EDITORIALE / Il ciclismo ha bisogno di ponti, non di muri

03.03.2025
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C’è qualcosa che vorremmo dire sulla Coppa Italia delle Regioni, presentata la settimana scorsa a Roma, nella solennità di Montecitorio. Come spesso avviene nel ciclismo, già la sera qualcuno ha iniziato a inviare messaggi di scetticismo, come a dire che non fosse vero niente. A noi invece la cosa sembra importante, a patto che tutti accettino di giocare secondo le stesse regole.

Il ciclismo nel salotto buono della politica avrà anche una parte di facciata, ma alla base ci sono sostanza e impegni concreti
Il ciclismo nel salotto buono della politica avrà anche una parte di facciata, ma alla base ci sono sostanza e impegni concreti

Il ciclismo a Montecitorio

Primo aspetto: la solennità della manifestazione. Nulla si fa senza immaginare un tornaconto. Perciò, se alcuni ministeri hanno elargito finanze per mettere in piedi questa collaborazione, rendergli grazie è un passaggio istituzionale e di buon senso. La presenza di tre ministri serviva a questo: a fargli spiegare la loro scelta e ricevere in cambio la visibilità che ne hanno potuto trarre.

In ogni caso, il fatto che il ciclismo sia stato ospitato nella sede istituzionale più prestigiosa, è un segnale che dobbiamo valorizzare, senza lasciar prevalere il cinismo di sempre. Prendiamo il buono che abbiamo, il male non ha bisogno di essere scelto: si impone da sé.

Facciamo che se ne parli nei salotti che contano e approfittiamo dell’occasione di uscire dai soliti circoli in cui a volte ci si sente comodi e altre volte ci si sente imprigionati. Roberto Pella, sindaco e deputato, sta compiendo passi evidenti. Lo fa perché ha un animo sensibile o per qualche tornaconto? Cerchiamo di capire cosa può darci e lasciamolo lavorare. Ci siamo spesso lamentati di non essere rappresentati nei centri del potere: adesso in parte lo siamo, proviamo ad approfittarne. Di certo nella mattinata di Roma sono emersi spunti importanti, che sarebbe un peccato non cogliere.

Mercoledì torna il Trofeo Laigueglia: qui il via del 2024, con le continental in mezzo alle WorldTour
Mercoledì torna il Trofeo Laigueglia: qui il via del 2024, con le continental in mezzo alle WorldTour

Il calendario italiano

Secondo aspetto: il calendario italiano. Lasciando stare l’eterna e malinconica disputa sull’assenza di una squadra WorldTour in Italia, quel che manca è un’attività credibile per tutto il resto del nostro ciclismo. Ci sono classiche di remoto prestigio e altre che trovano ancora una loro ragione di essere. Quel che manca è il coinvolgimento delle squadre italiane che, fatte salve le tre Professional, sono ormai soltanto delle continental.

Proprio nel mattino di Roma, un organizzatore è stato chiaro: io voglio portare più squadre WorldTour e non essere costretto a far correre le continental. Soprattutto perché alcune delle squadre italiane hanno a suo dire un livello tecnico che lascia a desiderare. Questo è proprio il punto su cui Lega e Federazione dovrebbero trovare un accordo. Si può ricorrere al ranking delle continental e prevederne la presenza in numero ragionevole?

Le cose si possono fare, basta la volontà. Per questo è sembrato strano che alla presentazione di Roma non ci fossero esponenti della FCI. La Lega del Ciclismo Professionistico è un’emanazione della Federazione, ha senso che ci sia una distanza?

Al momento l’ACCPI del presidente Salvato si occupa unicamente dei professionisti
Al momento l’ACCPI del presidente Salvato si occupa unicamente dei professionisti

I grandi e i piccoli

Terzo aspetto: il grande protegge i piccoli. Coinvolgere le continental e i devo team nelle gare della Coppa Italia delle Regioni significa per i grandi prendersene in qualche modo cura. Il professionismo non può essere diviso dal resto del ciclismo da altri muri che non siano il contratto. Avere sul movimento degli U23 e degli elite un occhio del professionismo significa anche lavorare per un loro miglioramento. Significa provare a esportare le tutele minime, magari in termini di sicurezza, semplicemente prevedendo un osservatore che ci metta un occhio. In modo che se succedesse di nuovo qualcosa come la morte di Giovanni Iannelli, l’Associazione dei corridori non si ritrovi a dire che il ragazzo non era un professionista e di conseguenza loro non possono occuparsene. Non è possibile creare un tavolo condiviso?

Quando si parla di ciclismo, è difficile far capire al di fuori che ci sono certe distinzioni, anche davanti alla sicurezza degli atleti. Il giovane che muore, qualunque sia il suo nome, un giorno sarebbe potuto diventare un grande professionista. La sua perdita è un lutto per tutte le categorie. Prendersi cura dei più piccoli è indice della civiltà di qualsiasi tipo di società.

Giovani e professionisti: qual è la chiave giusta? Ce lo dice Borgia

21.12.2024
5 min
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Le parole di Ludovico Crescioli, che passerà professionista con i colori della Polti-Kometa (dal 2025 Team Polti Visit Malta) riguardo al corso ACCPI pensato proprio per chi come lui entrerà nel mondo dei grandi sono rimaste in testa. Il toscano ha descritto la giornata introduttiva, passata a Milano, come una prima infarinatura di quello che sarà. Si è parlato di tanti aspetti, non ultimo quello psicologico. In questo campo è intervenuta Elisabetta Borgia, psicologa dello sport. Nel suo discorso ha toccato punti interessanti, come quelli legati al porsi i giusti obiettivi per non rimanere schiacciati da una macchina che per alcuni potrebbe essere ancora troppo grande

Il corso ACCPI vede ogni anno ragazzi sempre più giovani, le porte del professionismo si aprono presto
Il corso ACCPI vede ogni anno ragazzi sempre più giovani, le porte del professionismo si aprono presto

Sempre più giovani

L’età media dei ragazzi che diventano professionisti si abbassa, è un dato di fatto. A fronte di gambe già forti per correre Classiche Monumento o Grandi Giri ci sono personalità ancora da formare

«Per quanto un ragazzo possa andare forte – spiega Elisabetta Borgia – quando diventa professionista compie un salto verso l’ignoto. La riflessione giusta che si deve fare è legata a quali possano essere le sfide giuste per un giovane atleta. Quello che si vede spesso è che i ragazzi sono iperstimolati e focalizzati sul proprio cammino di crescita. Il mio consiglio è stato quello di cercare, all’interno delle varie squadre, delle figure che possano guidarli e restargli accanto».

