissimi, arrivano alla massima categoria che sono già svezzati da quel punto di vista, devono solo adeguarsi alle esigenze dell’attività. Sono già formati, preparati. Quel salto non c’è.

Tornando a Van Aert, non pensi che i tanti secondi posti alla fine pesino psicologicamente?

Questo può essere. Alcune vicende, come quella della Gand-Wevelgem, dicono che Wout è uno buono per carattere e questo pregio può anche diventare un difetto. C’è il rischio che alla fine ti abitui a finire secondo, che perdi quella grinta necessaria per dare la zampata finale. Vincere è qualcosa di particolare, può anche farti scattare qualcosa nella testa. Meglio non abituarsi ai secondi posti, lo dico per lui…

Pontoni, come te la saresti giocata con i 3 Tenori?

11.01.2023
4 min
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Le imprese di Van Aert sono ancora davanti ai nostri occhi, il suo fine settimana è stato esaltante al punto da rendere “umano” anche un altro gigante come Van Der Poel. Guardando l’ennesima sfida fra due dei padroni del ciclocross (senza dimenticare l’illustre assente Tom Pidcock) ci sono tornate alla mente immagini lontane, quelle delle imprese di Daniele Pontoni, ultimo azzurro campione del mondo (in apertura, immagine Wikipedia: mondiali dilettanti 1992 vinti dall’azzurro a Leeds, che poi si impose fra gli elite nel 1997 a Monaco). Quando il cittì correva, sul finire del secolo scorso, era sicuramente un altro ciclocross, ma che avrebbe fatto il friulano al cospetto di simili fuoriclasse?

Fare i paragoni fra epoche diverse è sempre impresa molto ardua, eppure questo piccolo gioco dialettico può anche fornire interessanti riferimenti su come affrontare i 3 Tenori senza sentirsi battuti in partenza come troppo spesso accade anche agli altri “mammasantissima” dell’attività sui prati.

Van Aert sulla sabbia, un terreno che a Pontoni è sempre risultato indigesto
Van Aert sulla sabbia, un terreno che a Pontoni è sempre risultato indigesto

Pontoni si presta volentieri al gioco, sottolineando comunque come tante cose siano cambiate nel corso del tempo: «Non prendo neanche in considerazione l’attrezzatura, mi limito a osservare come siano cambiati profondamente i percorsi rispetto ad allora. Una cosa va innanzitutto sottolineata: sul piano della forza non potrei minimamente competere con simili campioni. Quindi cercherei di giocare le mie carte puntando sui loro punti deboli, che sono sicuramente pochi».

Dove avresti avuto possibilità?

Sicuramente non sui percorsi sabbiosi che non ho mai digerito, proprio perché diventano questione fisica e io non avevo certamente la potenza dalla mia. A me piacevano molto i percorsi impegnativi e tecnici, quelli come Gavere dove infatti ho vinto due volte. Su simili percorsi sarei andato in gara con profondo rispetto per gli avversari ma senza paura, consapevole di poter fare la mia figura. A Zonhoven, teatro dell’ultima prova di Coppa, sarei partito già battuto.

Secondo il cittì azzurro Mathieu Van Der Poel paga una certa debolezza mentale
Secondo il cittì azzurro Mathieu Van Der Poel paga una certa debolezza mentale
Quali erano i percorsi dove ti trovavi meglio?

Quelli dove si “lavorava” di più, quelli cittadini da interpretare, anche i tracciati con fango e neve mi sono sempre piaciuti. Bisogna anche tenere in considerazione un altro aspetto: fossi nato in quest’epoca, avrei cambiato completamente tipologia di allenamento, anche questo va tenuto in considerazione.

Parlando di Van Der Poel, tu comunque hai affrontato tante volte suo padre. Che differenze ci sono?

Mathieu ha più potenza e classe, ma Adrie dalla sua aveva una caparbietà senza pari, non mollava mai. Invece ho l’impressione che il figlio viaggi a pieno ritmo finché le cose vanno bene, ma quando compaiono le avversità abbia la tendenza a cedere, innanzitutto mentalmente. Per me suo padre è stato un’ispirazione, mi ha aiutato nelle mie prime volte in Belgio e Olanda e poi è stato un fiero avversario, mi ha insegnato a non lasciarmi mai andare.

