Enrico Carico è l’organizzatore del campionato italiano di ciclocross di Lecce. Un sogno divenuto realtà per la sua Asd Kalos dopo mesi e mesi di lavoro, per di più con l’aggravante del covid.
L’area del Parco di Belloluogo è stata per quattro giorni un vero stadio del ciclocross. Con un tracciato divertente, un catino nella città, ma al tempo stesso staccato da essa grazie ai suoi stessi muri di cinta. Aree apposite ben allestite anche all’esterno, come quella dei camper, e soprattutto con una grande partecipazione da ogni angolo d’Italia. Poche volte le categorie giovanili sono state così folte, tanto più se si tiene conto che si correva nel profondo Sud. E i tra i grandi non mancava un solo nome di spicco. Insomma Lecce non poteva chiedere di più. Tuttavia qualche momento di “tensione” non è mancato.
Signor Carico, davvero ogni cosa al suo posto. Quanto ci avete lavorato?
Molto. Il problema è stato soprattutto amministrativo. Bisogna fare molte carte per poter accedere come società ad un evento come il campionato italiano. Ringraziando il cielo, le amministrazioni locali, Regione Puglia, Provincia e Comune di Lecce, ci hanno dato una mano e ci hanno dato la possibilità di allestire un campo di gara che da quel che ho sentito è piaciuto molto agli addetti ai lavori.
E’ vero che ci sono state lamentele ufficiali riguardo agli assembramenti? C’è stato davvero il rischio che le gare non si potessero concludere?
Siamo nell’era del covid e tutto è più complesso. Dovevamo rispettare certe regole e abbiamo cercato di farlo fino in fondo. In un paio di occasioni ho preso il microfono e ho cercato di portare le mani avanti per evitare di creare situazioni di assembramento. Mi era giunta notizia che il Codacons aveva sollevato questo problema perché sono arrivate delle denunce da parte di qualcuno. Qualcuno di passaggio che sembra abbia fatto delle foto davanti al Parco di Belloluogo. Adesso non so se il Codacons attiverà delle iniziative legali oppure no, ma io ho voluto ricordare alle persone di mantenere la distanze.
Certo, poi subentra un discorso di responsabilità immaginiamo…
Esatto. Ne vale sia l’immagine dell’evento, sia la mia responsabilità vera e propria. Ci sono 800 ragazzi che hanno corso e mi sarebbe dispiaciuto che una cosa così bella finisse male. Noi ce l’abbiamo messa tutta, ma in questi casi serve anche la responsabilità di tutti. Il primo giorno si è creato un po’ di assembramento all’esterno del parco perché vedendo tanto movimento molti, incuriositi, pensavano si potesse entrare liberamente, ma non era così. Alla fine siamo riusciti a controllare la situazione. Anche grazie ai ripetuti richiami.
I momenti più delicati si verificavano dopo l’arrivo degli atleti…
Sì e infatti abbiamo dedicato molta attenzione in quelle fasi. Soprattutto la domenica (in effetti c’era chi controllava gli accessi al tracciato, ndr).
Però noi tutto questo caos non lo abbiamo visto. Chi sta nel parco e gareggia ha fatto il tampone. Per accedere all’area (completamente chiusa) bisognava presentare l’autocertificazione. Le mascherine erano obbligatorie…
Noi abbiamo rispettato i protocolli covid dei vari Dpcm che ci ha richiesto la Federciclismo e abbiamo adottato le misure necessarie. Ingressi separati e aree riservate agli accompagnatori. Fra protezione civile e addetti della nostra società abbiamo disposto 15 persone solo per il controllo covid. Erano dislocate su tre accessi. Controllavano certificazioni, temperatura e il braccialetto per accedere alle varie aree.
Carico, prima ha detto: sono io il responsabile. Ma in questi casi, tanto più che si tratta di un campionato nazionale, non ne risponde anche la Fci?
No, purtroppo ne risponde l’organizzatore. Se ci sono dei problemi qualcuno viene a dire: chi è l’organizzatore? Lui e la sua società sportiva che ha un presidente, nello specifico mio fratello Sergio, ne pagano le conseguenze. Non possiamo scaricare le responsabilità che ci siamo assunti. La Fci mi dice: hai i requisiti per fare l’evento? Sì, allora okay fai la gara, rispetta le regole. Sta a me poi eseguirle.
Fin qui qual è stata la cosa più bella per voi della Kalos?
Che Vito Di Tano, grande ex campione del cross e che ci ha aiutato nell’allestimento del percorso, ha espresso pareri positivi. Gli ho chiesto: Vito, mi devi dire con la massima sincerità, abbiamo fatto un bel percorso di gara? Stiamo soddisfacendo le esigenze degli atleti, soprattutto quelli delle categorie internazionali (junior, U23, elite, ndr)? Perché i ragazzini non hanno problemi, li metti sul percorso e via…ma con gli altri non è proprio così. E lui mi ha risposto: ti posso assicurare che è uno dei più bei percorsi che abbia mai fatto. Qui al Sud cose del genere non ci sono mai state. Stai tranquillo che abbiamo fatto le cose per bene. E tutto questo mi ha gratificato non poco.
Insomma è felice per come è andata?
Sì, alla fine l’abbiamo portata a casa e tutto è andato bene. Belle gare e che bello vedere un veterano come Martino Fruet dare battaglia, lui mi è molto simpatico.
Cronometraggio (HotLaps), speaker, area box, premiazioni “fai da te”, classifiche solo online e non esposte: tutto ha funzionato al meglio e nel rispetto dei protocolli. C’era persino l’inno, Pedalare Pedalare, di Nandu Popu dei Sud Sound System. Per Lecce esame superato.