E’ importante trovare nelle squadre delle figure di riferimento, come è stato Pellizotti per Tiberi nel 2024
E’ importante trovare nelle squadre delle figure di riferimento, come è stato Pellizotti per Tiberi nel 2024
Che obiettivi si pongono?

A breve termine e legati spesso al risultato. Molti pensano: «Mi alleno due mesi in questo modo così alla prossima gara posso vincere». Ma non è sempre così, soprattutto quando si diventa professionisti. Le gare cambiano, diventano più lunghe e impegnative. Gli avversari sono forti. Non sempre allenarsi al massimo porta il risultato sperato, ma fa parte del cammino. 

Il tuo consiglio qual è stato?

Di cercare obiettivi realistici e sfidanti che siano totalmente concentrati su loro stessi. Non per egoismo, ma perché sia un cammino di crescita personale. Non guardare agli altri, soprattutto se il paragone viene fatto con corridori esperti e che corrono da anni in questo mondo. I primi mesi sono quelli più complicati e se ci si paragona agli altri si mettono ancora più in evidenza le difficoltà. 

I giovani che passano professionisti sono sottoposti a tante pressioni e molto stress, non tutti reggono (in foto Leo Hayter)
I giovani che passano professionisti sono sottoposti a tante pressioni e molto stress, non tutti reggono (in foto Leo Hayter)
Come mai i primi mesi sono difficili?

Già il primo ritiro è sempre uno schock. Cambia tutto: da come ti approcci ai coach, allo staff e ai compagni. Senti di entrare in una nuova dimensione rispetto a quello che eri abituato a vivere prima. La cosa importante è trovare il giusto equilibrio, anche se non è mai semplice. 

Anche se arrivano con la giusta motivazione?

Non credo di aver mai trovato un ragazzo poco motivato o che non sia disposto a fare qualcosa in più per migliorare. Anzi, il rischio maggiore è che il ciclismo e la crescita diventino un’ossessione. La maggior parte delle volte la delusione per un obiettivo non raggiunto arriva perché ci si è posti male il traguardo.

Gli juniores passano direttamente nel WT, questo è Beloki che a 18 anni è arrivato nella EF Easy Post, un salto che può destabilizzare
Gli juniores passano direttamente nel WT, questo è Beloki che a 18 anni è arrivato nella EF Easy Post, un salto che può destabilizzare
Cioè?

Se metto l’asticella troppo in alto il rischio è di non saltarla. All’inizio del loro cammino da professionisti devono ragionare a lungo termine. Quello che dico loro è di cercare ciò che serve loro per crescere e migliorare. Se riescono a farlo anche il debriefing diventa un momento di crescita. 

Cos’è?

Il momento in cui si ragiona su cosa mi aspetto, cosa ho fatto per raggiungere l’obiettivo e cosa avrei potuto fare meglio. 

I ragazzi diventano professionisti sempre più giovani, c’è il modo di tutelarli.

A mio avviso sì. Innanzitutto i devo team nascono per avere un passaggio intermedio tra la categoria under 23 e il WorldTour. Un giovane atleta ha la giusta prospettiva di crescita, lo staff e il modo in cui si lavora è professionale ma non così tanto come tra i professionisti. Si tratta di fare un passo intermedio che colma un gap che per qualcuno potrebbe essere troppo ampio. Questo, in particolare, se passano da juniores a professionisti. 

La nascita dei devo team è un modo per attutire il colpo facendo entrare i ragazzi in questo mondo passo dopo passo (foto Lidl-Trek)
La nascita dei devo team è un modo per attutire il colpo facendo entrare i ragazzi in questo mondo passo dopo passo (foto Lidl-Trek)
Il corso però è dedicato ai neo professionisti, quindi il salto è già stato fatto…

Ogni squadra ha degli psicologi oppure delle figure di riferimento per questi ragazzi. Possono essere anche i diesse o qualche coach. Ci sono persone in grado di avere la giusta sensibilità per comprendere lo stato emotivo dell’atleta. La crescita tecnica va di pari passo a quella professionale e atletica. 

Quando parli con i ragazzi cosa noti?

Che c’è una necessità evolutiva del ciclismo, in ragazzi under 23 corrono e vanno forte, spesso questo accade anche tra gli juniores. Alcuni fanno numeri che permettono loro di poter vincere tra i professionisti, ma non rappresentano la media. Il percorso di crescita deve essere proporzionato all’età. Non ci sono solo i watt, ma un progresso generale. Te ne accorgi nei faccia a faccia, sono forti ma hanno le stesse insicurezze di ogni adolescente. D’altronde lo sono ancora.

Entriamo nel corso Accpi con Crescioli: lezioni, curiosità e aneddoti

09.12.2024
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Il corso dedicato ai corridori neo professionisti dell’Accpi che si è tenuto a Milano il 29 novembre era volto a introdurre i ragazzi nelle dinamiche del ciclismo, vissuto anche come un lavoro. Tra i diversi atleti che hanno partecipato c’era Ludovico Crescioli, il toscano che dalla prossima stagione correrà con la Polti-Kometa (dall’1 gennaio la squadra prenderà il nome di Polti-VisitMalta). 

«Siamo arrivati oggi in Spagna per il primo ritiro della stagione – racconta Crescioli – a Oliva, dove la squadra si raduna da qualche anno. Sono già stato a Malta qualche settimana fa con il team e ho avuto modo di conoscere qualcuno. Ora avrò modo di testare i vari materiali, vedere la bici e introdurmi pienamente in questo mondo».

Il corso Accpi 2024 si è tenuto il 29 novembre scorso
Il corso Accpi 2024 si è tenuto il 29 novembre scorso

Una giornata in classe

Negli anni la giornata dedicata ai neo professionisti ha visto un ribasso notevole dell’età media, tanti ragazzi arrivano direttamente dalla categoria juniores. E’ chiaro che in un ciclismo sempre più giovane il corso tenuto dall’Accpi diventi sempre più importante. Diventare professionisti non vuol dire correre gare di primo livello e avere materiale tecnico di alta gamma, ma è un vero e proprio lavoro, con diritti e doveri. Prima di entrare nel vortice è bene sapere cosa si trova al centro del ciclone. 