Tante le battaglie con Adrie Van Der Poel. L’olandese vinse il mondiale ’96 battendo proprio il friulano (foto Cor Vos)
Tante le battaglie con Adrie Van Der Poel. L’olandese vinse il mondiale ’96 battendo proprio il friulano (foto Cor Vos)
Non abbiamo finora parlato di Pidcock…

Devo dire che il britannico è forse quello più simile a me. In certe cose mi ci rivedo e proprio per questa caratteristica sarebbe stato il più difficile da affrontare per me, perché non avrei saputo come prenderlo. La differenza principale con lui è che è molto dedito allo spettacolo, io ero più concreto. Non m’interessava molto l’aspetto esibizionistico, pensavo a portare a casa il massimo risultato con il minimo sforzo.

In base a quel che hai visto a Zonhoven, c’è davvero una forte differenza a favore di Van Aert in questo momento?

I risultati parlano chiaro. Da quel che si è visto a Zonhoven, c’è davvero una grande differenza: Van Aert ha dimostrato di essere ampiamente sopra tutti. Quando i distacchi sono così pesanti non puoi accampare scuse, ma questo non significa che il mondiale lo abbia già vinto. Si corre a Hoogerheide, percorso completamente diverso e soprattutto si corre in casa di Van Der Poel. Il pubblico influisce molto, può dare una carica ulteriore al campione olandese. E’ tutto da giocare.

Pidcock è quello che più assomiglia a Pontoni, fisicamente e anche tecnicamente
Pidcock è quello che più assomiglia a Pontoni, fisicamente e anche tecnicamente
E in casa italiana? Gli ultimi risultati non sono stati forse all’altezza delle aspettative, sei sempre ottimista?

Per le categorie dove potremo accampare possibilità di podio sì, devo esserlo soprattutto con l’avvicinarsi dell’evento. Ribadisco, Zonhoven era un percorso completamente diverso da quello che troveremo nella corsa iridata. Io continuo ad avere buone sensazioni, dobbiamo però continuare a lavorare sodo.

Scelte drastiche per VDP: il futuro secondo il padre Adrie

10.06.2022
4 min
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Quando parla Adrie Van Der Poel, non sono mai affermazioni comuni, ma destinate a suscitare clamore. Mentre Mathieu inizia a pensare al Tour, dopo le montagne russe del Giro d’Italia dove comunque ha raggiunto i suoi obiettivi come una vittoria di tappa e vestire la maglia rosa, Adrie pensa già più in là, molto più in là, all’appuntamento con Parigi 2024 per riprendersi quel che ha perso a Tokyo con quella caduta tanto famosa quanto rovinosa.

Adrie Van Der Poel 2022
Adrie Van Der Poel, ex iridato di ciclocross e vincitore di classiche (foto Raymond Kerckhoffs)
Adrie Van Der Poel 2022
Adrie Van Der Poel, ex iridato di ciclocross e vincitore di classiche (foto Raymond Kerckhoffs)

Quest’anno solamente strada

L’idea di Adrie, riportata nel numero speciale di Helden dedicato al prossimo Tour de France, è che Mathieu debba fare, a ruoli inversi, quel che ha fatto quest’anno. Il campione olandese, reduce dal grave infortunio alla schiena conseguenza di Tokyo che gli ha impedito di fatto di affrontare tutta la stagione di ciclocross, quest’anno è totalmente concentrato alla strada e non ha intenzione di affrontare alcuna prova di mtb, a differenza ad esempio di quanto sta facendo Tom Pidcock che punta apertamente al titolo mondiale di specialità.

Nei propositi di papà Van Der Poel, nel 2023 Mathieu dovrebbe tornare a una programmazione su doppio binario. Poi dovrebbe concentrarsi solo sulla mtb nel 2024 fino all’appuntamento olimpico. Obiettivo chiudere quel cerchio apertosi nello scorso agosto.

«Sappiamo ormai – dice – che la combinazione è abbastanza difficile. Se nella mtb sei lontano dalle gare, perdi posizioni nel ranking e sei costretto a partire dal fondo. Per questo nel 2023 dovrà fare di necessità virtù, ma poi nel 2024 dovrebbe lasciare da parte la strada».

