Radio e procuratori, Guercilena dice la sua

17.03.2021
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Dando uno sguardo d’insieme, si noterà come spesso e volentieri la figura del direttore sportivo si stagli come quella di un riferimento cardine del ciclismo, come gli allenatori lo sono per il calcio. Il fatto è che, mentre questi ultimi bene o male non hanno cambiato molto il loro profilo e il loro raggio d’azione rispetto al passato, il lavoro del Ds è profondamente cambiato. E’ finita l’epoca del “one man band”, ormai ogni grande squadra ha un direttore capo e una sfilza di assistenti, proprio perché la gestione del team è notevolmente cambiata nel terzo millennio. A dispetto della sua ancor giovane età, Luca Guercilena, attuale responsabile della Trek-Segafredo, ha un’esperienza che nel settore lo ha portato anche alla presidenza dell’Adispro, l’associazione che riunisce tutti i Ds italiani ed è ancora parte integrante del suo direttivo.

Giancarlo Ferretti, qui con Bartoli, è stato uno degli ultimi “deus ex machina” dell’ammiraglia
Ferretti gestiva le sue squadre in prima persona, dal budget alla tattica

«Io ho vissuto un po’ il passaggio da un vecchio modo di fare il direttore sportivo – dice – con personaggi come Ferretti, Boifava, Stanga che gestivano tutto con al limite un paio di collaboratori, all’attuale gestione corale (in apertura è con Bruno Reverberi, esponente della “vecchia guardia”, ndr). E’ impossibile al giorno d’oggi seguire tutto da soli. In ogni squadra c’è chi cura la strategia di gara, chi fa lo scouting dei percorsi, chi cura la logistica e la gestione del personale, chi tiene i contatti con i preparatori e ha il polso della situazione tecnica. Poi naturalmente serve colui che fa la summa del lavoro, ma tutto si basa su una forte sinergia, considerando che ormai in ogni gara servono almeno due Ds al seguito e tre nei grandi Giri».

In un team però ci sono anche riferimenti diversi, come quello dei preparatori…

Tutti i team del WorldTour hanno preparatori interni alla squadra, è importante che ci sia una comunione d’intenti, anche se poi i vari corridori hanno diverse persone che li seguono atleticamente. E’ importante però che poi ci sia il Ds che gestisca la preparazione di tutti e raccolga le informazioni necessarie per consentire al manager di preparare il calendario. Se si rompe questo meccanismo si va incontro a guai seri.

Bramati è uno dei tecnici della Deceuninck-Quick Step: in tutto sono 10
Bramati è uno dei 10 tecnici della Deceuninck-Quick Step
Poi ci sono i procuratori, che guadagnano sempre più spazio nel ciclismo com’è avvenuto nel calcio…

A dir la verità, il rapporto con i procuratori è più prerogativa del general manager che deve badare all’aspetto economico. Con i Ds i contatti dovrebbero essere molto limitati, per lo più ad inizio stagione nella definizione degli obiettivi. Certo, ci sono casi nei quali il procuratore interferisce nella gestione del calendario e allora si creano attriti che sono un grande danno.

Avendo una lunga esperienza nel settore, ti sono arrivate voci di interferenze non appropriate?

Purtroppo sì ed alcune sono anche diventate di dominio pubblico. A quel punto, “rotti i piatti”, le situazioni sono divenute ingestibili. E’ chiaro che la figura del procuratore sta acquisendo sempre più importanza, ma ci sono ancora corridori maturi che preferiscono non affidarsi a una figura esterna nella cura dei propri interessi, ma per farlo devi avere carattere.

Da quel che dici, collaborare e delegare sono i due verbi più importanti nella gestione di un team…

Sicuramente, anche perché bisogna considerare che non sono più squadre di 12-16 corridori: ora ti trovi a dover fare i conti con tanti ciclisti di tante nazioni diverse. Una volta c’era uno zoccolo duro nazionale che rappresentava anche il 90% della squadra. La globalizzazione ha portato a questo, ma anche il calendario allungato: una volta c’erano i ritiri prestagionali che servivano anche a conoscersi bene, ora spesso ci si parla per via telematica, tanti i ritiri neanche li fanno per questioni logistiche. Direi che è qui che si misura la qualità di un dirigente sportivo, nella sua capacità anche in condizioni estreme di riuscire a instaurare un rapporto umano con i corridori. E’ fondamentale.