«E’ stata una giornata intera iniziata – dice Crescioli – alle 9,00 e terminata alle 17,00. Un buon corso nel quale ci hanno spiegato il mondo del professionismo. A partire dai controlli antidoping, per passare poi ai contratti e al loro funzionamento. C’è stato anche un intervento di Elisabetta Borgia, psicologa dello sport che lavora con la Federazione».

E’ intervenuta anche Elisabetta Borgia la quale ha spiegato come affrontare le sfide derivanti da questo salto di categoria
E’ intervenuta anche Elisabetta Borgia la quale ha spiegato come affrontare le sfide derivanti da questo salto di categoria
Partiamo dall’antidoping?

Ci hanno spiegato in che modo si tiene la reperibilità attraverso l’applicazione che fornisce la WADA. Ad esempio c’è una fascia di un’ora, che bisogna garantire ogni giorno, nella quale devi essere sempre reperibile. In poche parole devi farti trovare a casa, o dove alloggi in quel momento. Ogni spostamento deve essere segnalato, perché la WADA deve sapere dove dormi e in che posto sei. 

Si fa tramite cellulare?

Sì, il che rende tutto più semplice. Anche se questa è la parte più delicata del lavoro, perché non si può sbagliare di una virgola. L’applicazione ha un calendario che noi atleti dobbiamo completare di trimestre in trimestre. Ad esempio: ora i mesi che andranno da gennaio a fine marzo devono essere riempiti con i dati richiesti entro il 15 dicembre. Io so che dal 10 al 20 dicembre sono in ritiro a Oliva, quindi ho segnalato già la mia posizione per quel periodo. Chiaro che le cose possono cambiare, ma la WADA chiede comunque un preavviso. 

Cristian Salvato presidente dell’Accpi ha spiegato diritti e doveri del corridore derivanti dai contratti firmati
Cristian Salvato presidente dell’Accpi ha spiegato diritti e doveri del corridore derivanti dai contratti firmati
Come inizia questo controllo?

Ti arriva una mail che richiede di iscriversi. A me è arrivata a fine settembre, quindi era un mesetto che la utilizzavo. Però durante il corso mi sono tolto tutti i dubbi. 

Poi è intervenuta Elisabetta Borgia, giusto?

Ha parlato con noi per una mezz’ora abbondante ed è stato un intervento molto utile. Ci ha dato delle dritte su come affrontare questo grande passo

C’è stato anche spazio per parlare di sicurezza sulle strade
C’è stato anche spazio per parlare di sicurezza sulle strade
Tipo?

Ha detto di crearsi delle giuste aspettative, alla nostra portata, e di cercare una progressione graduale. Al corso c’erano tanti giovani, praticamente eravamo tutti under 23. Il mondo del ciclismo da questo punto di vista sta cambiando, e per fare in modo che ognuno trovi la propria dimensione serve avere il giusto approccio mentale. Il rischio è di cadere in loop negativi e di vivere questo sport come un peso. Poi però siamo passati anche alle cose pratiche.

Le fasi della corsa?

Marco Velo ci ha spiegato come ci si comporta in gara e ci ha insegnato come si riconosce la figura del giudice di corsa. E da chi è composta la giuria. Erroneamente pensiamo che tutti siano dei giudici, ma non è così. Insomma è diventato tutto più professionale, d’altronde ora questo è il nostro lavoro. Infine ha fatto un piccolo intervento anche Paolo Bettini.

Infine Paolo Bettini ha raccontato la sua esperienza personale, una bella lezione di vita
Infine Paolo Bettini ha raccontato la sua esperienza personale, una bella lezione di vita
Cosa vi ha detto?

CI ha raccontato la sua esperienza da neo professionista, erano altri tempi ma l’andamento è simile. Poi ha parlato della sua carriera, di come è diventato un corridore e di quando è passato professionista. E’ stata una bella lezione di vita, spontanea.

Corso ACCPI per neoprò, qualcuno salterà la scuola…

27.11.2024
4 min
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Il 29 novembre, venerdì prossimo, presso il Palazzo del Coni di Milano si svolgerà il consueto incontro organizzato dall’ACCPI per i neoprofessionisti. Una giornata di immersione totale nel mondo che li attende, per il quale sono pronti forse con le gambe, senza tuttavia immaginarne la vastità. I più fortunati hanno trascorso la stagione in un devo team e hanno respirato l’aria dello squadrone, ma ci sono dinamiche che anche loro dovranno scoprire.

Per questo il programma prevede un saluto da parte di Paolo Bettini, che nella veste di campione farà l’introduzione. Un’ora sarà dedicata all’UCI che spiegherà le norme dell’Adams e gli adempimenti giornalieri. Il presidente ACCPI Cristian Salvato parlerà dei diritti e i doveri dei corridori. Elisabetta Borgia, psicologa, illustrerà le sfide dei giovani atleti. Poi sarà la volta della Lega che parlerà di contratti e strutture del professionismo. Marco Velo parlerà dei dispositivi di sicurezza. Infine Giulia De Maio e Pietro Illarietti parleranno di rapporto con i media e gestione dei social media. Originariamente si svolgeva tutto in due giorni, dopo il Covid si è ritenuto che fosse troppo e per questo la giornata si annuncia piuttosto intensa.

Un momento dal corso del 2023, con De Pretto e Biagini (foto archivio ACCPI)
Un momento dal corso del 2023, con De Pretto e Biagini (foto archivio ACCPI)

L’idea di Salvato

Noi ci siamo rivolti direttamente a Salvato (in apertura durante l’edizione 2023) per farci raccontare come è andata finora e cosa si aspetta dalla prossima infornata di neopro’, che sono sempre più giovani, al punto che alcuni vanno ancora a scuola. Quali sono le loro priorità? Che cosa chiedono? Quanto sanno di ciò che li attende? E da quanto tempo il sindacato organizza questo incontro? Salvato si mette comodo e racconta.

«Ricordo che il corso nacque dopo che lessi un’intervista a Gallinari sull’NBA – dice – in cui raccontava che tutti gli anni si faceva un corso di una settimana, in cui spiegavano ogni dettaglio. Dalla circonferenza del pallone alle regole di gioco, passando per i contratti e il discorso finanziario. Rimasi affascinato da questo articolo e alla fine, parlandone fra noi, nacque l’idea del corso. Devo dire che da quando abbiamo iniziato, anche altre associazioni hanno preso ispirazione, soprattutto quella francese che è la più attiva. E anche I.T.A. ha iniziato a fare i suoi corsi sull’antidoping. Vengono direttamente loro e un legale dell’UCI per spiegare tutti i dettagli dell’antidoping ed evitare che per qualche sciocchezza qualcuno si rovini la carriera.