VDP Mtb 2019
In mtb VDP ha vinto 13 gare di Coppa del Mondo e l’europeo 2019 (foto Cerveny)
VDP Mtb 2019
In mtb VDP ha vinto 13 gare di Coppa del Mondo e l’europeo 2019 (foto Cerveny)

Un progetto ancora da discutere

Un’affermazione forte, che successivamente Adrie tiene a specificare figlia solamente di sue congetture, delle quali non ha ancora parlato in maniera compiuta con suo figlio. C’è però un altro aspetto che l’ex campione del mondo di ciclocross tiene a sottolineare.

«La combinazione di tre discipline – spiega – ha dato vita a un programma molto intenso. Se tecnicamente il passaggio da ciclocross alla strada è semplice, come lo era ai miei tempi, con la mtb il discorso è diverso. Cambia la posizione in sella, cambia lo strumento stesso, servono adeguamenti particolari, per questo penso che un’Olimpiade non si possa inventare, ma si debba fare tutto quel che serve».

Adrie non ha voluto commentare la prestazione di suo figlio all’ultimo Giro, vissuto alla sua maniera, sempre per dare spettacolo. Chiacchierando però sono venuti fuori interessanti piccoli “fuori programma” del corridore dell’Alpecin Fenix, che ad esempio si è fermato durante una salita per formare un autografo, oppure si è messo a pedalare su una ruota e si è anche messo a scherzare in mezzo al gruppo con Pascal Eenkhoorn smentendo di fatto tutti coloro che lo giudicano schivo e poco socievole. E’ il suo modo di divertirsi, soprattutto con la bici da strada che, per sua stessa ammissione, spesso non gli dà le stesse sensazioni e gli stessi brividi della mtb. Infatti dopo il Giro ha dedicato una lunga giornata a un allenamento di oltre 90 chilometri sulle sponde del Lago di Como.

Ancora tanto da fare…

Su un aspetto però il padre del vincitore del Fiandre ha tenuto a mettere l’accento e riguarda le scelte di squadra fatte da Mathieu. Molti infatti si sono chiesti come mai non sia passato attraverso la Rabobank che in Olanda era una sorta di passaggio obbligato.

«E’ stata una scelta sia di Mathieu che prima ancora di David – ha sottolineato Adrie – è pur vero che non hanno poi insistito tanto per averlo, forse perché scottati dal rifiuto del fratello maggiore.

«A conti fatti però questo ha portato vantaggi – ha proseguito l’illustre genitore – innanzitutto perché sin dalla più giovane età Mathieu ha potuto correre libero da schemi, sviluppando quella sua propensione ad attaccare. Poi perché si è sviluppato un forte legame con Christoph Roodhooft, che è andato avanti negli anni. Ma io sono convinto che i due non abbiamo ancora dato tutto e quindi Mathieu possa ancora crescere».

Van der Poel ai box. Mondiali a rischio e gruppo in fermento

29.12.2021
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Non poteva essere solo per il mal di gambe. Infatti dopo la battuta d’arresto di Van der Poel nel Superprestige di lunedì, ecco giungere puntuale la comunicazione della Alpecin-Fenix. L’olandese ha ancora mal di schiena e domani non sarà all’Azencross di Loenhout. Il dannato dolore derivante dalla caduta di Tokyo continua a seguirlo come una maledizione.

«E’ frustrante – dice l’olandese – ma è quello che è. Il problema esiste da un po’ di tempo e sono parzialmente sollevato dal fatto che ci sia una causa identificabile che può essere risolta con riposo e trattamento extra. Tutti sanno che i mondiali negli Stati Uniti sono il primo grande traguardo del 2022, ma non sono certo l’unico né l’ultimo. Sono il primo a voler recuperare, ma senza la pressione del tempo, in modo da poter giocare tutte le mie possibilità. Riprenderò quindi le gare solo quando sarò completamente pronto. Se arrivo ai mondiali, è meglio. In caso contrario, non vedo l’ora che cominci la stagione primaverile su strada».

