A cosa serve rimestare nel dolore? Certamente accresce il senso di fragilità, fa rivivere il dramma, ma in che modo incide sul fatto che oggi un uomo o una donna si metterà al volante e, leggendo messaggi nel suo smartphone, rischierà di uccidere qualcuno?
Matteo Trentin ha detto una verità spietata: ci sono morti di serie A e morti di serie B. I morti del ciclismo, per qualche inspiegabile ragione, non scuotono le coscienze. Forse davvero se un dramma del genere toccasse le case della politica, allora si capirebbe la necessità di intervenire. Non accade nulla quando viene ucciso un campione come Scarponi, quando tocca a Rebellin e neppure quando muore una ragazzina di 19 anni. Importa ai loro cari, importa a noi che in qualche modo ne condividiamo la passione e gli ideali, ma per il resto il mondo là fuori sembra anestetizzato.
L’informazione assente
E’ anestetizzato o imbavagliato anche il mondo dell’informazione (in apertura, immagine depositphotos.com). Si cerca il pezzo scritto bene, che magari faccia piangere. Ma se guardiamo, sono parole e reazioni che restano fra noi, come di commiato al funerale. Si ha la sensazione di quando c’è un formicaio e te ne infischi di cosa accade là sotto quando gli versi sopra il veleno o un secchio d’acqua. Solo che questa volta le formiche siamo noi e stiamo facendo il loro gioco.
Ci sono media di serie A e media di serie B, siamo consapevoli anche di questo. Non per dignità o capacità giornalistiche, quelle siamo pronti a rivendicarle, ma per la potenza di fuoco. Di fronte al dramma, i loro giornalisti si sfogano sui social personali, ma per il resto sono inchiodati a ordini diversi. Possiamo metterci tutto l’ardore che vogliamo, ma giochiamo in una lega minore rispetto ai colossi che hanno alle spalle grandi aziende e interessi superiori a quelli di cui stiamo parlando. Interessi che forse impongono il silenzio: altrimenti perché anche loro non sono qui a pretendere una svolta? Evidentemente ai loro capi bastano Sinner, Hamilton e il calcio per essere felici.
Ma anche le formiche a volte…
Qualche giorno fa abbiamo proposto di mettere in strada una manifestazione che invada pacificamente Roma e rivendichi i diritti degli utenti deboli della strada: deboli, non insignificanti. Abbiamo ricevuto reazioni e adesioni da parte di atleti professionisti e anche da associazioni di primissima grandezza. Non è detto che non sarà una strada da percorrere e ci piacerebbe condividerne l’ideazione anche con altri che abbiano a cuore come noi il problema.
Avevamo in animo di aprire la settimana parlando dei giganti. Di Van der Poel e di Pogacar, in uno sport che vive fasi esaltanti per la presenza di campioni immensi. Avevamo già cominciato a scrivere, eppure qualcosa ci ha impedito di farlo. Con quale cuore si può sperare che un bambino o una bambina segua le loro impronte, se proporglielo significa implicitamente far rischiare loro la vita? Lo capite perché c’è bisogno di una rivoluzione pacifica ma niente affatto morbida? Bisogna bonificare l’Italia. Forse è il tempo di lasciare da parte gli strumenti della cicala e diventare un po’ più spesso concreti come le formiche. Ricordando, come dice il libro, che a volte anche le formiche nel loro piccolo…