La spiegazione del convoglio della gara per molti ragazzi che arrivano dagli juniores è una novità assoluta (foto archivio ACCPI)
La spiegazione del convoglio della gara per molti ragazzi che arrivano dagli juniores è una novità assoluta (foto archivio ACCPI)
Quanto sono cambiati i neoprofessionisti in questi anni?

Sono molto più giovani, questo è certo. Ci sono in mezzo anche ragazzi che arrivano dagli juniores. Anni fa c’era stato anche un problema con la Federazione, perché non venivano accettati per un discorso legato al regolamento. Tanto che alcuni presero la residenza in altri Paesi confinanti. Io però li accolgo tutti, perché difendo i diritti dei corridori. Se uno ha 18 anni e va alla Corte Europea, vince a mani basse perché ha il suo diritto di lavorare. Bisogna sicuramente aggiornarsi anche se secondo me bisogna avere anche un attimo di pazienza. Avevamo fatto un’intervista su Pinarello, passato direttamente dagli juniores. Gli auguro che diventi fra i più forti corridori di tutti i tempi, però questo saltare la categoria U23 provoca la chiusura di squadre anche importanti. La Zalf è un esempio, anche se le cause in quel caso sono anche altre.

Che atteggiamento riscontri nei ragazzi?

Tanti dicono che ritornano a scuola, mentre alcuni ci vanno ancora. Sono molto educati, attenti, fanno domande, poi dipende dalle persone e dalle generazioni. Una delle cose che consigliamo è che imparino l’inglese. Ebbene circa 6-7 anni fa, non ricordo il nome, arriva un corridore che non sapeva neanche una parola. Gli avevano detto che nel momento in cui aveva firmato il contratto gli era arrivata di certo la mail di I.T.A. per l’inclusione nell’Adams. Lui diceva di no e così la persona che spiegava gli disse che era una mail in inglese. E lui con grande naturalezza disse che le mail in inglese neanche le apriva. Ricordo che gli raccomandai di cambiare registro, perché l’inglese ormai fa parte della quotidianità. E devo dire che riguardo a questo, sono sempre più preparati. Quasi tutti lo parlano e così diventa tutto molto più semplice.

Trentin è vicepresidente dell’ACCPI e nel 2023 intervenne in video. Quest’anno parlerà di sicurezza
Trentin è vicepresidente dell’ACCPI e nel 2023 intervenne in video. Quest’anno parlerà di sicurezza
Ci saranno anche le donne?

Sì, anche se per loro non è obbligatorio. Con il discorso del WorldTour e anche se in Italia per la Legge 91 non possono essere professioniste, hanno contratti uguali a quelli degli uomini. Il contratto della Longo Borghini e quello di Ganna a Aigle, nella sede dell’UCI, sono uguali. Anche in questo l’Italia è un’anomalia. Ma vorrei aggiungere un’ultima cosa…

Prego.

Una cosa che ribadisco è che noi italiani siamo stati i primi a fare questo corso. Anche quelli dell’antidoping hanno pensato bene di organizzarne uno sul nostro modello. E’ importante far capire ai neoprofessionisti il discorso della reperibilità, per cui hanno fatto anche un corso online. Si è scelta un’informazione diretta piuttosto che fidarsi che l’informazione arrivasse dal compagno di squadra più esperto. Un passaggio necessario.

EDITORIALE / Silvia, Davide e le foto ricordo

05.06.2023
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«Sopravvivo»: un abbraccio e questa sola parola per raccontare la sua vita da quel giorno di aprile 2021, quando l’auto guidata da una donna con troppa fretta e zero senso di responsabilità portò via sua figlia Silvia Piccini.

Come per Marco Scarponi e Marco Cavorso, la vita di Deyanira Reyes e del marito Riccardo da allora sono diventate una dolorosa esposizione perché l’immenso sacrificio non sia stato invano. Li abbiamo incontrati al Giro d’Italia sulla cima del Monte Lussari, nell’hospitality ricavata sul tetto della stazione della cabinovia, con le magliette che ricordano il sorriso della figlia e la possibilità da quest’anno di donare il 5 per mille in dichiarazione dei redditi per promuovere le loro iniziative (gli estremi a questo link, ricercando Aps Con il Sorriso di Silvia Piccini).

Due mesi dopo la morte di sua figlia, Riccardo aveva pedalato dal Friuli fino a Piazza San Pietro, per portare Silvia a Roma. Lo avevamo incontrato alle porte della Capitale e le sue parole ci avevano scosso. Da quel viaggio, il friulano non ha più toccato la bicicletta, come se la pagina si fosse chiusa in quel momento e senza Silvia su quei pedali non ci fosse più un senso.

Il camionista sparito

E’ davvero difficile vendere il cambiamento, convincersi che qualcosa si stia muovendo. E’ difficile non sentirsi presi in giro, vedendo per l’ennesima volta il servizio realizzato dalle Iene sulla morte di Rebellin e il camionista che lo travolse.

«Dopo mezz’ora avevano tutto per prenderlo – dice il barista veneto intervistato – invece l’hanno identificato dopo tre giorni».

Già, perché il tipo non sarebbe affatto scappato, come farebbe comodo far credere per giustificare il fatto che se ne stia impunito in Germania. Ha visto sì il corpo di Davide – racconta suo fratello – poi sarebbe rimasto sul posto ad aspettare per 10 minuti. Da lì ha fatto pochi chilometri ed è andato a caricare due bancali di vino. In seguito si è spostato a Verona per un altro carico e lì ha dormito. L’indomani ha caricato a Pastrengo e alle 12 a Bolzano. E solo a quel punto è passato in Austria e da lì in Germania.

«La stampa italiana ha già spiegato tutto – il fratello rincara la dose – se la Polizia avesse fatto il suo lavoro e non la stampa, la questione sarebbe stata già chiarita».

Anche se è difficile da credere, il fratello dice che Wolfgang Rieke non si sarebbe accorto di aver procurato lui l’incidente. In ogni caso, forse viziati dalle serie tivù da cui siamo bombardati, troviamo difficile capire. Possibile che un camion segnalato non sia stato rintracciabile nei suoi spostamenti nelle 24 ore successive all’incidente?