Vermiglio è stato il terzo cross di Van Aert, rientrato già vincente ai primi di dicembre
Vermiglio è stato il terzo cross di Van Aert, rientrato già vincente ai primi di dicembre

Rodaggio rapido

La schiena preoccupa e per la prima volta da quando lo si conosce ad alto livello, dovendo scegliere Mathieu ha anteposto la strada al cross. Se a questo si unisce la perplessità di Van Aert sulla trasferta iridata per il rischio di quarantene, lo scenario attorno al mondiale di Fayetteville riapre la porta agli specialisti del cross che si stavano già rassegnando alle briciole

Se infatti fino allo scorso anno Van Aert, Van der Poel e Pidcock avevano avuto bisogno di qualche gara di adattamento, quest’anno la fase di rodaggio è parsa ben più rapida e la cosa non ha mancato di suscitare riflessioni fra i colleghi, che pure gareggiavano già da due mesi. Da quando la stagione su strada era ancora in corso: il 10 ottobre si è corsa la prima Coppa del mondo negli Stati Unici, mentre Tadej Pogacar vinceva il Lombardia, una settimana dopo la vittoria di Colbrelli a Roubaix. Se a ciò si aggiunge che, proprio per aver iniziato così presto, le Feste di fine anno coincidono con un calo degli specialisti, ecco spiegata la frustrazione dell’ambiente.

Adrie Van der Poel (qui ai mondiali 1988) ha parlato della poca attività estiva dei crossisti
Adrie Van der Poel (qui ai mondiali 1988) ha parlato della poca attività estiva dei crossisti

Provocazione Van der Poel

Al danno si è aggiunta di recente la beffa, almeno dal loro punto di vista. Sposando un parere che aveva già trovato cittadinanza su bici.PRO dopo la gara di Vermiglio, Adrie Van der Poel, padre di Mathieu, ha parlato dell’attività degli specialisti del cross.

«Dovrebbero avere un programma su strada più consistente in estate – ha detto – per migliorare contro Wout e Mathieu nel ciclocross. Non è misurandosi contro i dilettanti su strada ad agosto che potranno gareggiare in inverno contro questi due».

I crossisti puri si dedicano quasi esclusivamente alla loro disciplina per sei mesi all’anno, tra settembre e febbraio. Raramente compaiono nelle gare su strada in estate. Corrono tutti con squadre continentali, il cui budget è quasi interamente dedicato al ciclocross e il cui calendario è evidentemente limitato.

Iserbyt è realista: sbagliato cercare lo scontro diretto
Iserbyt è realista: sbagliato cercare lo scontro diretto

La risposta di Iserbyt

Letto il parere di VdP senior, Iserbyt ha voluto rispondere, sentendosi forse preso di mira.

«Basterebbe che Adrie Van der Poel – ha detto – guardasse l’altro suo figlio (David, ndr) che si sta godendo un buon programma su strada con la Alpecin-Fenix, senza avere lo stesso livello di Wout e Mathieu. Devi sapere dove sei nella gerarchia. Non ho aspettato che Wout o Mathieu raccogliessero vittorie, altrimenti oggi il mio bilancio sarebbe a zero. Conosco il loro livello, è ben al di sopra di quello di Nys o Stybar ai loro tempi. All’inizio della mia carriera il mio sogno era batterli, ma ora ho capito che non aveva senso. Meglio vincere cinque gare senza di loro che due contro di loro. L’ho fatto due volte la scorsa stagione e anche Aerts ha battuto Mathieu, ma tutti si sono dimenticati di lui. Sappiamo tutti che quando tornano al ciclocross, inizia un’altra stagione. Se mi metto a seguirli, rischio di esplodere. Tanto vale riuscire a conquistare un posto d’onore per continuare a prendere punti in Coppa del mondo».