La tappa di Castelfidardo alla Tirreno ha dimostrato che non sono le radio a condizionare la corsa
Castelfidardo ha dimostrato che le radio non condizionano la corsa
I corridori sono cambiati nel tempo?

Non direi, ci sono chiaramente quelli che hanno una forte personalità e quindi hanno minori necessità e quelli ai quali serve sempre il contatto giornaliero, anche solo per una parola, avere una figura di confronto. E’ una questione di maturità personale.

Sarebbe possibile come alcuni chiedono tornare a un ciclismo senza radio, senza la gestione continua dalla “panchina”?

Quello delle radio è un falso problema. Credo che le ultime corse, la tappa della Tirreno-Adriatico a Castelfidardo in primis, abbiano dimostrato che i corridori fanno la loro corsa indipendentemente da quel che gli si può dire ed è giusto così. A parte il fatto che l’uso della radio è soggettivo, nessun corridore è costretto a usarla, le tattiche si fanno prima della corsa e sono frutto dell’esperienza personale, dell’evoluzione della corsa, della fantasia. Le radio sono e restano fondamentali per la sicurezza, per la prevenzione dei rischi, per questo un ruolo fondamentale in squadra ce l’ha l’assistente che cura lo scouting dei percorsi. Le radio non influiscono sullo show, quello lo fanno sempre le gambe…

Parsani, il Timone d’Oro nell’anno del Covid

28.01.2021
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Avevamo sentito Serge Parsani il primo dell’anno, appena rientrato a casa da una visita e una partita a carte con sua madre Rosetta di 99 anni. Ed è stato così con piacere scoprire alla fine del mese che l’Associazione dei direttori sportivi professionisti (Adispro) ha riconosciuto al tecnico bergamasco il Timone d’Oro per quanto ottenuto in carriera (nella foto di apertura, da sinistra Mario Chiesa, Davide Goetz, Serge Parsani, Luca Guercilena). Un riconoscimento istituito nel 2012 e consegnato in precedenza ad Antonio Salutini, Giuseppe Martinelli, Fabrizio Fabbri, Franco Gini, Vittorio Algeri, PIetro Algeri e Gianluigi Stanga.

Osservatore critico

«Quello che fa il tecnico è da capire – ci aveva detto Parsani osservando i suoi colleghi – anche quando ci sono tanti soldi. Quando vedo che una squadra WorldTour ha 10-12 direttori, la figura perde di centralità e importanza. Non sei più il punto di riferimento per i corridori. Fai pochi giorni con ognuno, non riesci nemmeno a capire che carattere abbiano. Il corridore di 20 anni fa ti diceva che il tale direttore sportivo era stato o non era stato importante per la sua crescita e i suoi risultati, oggi fanno fatica a ricordarseli».

Paolo Bettini, Serge Parsani 2006
Serge Parsani con Paolo Bettini alla prima uscita con la maglia iridata nel 2006
Paolo Bettini, Serge Parsani 2006
Parsani con Bettini, neo iridato nel 2006

Grande carriera

Nonostante il Covid abbia costretto l’Adispro a cancellare il convegno annuale, la cerimonia di consegna del Timone d’Oro, pur posticipata, è stata mantenuta.

«Sono davvero onorato – ha dichiarato Serge Parsani, che in carriera ha diretto fra gli altri Argentin, Bettini, Bartoli e Cipollini – mi fa sicuramente molto piacere aver conseguito questo premio, ma avrei preferito condividere questo momento in mezzo a tutti i miei ex colleghi, che ringrazio di cuore. Purtroppo questa situazione non ce lo permette».

A testa alta

L’avvocato Davide Goetz, presidente dell’associazione, presso il cui studio si è svolta la consegna, ha motivato la scelta di Parsani con il suo impegno nelle attività di Adispro.

«Serge – ha detto – è stato infatti presidente dell’Associazione internazionale dei tecnici, un ruolo che ha ricoperto a testa alta, anche sacrificando le proprie situazioni professionali. Non è semplice, in nessun ambiente, coniugare l’attività sindacale con i rapporti di lavoro. Proprio dalle difficoltà che ha dovuto sopportare, nacque l’idea di affidare la presidenza di Adispro a un soggetto indipendente».