Al funerale di Rebellin sono state spese tante belle parole, cadute però nel vuoto
Al funerale di Rebellin sono state spese tante belle parole, cadute però nel vuoto

La condanna indecente

Silvia ha una storia tutto sommato simile. Anche la donna che l’ha uccisa ha ritenuto opportuno rinnegare l’umanità e rifuggire qualsiasi forma di contatto con la famiglia Piccini, evitando persino di presentarsi alle udienze che hanno portato al patteggiamento. Lo stesso giudice lo ha fatto notare, ma la donna aveva il diritto di farlo e ne ha approfittato. Condanna a un anno e 4 mesi, sospensione della patente per tre anni e ugualmente un’annotazione sui social secondo cui il 2021 sarebbe stato un anno molto positivo.

A cosa serve aver istituito il reato di omicidio stradale se poi la punizione è così blanda? E mentre Riccardo Piccini raccontava scenari per nulla (purtroppo) sorprendenti sul fatto che magari certe sanzioni si possono anche aggirare perché tanto nessuno ti controlla, ci è venuta in mente la vicenda di Niccolò Bonifazio.

Il 12 luglio scorso, un’auto che marciava contromano investì e trascinò il corridore ligure. Solo che in questo caso l’investitore, un anziano delle sue parti, ha preso a chiamarlo e perseguitarlo. Nonostante il ritiro della patente, ha continuato a guidare. Finché, solo di recente è stato nuovamente fermato e la storia si è chiusa.

A cosa porterà l’incontro fra il presidente Dagnoni e il ministro Piantedosi? (foto Federciclismo)
A cosa porterà l’incontro fra il presidente Dagnoni e il ministro Piantedosi? (foto Federciclismo)

Le foto ricordo

Giusto ieri, alla partenza della Green Fondo Paolo Bettini di Pomarance (foto di apertura), alla partenza faceva bella mostra di sé il cartello sul metro e mezzo da osservare al momento di sorpassare un ciclista. Ne abbiamo parlato molto ed è giusto continuare a farlo: Silvia Piccini non sarebbe morta, invece l’Audi che la uccise viaggiava a velocità troppo sostenuta e la agganciò per un pedale. Tutti i corridori, chi più e chi meno, hanno messo la faccia su iniziative simili. La loro Associazione ha apposto il proprio logo, ma le cose non cambiano. Il presidente federale Dagnoni ha incontrato il Ministro dell’Interno Piantedosi, poi sono state presentate delle proposte di riforma al Codice della Strada.

Servirebbe a qualcosa fermare o ritardare una tappa del Giro d’Italia in onore dei morti della strada, anziché per le avverse condizioni del meteo?

Nel 2021, anno della morte di Silvia Piccini, come pure oggi, i notiziari riportavano gli orrendi numeri dei femminicidi in Italia: 119 donne ammazzate, numeri da bollettino di guerra. Negli stessi 12 mesi i ciclisti ammazzati sulle strade sono stati invece 229, quasi il doppio. Peccato però che loro non facciano per nulla notizia.

Saby Sport e Road to Equality: una storia tutta da raccontare

24.10.2022
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Raccontiamo una bella storia, a margine del recente mondiale gravel che si è disputato in Veneto, dove le sorelle afgane Yuldoz e Fariba Ashimi sono riuscite a partecipare con la maglia della propria nazionale – disegnata e prodotta da Saby Sport – grazie all’impegno dell’associazione sportiva fondata da Alessandra Cappellotto “Road to Equality”.

Un oro mondiale e due bronzi, due partecipazioni olimpiche e il Collare d’Oro al Merito Sportivo: tutto questo è Alessandra Cappellotto, prima donna italiana ad aver vinto un mondiale di ciclismo su strada. Una campionessa in sella, ma soprattutto nella vita, da sempre socialmente attiva con particolare attenzione alla parità di genere. La Cappellotto è stata la prima donna ad essere consigliere della Federazione Ciclistica Italiana e vice-presidente ACCPI, mentre nel 2017 ha creato il CPA Women di cui è Managing Director. Ed appena l’anno scorso, come naturale prosecuzione del CPA Women, la Cappellotto ha fondato “Road to Equality”, l’associazione sportiva dilettantistica che, attraverso il ciclismo, promuove l’emancipazione femminile nei paesi in via di sviluppo e in tutti quelli in cui le donne non godono di diritti. Ed è proprio grazie alla sua associazione che ben 14 persone afghane hanno trovato rifugio in Veneto.

Yuldoz e Fariba Ashimi davanti alla sede di Saby Sport
Yuldoz e Fariba Ashimi davanti alla sede di Saby Sport

Si è realizzato un sogno

Come ben sappiamo, dall’agosto del 2021 l’Afghanistan conosce una nuova e triste fase storica che a seguito del rientro del regime talebano priva le donne di qualsiasi diritto fondamentale, incluso quello di competere sportivamente. Per loro, quindi, l’unica via di salvezza era la fuga… Ma il grido di aiuto di alcune cicliste afghane, tra cui Yuldoz e Fariba Ashimi, non è rimasto inascoltato, e grazie alla collaborazione della Farnesina si è riusciti a portare in salvo ragazze e i loro familiari.

«Yuldoz e Fariba Ashimi devono ancora prendere le misure con il ciclismo europeo – ha dichiarato Alessandra Cappellotto – un cammino che potrebbe durare qualche anno, ma essere qui con noi, al sicuro, e continuare con la loro passione è il risultato più importante. La mia associazione le ha accolte proprio per concedere loro un’opportunità di riscatto. Il ciclismo è stato la loro salvezza. Stanno vivendo un sogno e aver partecipato al primo mondiale gravel è già stato un successo enorme».

La gioia di Alessandra Cappellotto sul traguardo di Cittadella
La gioia di Alessandra Cappellotto sul traguardo di Cittadella

Una maglia fortemente simbolica

Yuldoz e Fariba, rispettivamente 19 e 21 anni, hanno corso al primo mondiale gravel nella categoria Elite con la maglia dell’Afghanistan, riconosciuta dall’UCI e fortemente simbolica, proprio perché è quella che veniva indossata dagli atleti afghani prima della presa del potere da parte dei Talebani. Grazie al sostegno di Alessandra Cappellotto e della sua associazione, anche le cicliste Lija Laizane (Lettonia) e Nicole D’Agostin (Italia) hanno partecipato al mondiale, rispettivamente nella categoria Elite Donne e Master 19-34 anni. La professionista Ljia ha guadagnato il 16° posto, mentre Nicole ha addirittura salita sul podio meritandosi una bellissima medaglia di bronzo!