Nys Thibau Sven
Sven Nys con suo figlio Thibau, campione europeo U23 a Trento 2021
Nys Thibau Sven
Sven Nys con suo figlio Thibau, campione europeo U23 a Trento 2021

Nys rassegnato

E’ infatti innegabile che, al netto di ogni possibile osservazione, a fare la differenza sia il talento naturale di Van Aert e Van der Poel, con Pidcock in rapida ascesa. Per anni campioni come Sven Nys, Niels Albert o Erwin Vervecken sono rimasti padroni dell’inverno, oggi la tendenza si è completamente invertita. Forse solo il tre volte campione del mondo Zdenek Stybar era riuscito prima di loro ad avere un buon livello anche su strada, perdendo però le sue potenzialità nel cross. E la conferma viene proprio da Sven Nys, campione di tre mondiali, 13 Superprestige e tre Coppe del mondo e ora tecnico di Aerts e Van der Haar.

«Hanno raggiunto una tale perfezione – ha ammesso – da costringere gli altri a porsi obiettivi realistici. Se corrono come Wout durante i suoi primi due ciclocross, rischiamo di vivere un periodo natalizio senza vittorie».

Bart Wellens, vincitore di due mondiali, parla di motori evidentemente più potenti
Bart Wellens, vincitore di due mondiali, parla di motori evidentemente più potenti

Più cavalli e gomme nuove

Alla frustrazione sportiva, par di capire che si sommi anche quella finanziaria. Se infatti i tre stradisti ottengono rimborsi a quattro zeri, i ciclocrossisti puri sono costretti a mettere in fila quasi tutte le prove del calendario per ottenere un reddito accettabile. Per questo la comunicazione dello stop di Van der Poel ha spento i suoi tifosi, ma ha ridato il sorriso ai protagonisti della scena invernale.

«E’ come in Formula Uno – ha detto Bart Wellens, ex star del cross a Het Nieuwsblad – se arriva qualcuno con cinque cavalli in più e le gomme nuove. Non serve essere grandi esperti di automobilismo per capire che avrà un enorme vantaggio».

Ma a volte anche le monoposto più veloci si inceppano. Al ritmo di impegni e prestazioni cui si sottopongono quei due, c’è da augurarsi che siano sempre in salute. Altrimenti anche il recupero dal più banale infortunio diventa un calvario.

Vdp Heusden Zolder

VDP affonda a Heusden-Zolder: giornataccia o peggio?

28.12.2021
4 min
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Se la vittoria a Dendermonde aveva esaltato i tifosi di Van Aert, quella di Heusden-Zolder nella tappa del Superprestige li ha estasiati. In Coppa del mondo Van der Poel aveva incassato 49” di ritardo, ma almeno per oltre metà gara era rimasto al suo livello. Nella sfida dell’autodromo (dove lo scorso anno l’olandese aveva rifilato al rivale una sonora sconfitta), il confronto è durato appena due giri, poi Van Aert ha aperto il gas e la gara è diventata per lui una cronometro, per l’acerrimo rivale un calvario.

Le telecamere (la gara era senza pubblico per le disposizioni anti-Covid, quindi l’apporto televisivo era essenziale) si sono soffermate più sull’olandese, che nel finale del terzo giro ha impostato male una salita perdendo di colpo il treno dei principali inseguitori, da Pidcock a Iserbyt, da Van Kessel a Hermans. Da lì in poi Van der Poel è andato alla deriva, perdendo manciate di secondi a ogni tornata, finché alla fine del 6° dei 9 giri previsti ha deciso di averne abbastanza. Un rapido dietrofront, veloce cambio di abiti al camper e via verso casa, non parlando con nessuno, neanche della sua squadra.

Zolder Van der Poel 2021
Van der Poel con la maglia sporcata dal fango: una scivolata frutto della stanchezza fisica e mentale?
Zolder Van der Poel 2021
Van der Poel con la maglia sporcata dal fango: una scivolata frutto della stanchezza fisica e mentale?

Il mistero della (eventuale) caduta

L’Alpecin Fenix ha naturalmente cercato di gettare acqua sul fuoco: «Semplicemente una giornata storta» hanno scritto sui social e parlando con chi gli è più vicino si è avuta la sensazione di dichiarazioni più di circostanza che altro: «Mathieu era partito con tutta la voglia di far bene – ha spiegato il suo manager Christoph Roodhooft – forse è caduto in quella salita, ma era già lontano da Van Aert, ha ripreso ma poi non l’ho visto più».

Dal padre Adrie si è saputo qualcosa in più: «Non credo sia caduto, almeno guardando la maglia non sembrava che quelle macchie fossero frutto di uno scivolone. Il ginocchio sta meglio, la schiena si fa ancora sentire, io credo che vista la situazione non abbia voluto correre rischi. Mancano 5 settimane al mondiale, c’è tutto il tempo per raddrizzare il timone e arrivare in porto, intanto giovedì a Loenhout sarà un’altra gara e un’altra storia».

Van Aert Zolder 2021
Quinta vittoria stagionale per Van Aert, che ha preceduto Pidcock e Iserbyt di 1’04”
Van Aert Zolder 2021
Quinta vittoria stagionale per Van Aert, che ha preceduto Pidcock e Iserbyt di 1’04”

VDP e le difficoltà nella corsa

Una giornata storta ci sta, ma guardando la gara qualcosa emerge. Van der Poel continua a soffrire soprattutto nei tratti a piedi, sulle salite con gradoni (che saranno un elemento importantissimo a Fayetteville) non perde solo da Van Aert ma anche dagli altri, segno di una pesantezza figlia di una condizione ancora approssimativa. Questo lo porta anche a sbagliare, come avvenuto sulla salita che gli è costata il treno degli inseguitori. Dopo Dendermonde VDP aveva detto di aver bisogno di gareggiare, forse dopo tre giorni di reset fisico ma soprattutto mentale ne sapremo di più.

Finora non abbiamo parlato del dominatore di giornata, Wout Van Aert alla sua quinta vittoria in 5 gare disputate sui prati. A fine gara il belga era davvero soddisfatto.

«Dopo il successo in Val di Sole ho continuato a lavorare bene – ha dichiarato a Het Laatste Nieuws – e questi sono gli effetti. Miglior livello di sempre? Difficile fare paragoni, anche perché prima ero più focalizzato sul ciclocross, poi ho saltato una stagione intera (il 2019, ndr) e lo scorso anno non avevo ancora ben recuperato. Credo di andar meglio ora, credo che la scelta di tirare avanti sulla linea della strada sia stata quella giusta, mettendo però di mezzo un fondamentale momento di stacco».

Pidcock Zolder 2021
Al contrario di VDP, Pidcock è sembrato rigenerato rispetto a Dendermonde, finendo secondo
Pidcock Zolder 2021
Al contrario di VDP, Pidcock è sembrato rigenerato rispetto a Dendermonde, finendo secondo

Van Aert ai mondiali, sì o no?

Sul suo rivale, Van Aert ha preferito non esprimersi: «Non posso dire che cosa gli è successo, non l’ho visto. Credo comunque che abbia bisogno di qualche altra gara per raggiungere il top».

Intanto però anche a Heusden Zolder si è continuato a parlare della sua ventilata possibilità di disertare i mondiali. «Non ho ancora deciso niente, dopo i campionati nazionali faremo il punto della situazione», ha tagliato corto il campione della Jumbo Visma. Chiaramente con una condizione simile sarebbe il favorito, con la possibilità di tornare a impattare il suo grande rivale VDP come numero di titoli Elite vinti (attualmente 4-3 per l’arancione), ma i suoi timori legati alle difficoltà di spostamento sono molto alti. A Fayetteville si dovrebbe gareggiare in presenza di pubblico, ma c’è il rischio concreto che si debba anticipare notevolmente la trasferta per esigenze sanitarie, affrontare una breve quarantena appena toccato il suolo statunitense e questo a Van Aert decisamente non va. Visto il Van Aert attuale, sarebbe davvero una beffa.

Adrie Van Der Poel: «Vi spiego la mia famiglia»

23.03.2021
4 min
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Sono giorni intensi per Adrie Van Der Poel. I successi di Mathieu sono ricaduti anche sul padre, spesso chiamato in causa dai giornalisti di tutto il mondo per conoscere i segreti del figlio magico. Tanta attenzione lo mette anche in difficoltà, è un costo che stentava a pagare anche quando correva e vinceva, sia nel ciclocross che su strada. Ecco da chi Mathieu ha preso la sua passione per la multidisciplina. Suo padre però privilegiò la strada, cogliendo una cinquantina di vittorie tra cui Fiandre, Liegi e l’Amstel. Fu l’ultimo olandese a vincere nel 1990, prima che suo figlio chiudesse la parentesi 29 anni dopo. Poi tornò a battagliare con i nostri Pontoni e Bramati, vincendo il mondiale sui prati nel 1996. Non dimentichiamo poi chi è il nonno: tale Raymond Poulidor, forse il più amato corridore della storia francese su due ruote. Quando si dice il “DNA del campione”…