«Sono felice – ha aggiunto la Cappellotto – che Road to Equality abbia potuto aiutare ben quattro cicliste, di tre nazioni differenti a partecipare a questi campionati del mondo. Vedere le due sorelle afghane Yuldoz e Fariba indossare la maglia della loro nazione confezionata per l’occasione dagli amici dell’azienda vicentina Saby Sport è stato come realizzare un sogno. Hanno gareggiato con caparbietà e hanno concluso la prova rispettivamente al 33mo e 39mo posto. Un ringraziamento enorme va ai collaboratori di Road to Equality, a tutte le persone che donano il loro tempo alle atlete, chi per pedalare con loro, chi per aiutarle negli impegni quotidiani, chi per aiutarle nello studio, ma trattandosi di una manifestazione sportiva voglio ringraziare soprattutto il diesse Maurizio Dal Santo per il suo instancabile impegno».

Saby Sport

RoadtoEquality

EDITORIALE / Caso Gazprom, sarebbe servito vero coraggio

13.06.2022
5 min
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Siamo tutti commissari tecnici, quindi siamo anche tutti sindacalisti. Pertanto, in questo giocare a saper fare tutto, può capitare di scambiare telefonate con dei team manager sul tema dei corridori della Gazprom, rendendosi conto di quanto la vicenda non interessi a nessuno. O di quanto non ci sia in giro nessuno che sia stato finora capace di metterci mano.

Il caso Conci

Avremmo dovuto capirlo in realtà seguendo la vicenda di Nicola Conci. Dopo tanto bel lavorare d’inverno e aver finalmente risolto con intervento il problema dell’arteria femorale, Nicola avrebbe voluto fare un grande Giro d’Italia. E per questo, fermata la squadra russa, Fondriest era riuscito a piazzarlo con la Alpecin-Fenix, che lo avrebbe portato in Italia proprio per questo. L’UCI ha ricevuto la richiesta ai primi di aprile, in tempi ragionevoli. Ma come per ogni cosa riferita a questa spiacevole vicenda, s’è presa il suo tempo per decidere, infischiandosene dell’esigenza dell’atleta. Così Conci non ha corso il Giro e adesso finirà la stagione con la Alpecin Development Team, debuttando mercoledì prossimo al Giro di Slovenia, in attesa del 2023 in prima squadra.

Conci sarebbe stato uno dei punti di forza della Gazprom. E’ appena approdato alla Alpecin-Fenix Development
Conci sarebbe stato uno dei punti di forza della Gazprom. E’ appena approdato alla Alpecin-Fenix Development

Aiuti di Stato

I procuratori sono tutti al lavoro per sistemare questi ragazzi, che hanno tirato fuori una grinta mai mostrata prima, dimostrando come la rabbia sia più potente di ogni test e ogni legge dell’allenamento. Ma cosa succede?

Succede che le squadre sono a posto e hanno il budget tutto assegnato. Sarebbero ben liete di far correre ragazzi rimasti a piedi e per giunta vincenti, ma come succede quando c’è da gestire il fallimento di un’azienda, avrebbero bisogno di un intervento che coinvolga l’Istituzione e la componente sindacale. E visto che l’UCI fa orecchie da mercante, avrebbero bisogno di un sindacato veramente capace, che vada oltre la consegna di un braccialetto azzurro.

Il presidente Lappartient resta con la bocca rigorosamente chiusa: di Gazprom non parla
Il presidente Lappartient resta con la bocca rigorosamente chiusa: di Gazprom non parla

Casi disperati

Siamo tutti commissari tecnici, quindi siamo anche tutti sindacalisti. E ci chiediamo in che modo il mondo del ciclismo potrebbe venire incontro alle squadre che intendessero investire su questi corridori. Ci sarebbe la fideiussione della Gazprom: si è fatta pressione sull’UCI perché renda quei soldi disponibili al pagamento degli ingaggi dei corridori, lasciando le spese vive alle nuove squadre? I soldi dei premi che vengono gestiti dal sindacato non potrebbero costituire copertura finanziaria per simili operazioni?

L’indice della disperazione sta nelle proposte che in questi giorni stanno arrivando ai cellulari dei team manager, con corridori disposti a correre gratis, quindi a restituire i soldi percepiti alla firma dell’eventuale contratto. Qualcuno ha già rifiutato, ma in tutta onestà verrebbe da sperare che qualcuno accetti per vederli nuovamente in gruppo.

Sono 4 i corridori italiani ancora in cerca di squadra: Malucelli (nella foto), Scaroni, Carboni e Canola
Sono 4 i corridori italiani ancora in cerca di squadra: Malucelli (nella foto), Scaroni, Carboni e Canola

Una situazione inedita

Perché alla fine gli unici a rimetterci sono loro, i corridori. Non l’UCI. Non le squadre. Non i rappresentanti del CPA e dell’ACCPI. Che sono stati anche sfortunati, perché finora si era trattato di gestire uno sciopero per troppa pioggia e stabilire quando sia troppo caldo o troppo freddo per correre. Ma adesso che ci sono in ballo i destini di uomini e delle loro famiglie, la voglia di andare d’accordo con tutti senza arrivare a rottura suona davvero stonata. Il rispetto si guadagna anche alzando la voce e combattendo quando è necessario. Il fatto che l’UCI non si senta in dovere di accoglierli, dimostra che il rispetto non c’è o che non è stato guadagnato.

In che misura il braccialetto azzurro con scritto “WHY?” è stato un elemento di pressione?
In che misura il braccialetto azzurro con scritto “WHY?” è stato un elemento di pressione?

Una partita da giocare

I braccialetti, la voglia di ribadire che non si cerchi lo scontro, il non essersi incatenati ai cancelli del centro UCI di Aigle, il non aver voluto incidere minimamente sull’andamento di una gara sono un atteggiamento da opposizione di facciata che lascia il tempo che trova. Forse eredità di quel passato, in cui i corridori avevano paura di metterci la faccia perché esposti al rischio di varie forme di ricatto. Chissà se davvero a Pantani fecero pagare le sue posizioni contro il sistema dei controlli selvaggi, prima al Tour del 1998 (foto Reuters di apertura) e poi al Giro 1999, quando si espose anche a vantaggio di altri corridori e di colpo una mano oscura intervenne per fermarlo.