Suo nonno era Raymond Poulidor, gigante del ciclismo francese
Suo nonno era Raymond Poulidor, gigante del ciclismo francese

«Lo ricordo bene quel periodo in Italia, mi trovai benissimo come mi trovo bene ogni volta che ci vengo. Era un bel gruppo, io non parlavo la lingua, ma trovai molto appoggio fra i ragazzi. Soprattutto con Michele Bartoli avevo un bel feeling. Ora non ci vediamo molto spesso, ma quando capita è sempre un piacere».

Veniamo a Mathieu, l’uomo che tra ciclocross, strada e Mtb non si ferma mai. Tu come ti regolavi durante la stagione, dovendo passare da una disciplina all’altra?

Anch’io non mi prendevo tanto tempo di riposo fra una stagione e l’altra, ma sapevo che alcuni giorni erano necessari per rifiatare e per Mathieu è lo stesso. Io mi fermavo 4-5 giorni dopo i grandi appuntamenti: il ciclocross, le classiche, ma anche nella stagione piena un paio di giorni a settimana, se non ero in gara, li passavo senza bici. Sono però sempre stato contrario a periodi di inattività troppo lunghi.

Ecco David Van der Poel in azioone all’Urban Cross di Kortrijk 2019
Ecco David Van der Poel in azioone all’Urban Cross di Kortrijk 2019
Non pensi che tra una disciplina e l’altra, Mathieu corra troppo?

Mathieu si basa molto sulla mia esperienza. La sua stagione è pienissima, però prevede sempre di non superare i 60 giorni di gara nel complesso, per non sfruttare troppo il suo fisico. Soprattutto per la strada. Si è fermato una decina di giorni dopo i mondiali di ciclocross che lo avevano spremuto anche mentalmente, poi nel corso della stagione ogni tanto si prende qualche giorno di pausa.

Sei d’accordo con la sua scelta di puntare all’oro olimpico nella Mtb e non su strada?

Non dobbiamo dimenticare che lo scorso anno è stato strano, senza gare per la sua maggior parte e concentratissimo in tre mesi, ma Mathieu aveva già stabilito di fare la Mtb per Tokyo e non ha voluto cambiare, conoscendo anche il percorso. Aveva lavorato molto per esso, pensando anche ai materiali, alla posizione in bici e quando è focalizzato su un obiettivo non cambia. Vuole il podio nella Mtb e lavorerà per esso, anzi lo sta già facendo.

Che puoi dirci di David? E’ un ottimo ciclocrossista, perché però non segue tanto il vostro esempio e si dedica così poco alla strada?

David è un corridore diverso rispetto a Mathieu, ha fatto un passaggio verso la strada più tardivo del fratello anche se è più grande ed è più mentalizzato verso il ciclocross. Alla Alpecin Fenix sono però convinti che possa fare bene e lo sono anch’io, quando ci si è dedicato qualcosa ha raccolto (una vittoria al Giro d’Alsazia 2018, ndr). Avrà le sue occasioni per correre già quest’anno.

David ha un palmares ovviamente inferiore a quello di Mathieu, anche lui pratica il cross
David ha un palmares inferiore a quello di Mathieu
Caratterialmente come sono?

Hanno caratteri molto diversi, come sono diversi da me. Io cerco di essergli vicino senza invadere il loro campo. Ci sono però volte che Mathieu vuole avermi con sé, nei grandi appuntamenti ma non solo, in alcune trasferte, ad esempio quando è stato in Repubblica Ceka per la Coppa del mondo di Mtb. Io gli do soprattutto un supporto psicologico. Cerco di farlo stare tranquillo sapendo come sono le gare e lo stress che richiedono. Se ha bisogno di me io ci sono, sempre.