Ma se nessuno ha cose da nascondere, perché non giocarsi la partita e accettare la lotta, cercando di vincerla? Verrebbe quasi da pensare che ci siano altri interessi da difendere o competenze inadeguate e che nel nome di questi si sia scelto di non scegliere. Il tempo passerà, qualcuno come Zakarin sceglierà il ritiro, altri si sistemeranno. E dal prossimo anno potremo ricominciare facendo finta che non sia successo niente.

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Sicurezza stradale, ne parlano tutti tranne il Governo

24.02.2022
5 min
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Le parole di Marco Scarponi sul tema sicurezza stradale di qualche giorno fa hanno offerto lo spunto per bussare alla porta di Emiliano Borgna, l’avvocato che guida la componente ciclismo dell’ACSI e che in tema sicurezza ha adottato l’interessante prospettiva di offrire, a proprie spese, la tutela legale ai propri iscritti. Lo ha fatto, come abbiamo già raccontato, offrendo loro gratuitamente l’iscrizione all’associazione Zerosbatti che di questo si occupa.

Quindi c’è chi propone il metro e mezzo. Chi gira per le scuole. Chi tutela i propri iscritti. Chi va sul territorio installando e firmando cartelli per sensibilizzare gli automobilisti (foto di apertura). Chi manda lettere. Eppure ciascuno resta nel suo ambito, senza fare sistema, senza unire le forze e per questo senza incidere. La teoria del “divide et impera”, imposta in parte dal disinteresse istituzionale e in parte da piccole gelosie.

Forum 2021 per la sicurezza dell’Acsi, Federico Balconi (Zerosbatti), Nibali, Borgna e Johnny Carera
Forum 2021 per la sicurezza dell’Acsi, Federico Balconi (Zerosbatti), Nibali, Borgna e Johnny Carera
Perché non si riesce a creare unità di intenti fra coloro che dovrebbero avere nella sicurezza stradale un obiettivo più che condiviso?

Perché in giro ci sono troppe componenti diverse. E se l’iniziativa parte solo da esse, difficilmente arriverà al centro. Bisognerebbe che l’azione partisse dalle Istituzioni, questo voglio dire. Che il Governo prendesse davvero a cuore il problema, inquadrando gli organismi da coinvolgere fino ad estendere la propria azione agli utenti finali della strada. Compresi tutti quei neofiti che sono arrivati alla bici dopo il lockdown ed eventualmente fruiranno delle modifiche.

Discorso giusto, ma a noi sembra anche che si scelga di non condividere per semplice campanilismo…

Altra componente che in Italia è molto importante, purtroppo. Adesso di sicurezza stradale parlano tutti, perché è diventata tristemente famosa. Prima pochi se ne interessavano, mentre oggi chiunque vuole di dire la sua con la pretesa di avere la ricetta vincente. Si è provato a fare qualche tavolo condiviso, ma alla fine è stato abbandonato con la convinzione (sbagliata) che da soli si vada più lontano.

Il cartello di 1,5 metri creato dall’Accpi è la bandiera, ma non ha risolto il problema
Il cartello di 1,5 metri creato dall’Accpi è la bandiera, ma non ha risolto il problema
Su una cosa Scarponi ha ragione: abbiamo sentito il Presidente Mattarella spendersi per i morti sul lavoro, sui femminicidi e ultimamente per quelli nell’alternanza scuola-lavoro, ma non una parola per le migliaia di morti sulle strade…

Ed è purtroppo vero. Sembra quasi che sia una cosa scontata. Le strade sono ridotte male. Le auto sono tante e corrono. E alla fine pare normale che qualcuno per questo muoia. Però certo, è un silenzio che si nota.

Visto che ci siamo, Scarponi dice anche che il granfondista si spende per correre, mentre sul resto chiude un po’ gli occhi…

Il granfondista pensa a gareggiare. Va a fare il training camp alle Canarie. Mentre forse questo tipo di orientamento va capovolto. Bene tutto, ma sarebbe anche utile cominciare a pensare ai bambini e all’attività di base. La Federazione aveva speso belle parole su una collaborazione in questo senso. Per ora hanno riformato alcuni settori, rivedendo i criteri di partecipazione e altri aspetti. Magari quando avranno finito la fase di riforma, si potrà tornare a parlarne.

Le gran fondo stanno per ripartire: si riuscirà a renderle organiche a una nuova cultura con la bici al centro?
Le gran fondo stanno per ripartire: si riuscirà a renderle organiche a una nuova cultura?
In Sicilia hanno fatto quel che ipotizzavamo lo scorso anno: gare giovanili sfruttando la logistica delle gran fondo…

L’importante è che le idee circolino, non rivendicarne la paternità senza metterle in pratica. Bravi loro. E’ il modo per abbattere i costi e rimettere la bici al centro. I genitori vanno a correre e nello stesso giorno possono gareggiare anche i figli. Però certo, non possiamo dimenticare anche qui il discorso sulla sicurezza.

In che senso?

Nel senso che basta farsi un giro su ciclocolor.com e guardare le foto abbinate alle classifiche, per rendersi conto che ci sono gare che nel rettilineo di arrivo hanno le fettucce, oppure tratti alternati di fettuccia e transenna. Servirebbe una disciplina condivisa e fatta osservare con severità. Chi non si attiene al capitolato tecnico non deve organizzare. E noi che imponiamo certi criteri ai nostri associati, a volte siamo in difficoltà guardando quel che fanno gli altri. Ne parlai anche con il Prefetto Sgalla, ma le parole non sono ancora diventate fatti concreti.

Si è sempre puntato sull’alto numero delle prove…

Ma si potrebbe ragionare sulla loro qualità. E magari scremare un po’ il calendario, sacrificando le prove che non sono in grado di garantire standard soddisfacenti, è il modo di dare sicurezza a tutti e soddisfazione a chi fa le cose per bene.

Salvato, cosa dice l’Accpi di questi passaggi precoci?

05.01.2022
5 min
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Si finirà col fare spallucce e le cose andranno avanti al solito modo. Perciò, prima che smetta di essere argomento di discussione, torniamo per qualche minuto sul tema dello scorso editoriale e sui passaggi di corridori che, pur di diventare professionisti direttamente dagli juniores, ricorrono alla residenza estera.