Il ghigno di Adrie: «Traditi dalla primavera»

21.03.2021
3 min
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Adrie Van der Poel era in fuga con Chiappucci, quando Claudio attaccò nella discesa del Poggio e andò a prendersi da solo la Sanremo del 1991, in una giornata di pioggia e vento che la primavera non sapevi cosa fosse. Perciò quando ieri mattina ha aperto la finestra e visto quel bel cielo terso e l’aria che profumava di bella stagione, ha capito che la corsa sarebbe stata una frenetica rincorsa al traguardo con poche possibilità di inventare qualcosa.

Maledetta primavera

Quando lo abbiamo incontrato vicino al pullman della Alpecin-Fenix dopo aver parlato con suo figlio, aveva lo sguardo in pace.

«Lo avete visto anche voi – diceva – Mathieu è dispiaciuto, ma sapevamo che non sarebbe stato possibile fare troppo diversamente. Il ciclismo non è uno sport facile e con un meteo come questo, c’era poco da inventarsi. Sapeva dallo scorso anno che fra i Monumenti, la Sanremo è per lui la più difficile da vincere. Metteteci pure che le gambe non erano buone come la settimana scorsa ed ecco spiegato il risultato».

A ruota di Vergaerde, Vdp è stato al coperto nella prima parte di gara
A ruota di Vergaerde, Vdp è stato al coperto nella prima parte di gara

Abituato allo stress

Sul fatto che la gente, addetti e tifosi, si aspettasse l’attacco da lontano, il salto doppio e la piroetta, il vecchio Adrie ha quel sorriso ironico che sfoggiava spesso anche da corridore.

«Mi ricordo delle Sanremo decise da lontano – dice Adrie – ma serviva che almeno ci fosse cattivo tempo o qualcun altro con le stesse intenzioni. Invece ci siamo ritrovati con un bel gruppo compatto e strade veloci e dritte. Il terreno per attaccare c’era pure, non le condizioni. Ma escluderei che mio figlio si sia fatto condizionare dalla pressione. A quella direi che ormai è abituato…».

Mamma in ansia

Mathieu è identico a sua madre Corinne, figlia di Raymond Poulidor, che sposò Adrie sebbene la mamma le avesse fatto promettere che non avrebbe mai scelto un corridore. Per lei ogni corsa che finisce senza problemi è comunque una vittoria

«Sono sempre nervosa quando lo guardo in televisione – diceva poggiata a un’ammiraglia – preferisco andare alle corse e aspettarlo al traguardo. Siamo qui dalla quarta tappa della Tirreno-Adriatico, ho fatto in tempo – sorride – a vedere qualche bella vittoria. Ma ora andiamo a casa, prepariamo altri bagagli e ci prepariamo a seguirlo nelle classiche del Belgio. Sempre che il Covid ce lo permetta. Su da noi ci sono dei limiti molto stretti. E sono contenta perché potrò applaudire anche David, l’altro corridore di famiglia. Scusate per l’inglese, di solito chiedo a Roxanne (compagna di Mathieu, ndr) di tradurre per me».

Sua madre Corinne con suo padre Raymond Poulidor (foto La Montagne)
Sua madre Corinne con suo padre Raymond Poulidor (foto La Montagne)

La squadra c’era

Roxanne in quel momento era con il suo campione ai piedi del pullman, parlando come se non si fosse appena conclusa una classica di 300 chilometri. Mathieu aveva le braccia scoperte e le infradito, in attesa di fare il punto con il diesse Leysen e poi tornarsene a casa. Ma Leysen era con noi…

«La squadra si è mossa bene – diceva – sappiamo di non avere l’organico più forte, ma abbiamo portato Mathieu dove volevamo che fosse. La Ineos ha influenzato il finale e alla fine non ha ottenuto nulla, impedendo che ci fossero attacchi dalla parte bassa del Poggio. Era la tattica di chi aveva il velocista, non per chi voleva attaccare. Ma in ogni caso, sapevamo di non poter fare come alla Tirreno. La Sanremo è un altro tipo di corsa. Per gli attacchi basterà aspettare la prossima settimana, ad Harelbeke e poi la Gand-Wevelgem. Lassù troveremo di nuovo pane per i nostri denti».