Come già detto, il problema è tutto nostro perché nonostante l’Uci abbia spazzato il campo dai dubbi, la Federazione italiana ha stabilito una regola per la quale l’accesso al professionismo è subordinato all’aver corso per tre anni in categorie internazionali. Deroghe sono state concesse, come per Tiberi e Piccolo, affinché passassero dopo appena un anno da U23. Il presidente Di Rocco le giustificò alla luce dei limiti all’attività imposti dalla pandemia, ma forse proprio la storia di Piccolo dovrebbe far riflettere su cosa accada passando senza la necessaria solidità psicologica.

Nel 2020 Di Rocco firmò una deroga per i passaggi di Tiberi e Piccolo, nella foto. Ma quest’ultimo è presto tornato U23
Nel 2020 Di Rocco firmò una deroga per i passaggi di Tiberi e Piccolo, nella foto

Due fronti contrapposti

Ognuna delle parti in causa ha le sue ragioni e le difende. Ruggero Cazzaniga, vicepresidente Fci additato dai più come l’estensore e il difensore della norma italiana, dice che la decisione spettava alla Lega del Ciclismo Professionistico, che se ne è lavata le mani rinviando tutto al Consiglio federale. E aggiunge, a difesa della regola che regolamenta i passaggi, di aver parlato a lungo di questo con Luca Guercilena e che il grosso limite di chi passa troppo giovane è l’incapacità psicologica di reggere il gioco.

Alex Carera, procuratore dei due corridori in questione (Pinarello e Pellizzari) si scaglia contro la norma italiana. E parlando delle tutele per i ragazzi, dice che avrebbe avuto dubbi se la gestione della Bardiani fosse stata la stessa degli ultimi 4-5 anni (quando sarebbero stati fatti passare corridori non all’altezza, che per questo hanno smesso), ma che il nuovo progetto U23 gli sembra convincente. Che i ragazzi svolgeranno la stessa attività che farebbero in continental, ma avranno i contributi versati e guadagneranno tempo in termini di esperienza. 

Al netto del fatto che sulla scelta di questi ragazzi si potrà fare una valutazione basata sui fatti fra un paio di stagioni, il punto resta però la norma e i motivi per cui essa è stata prevista. Se si ritenesse di volerla/doverla abolire, servirebbe che tutte le forze in campo si sedessero a un tavolo per discuterne. Il tentativo di aggirarla risolve probabilmente il caso specifico, ma rinvia il problema alla prossima volta. Come avere l’auto con targa dell’Est per aggirare le sanzioni del Tutor.

Masnada è passato a 24 anni quando ha raggiunto la necessaria solidità. A proposito di passaggi precoci…
Masnada è passato a 24 anni quando ha raggiunto la necessaria solidità

La voce che manca

Una voce che ancora manca all’appello è quella del sindacato dei corridori. Che cosa succederebbe se in un’azienda venissero assunti dipendenti privi della necessaria formazione? Il sindacato probabilmente insorgerebbe, mentre dall’Accpi non sono venuti segni di reazione. Ragione per cui abbiamo interpellato Cristian Salvato, il suo presidente. Che cosa pensa di questi passaggi?

«E’ difficile prendere posizione – dice – ed è un fatto che l’Italia sia l’unico Paese con questo sbarramento. La mia opinione è personale, ma è pur sempre quella del presidente dell’Accpi. Da un punto di vista del diritto al lavoro, Pinarello ha ragione. Credo però anche che la Fci abbia preso una linea corretta. Si deve avere pazienza, perché sono tanti i corridori bruciati per essere passati troppo presto. Spero che Pinarello, che non conosco, diventi il nuovo Nibali, ma che motivo ha di voler anticipare così tanto?».

Evenepoel è un’eccezione: nel 2018 vinse 23 corse da junior, fra cui doppio europeo e doppio mondiale
Evenepoel è un’eccezione: nel 2018 vinse 23 corse da junior, fra cui doppio europeo e doppio mondiale
Alex Carera parla della bontà del progetto Bardiani.

Se Pinarello fosse mio figlio, dato che ha la stessa età, gli avrei consigliato comunque di aspettare. Vero che c’è il progetto Bardiani, ma proprio parlando di quella squadra forse poteva far maturare gli altri corridori che non ha confermato. Non tutti arrivano in due anni e si continua a fare l’esempio di Ballan oppure di Ballerini e Masnada, passati fra i 23 e i 25 anni, per dire che conviene aspettare il giusto tempo.

Non è strano che la norma italiana sia contro quella internazionale?

Credo sia necessario uniformare le norme, però l’Italia è la culla del ciclismo e delle migliori idee di questo sport e ha un buon regolamento. E’ vero che il ciclismo è cambiato, ma guardando le foto Pinarello non mi sembra formato com’era Quinn Simmons quando vinse il mondiale juniores. Non mi sembra un Pippo Pozzato. Magari sarà anche forte, ma abbiamo delle strepitose continental e squadre di under 23 in cui sarebbe potuto maturare molto bene.

Sei a favore dell’unificazione delle norme, ma trovi giusta quella italiana?

Secondo me non è sbagliata. Chi non crede a tante cose, creda alla matematica. E la statistica dice che a fronte dei tanti che ogni anno passano, sono più quelli che smettono presto perché sono passati quando non erano pronti. La domanda è: ci troviamo davanti a un fenomeno?

Ayuso è passato nel WorldTour dopo sei mesi da U23 in cui ha vinto ogni corsa, anche il Giro, con grande facilità
Ayuso è passato nel WorldTour dopo sei mesi da U23 in cui ha vinto ogni corsa
I fenomeni hanno diritti a parte?

Se arriva uno come Ayuso o come Evenepoel, se fossero italiani, che al secondo anno da junior vince 23 corse fra cui entrambi gli europei con distacchi abissali ed entrambi i mondiali, si può valutare che passi prima, perché fra gli under 23 avrebbe poco da imparare. Ma Pinarello quante corse ha vinto nel 2021?

Sei o giù di lì…

Il ciclismo è cambiato, vero, ma io ne vinsi 5 fra cui un mondiale e non passai direttamente. Alcuni miei compagni ne vinsero 12-13 e non ci sono mai arrivati al professionismo. Ripeto, il ragazzo ha i suoi diritti, ma credo che l’Italia abbia ragione. Lo dissi subito, a suo tempo: il precedente di Evenepoel farà disastri. Detto questo, ora che Pinarello ha firmato il suo contratto, come Associazione lo accoglieremo. Ma come Presidente e padre gli dirò che avrebbe potuto aspettare.